Citazione di: Koba II il 02 Gennaio 2024, 11:20:17 AMByung-Chul Han offre un'interpretazione interessante sulla violenza. Secondo lui nel nostro tempo, in quella che lui chiama società della prestazione, la violenza si sposta all'interno del soggetto. Esteriormente si è pressoché liberi, non si è quasi mai soggetti a obblighi, discipline. Questo in coerenza con la forma assunta negli ultimi anni dal capitalismo, dal suo bisogno di attori estremamente flessibili. Si calcola la performance, ma si lascia poi che sia il lavoratore a controllare che il suo operato sia all'altezza della situazione. L'autorità insomma non si manifesta, ne per punizioni, ne per gratificazioni. E il lavoratore, privo di riferimenti, è spinto sempre più avanti nel perfezionamento della propria attività. Un superlavoro che conduce spesso all'esaurimento.
Esaurimento e depressione, non scontro, conflitto, come nel lavoro dei primi decenni del dopoguerra.
La violenza è cioè esercitata da ciascuno verso se stesso. Ciascuno si disciplina, si impone programmi di auto miglioramento. Si sfianca perché non sembra esserci un limite a quello che può fare. L'autorità, evitando ogni diretto coinvolgimento, lo lascia in un vuoto che lui cerca di riempire mettendoci tutto quello che ha, letteralmente tutta la propria vita.
Sono sostanzialmente d'accordo. Mi ricorda molto colui che tenta di svuotare il mare a secchi, ma senza rendersi ben conto che sta cercando di svuotare il mare ... cerca infatti di svuotare il mare della concorrenza finendo così che esaurisce se stesso e gli altri.
Nella leggenda sembra che questo concetto sia stato espresso da alcuni monaci giainisti rivolgendosi ad Alessandro Magno che casualmente avevano incontrato per via