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Messaggi - Apeiron

#586
Scienza e Tecnologia / Re:La massa dell universo
17 Ottobre 2017, 21:24:35 PM
***CORREZIONE***

p è zero p=0 cosa vuol dire? Che il corpo è a risposo. Se il corpo è a riposo massa ed energia si equivalgono
la seconda) p=c ovvero il corpo corre alla velocità della luce. In questo caso è m=0 e l'energia è completamente determinata da p


ci sono stati intermedi dove p è piccolo, e quindi energia e massa sono grandi (è il caso dei nostri movimenti della vita di tutti i giorni) oppure casi in cui m è piccolo e sono grandi p ed E (un esempio sono le particelle che vengono accelerate per gli esperimenti).

p=0, significa che la particella massiva nel sistema di riferimento utilizzata è a riposo. Nel caso della particella non massiva, si ha che E=p*c, quindi un fantomatico fotone (ad esempio) di quantità di moto nulla avrebbe energia identicamente nulla, ossia non esiste. Quindi qui anche se parti da un presupposto non corretto, hai ragione    MA

***FINE CORREZIONE***

Aggiunto questo "non"...

TI chiedo perdono ma devi darmi un po' di tempo per rispondere alle tue domande e leggere l'articolo di riferimento... vorrei cercare di spiegarti al meglio le cose.

ma dopo che avrai letto l'articolo probabilmente non darai tutta la colpa a me  


Tranquillo non ti ho dato alcuna colpa, anzi.

A me piace insegnare... ma essere capaci di insegnare richiede due cose: sapere quello che si dice (ammettendo le eventuali lacune - "sapere di non sapere") e saper adattare il proprio insegnamento a chi hai davanti. Quindi anzi mi fai solo fare pratica ;)
#587
Tematiche Spirituali / Re:Poetica del sottosuolo
17 Ottobre 2017, 15:01:18 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Ottobre 2017, 13:39:19 PMTi do la mia risposta personalissima, quindi senza alcuna pretesa che si tratti di cose ferme e indiscutibili: è solo frutto di mia esperienza, che proprio per questo ritengo non forte, ma limitata, tutt'altro che universale. Se ci rifletto, un criterio, magari non sempre consapevole, che lungo il mio cammino mi ha fatto apprezzare certe cose, è stato quello della capacità di includere il proprio opposto. Da prete a volte pensavo che la mia religione aveva questo di particolare: mi veniva a risultare la più capace di porsi in continuo dialogo con gli atei, la scienza, la politica, la più capace anche di fare autocritica. Naturalmente sostengo ciò in base ai libri di teologi che ho letto: se invece prendiamo in considerazione i fanatici, o anche preti, vescovi e papi, diventa molto più difficile riscontrare quest'apertura al diverso. Volendo, anche in Gesù stesso possiamo riscontrare cose del genere: egli disse anche "voi farete cose più grandi di me", oppure che bisognava lasciar stare chi faceva miracoli ma non era suo seguace, o che chi aveva intenzione di seguirlo doveva predisporsi a rinnegare sé stesso. Il criterio del divenire, che umanamente diventa camminare, crescere, significa anche sosta, interruzione, ristoro, momenti di festa. Critica significa anche autocritica. Il relativismo, correttamente inteso, secondo me, è in grado di dire al metafisico: "Non lo so, potrebbe anche essere che la verità sia come dici tu", mentre il metafisico non ammette la stessa cosa da parte sua. La spiritualità, intesa come cammino che fa tesoro anche di tutte queste cose, non è solo spiritualità dell'asceta: è spiritualità anche quella dell'omicida, o quella del ragazzo che non toglie mai le dita e gli occhi dal suo telefonino o dalla playstation: si tratta solo di spiritualità diverse e per questo meritano comunque di essere anzitutto rispettate per poterle capire e casomai poter esprimere poi delle critiche. La natura stessa, a mio modo di vedere, fa da sempre autocritica, perché costruisce e si autodistrugge, si manifesta e si nasconde, si mostra agli occhi, ma tocca anche l'invisibile, lascia molti spazi per sospettare mondi sconosciuti. Insomma, trovo utile questo criterio: mi sembra che certe vie siano più capaci di altre di ospitare in sé l'opposto di ciò che sono, riservare stima per la diversità, anche se tutto questo ha pur sempre dei prezzi da pagare. Ad esempio, il Cattolicesimo è sempre risultato meno ascetico, meno "spirituale" degli Ortodossi, meno meditativo di Induismo o Buddhismo, più compromesso con il potere politico, però lo trovo anche più inserito nella storia del mondo, più disposto a farsi come gli altri, a mettersi nei loro panni, adattarsi ai più disparati stili di vita. Quando una via mi si lascia intravedere con queste caratteristiche di capacità di includere il proprio opposto, senza per questo spersonalizzarsi, allora mi seduce.

Bellissimo contributo Angelo! Sì vedi, la tendenza all'assolutizzazione può avere effetti molto profondi  e anche tra di loro diametralmente opposti (e a questo a mio giudizio serve la "critica"...). Chi vive questa tendenza che lo porta verso l'Assoluto tende a riconoscere che c'è qualcosa di Grande, qualcosa che va Oltre. Ora con questo qualcosa di Grande in qualche modo dobbiamo trovare la nostra "via" (dao  ;D ) per trovare il "giusto" modo di rapportarsi. Nascono proprio da qui le metafisiche e le religioni. Induismo, buddhismo e "daoismo" sono per esempio molto meditative, tendono di norma ad essere "talpe", a dissociarsi dallo scintillante mondo dei fenomeni per trovare la Pace. Ma anche qui per esempio il buddhismo Mahayana pur riconoscendo che è proprio questa "pace" l'obbiettivo è molto più inserito nelle "cose mondane". Da questo punto di vista magari si può capire anche la distinzione tra Cattolicesimo Romano e Chiesa Ortodossa. Però il problema è che queste metafisiche e religioni si fondano su dottrine (necessariamente, altrimenti non avrebbero identità...) e ogni volta che incontrano un "diverso" devono rapportarsi con questo "altro". Come fare ?
Primo: imporre la propria dottrina, ritenendo che l'altro sia "malvagio".
Secondo:  predicargli la propria dottrina senza perderla ma chiudersi ad ogni influenza "maligna".
Terzo: rimanere convinti della propria e ammettere che il "Grande" è Oltre la nostra comprensione e quindi amettere che anche il "diverso" può essere in rapporto geniuno con il "Grande" (in questo modo si cerca di dialogare anche per capire meglio il "Grande"...).
Quarto: rimanere convinti dell'esistenza del "Grande" e approfittare del diverso per "capire" meglio il "Grande".
Quinto: non avere alcuna dottrina ed essere agnostici sull'esistenza del "Grande".
Sesto: negare l'esistenza del "Grande".
Ebbene è la critica che ci insegna, a mio giudizio, le posizioni dalla terza alla quinta. Qui c'è l'utilità della critica! (io appoggio il quarto approccio)

Nel caso dell'argomento qui trattato abbiamo il nostro approccio alla vita contrastato con quello del "sottosuolo". Chiaramente è una diversità. Secondo me non è tanto una dicotomia tra relativismo e metafisica (anche se ovviamente capisco che un relativista tende ad essere più "aperto" di un metafisico. Ma ciò non è sempre vero, secondo me  ;) ), quanto il come ci approcciamo al diverso. Personalmente sono un "metafisico" ma tendo a minimizzare , per quanto mi è umanamente possibile, la tendenza a chiudermi la mente  ;) Motivo per cui per esempio non ritengo che l'unica spiritualità sia quella dell'asceta (o rinunciante) - il limite più grande delle spiritualità indiane forse è questo - anche se ritengo quel tipo di spiritualità particolarmente puro e quindi per certi versi "superiore". Per certi versi concordo con te che il cristianesimo non essendo troppo restrittivo sul come vivere ha un certo vantaggio. Bisogna però stare attenti a non andare alla deriva con questa "libertà" sul come vivere ;) a volte può essere utilizzata  (e certamente in passato lo è stata) come una scusa.  

P.S. Nell'argomento del "relativismo assoluto" attaccavo la posizione del "relativismo assoluto", non il tuo particolarissimo "relativismo" (debole?).
#588
Sari, non posso dire di essere un "fan tout court" di Nietzsche. Però quello che critichi di Nietzsche era anche la sua stessa critica a chi "preferiva" la virtù al vizio non per nobili intenti ma per bassi istinti. Volere le persone "obbedienti" alla "virtù" ha anche un connotato estremamente negativo e poco virtuoso: quello del controllo. Così la "virtù" dell'abbassamento dell'io e del mio, diventa un modo per inflazionare l'Io e il Mio! Così un'etica dell'"amore" può trasformarsi in un pretesto per il poco amorevole desiderio di controllo delle persone. E questo avviene a tutti i livelli - dall'individuo allo stato. Contro questo Nietzsche si ribellò e bisogna riconoscergli il merito, secondo me.

Poi eh la "soluzione" proposta, ossia quella di non reprimere più gli istinti mi pare completamente errata. Ma quasi nessuno è riuscito meglio di lui a diagnosticare l'ipocrisia e le bugie "mascherate" da coerenza e verità  ;)

P.S. Ti consiglio di leggere qualcosa sul "ressentiment" (risentimento).
#589
Tematiche Spirituali / Re:Poetica del sottosuolo
17 Ottobre 2017, 12:57:50 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Ottobre 2017, 00:37:33 AMSì, infatti ho scritto "a partire dalla filosofia greca" per attribuire a noi e non alla filosofia greca la responsabilità. Non potrei scivolare in questo, perché proprio in questi giorni sto leggendo Pierre Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, il quale mostra che la filosofia greca non era un freddo speculare, ma un vero e proprio cammino di ascesi, spiritualità, con tanto di esercizi interiori, meditazione, che discepoli e maestri praticavano. Nemmeno sono per un buttarsi interamente nell'irrazionalità, nella mistica: credo che la razionalità conservi tutto il suo valore, va solo gestita, resa amica dell'arte. Mi piace il modello simbolico espresso da Piero Angela, che nelle sue trasmissioni ama spiegare tutto scientificamente, ma non esita a mettersi al pianoforte e lasciarsi prendere dall'arte musicale. Credo che sia questo il problema, il malinteso, della "caduta delle ideologie": le ideologie non sono cadute, si è solo creata confusione nella loro molteplicità, nei loro pluralismi, e così la gente superficiale ha pensato che fossero cadute. Di per sé anche Heidegger sembrava già aver pensato ad una specie di fine della filosofia. In entrambi i casi, mi sembra facile osservare che chi parla di fine di qualcosa spesso non si accorge di star parlando in realtà di fallimento del suo modo di intendere quella cosa. Io credo che perderemmo sia gli occhi che il sottosuolo se non trovassimo modi di valorizzarli entrambi e farli dialogare. Ci vogliono sintesi, che non siano semplici giustapposizioni, ma si dimostrino armoniche. Secondo me questo, con un po' di lavoro è possibile. In altre parole, il ciclista che si sbilancia un po' a destra e un po' a sinistra, in realtà non si limita soltanto ad affiancare, sommare questi due tipi di movimento, ma ne crea uno nuovo, armonico, sinusoidale, in grado di conciliarli entrambi in una sintesi creativa e umana.

Già. Ad un certo punto si è deciso di "divinizzare" Platone ed Aristotele e si è deciso di usarli quasi fossero "infallibili". Ma Aristotele riteneva che la filosofia era libera mentre Platone scrisse solo Lettere e Dialoghi ossia gli stili di scrittura più a-sistematici che ci siano. Dei due però preferisco Platone proprio perchè da un lato contemplava qualcosa che andava oltre la ragione (la Forma del Bene) e dall'altro utilizzava la dialettica socratica come strumento. Se qualcuno si fosse preso la briga di criticare a dovere le sue posizioni ritengo che avrebbe cambiato idea (per coerenza). Aristotele invece sembrava più disposto a non dare alcun limite alla razionalità.

Ma c'è una punta di verità nella "condanna" alla filosofia greca. Quale? Leggendo la Repubblica di Platone vedi il tentativo di imporre ideali sulla realtà portato all'estremo. Vedi come anche con le migliori intenzioni finisci per creare utopie impossibili che mettono prima l'ideale della persona (umana o talpa che sia  ;D ). Se poi questo si unisce al "legalismo" che era preponderante sia nella cultura greco-romana che in quella "farisea", non ci si mette molto a capire come si è potuto giustificare i peggiori "mezzi" per i migliori "fini". Socrate stesso fu condannato per empietà ma sia lui che i suoi successori si sono dimenticati che anche la loro "riverenza" alla razionalità poteva divenire causa di condanna per empietà. Oggi ahimé non siamo messi in modo tanto migliore rispetto a qualche secolo fa, anche se le condanne sono meno "violente". La società ti da alcune specializzazioni che puoi seguire ma se non ti senti "contenuto" in esse finisci "male". Qui non siamo davvero diversi da quelli che critichiamo (uso il "noi" in modo generico)  ;) Ora l'ideologia è questa: la professionalità, la produttività, il successo ecc ecc Per certi versi mai come oggi "l'ideale" è stato tanto "basso"  :(

Ma cosa c'entra la Poetica del Sottosuolo? Ci insegna proprio questo. Che il Dao (tra l'altro ho scoperto che etimologicamente pare essere interpretato con le parole "strada" in italiano and "road" in inglese  ;D ), la Via è infinita, senza confini (apeiron  ;D ), misteriosa e che per quanto noi possiamo pensare di rinchiuderla nei nostri ragionamenti questa ci sfuggirà (ancora peggio, se vogliamo imporla ad altri). Ma allo stesso tempo questa "Via" non è davvero inaccessibile ma è "vicina", anzi è già "qui". Perfino è presente nel "calore" del "centro". Invece mentre la vista ci da la possibilità di contemplare la ricchezza del mondo come nessun altro senso, è anche capace di condurci fuori strada. La vista è anche capace di diventare un qualcosa di totalizzante. Di farci dimenticare il valore dell'invisibile rispetto al visibile. Di farci dimenticare la spontaneità ::) La vista più di qualsiasi altro senso ci mostra un mondo pieno di dettagli e noi assegnamo nomi a questi dettagli. Ma finiamo per vederli separati l'uno dall'altro, "analizziamo" tutto e astraiamo le cose proprio grazie alla vista. Ma non è anche un dono la vista? E non è anche un dono il logos, il pensiero concettuale, così legato ad essa? Sì ma non dobbiamo mai dimenticarci il limite delle nostre astrazioni. Non dobbiamo dimenticarsi che di "particelle isolate" in realtà non ne esistono. Forse noi siamo davvero "superiori" nella nostra capacità di comprendere le cose ma siamo però più facilmente condotti nell'errore nell'assolutizzare le distinzioni e le astrazioni.

Come realizzare l'equilibrio tra la Poetica del Sottosuolo e quella invece del "sopra-suolo"  ;D ?
#590
Tematiche Spirituali / Re:Poetica del sottosuolo
16 Ottobre 2017, 23:44:19 PM
Tuttavia, a me sembra che, a partire dalla filosofia greca, ci siamo avviati su una strada micidiale che ha portato all'oggi, in cui i ragazzi preferiscono guardare lo schermo del loro smartphone anche quando vanno in bicicletta, nonostante il paesaggio in cui si stanno muovendo sia meraviglioso. Il paesaggio ci può ricordare che esiste anche il sognare, cioè un nostro vivere che fa a meno del vedere fisico con gli occhi e del ragionare, ad esso collegato, ma uno schermo elettronico non fa che favorire l'oblio di questa nostra facoltà.

Riflessione corretta Angelo, però non posso (e forse non è la tua intenzione  ;) ) dare tutta la colpa ai Greci (fino ad Aristotele), bensì ad una mentalità che si è sviluppata subito dopo Aristotele che ha voluto per così dire imprigionare la realtà nella nostra "mappa", voler fare in modo che la realtà "è a misura dell'uomo". No, non lo è.  Abbiamo fatto l'errore che hanno fatto i Confuciani secondo i Daoisti, ossia ingabbiare la vita in un concetto arbitrario ossia abbiamo ingabbiato la realtà, ciò che è, nella convenzione. Motivo per cui abbiamo fondato TUTTO sul senso della vista, che è quello più usato dall'uomo (e meno usato dalla talpa  ;D ). Il problema (e qui consiglio il film Arrival) è che il nostro linguaggio, compreso quello filosofico, nasce ovviamente dall'esperienza e da come "siamo fatti", quindi non possiamo veramente concepire una vita senza vista. 

"Dao" significa "Via" (che invero è un "sinonimo" di "Verità e Vita" e quindi di "Dio" anche per la Bibbia) mentre "divino" è una parola legata a "luce", qualcosa di "visibile". Se esiste un Dio , deve essere nostro come deve essere delle talpe e dei pesci dei fondali e degli eventuali alieni. I daoisti non credevano che la "realtà assoluta" fosse un "Dio Persona" (anche se forse avevano un concetto simile ma lo ritenevano "un grado in meno" del Dao), bensì il "Dao", il Grande Camminare o più precisamente il Camminare che "non sa di Camminare", perchè è la Spontaneità, la Libertà (e quindi è un cammino "pacifico" e "fermo" perchè non ci si sforza come nel solito cammino) ecc. Perchè ho tirato in ballo il Dao? Semplice il cammino umano e quello delle talpe è diverso, ma qualcosa in comune ci deve essere. Ma possiamo apprezzare il cammino delle talpe: la vista d'altronde ci porta "lontano" dal Cammino, perchè ce lo fa "osservare" anziché "vivere spontaneamente". Il Dao d'altronde è invisibile. Forse il "Dio" delle talpe non sarebbe una Persona lontana nell'Alto dei Cieli, ma sarebbe vicino, qui e ora, enghýzein (ah no è un termine usato nella Bibbia, quindi forse anche per noi vedenti non è davvero lontano  ;D ), sarebbe una presenza più intima. Forse sarebbe legato a quel Calore del Centro  ;D  La Via, il Cammino, Dao ecc...
(ovviamente concordo con Sariputra)
#591
Scienza e Tecnologia / Re:La massa dell universo
16 Ottobre 2017, 23:27:24 PM
sicuramente la mia trattazione matematica fa "leggermente" schifo 
Nessun problema  ;) anzi almeno vedo se so spiegare o no  :D

Il problema della divulgazione scientifica è ahimé l'equivoco, ossia l'usare la stessa parola per significati diversi. Su questo ovviamente non hai alcuna colpa, Il_Dubbio  ;) tuttavia relatività e meccanica quantistica non sono intuitive e quindi il rischio di inciampare in equivoci è molto alto. Quando ho scritto l('antipatic)a risposta con le formule era proprio per evidenziare dove partiva l'equivoco (fai conto che Wittgenstein diceva che la maggior parte dei problemi filosofici nasce dalla confusione concettuale, quindi permettimi di analizzare le domande per vedere se all'attuale stato della conoscenza sono ammissibili o no, oppure se non sono chiare - ossia si usa un linguaggio non convenzionale). Credo di esserci riuscito.

Cancelliamo c e lo sostituiamo con "p" che in relatività è il momento di un corpo (praticamente la velocità del corpo rispetto a c).
No, la quantità di moto non significa quanto hai scritto. La quantità di moto classica è "m*v", ossia massa per velocità. In relatività ristretta diventa p=m*v*gamma, dove gamma è un fattore che per v=c va all'infinito. Ergo quanto tu dici è vero solo in meccanica classica. MA...

p è zero p=0 cosa vuol dire? Che il corpo è a risposo. Se il corpo è a riposo massa ed energia si equivalgono
la seconda) p=c ovvero il corpo corre alla velocità della luce. In questo caso è m=0 e l'energia è completamente determinata da p


ci sono stati intermedi dove p è piccolo, e quindi energia e massa sono grandi (è il caso dei nostri movimenti della vita di tutti i giorni) oppure casi in cui m è piccolo e sono grandi p ed E (un esempio sono le particelle che vengono accelerate per gli esperimenti).

p=0, significa che la particella massiva nel sistema di riferimento utilizzata è a riposo. Nel caso della particella non massiva, si ha che E=p*c, quindi un fantomatico fotone (ad esempio) di quantità di moto nulla avrebbe energia identicamente nulla, ossia non esiste. Quindi qui anche se parti da un presupposto corretto, hai ragione  ;)  MA


Una curiosità. Non mi pare si possa avere altre l'alternativa (che pure potrebbero venire in mente) per esempio dove è l'energia ad essere zero ed m e p equivalenti. Quindi l'energia non può essere distrutta, può solo essere trasferita alla massa e al contempo alle velocità, purchè il momento p sia inferiore a c


Il tuo dubbio nasce dal fraintendimento iniziale sommato ad un errore ulteriore. La formula di Einstein non è strettamente parlando E=m*c^2, con m la massa (a riposo= misurata quando il corpo è in quiete) bensì E^2=m^2*c^4+p^2*c^2. Quindi se E=0, m=p=0! Il problema è che quantità di moto ed energia sono strettamente connessi. Anzi in relatività sono aspetti della stessa entità, il quadrimomento, P, che avevo scritto nel mio messaggio precedente. Il resto OK.



Altra curiosità: a nessuno venga in mente di tirare fuori il fotone , perche la trattazione sarà completamente differente infatti la sua energia non è dovuta alla sua massa (perche non ne ha) e nemmeno a p perche questa è sempre equivalente a c. In quel caso la relazione non è piu quella di Einstein; bisognerà tirare fuori la sua  frequenza e l'h, insomma siamo nell'ambito della meccanica quantistica. Ma quella è un'altra storia. 


Puoi anche fare una trattazione non-quantistica del fotone, come una particella non-massiva. Non-massiva, quindi se vuoi è "puro movimento"  ;D

.


Io mi stavo rispondendo: la massa può essere intrinseca (quindi esiste anche se la particella è in quiete) o acquisita tramite la quantità di moto impressa alla particella per accelerarla. Questa massa però si manifesta come energia, che è stata trasferita alla particella per produrre la sua eccelerazione.


Risposta diciamo giusta però col termine "massa" si intende solitamente la massa intrinseca, o massa a riposo. Però volendo puoi definire la massa come E/c^2 ma quasi nessuno lo fa. Crea troppe confusioni.


Questa "quantità" di moto doveva (nelle mie intenzioni) rappresentare una forza che sposta la particella dalla sua posizione di quiete.


NO... leggi sopra  ;)




Quindi la sua massa sarebbe contenuta tutta nell'energia e nella sua quantità di moto. Per cui se m=0 dopo essere stata accelerata dal suo stato di quiete e avendo massa intrinseca vuol dire che ora deve avere energia infinita e velocità c. oppure non esiste (come presumo sia piu verosimile).



L'energia non può essere "infinita" perchè "infinito" non è nemmeno strettamente parlando un concetto fisico (te ne accorgi dal fatto che è un passaggio al limite... ;)  motivo per cui i fisici NON vogliono gli infiniti. Motivo per cui mi viene da rabbrividire all'idea che i buchi neri abbiano densità infinita ;) ma alcuni fisici sono meno "cattivi" su questa cosa). Ad ogni modo nella fisica c'è un bellissimo risultato, se vogliamo chiamarlo così, che asserisce che la massa a riposo è invariante SEMPRE finché la particella esiste, diciamo che è un tratto che costituisce la sua entità. Se tu fornisci 1000000000000000000000000000000000000 Joule ad un elettrone o se ne fornici 0,00000000000000000000001 alla fine la massa rimane identica. Siccome non è disponibile un'energia infinita allora diciamo che la risposta è "non esiste".


Ad ogni modo vorrei farti riflettere sul quadrimomento. Si ha che la contrazione di P con sé stesso è m^2*c^2, con m la massa a riposo. Ergo se m=0 si ha una differenza non solo quantitativa ma qualitativa che a mio giudizio da alcuni spunti di riflessione fantastici.




Una cosa che però  non hai letto forse con attenzione è il fatto che io non ho voluto parlare di fotoni... i fotoni non hanno massa e la loro energia non è dovuta alla quantità di moto visto che vanno sempre alla velocità della luce. Quindi per i fotoni non dovrebbe valere quella formula. Per questo il fotone anche se va a c e non massa non vuol dire che abbia energia infinita visto che la sua energia dipende da un'altra proprietà.
Però proprio i fotoni potrebbero essere la risposta alla domanda dell'amico. Dove potrebbe andare a finire tutta la massa di tutte le particelle massive? Potrebbe in definitiva essere trasferita interamente ai fotoni. Ma l'energia conservata da questi futuri fotoni dovrebbe (suppongo) essere comunque rappresentata come la somma di tutte le energie del passato universo massivo. Per cui secondo la mia modesta ricostruzione se l'energia non si distrugge, la massa si..


No ho fatto attenzione  ;D i fotoni non hanno massa quindi per p non vale più p=m*v*gamma! l'unica cosa che vale è E=p*c, ossia p=0 significa E=0!



Come ho già spiegato la massa a riposo non si conserva già senza considerare la cosmologia. "Banalmente" la conservazione della massa è violata in ogni esperimento di LHC, visto che si creano e distruggono in continuazione particelle massive (e non). Tuttavia mentre nella relatività ristretta l'energia si conserva SEMPRE, ciò non è più vero nella relatività generale. Nel caso dell'universo in espansione, la conservazione dell'energia non è garantita (per fare un esempio ho usato il fotone, il quale anche se non lo distruggi puoi aumentargli o diminuirgli l'energia, "giocando" con la frequenza - redshift gravitazionale  ;) ). Ad ogni modo se definisci l'energia in modo diverso (come vedi è tutto convenzionale  ;) , l'importante è essere chiari  :) ), ossia dando energia al campo gravitazionale allora l'energia si conserva. Io però sono contrario a fare questa cosa e questo articolo http://www.preposterousuniverse.com/blog/2010/02/22/energy-is-not-conserved/ lo spiega bene  ;)  (è in inglese, se vuoi te lo traduco quando ho tempo  :) )
#592
Scienza e Tecnologia / Re:La massa dell universo
15 Ottobre 2017, 11:19:48 AM
Caro Il_Dubbio stai confondendo, credo, i concetti di "massa" in senso generico e "massa" nel senso della "massa a riposo" (quella che in genere viene indicata con "m"). Visto che per farmi capire ritengo che sia paradossalmente più breve la via "matematica", provo ad usare le formule (anche se non rispondo direttamente alle tue domande, ritengo che se ti è chiara questa risposta siamo a buon punto).

In relatività l'energia e il momento lineare (o quantità di moto) sono descritti da un vettore a quattro compomenti, P che è definito in questo modo:
P=(E/c,p1,p2,p3) dove "E" è l'energia, c la velocità della luce, mentre p1, p2, p3 sono le componenti della quantità di moto. Se "contrai" questo vettore con se stesso ottieni la relazione: (E^1/c^2) -[(p1)^2+(p2)^2 +(p3)^2]=m^2*c^2 dove con "m" indico la massa a riposo. Ora: si hanno due casi fisici.
Primo m=0, ossia particelle "senza massa (a riposo)": si ha E=c*p con p=sqrt[(p1)^2+(p2)^2 +(p3)^2] (sqrt= prendo la radice quadrata), che è il modulo della quantità di moto. Ora la particella senza massa a riposo non può essere in quiete perchè altrimenti E=0!
Viceversa con m diverso da zero si ha E=sqrt[m^2*c^4+p^2*c^2]. Ora se p=0 (particella in quiete in un particolare riferimento) abbiamo E=m*c^2. La cosa interessante è che la massa a riposo è invariante per ogni sistema di riferimento (ossia non cambia passando da un riferimento ad un altro), ossia la massa a riposo del fotone è sempre zero mentre la massa a riposo del mattone da un chilo è sempre la stessa. Ma...

Il problema è che affinché ad esempio una bilancia misuri la massa a riposo, essa deve essere in quiete (ossia solidale) all'oggetto di cui voglio misurare la massa. Altrimenti se "accelero" contro la bilancia, la mia massa aumenta. Motivo per cui in realtà è ben più facile da misurare l'energia rispetto alla "massa a riposo" e nella storia qualcuno ha ridefinito il concetto di massa in modo che anche per i fotoni e le particelle non solidali al mio riferimento ottengo E=m*c^2 (o m=E/c^2). Concordo che ciò crea solo confusione e che in realtà è molto più comodo utilizzare il termine "massa"  solo come l'invariante "massa a riposo", rispetto al caso in cui diventa quasi un sinonimo di "energia" (anche perchè fin dai tempi della meccanica classica la massa era un invariante, a differenza dell'energia - solo che adesso sappiamo che anche le particelle elementari non sono indistruttibili e quindi la massa a riposo non si conserva, a differenza di quanto detto da Lavoisier, per esempio)  ;)



Ad ogni modo le cose davvero conservate nella fisica tendono a diventare sempre più "astratte", inferiori in numero, e lontane dal senso comune.


Spero di non aver creato confusione.
#593
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
13 Ottobre 2017, 17:45:24 PM
Aspetta non fraintendermi... non sono favorevole al sincretismo e ritengo lasciare che le varie voci siano da valorizzare nella loro differenza (il rispetto dell'altro... ;) ). Ma rimango completamente stupefatto proprio dal vedere come su alcuni punti ci sia una convergenza a volte totalmente inattesa. Non riesco per esempio a capacitarmi della somiglianza tra il concetto di "Teotl" della filosofia azteca (pensa te quanto sono nevrotico, anche i nativi americani non lascio in pace  ::) ) e "Dao" anche se ci sono forti differenze (prima di tutto Teotl è visto quasi come una sorta di "artista cosmico", il Dao no. Secondo l'ontologia pare differente). Ma la somiglianza è incredibile perchè non ci può essere stata una comunicazione tra Aztechi e gli antichi cinesi. Eppure.... eppure!  

SARIPUTRA
Come esperienza personale ho visto la concretezza , la pragmaticità, il buonumore buddhista e l'ho ritenuto una mappa più circostanziata, più dettagliata e coerente, in cui l'elemento fideistico e dogmatico è meno pervasivo, meno vincolante, essendo il Dhamma buddhista fortemente sbilanciato verso la pratica meditativa personale piuttosto che l'adorazione o la preghiera.
Ma sono anche questioni di sensibilità personale. Per dirti...mi capita di piangere come un vitello leggendo e rileggendo il 'manoscritto M' di Teresa di Lisieaux...me ne vergogno un pò,    lo confesso...ma è così. La Bellezza e l'intuizione autentica di un grande spirito cristiano o musulmano o hindu mi commuovono profondamente, mi sento veramente come un bambino di fronte a queste profonde sensibilità e tanto più se questo coincide con la coerenza di vita.

APEIRON
Ti ringrazio della tua onestà e della tua disponibilità a parlare di cose personali. Riguardo alla lettura di questi spiriti spesso mi sento davvero piccolo, mi sento quasi obbligato a genuflettermi rispetto a loro. Non ho mai letto il "manoscritto M" ma ho letto un po' di informazioni su santa Teresa e devo dire che non mi sorprende che per una mente recettiva possa dare un effetto simile.

Ad ogni modo sì il Dhamma buddhista, e in genere le "vie della liberazione" dove l'approccio "fideistico" è minore mentre è maggiore la parte pragmatica si accordano meglio anche per me. La mia mente analitica infatti ha una certa difficoltà ad accettare seriamente un cammino "devozionale" ma preferisce uno più "esperienzale" (anche se riconosco e rispetto molto il cammino devozionale se fatto nel modo giusto. D'altronde lo trovo un ottimo modo per aprirsi all'Altro - sia divino ("A" maiuscola) che umano ("a" minuscola)...  ;)  e anzi talvolta quasi li invidio perchè sentirsi amati e saper ringraziare arrichiscono di molto la vita). Una mente come la mia necessita di ragionamenti, dubbi e idee come il corpo neccessita dell'acqua - motivo per cui anche se sono più "attratto" e mi sento più vicino alle "vie della liberazione" non riesco veramente ad accettarle con tutto me stesso (mi ci ritrovo molto in Hesse e nei suoi personaggi... anche se mi rendo conto di avere alcune peculiarità che mi distinguono da lui e dai suoi personaggi ritengo che la loro "sete" che a volte li fa letteralmente disperare è presente anche in me). Anzi la mia mente analitica è talmente "analitica" che talvolta vede tale sua propensione come una sorta di prigione e per questo motivo mi affascinano molto le espressioni poetiche delle varie dottrine quasi più delle dottrine stesse, perchè mi liberano da questa mia caratteristica che talvolta è una prigione. Il buddhismo da questo punto di vista lo trovo per lo meno un aiuto "pragmatico" a questa sensazione. Aiuta a farmi smettere di continuare a produrre idee, dubbi, argomentazioni che talvolta hanno un ritmo assai esagerato  ;) A volte tu dici che la spiritualità deve essere anche carne. Ebbene ritengo che anche la mente (o se mi è permesso usare il termine poco buddhista "anima"  ;D ) sia anch'essa per certi versi "carne" e che talvolta la stessa mente speculativa sia non molto dissimile da quella "passionale"... d'altronde cosa ha il filosofo se non la "sete" (termine che è da prendersi quasi in modo non metaforico) della Verità? E la spiritualità di cosa non ha sete se non del Bene?



D'altronde non a caso Laozi dice (seppur facendo violenza al testo e astraendo dal contesto con molta probabilità di errore) "il Bene supremo è come l'acqua...". Col buddhismo spesso ho avuto la sensazione che queste mie seti (ovviamente anche molto più mondane di Bene e Verità eh  ;D ) sono riuscite a trovare pace, ossia ad estinguersi (nirvana)  ;) salvo poi presentarsi di nuovo, talvolta più potenti di prima  :(  ;D
#594
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
13 Ottobre 2017, 17:15:38 PM
Volevo fare una piccola precisazione visto che ieri sono stato troppo "avverso" al relativismo: il relativismo ha meriti. Apre gli occhi sul fatto che molte verità siano prospettiche, sull'importanza delle relazioni e dei contesti. Ma trovo contraddittorio e contro lo spirito del relativismo stesso affermare che "tutte le verità sono relative". Il problema è proprio quel "tutte": afferma una generalizzazione mentre il relativismo che io reputo interessante si astiene da questo tipo di attività. Semmai il relativismo valuta caso per caso (il grado di) "assolutezza" di una verità che viene espressa. E purifica la mente dalla presunzione di pensare di sapere ciò che non può sapere (Socrate).

Dire che "tutte le verità sono relative" ti mette in una prospettiva assoluta e ti costringe ad affermare una generalizzazione insostenibile. Ai relativisti chiedo proprio questo... perchè generalizzate?

Ad ogni modo il "relativismo" che ho in mente è in particolar modo quello epistemologico e quello etico. Riguardo a quello ontologico invece sono pronto invece a rispettarlo, anche se non mi sento di condividerlo. Nel buddhismo, secondo molte scuole, per esempio il principio della coproduzione condizionata asserisce che nessuna "cosa" esiste in modo incondizionato (indipendente) dalle altre "cose" e quindi può essere visto come una sorta di "relativismo ontologico" ma non etico o epistemologico (ma il buddhismo a mio giudizio assume l'esistenza di qualcosa di "incondizionato", il Nirvana - e quindi non è un vero "relativismo ontologico", secondo me. Su come interpretare lo status ontologico di questo "incondizionato" comunque non c'è mai stato vero accordo tra le varie scuole fin dai tempi antichi - e nemmeno c'è pieno accordo tra me e Sariputra  ;D ). Tuttavia il buddhismo non è un relativismo né epistemologico visto che crede nell'esistenza di una Verità che trascende il Buddha stesso, il Dhamma, né etico visto che c'è un canone di perfezione "etica", "incarnato" per così dire nel Buddha stesso (e anche negli Arhat per le scuole Theravada. I Mahayana preferiscono in genere i Bodhisattva).

Ad ogni modo il principio di non contraddizione è stato messo in discussione da molto tempo (in India e Cina fin dall'antichità) e nel secolo scorso sono nate le logiche paraconsistenti (segnalo in merito https://aeon.co/essays/the-logic-of-buddhist-philosophy-goes-beyond-simple-truth). Tuttavia a mio giudizio finché si rimane nel campo della filosofia e soprattutto nell'etica il principio di non contraddizione non lo ritengo così facilmente abbadonabile  ;)

(non vorrei con il mio tono "aggressivo" di ieri aver in qualche modo oscurato il fatto che in realtà apprezzo i meriti della filosofia esposta nell'articolo proposto da Fdisa. La ritengo però incompleta e anche contraddittoria, proprio perchè fa quello che un relativista non dovrebbe fare per rimanere coerente, ossia generalizzare ;) fino a quando però non si erge in questa generalizzazione la ritengo pure coerente e liberante! )
#595
Grazie Green. Sì se devo essere sincero il suo sguardo onesto contro le sue paranoie e contro il risentimento che ha inquinato tutto sono le cose che mi piacciono di più di Nietzsche. Mi resta ancora molto ostico molto del suo pensiero e su molte cose - se quello che ho capito è corretto - non posso essere d'accordo (e un po' mi spiace  ;D ). Scoprirò spero il suo lato "non individualista" forse quando sarò più maturo  ;)

Riguardo all'Eterno RItorno, devo dire che è la "mia" interpretazione (ossia un tentativo di cercare di conciliare tale principio con il resto della filosofia del Nostro).

Ad ogni modo ho usato e ancora oggi uso la sua filosofia per vedere le mie paranoie, i miei difetti e i miei risentimenti (così come uso le filosofie buddhiste, daoiste...). Ergo so nella fase in cui "guardo a me stesso" e sono molto restio per esempio a trovare "soluzioni politiche" o "soluzioni sociali". Ma concordo che sono cose in cui tutti dovremmo rifletterci ma pochi lo fanno e ancor meno lo fanno seriamente  :(
#596
Presentazione nuovi iscritti / Re:Elia, presentazione
12 Ottobre 2017, 22:48:52 PM
Ti ringrazio ancora dell'apprezzamento. C'è da dire che sapendo di non essere così bravo a farmi capire mi impegno a farlo e quindi sto attento alle parole che uso. Purtroppo però dissento ancora su quanto affermi del fatto che "uno che ha capito sa spiegare bene quello che ha capito". Mi pare una generalizzazione troppo azzardata.

Tutto qua

E l'ho visto anche di persona anche nel mio percorso universitario. D'altronde spiegare per esempio la meccanica quantistica non è molto semplice anche per chi ne è esperto. Ad esempio posso spiegarti utilizzando alcune formule alcuni concetti ma farei una fatica enorme a spiegarti gli stessi concetti solo con le parole. VIceversa alcuni hanno quasi il dono di farsi capire e sono molto chiari (però quando parlo con questi "dotati" colleghi mi faccio capire molto bene)  ;) spesso succede quanto dici tu, ossia che uno che ha veramente capito una cosa la sa spiegare bene. Ma non posso concordare sul fatto che sia un fatto universale e sempre valido.
#597
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
12 Ottobre 2017, 22:42:15 PM
My two cents

"Tutto è relativo, e questo è il solo principio assoluto". Appunto già qui si vede l'aporia, la contraddizione interna. Dire prima che "tutto è relativo", arrivare a dire che è un "principio assoluto" e poi dopo aver lanciato il sasso si nasconde la mano (osservazione che non vuole offendere, è solo per ridere) - con questo intendo che si vuole assolutizzare il relativo ;D



Ad ogni modo tutti questi discorsi che sembrano puntare al "relativismo" mi paiono molto più rivolti ad un prospettivismo, un relazionalismo (=ossia dare importanza alle relazioni tra le cose), ad una sorta di "ignoranza socratica" (non pensare di sapere ciò che non si sa), ad un fallibilismo e infine ad un corretto tentativo di voler contestualizzare le cose. Certe verità sono vere in certi contesti ma già riconoscere che certe verità sono vere in certi contesti suggerisce che per così dire ci siano "gerarchie" tra prospettive, ossia che alcune prospettive includano altre prospettive . Per esempio dalla relatività generale si può riprodurre la meccanica newtoniana, che è "vera" per campi gravitazionali deboli. Inoltre il principio di "relatività" in fisica spiega perchè le misure delle grandezze fisiche sono relative al sistema di riferimento. Ma la relatività generale non è "relativista" perchè assume un "assoluto" che spiega le relazioni tra le osservazioni dei vari sistemi di riferimento. Che poi magari in futuro si vedrà che la "relatività" debba essere sostituita con un'altra teoria non ha importanza. Si capirà che la relatività è "vera" in certi contesti, in altri no - mentre la teoria futura sarà "vera" in tutti i contesti conosciuti.


Perchè passare al "relativismo assoluto" (ossia una contraddizione in termini) anziché fermarsi a relazionalismi, prospettivismi, fallibilismi e contestualizzazioni. Perchè essere così volenterosi di negare l'assoluto, cioè dire una cosa che non si può dire (perchè se tutto è relativo dire che "tutto è relativo" è una contraddizione perchè la verità che "tutto è relativo" è relativa e quindi il relativismo assoluto si auto-distrugge) ? Si chiede l'autore ma il relativismo: in realtà è "il bene" se qualcuno lo vivesse veramente? Ma se tutto è relativo, che sarà mai assoluto il modo di vivere il relativismo? E se io vivo il relativismo in modo diverso da un altro? E se qualcuno lo usa come scusante alle sue azioni? Quando si finisce di parlare di assoluti è facile finire nelle contraddizioni e ciò avviene anche per chi appoggia il relativismo assoluto. Di certo il relativismo assoluto, anche se qui è riportato l'esempio di un fenomeno studiato dalla scienza (le illusioni ottiche), non è contemplato dalla scienza. Visto che si vuole capire perchè tale fenomeno avviene e tutte le spiegazioni non sono uguali  ;)



Prima che venga fatta un'altra discussione su come concepire il termine "relativo" faccio un piccolo notabene. Ritengo il termine "relativismo" un nome errato che è soggetto a generare grossi equivoci su posizioni in realtà molto interessanti. Fallibilismo o apertura all'altro e al diverso mi paiono termini molto migliori e che non generano (o almeno generano meno) inconsitenze. Ossia il relativismo assoluto mi pare un altro modo di non riuscire a "non dire più di quello che si conosce" (Wittgenstein).
#598
@Green demetr voglio chiederti una curiosità...
tu hai scritto: Naaaa troppo immaturo sto forum per capire Nietzche.... E posso dire che personalmente anche se ho passato un bel po' di tempo a studiarmi il filosofo di Roecken, molte cose del suo pensiero mi restano ancora ostiche. Per esempio non ho mai capito se veramente lui era contro l'"etica" cristiana (ossia dal punto di vista "motivazionale") e quindi contro l'"altruismo" o se era contro a come nei secoli e nei secoli la situazione è andata degenerando producendo "asceti disonesti"... vedi da quanto ho capito io il nostro caro Friedrich ha cercato di "affermare" la vita e ha visto che la morale imposta dall'esterno o dettata dal "ressentiment" è uno dei peggiori "ostacoli" alla vita. Su molte cose con lui concordo. Su altre invece no. Non sono d'accordo sul fatto che nel suo pensiero venga così affermata l'affermazione individuale, non mi piace molto la sua enfasi sulla "liberazione" degli istinti e in genere trovo la sua filosofia "costruttiva" caotica, seppur per certi versi consistenti (concordo con lui che il modo per affermare "questa vita" al massimo è volerla ripetere all'infinito... ossia l'Eterno Ritorno dell'Uguale è la massima affermazione di "questa vita" e della "volontà di potenza". Almeno per come intende lui il termine "vita", con cui non sono sono d'accordo). Negli ultimi scritti poi l'esaltazione di chi "ha al forza di affermarsi" la trovo alquanto esagerata. Ma ripeto è molto ostico come pensatore. Quindi ammetto di non averlo capito. Per questo motivo ti chiedo gentilmente se mi puoi spiegare se sbaglio o meno, secondo te, nella mia interpretazione? ;)

Ad ogni modo vorrei far notare che "altruismo" (come lo intendo io) non è utilitarismo. Il fine non giustifica i mezzi nell'altruismo visto che si da dignità all'altro.
#599
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
12 Ottobre 2017, 13:01:21 PM
In sostanza l'"indiano" ormai ha vissuto talmente tante volte che vede tutto come "dukkha", visto che "ogni reame di rinascita è sofferenza".
Il "sino-giapponese" invece è stufo di vivere nel modo "non naturale" e vuole vivere "naturalmente" (naturale per un cinese antico è cosa ben diversa da "naturale" come lo intende un "occidentale materialista moderno"  ;D )
Il "greco" è interessato all'arete che ricorda per certi versi il Cinese.
L'"abramitico" invece vede questo mondo come "caduto" nel peccato e spera nella riconciliazione.

Ebbene il buddhismo ha avuto influenze nel Sud-est asiatico (l'"indiano") e nell'Estremo Oriente (il "sino-giapponese")  ;D  Quello che si nota è che mentre nel buddhismo "meridionale", probabilmente più vicino al "vero" (?) pensiero di Siddharta, l'idea è che siamo imprigionati con il fuoco nella testa e dobbiamo liberarci ora (e se non lo facciamo ora probabilmente perdiamo il "treno" e rimaniamo a soffrire per anche miliardi di anni - o forse per sempre), per il buddhismo "settentrionale" invece il problema è che non ci rendiamo conto di essere già liberi (!). Ma il problema è che Buddha con la sua "dottrina" (?) dell'anatta ha chiaramente detto che "nascita e morte di "esseri" in realtà sono illusorie" e quindi in ultima analisi si è raggiunto un punto di contatto tra la pessimista "India" (sud-est asiatico) e l'ottimista "Cina" (estremo oriente) tant'è che appunto come abbiamo già ripetutamente discusso daoismo e buddhismo sono simili anche se "l'approccio" sembra per certi versi completamente diverso (in realtà si può dire la stessa cosa di certe filosofie Vedanta oltre che del buddhismo). Si arriva perfino a Dogen che dice "l'impermanenza è la Natura di Buddha" (e anche Nagarjuna con la sua identificazione di "samsara" e "nirvana" ci era molto vicino) cosa che ricorda il "celebre" passo secondo cui il Dao si trova anche negli escrementi  ;D , Ad ogni modo la cosa interessante è che mentre Buddha Sakyamuni era partito dall'idea di essere in una prigione (quasi eterna) da cui scappare i daoisti invece partivano dall'idea molto diversa per la quale dobbiamo "vivere nel modo giusto". Lo Zen (e lo Huayan) sembra(no) ad esempio una perfetta sintesi delle due "visioni". Se l'impermanenza è la natura di Buddha qual è la differenza con la "lila" degli indù e quindi con una visione positiva della vita (ma si può anche dire: se il problema è la "caduta" della nostra illusione non punta verso quella direzione?).

In modo simile si può anche discutere sull'idea della "caduta" in senso "abramatico" in una "vita di peccato e di morte" e la "caduta" nel "samsara". D'altronde siamo legati al samsara perchè ci è preclusa la consapevolezza della "vera realtà"! Una volta "tolto" questo problema siamo "riconcialiati"  ;D  Quindi a mio avviso è incredibile anche la somiglianza (o forse la "vaga somiglianza") anche se il "punto di partenza" è qualcosa di completamente diverso  ;)
#600
Citazione di: Sariputra il 12 Ottobre 2017, 11:24:59 AMSeguendo l'indicazione di @Angelo Cannata sono andato anch'io a vedermi le definizioni di etica e morale in un altro vocabolario (il Devoto-Oli): etica - Dottrina o indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell'uomo di fronte ai due concetti del bene e del male. morale - Concernente il presupposto spirituale del comportamento dell'uomo, spec. in rapporto con la scelta e il criterio di giudizio nei confronti dei due concetti antitetici di bene e di male. Il complesso dei principi dal punto di vista religioso o filosofico che definiscano tale presupposto. A prima vista ( a naso... :) ) direi che il termine 'morale' caratterizza più un comportamento dettato da presupposti ben definiti, specialmente a riguardo di una determinata dottrina religiosa o filosofica ( morale cristiana, morale stoica, morale buddhista, ecc.), mentre l'etica è ciò che precede e determina la propensione individuale nello scegliere una specifica morale ( intesa come 'sorgente' interiore di una scelta, di cui la morale ne è poi il corso?...). Si nota una certa differenza tra i due termini nel colloquiare ordinario. Diciamo infatti: 'Quel medico esercita con grande senso etico la propria professione" ( difficilmente diremmo:"Quel medico esericita con grande moralità la propria professione"...anche se non è sbagliato in definitiva, ma etica sembra avere un significato più ampio, più includente, più profondo per l'appunto...). Viceversa diciamo:" Quell'uomo mi ha fatto la morale" ( indicando una persona che può costringere altri a seguire i propri convincimenti morali , che magari impone il fardello agli altri senza veramente portarlo lui stesso: 'fariseo', 'ipocrita', ecc.). 'Morale' mi sembra anche un termine più legato alla storicità, alla cultura dominante in un determinato periodo: (m.pubblica, m. privata, m. collettiva, uomo senza morale, ecc.). 'Etica' invece sembra , come dicevo, contenere qualcosa di più sorgivo, più autenticamente umano, come una specie di 'tensione verso...". E' qualcosa che si potrebbe definire, forse, come 'ricerca di cos'è veramente bene o male...'. Nei nostri tempi cupi che viviamo ( quegli altri tempi non li ho vissuti, ma certo questi che vivo non sono luminosi... :() si tende ad eliminare la tensione etica e appiattire tutto sulla morale storica e culturale, con evidenti violente contrapposizioni...

Più o meno quanto indendevo io, anche se come Angelo fa notare "etica" e "morale" in effetti vengono usati spesso come sinonimi (e probabilmente anche anticamente lo erano - dipende se i romani traducevano con "moralis" il termine greco "ethos").

Ad ogni modo una "morale" altruistica può essere "egoismo mascherato" se non c'è corrispondenza tra "motivazione" (o meglio "disposizione" - seguo Wittgenstein che diceva che "amore" è una parola che indica una "disposizione" per esempio... il che mi pare corretto) e "azione". La "motivazione/disposizione" è legata alla cosiddetta "coscienza morale" (quella che io chiamavo "ethos", seguendo la filosofia greca). Nietzsche se la prendeva con l'ideale "ascetico" principalmente quando era disonesto (anche se preferiva l'uomo "attivo", pieno della Volontà di Potenza - termine a mio giudizio un po' orribile visto che il senso di "potenza" era più o meno "creatività"...vedasi la differenza tra "macht" e "kraft" https://en.wikipedia.org/wiki/Will_to_power), non a caso scrisse in "Genealogia della Morale": Tutto il mio rispetto per l'ideale ascetico fino a che esso è onesto! (ovviamente bisogna chiarire il significato di "onesto". Ritengo che voglia significare unione tra "motivazione" e "azione" ... ma lascio agli esperti di Nietzsche la questione). Però non basta abbattere la "morale" intesa solo come "costrizione esterna" o "vendetta contro la vita" serve ben altro per la vita, specialmente se si vive in mezzo ad altri  ;)