Citazione di: Kobayashi il 16 Febbraio 2019, 11:14:39 AMQuoto integralmente per non spezzare il filo logico di un discorso sostanzialmente condivisibile. Una sola precisazione: capisco che la parola credere dia adito a diverse interpretazioni però, in ambito religioso, o comunque la valenza che credo
Noto che vi sta sfuggendo l'essenziale e cioè che l'esperienza spirituale non è un'esperienza conoscitiva – nel senso di un accumulo di nuove nozioni – ma un'esperienza di trasformazione interiore. Per cui, da questo punto di vista, non ha alcuna rilevanza credere o non credere in una dottrina religiosa, ciò che conta è l'affinità di questa dottrina con il cambiamento in corso.
Si può essere scettici sull'immortalità dell'anima, non credere nel paradiso e nell'inferno, pensare che la resurrezione di Gesù sia solo un simbolo, e nello stesso tempo praticare quotidianamente la lettura del Messale e del Salterio secondo il calendario liturgico, perché questa tradizione è sentita come un efficace accompagnamento al proprio cammino, un aiuto all'uomo nuovo che sta faticosamente venendo alla luce (per poi precipitare di nuovo nell'oscurità del mondo e nella dimenticanza, e via dicendo fino alla fine dei propri giorni).
Qui siamo nell'ambito della prassi, non della disputa filosofica. Così non ha senso porsi il problema della credibilità razionale di una teoria spirituale (che è una preoccupazione legata al potere religioso) perché i contenuti di essa non sono l'essenziale che l'uomo spirituale sta cercando, perché l'uomo spirituale non cerca la verità (così come l'artigiano non cerca un modello teorico ma la tecnica che gli consenta la produzione a regola d'arte del manufatto desiderato), l'uomo spirituale cerca la realizzazione di quella che reputa la (propria) vita autentica.
Che si possa pensare all'uomo spirituale come definito dal credere a dottrine religiose, superstizioni e leggende, vuol dire in fondo essere nient'altro che l'analogo ingenuo (sul lato ateistico) del devoto che pensa che la propria religiosità sia determinata dalla sua capacità di credere ai vari dogmi che la sua chiesa gli impone di ripetere... (per cui per essere cattolici bisogna credere in questo e quest'altro, altrimenti si è squalificati etc.).

La fede è un moto dello spirito, uno slancio, un afflato, un atto di amore, un sentimento di devozione. Che, come giustissimamente affermi, se non produce una trasformazione a tutto tondo, dunque anche nelle azioni, non è vera fede.
Integro anche il tuo negare che sia un'esperienza conoscitiva ma sono certo che siamo d'accordo: non è un'esperienza conoscitiva razionale. Non è certamente un'acquisizione di nozioni. Lo è tuttavia da altri punti vista, appunto, spirituali.