Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Eutidemo

#5971
Come sicuramente saprete, la prospettata modifica dell'art.57 comma 1, ha ingenerato dilaganti contestazioni, sia di carattere politico sia di carattere giuridico, in quanto i nuovi senatori potranno votare vari tipi di legge (sia ordinarie, sia costituzionali) a livello nazionale, valide per tutti i cittadini; per cui, il fatto che essi siano privi del mandato elettivo popolare, in effetti, porrebbe in contrasto il nuovo art.57 comma 1, con il vecchio art.1 della Costituzione, che resta in vigore, e che sancisce che la sovranità (cioè la delega ad emanare leggi) appartiene esclusivamente al POPOLO.
Il famoso "Representation principle"!
Per "bypassare" tale gravissimo ostacolo, i sostenitori della riforma hanno spesso prospettato la seguente argomentazione di carattere logico-matematico, fondata su una "sorta" di proprietà transitiva: 
- i cittadini eleggono i consiglieri regionali;
- i consiglieri regionali eleggono i senatori;
- quindi i cittadini eleggono i senatori!
Il che è  come dire:
- Anna ha partorito Maria;
- Maria ha partorito Gesù:
- Quindi Anna ha partorito Gesù.
Il che, oltre che ad essere religiosamente un'eresia, logicamente è una vera e propria fesseria.
;D
Ed infatti, se i condomini dei vari edifici di Roma eleggono ciascuno il proprio amministratore di condominio, non è mica che, poi , se si riuniscono tutti insieme gli amministratori di Roma ed eleggono il Sindaco della città...si può seriamente sostenere che esso sia stato eletto dai Romani.
;)
Poichè anche molti componenti del partito che aveva promulgato la riforma si sono accorti che il "paralogismo" di cui sopra non reggeva, all'art.57 è stato aggiunto un ulteriore comma, in base al quale (restando fermo che ormai i cittadini non eleggono più i senatori),  i consiglieri regionali, però, nell'eleggere i senatori, dovranno "conformarsi" alle  scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi (peraltro secondo modalità stabilite da una legge che ancora non esiste).
Il che, aggiunge paradosso a paradosso, configurando una vera e propria CONTRADDIZIONE IN TERMINI!
Sarebbe come dire che, d'ora in poi, le figlie non potranno più sposare chi vogliono loro, bensì solo i mariti decisi dai loro genitori; i quali, però, nel decidere i mariti delle figlie, dovranno "conformarsi" alle scelte espresse dalle figlie stesse.
;D
Ora, al riguardo circolano varie voci circa l'"ipotetica" legge, in base alle quali i cittadini potranno esprimere le proprie "scelte" (?), circa i senatori, che, poi, però, saranno i consiglieri regionali ad "eleggere"; si parla di schede elettorali multiple, di liste ecc.
Ma, anche ammesso che si trovino contorsioni dialettiche, come, appunto, quelle che circolano, in realtà i casi sono solo due:
a) o tali preferenze saranno meramente INDICATIVE per i consiglieri regionali, i quali, poi, <<eleggeranno>> i senatori come meglio credono in base alla loro discrezione (sia pure con i criteri fissati dalla legge);
b) oppure tali preferenze saranno COGENTI per i consiglieri regionali, i quali, poi, saranno tenuti ad <<eleggere>> i senatori secondo le preferenze espresse dai cittadini, meramente limitandosi a raticarle alla stregua di notai (sia pure con i criteri fissati dalla legge).
Ma anche messe così le cose, se al REFERENDUM, con il SI' passa il nuovo art.57, deve per forza essere vera la prima (a), in quanto se, io consigliere regionale, sono "costretto" ad eleggere i senatori in base alle direttive di terzi (i cittadini), in realtà non sto <<eleggendo>> nessuno, ma, come un notaio, sto meramente <<ratificando>> delle scelte altrui; ma questo non è possibile, perchè la norma costituzionale citata usa il verbo "eleggere" solo in relazione ai consiglieri e non ai cittadini... e tale verbo, sematicamente, ha un significato univoco (almeno a quanto mi risulta), e cioè, di esprimere un voto libero ed incondizionato, per scegliere determinati soggetti.
Per cui, in base ai ragionamenti di cui sopra, una legge ordinaria non potrà più modificare la legge costituzionale, per cui (se vincerà il SI' al referendum), non c'è dubbio alcuno che, ai sensi dell'art.57 comma 1 saranno comunque i Consigli regionali ad <<ELEGGERE>> i senatori tra i propri componenti, e non più i cittadini. 
Per cui, i nuovi senatori, sebbene privi del mandato elettivo popolare, in contrasto con l'art.1 della Costituzione, che resta in vigore, e che sancisce che la sovranità (cioè la delega ad emanare leggi) appartiene esclusivamente al POPOLO, potranno votare vari tipi di legge -sia ordinarie, sia costituzionali- a livello nazionale, valide per tutti i cittadini
Per cui, al REFERENDUM, VOTATE PURE COME VI PARE, MA RENDETEVI CONTO CHE, SE VOTATE "SI'", PRATICAMENTE STATE ESPRIMENDO UN VOTO CHE VI PRIVERA' PER SEMPRE DEL DIRITTO DI VOTO!!!
Ed anche questo è un paradosso, che, però, possiamo evitare votando NO, e rifiutando l'"autoevirazione elettorale" !
;)
#5972
Citazione di: sgiombo il 16 Novembre 2016, 20:35:39 PM
Per non scandalizzare nessun benpensante più o meno "buonista" non scrivo esplicitamente quel che farei io agli estensori della legge elettorale e della riforma costituzionale (dico solo che per lo strumento che impiegherei e l' azione che compirei il modo in cui risolverei la questione, se potessi, assomiglierebbe molto a quello nel quale si tramanda che Alessandro Magno abbia "sciolto" il nodo gordiano).
(Quanto alla sede dell' evento, beh, Piazzale Loreto a Milano mi sembrerebbe decisamente la più idonea).

;D  ;D  ;D
Sottoscrivo!!!
#5973
Il referendum che si approssima, secondo me, ci sfida ad affrontare non solo problematiche di carattere politico e giuridico...ma, secondo me, almeno una, anche di carattere LOGICO-SEMANTICO (se non, addirittura, filosofico).
Però, prima di arrivare al DILEMMA LOGICO-SEMANTICO, è necessario "contestualizzarlo".
Abbiate pazienza!
Mentre la vigente Costituzione, attualmente, prevede che i cittadini <<eleggono>> i senatori a base regionale, la riforma costituzionale, a modifica dell'art.57, prevede ora che (testualmente) : " I Consigli regionali <<eleggono>> i senatori tra i propri componenti" (più qualche sindaco); vi risparmio le complesse modalità con cui ciò dovrebbe avvenire, perchè la cosa non ha attinenza col "dilemma logico" che intendo sottoporre alla vostra attenzione.
Come sicuramente saprete, la prospettata modifica ha ingenerato dilaganti contestazioni, sia di carattere politico sia di carattere  giuridico, in quanto anche i nuovi senatori potranno votare vari tipi di legge (ordinarie e costituzionali) a livello nazionale; per cui, il fatto che essi siano privi del mandato elettivo popolare, in effetti, porrebbe in contrasto il nuovo art.57, con il vecchio art.1, che resta in vigore, e che sancisce che la sovranità (cioè la delega ad emanare leggi) appartiene esclusivamente al POPOLO.
Per "bypassare" tale ostacolo, di carattere squisitamente giuridico, all'inizio, i sostenitori della riforma hanno contrapposto una argomentazione di tipo logico-matematico, fondata su una "sorta" di proprietà transitiva
- i cittadini eleggono i consiglieri regionali;
- i consiglieri regionali eleggono i senatori;
- quindi i cittadini eleggono i senatori!
Ma, ovviamente, il ragionamento non era logicamente  molto congruente.
Ed infatti, sarebbe come dire:
- Anna ha partorito Maria;
- Maria ha partorito Gesù:
- Quindi Anna ha partorito Gesù.
Il che, oltre che ad essere religiosamente un'eresia, logicamente è  una vera e propria fesseria.
:)

Ed infatti, se i condomini dei vari edifici di Roma eleggono ciascuno il proprio amministratore di condominio, non è mica che, poi , se si riuniscono tutti insieme gli amministratori di Roma ed eleggono il Sindaco della città...si può seriamente sostenere che esso sia stato eletto dai Romani.
;D
Poichè anche molti componenti del partito che aveva promulgato la riforma erano in dubbio al riguardo, sembra che, qualche giorno fa, si sia addivenuto ad un compromesso, in base al quale, modificando la legge elettorale (ITALICUM), si stabilirà che i cittadini italiani potranno comunque continuare ad <<eleggere>> i propri senatori; a parte i residenti all'estero, però, che tale diritto lo perderanno comunque.
Ma di loro, in fondo, che cosa ci importa, no?
:-\
Riguardo ai cittadini italiani residenti, però, è ovvio che una legge ordinaria non può modificare la legge costituzionale, per cui (se vincerà il SI? al referendum), non c'è dubbio alcuno che, ai sensi dell'art.57 saranno comunque i Consigli regionali  a continuare <<eleggere>> i senatori tra i propri componenti. 
Carta canta: NON CI PIOVE!
Ma allora, se è vera la "promessa di modifica" in base alla quale i cittadini italiani potranno comunque continuare ad <<eleggere>> i propri senatori, come si concilia, questo, col fatto che la riforma costituzionale dice, invece, che sono i Consigli regionali  a provvedere a tale <<elezione>>?
Il testo preciso della bozza di modifica della legge elettorale, non sono riuscito a trovarlo, se non in versioni molto diverse tra loro; ma, in buona misura, sembra che si voglia quadrare il cerchio sancendo che:
- saranno, sì, i consiglieri regionali ad <<eleggere>> i senatori (perchè così è scritto nella nuova costituzione, e non si può modificare più il termine con legge ordinaria);
- ma, con la legge elettorale, si troverà un qualche sistema per mezzo del quale i cittadini, oltre ad eleggere i propri consiglieri regionali e i propri sindaci, contestualmente, potranno esprimere anche  le loro indicazioni circa quelli di loro che vorrebbero eleggere anche nel ruolo di senatore.
Più o meno, almeno, questo è quello che ho capito; anche se le modalità per perseguire tale scopo, risultano alquanto oscure.
                                            ***
ED ORA VENIAMO AL PARADOSSO LOGICO.
Come è possibile che, attribuendo al termine <<eleggere>> lo stesso significato semantico, tale azione possa essere svolta da due soggetti diversi, in relazione allo stesso oggetto?
Sarebbe come dire che Tizio e Caio possono entrambi bere per intero lo stesso caffè!
Per il principio del terzo escluso:
a) se è vera l'affermazione che sono i consiglieri regionali ad <<eleggere>> i senatori, allora è falsa l'affermazione che sono i cittadini ad <<eleggere>> i senatori;
b) se, invece, è vera l'affermazione che sono i cittadini ad <<eleggere>> i senatori, allora è falsa l'affermazione che sono i consiglieri regionali ad <<eleggere>> i senatori;
"Tertium non datur"!
Ma, se passa il nuovo art.57, deve per forza essere vera la prima (a); per cui, per quanto ci si possa stare a girare intorno, a me sembra che i cittadini perderanno COMUNQUE il diritto di voto.
Anche ammesso che si trovino contorsioni dialettiche, come, appunto, quella che circola, e che, cioè, si troverà un qualche sistema per mezzo del quale i cittadini, oltre ad eleggere i propri consiglieri regionali e i propri sindaci, contestualmente, potranno esprimere anche  le loro indicazioni circa quelli di loro che vorrebbero eleggere anche nel ruolo di senatore, anche qui i casi sono due:
a) o tali preferenze saranno meramente INDICATIVE per i consiglieri regionali, i quali, poi, <<eleggeranno>> i senatori come meglio credono in base alla loro discrezione (sia pure con i criteri fissati dalla legge);
b) oppure tali preferenze saranno COGENTI per i consiglieri regionali, i quali, poi, saranno tenuti ad <<eleggere>> i senatori secondo le preferenze espresse dai cittadini (sia pure con i criteri fissati dalla legge).
Ma anche messe così le cose, se passa il nuovo art.57, deve per forza essere vera la prima (a), in quanto se sono "costretto" ad eleggere i senatori in base alle direttive di terzi (i cittadini), in realtà non sto <<eleggendo>> nessuno, ma, come un notaio, sto meramente <<ratificando>> delle scelte altrui; ma questo non è possibile, perchè la norma costituzionale citata usa il verbo "eleggere" solo in relazione ai consiglieri e non ai cittadini... e tale verbo, sematicamente, ha un significato univoco (almeno a quanto mi risulta)
Per cui, per quanto ci si possa stare a girare intorno, secondo me i cittadini perderanno COMUNQUE il diritto di votare i senatori; PER SEMPRE!
A meno che, qualcuno non trovi il modo di "includere" il "terzo escluso".
Io non ci riesco.
Voi?
:)
#5974
Citazione di: maral il 13 Novembre 2016, 22:25:33 PM
In realtà il senso c'è ed è fondamentale, consiste nel fatto che il paradosso logicamente irrisolvibile mostra l'impossibilità della logica formale di fondare la totalità delle sue affermazioni per dire se esse siano vere, false o anche indecidibili (come il teorema di Godel mostra per quella faccenda logica che è l'aritmetica). In un certo senso è vero che le logiche paraconsistenti tentano di risolvere questa incresciosa situazione indebolendo il principio del terzo escluso (diminuendo la forza di alcuni connettivi logici), ma finché si mantengono nei termini del formalismo logico, quanto più lo indeboliscono, tanto più aumentano la "trivialità" logica delle loro proposizioni. A questo proposito ho trovato molto utile il libro di Berto "Teorie dell'assurdo" che ne tratta.

Il libro di Berto "Teorie dell'assurdo"  è veramente interessante.
Suggerisco a tutti di scaricarlo (gratuitamente) da qui; portare il puntatore in alto a destra, appare una freccia verso il basso, per scaricare cliccarci sopra.
https://www.uploady.com/#!/download/eAF~YsyW4Wa/E3YXNns_J~P_Cr_1
#5975
Citazione di: cvc il 14 Novembre 2016, 08:46:31 AM
Un grande studioso di filosofia antica, Pierre Hadot, ha evidenziato come la differenza fra filosofia antica e moderna stia nel fatto che la prima era una ricerca della spiritualità, la seconda una ricerca dell'astrazione. Nel suo ragionamento ha coinvolto anche Wittgenstein nel libro "I limiti del linguaggio", ma di ciò non posso dir nulla non avendo letto il libro e non conoscendo Wittgenstein. Di Hadot ho invece letto "Esercizi spirituali e filosofia antica" e "Che cos'è la filosofia antica?", e mi ha colpito il suo pensiero che colloca non solo la filosofia ellenistica, ma anche in parte quella classica, nell'alveo dell'esercizio spirituale. Dove in particolare la scrittura assume la forma di un esercizio scritto: la memorizzazione dei dogmi della scuola, l'esame di coscienza, la praemeditatio malorum (anticipazione e preparazione ai mali). Da qui si aprono innumerevoli spunti interessanti come la ripresa di questi temi in ottica cristiana, in particolare con Ignazio di Loyola e i gesuiti. Ma anche il fatto che spesso si da un'interpretazione errata degli antichi, esagerandone il senso che davano all'astrazione ed allintellettualismo. "Nell'antichità non esisteva un solo intellettuale" mi pare dica Hadot. Quindi anche alcuni scritti di Aristotele più che costruzioni meramente razionali assumono la forma di esercizi volti all'assimilazione delle proprie idee di fondo, e così per Plotino, Ambrogio, Agostino. Del resto parrebbe inspiegabile l'esagerato il senso di colpa di quest'ultimo per il celebre furto delle pere, se non nell'ottica dell'esercizio spirituale, dove evidentemente le pere sono solo un esempio di qualcos'altro, di un senso di colpa più generale e giustificato. Differenza che ad esempio Bertrand Russell, non ha saputo cogliere, avendo ridicolizzato l'aneddoto delle pere di Agostino nella sua "Storia della filosofia".


Non ho letto nè Hadot, nè Wittgenstein, ma da altri autori che ho letto, a me pare che, da sempre (sia nel passato che nel presente), ed in ogni luogo (anche in India), la filosofia (ed anche la religione) abbiano seguito DUE filoni principali.
Per dirla in modo MOLTO semplicistico:
- uno empirista-razionalista-positivista;
- un altro idealistico-mistico-spirituale.
Potrei fare molti esempi, ma, poichè anche nell'ambito dei due "filoni", i pensieri e lo spirito dei vari autori -ovviamente- divergono in modo sensibile (quando non eclantemente), o dovrei semplicare troppo -a rischio di essere inesatto-, o dovrei entrate troppo in dettaglio, cosa che qui è impossibile.
In qualche caso, peraltro, in alcuni autori (filosofici e religiosi), i due filoni si intrecciano e si sovrappongono un po'; e, questo, anche in conseguenza dei tentativi di conciliazione dei due aspetti, che qualcuno di costoro ha tentato di fare -me compreso-.
Ma, comunque, in genere, in ogni singolo pensatore prevale l'uno o l'altro aspetto; per cui secondo me i due filoni esistono indubbiamente...ovunque ed in ogni tempo.
Anche se a volte, geograficamente e/o storicamente, tende a prevalere l'uno o l'altro.
#5976
Pare che Hobbes dicesse: "Primum vivere deinde philosophari"; in fondo, era la stessa cosa che sottintendeva Aristofane, quando, nella commedia "Le Nuvole", rappresenta Socrate che, appeso in una cesta, contempla il cielo...e non la terra.
Secondo me, invece "Vivere EST philosophari", perchè sia le nostre parole che le nostre azioni, sono ENTRAMBE frutto della nostra personale filosofia; espressa o meno che essa sia, ovvero consapevole o meno che essa sia.
La filosofia, invero, si può esprimere anche senza parole, ma semplicemente con un gesto; come fece Cesare Pavese, così concludendo il suo Diario (e la sua vita): "Non più parole...un gesto"
E' vero, però, che, molto spesso, le nostre parole (cioè la filosofia che noi propugnamo), non sempre coincidono con la nostra condotta di vita.
Però, in fondo, a suo modo, anche questa è un tipo di  filosofia: "Fate come dico, ma non fate come faccio!"
La quale, forse, è la filosofia di vita più diffusa al mondo!
;)
#5977
Citazione di: maral il 12 Novembre 2016, 12:22:55 PM
CitazionePer cui, una volta correttamente esplicitata, qualificandone il soggetto, la proposizione: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa.", è facilmente definibile come oggettivamente FALSA!!!
Il paradosso (che è del linguaggio formale classico) è l'autoreferenzialità negativa della preposizione.
Se tu arrivi a concludere che "questa affermazione è falsa" è oggettivamente falsa si sta oggettivamente dicendo (ossia la stesa proposizione dice di sé) che questa "affermazione che è non vera" dice di se stessa di essere non vera, dunque dice la propria verità quindi dice il vero, ma dicendo il vero non può non essere non vera proprio come dice. Assumendo la propria falsità oggettiva la proposizione assume la propria verità oggettiva che a sua volta assume la propria falsità oggettiva e così via all'infinito (si genera un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P)).
Il paradosso del Mentitore si può tentare di risolverlo solo dal punto di vista dialettico della logica hegeliana, ossia ammettendo che la non verità per sussistere deve sempre ammettere in sé un momento di verità e viceversa (deve includere il proprio contraddirsi) e l'insieme di tutte le volte in cui questa affermazione è falsa deve comprendere la sua antitesi, ossia il suo essere vero come caso particolare nell'insieme "non vero della prooposizione". Dunque "Questa affermazione è falsa, ma non lo è sempre" e proprio poiché non lo è sempre essa può significare qualcosa, ossia che la sua falsità in tutti gli altri casi.
In altre parole Se "tutti i Cretesi mentono" l'insieme di "tutti i Cretesi mentitori" dovrà includere un Cretese che non mente, che è colui che qui lo afferma.


Credo di aver capito il tuo ragionamento...che fila perfettamente.
Ma io volevo dire una cosa, penso, un po' diversa; cioè, che, una volta correttamente esplicitata, qualificandone sintatticamente il soggetto, la proposizione: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa.", è facilmente definibile come oggettivamente FALSA!!!
Cerco di spiegarmi meglio.
Secondo me:
-------------------------------------------------------
"Questa affermazione é falsa"
 equivale a dire (esplicitando il soggetto della frase) =
 "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa."
-------------------------------------------------------------
Ora, in effetti, come giustamente osservi tu, se questa "proposizione-soggetto-della-frase" (in se stessa) <<Questa affermazione é falsa>>... dice di se stessa di essere non vera, dunque dice la propria verità quindi dice il vero, ma dicendo il vero non può non essere non vera proprio come dice; cioè, assumendo la propria falsità oggettiva la proposizione assume la propria verità oggettiva che a sua volta assume la propria falsità oggettiva e così via all'infinito,  generando un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P)).
Per cui, non possiamo dire che la "proposizione-soggetto-della-frase" <<Questa affermazione é falsa>>, sia semplicemente FALSA, perchè il ragionamento autoreferenziale ci impedisce di definirla POSITIVAMENTE FALSA o VERA, in quanto si genera un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P)).
Quindi, se la definiamo semplicemente FALSA siamo in errore (perchè non è nè vera nè falsa).
Ed infatti, se noi asseriamo che  "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa.", in realtà, stiamo, invece, dicendo una cosa POSITIVAMENTE FALSA, perchè, come tu stesso hai argomentato sopra, non possiamo affatto dirlo, in quanto si genera un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P))...che non significa che è FALSA (perchè non è nè vera nè falsa).
Ma allora, se torniamo all'equivalenza di cui sopra (che credo sia innegabile):
-------------------------------------------------------
"Questa affermazione é falsa"
 equivale a dire (esplicitando il soggetto della frase) =
 "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa."
-------------------------------------------------------------
se ne deduce che anche "Questa affermazione é falsa", se una volta correttamente esplicitata per esteso, qualificandone sintatticamente il soggetto-proposizionale, è falsa, deve essere falsa anche se non correttamente esplicitata; in tal caso, però, la falsità non si nota, perchè la proposizione da "verificare" viene mantenuta nascosta "dentro se stessa"!
Ma, a mio avviso, è solo un gioco di specchi; ovvero come una Matrioska che ne nasconde un'altra identica al suo interno, il che ci vela la verità (o la falsità) della frase, contenuta in se stessa.
:)
#5978
Va bene, visto che nessuno tenta (giustamente) di risolvere il paradosso, vi svelerò io l'arcano: non si può risolvere, perchè, in effetti non è risolvibile.
Si tratta di una LACUNA...non di un PARADOSSO!
:P
Per aver pubblicamente messo in luce tale lacuna normativa, relativamente all'identico testo della vecchia ICI (nel mio libro "ELUSIONE FISCALE" - Ed.BUFFETTI 1993- ), venni personalmente "strigliato" dal Ministro delle Finanze pro-tempore; il quale, sembra, dopo aver istituito una apposita Commissione riservata "ad hoc", decise che nessun tipo di recupero fiscale poteva essere operato al riguardo, mancandone i presupposti normativi ex art.12 delle Preleggi (come io testardamente argomentai sul SOLE 24 ORE).
Per cui, coloro che effettuavano la transazione il 14 febbraio (anni bisestili a parte), in pratica, godevano entrambi dell'esonero ICI per un mese.
In tale Commissione, venne deciso, alla fine, che si sarebbe potuto rimediare solo normativamente; e ci si ripromise, solennemente, di provvedere a ciò... il prima possibile (era il 1993).
:D
Io suggerii di aggiungere i seguenti commi:
"Se la transazione avviene in un mese durante il quale IL POSSESSO <<NON>> SI E' PROTRATTO PER ALMENO QUINDICI GIORNI in capo a nessuna delle parti, tale mese e' computato per intero in capo alla parte dante causa (o all'avente causa, è lo stesso)"
"Se, invece, la transazione avviene in un mese durante il quale IL POSSESSO SI E' PROTRATTO PER ALMENO QUINDICI GIORNI in capo a più di una parte, tale mese e' computato per intero, una sola volta, in capo alla parte dante causa (o all'avente causa, è lo stesso)"
Ed invece non fu fatto nulla, per la gioia dei compravenditori (o dei donanti) del 14 febbraio; giorno prediletto dai fidanzatini che vogliono regalarsi immobili, e molto gettonato presso i Notai più accorti.
Infine, il bovino redattore dell'IMU, ha pedissequamente ricopiato il testo dell'art.10 dell'ICI, senza alcun correttivo; ovviamente, Governo e Parlamento, non si sono nemmeno posti il problema poichè, in materia fiscale (e non solo in quella), hanno la stessa competenza di una capra nel risolvere una equazione quadratica.
:D

Di analoghi paradossi, potrei enumerarvene a bizzeffe!
Il loro cervello (Dio lo abbia in gloria), in tutt'altre faccende affaccendato...a questa roba è morto è sotterrato.
Per cui, se vi capita di dover vendere o comprare un immobile all'inizio dell'anno, vi conviene attendere il giorno di San Valentino (se siete un po' innamorati di voi stessi); non è che il risparmio sia granchè...ma è sempre meglio di niente.
;)
#5979
Per restare al linguaggio comune, penso che la questione possa essere messa anche nei termini che seguono, ricorrendo alla sintassi.
Se, dicendo noi: "Questa affermazione é falsa",  qualcuno ci chiedesse: "Va bene...ma quale sarebbe l'affermazione falsa?", non basterebbe rispondere "Questa!", perchè quello insisterebbe a chiedere "Questa quale?"
Ed avrebbe ragione, perchè la proposizione: "Questa affermazione é falsa", può essere distinta in due parti:
1) Il soggetto
2) Il predicato verbale.
Quanto al primo (1), , in questo caso il soggetto della proposizione ("questa affermazione") è la frase stessa che si sta pronunciando; per cui, "esplicitando" il testo, dire "Questa affermazione é falsa", equivale a dire: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa."
Ed invece essa non è affatto "positivamente" falsa, per il ben noto ragionamento autoreferenziale che già conosciamo, per il quale il soggetto proposizionale della frase: "Se veramente fosse falso, sarebbe vero...ma se fosse vero sarebbe falso...ecc.".
Per cui, una volta correttamente esplicitata, qualificandone il soggetto, la proposizione: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa.", è facilmente definibile come oggettivamente FALSA!!!
Ed infatti, se è vero che il soggetto proposizionale non può essere positivamente ed inequivocabilmente individuato come "vero" o come "falso" (se non esplicitato), bisogna però ritenere che, una volta esplicitato, esso deve considerarsi oggettivamente "falso".
Cioè, secondo me, il paralogismo sta nel far coincidere il soggetto della frase (non esplicitato), con la frase stessa; ma se la frase viene esplicitata, essa diventa "falsa".
Cioè, sia pure in modo molto più sottile, è un po' come il sofisma del "topo" che non è in grado di mangiare il formaggio, perchè "topo" è una parola, e le parole non mangiano formaggio; anche se in tal caso l'imbroglio è semantico, e non sintattico come nel nostro caso, per cui è più facile da individuare.
Ma può darsi anche che io mi sbagli, perchè, appunto, si tratta di una faccenda alquanto più complessa.
:-\
#5980
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2016, 15:13:06 PM
A me sembra che se si pone il problema nei termini più astratti ("io mento"; in questo momento , facendo questa particolare affermazione; "questa affermazione é falsa") ci si imbatta nel paraodsso senza particolari ambiguità.

Concordo con Baylham che i concetti di "verità" (epistemologica) e "sincerità" (morale) sono diversi.

Dire "io mento", secondo me, significa semanticamente che: "io sto facendo una affermazione, che, almeno a quanto mi risulta, non corrisponde alla verità (cioè, sto dicendo quella che "per me" è una cosa falsa)".
Ma in questo non c'è niente di logicamente contraddittorio, in quanto chi pronuncia la proposizione non può sapere "in assoluto" se quello che  asserisce corrisponda o meno alla verità...può solo ammettere che la sua intenzione è quella di mentire al riguardo.
Ma, oggettivamente, ed a prescindere da quest'ultima, le cose che dice possono essere sia vere che false: astratte o concrete che siano.
I concetti di "verità" (epistemologica) e "sincerità" (morale) sono diversi...per cui nessun paradosso può fondarsi sull'aderenza o meno a quest'ultima, da parte di chi sta facendo una qualsiasi affermazione del tipo di cui sopra. 
O, almeno, così mi pare.
:-\
#5981
Stavo riflettendo sul fatto che tutte le "aporie del mentitore", in qualunque forma vengano espresse, sono viziate da un equivoco di fondo.
Ed infatti, secondo me, sarebbe sempre necessario distinguere (sia in astratto che in concreto), tra:
a) L'essere sinceri o bugiardi.
b) Dire cose vere o non vere.
Nel linguaggio comune, infatti, siamo soliti omologare le due alternative; le quali, invece, sono secondo me concettualmente MOLTO diverse.
Ed infatti:
- si può essere sinceri, ma dire egualmente una cosa non vera per mero errore o ignoranza;
- si può essere bugiardi, ma dire egualmente una cosa vera per mero errore o ignoranza;
Ad esempio, io potrei "sinceramente" affermare che il Cervino è il monte più alto del mondo; e non starei affatto "mentendo" (in quanto sarei in perfetta buona fede), ciò non ostante, però, farei -per mera ignoranza- una affermazione falsa.
:)
Oppure, potrei mentire dicendo a qualcuno che il quadro che gli sto vendendo è un Rubens, per ricavarne più soldi, essendo però convinto che si tratta soltanto di una copia; ed invece, a mia insaputa, quel quadro è veramente di Rubens.
;)
Non so se ho reso l'idea.
Stando così le cose, tutte le aporie basate sul fatto che Tizio dica "solo e soltanto la verità", e Caio "solo e soltanto bugie", perdono senso, se, nel contempo, non partiamo anche dal presupposto che entrambi siano sempre correttamente informati "su TUTTO"; cioè, ONNISCENTI.
Ma, poichè la cosa è impossibile, in quanto solo Dio (se esiste, è onniscente), mi pare che tutte i paradossi del mentitore perdano fondamento logico, a causa dell'ambiguità di fondo sopra descritta.
Voi cosa ne pensate?
:)
#5982
Forse non tutti sanno che anche il nostro legislatore, talvolta, si diverte ad ideare dei paradossi veramente degni del buon Protagora.
Per esempio, l'art. 10 del Decreto Legislativo del 30/12/1992 n. 504 sancisce che l'IMU: "... e' dovuta proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si e' protratto il possesso; a tal fine, il mese durante il quale IL POSSESSO SI E' PROTRATTO PER ALMENO QUINDICI GIORNI, e' computato per intero."
Il che, secondo il senso che si evince dalla connessione logica delle parole, significa che il mese nel quale la titolarità si è protratta solo in parte è computato per intero in capo al soggetto che ha posseduto l'immobile per almeno 15 giorni, mentre non è computato affatto, in capo al soggetto che lo ha posseduto per meno di 15 giorni.
Tanto per citare un illustre Autore, in tanto un periodo inferiore al mese è rilevante, in quanto si tratti di un periodo protratto per almeno quindici giorni, per cui, se il periodo di possesso è inferiore ai quindici giorni, per quel mese l'IMU non è dovuta (Angelo Busani - MANUALE DELL'IMU pag.338 - IPSOA 2012).
Sembra evidente!
Ma da ciò conseguirebbe che, se l'immobile viene ceduto il 14 febbraio, per tale mese, l'IMU non la deve pagare nè il venditore, nè il compratore, in quanto:
28 : 2 = 14
Sembra un po' un paradosso, in effetti!
:o
E se il passaggio, invece, avviene il giorno 16 di un mese di 31 giorni?
Alla lettera, l'IMU dovrebbero pagarla entrambi, perchè tutti e due hanno posseduto l'immobile "per almeno 15 giorni" (come recita testualmente la legge).
Ma anche questo sembra un po' un paradosso!
:o
Nell'interpretare la norma, è obbligatorio applicare i criteri ermeneutici di cui all'art. 12 Preleggi, il quale sancisce che: "Nell'applicare la legge NON SI PUO' ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, "e" dalla intenzione del legislatore".
La congiunzione logica (e) costituisce un'operazione binaria perche' si applica su due proposizioni ed è definita come l'operazione che applicata allle congiunte proposizioni, le rende entrambe vere o entrambe false (questo, secondo la nota "tabella della verità" della logica modale); diverso sarebbe stato il caso se l'art.12 avesse usato la proposizione disgiuntiva (o), sia in forma inclusiva (vel) che in forma esclusiva (aut)...ma non lo ha fatto.
Detto in parole povere, anche secondo la pacifica giurisprudenza della Cassazione, l'intenzione del legislatore va quindi necessariamente desunta dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e non può in nessun caso essere intesa in senso diverso; ferma restando, in talunti casi, la possibilità della interpretazione restrittiva, estensiva ecc.
A parte il fatto, che, comunque, nel caso di specie se c'è uno "spirito" del legislatore da ricercare, secondo me è di natura esclusivamente "etilica": Grappa ad almeno 62 gradi!
;D

Chi di voi è in grado di risolvere il paradosso (il)logico dell'art.10?
#5983
Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 15:10:48 PM

Però potrei essere il primo nucleo di resistenza al megacervello. L'inizio della rivolta nel dolore!!...si, lo so, sono un sognatore romantico, quasi ottocentesco! :(
A volte, in effetti, viene voglia anche a me di scollegarmi al Megacervello, perchè sono eminentemente un estimatore della solitudine e del pensiero solitario.
Però, eccoci qui, ancora collegati ad interconneterci sinapticamente "via cavo", come bravi neuroncini di un gran Megacervello.
Ma, in fondo, non credo che questo deprima la mia libertà individuale.
Almeno, lo spero.
:)
#5984
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2016, 14:57:49 PM
Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 07:36:45 AM
Per acquisizione "filogenetica" della condotta (anche morale), si fa riferimento a quei comportamenti che si sono selettivamente evoluti nelle singole specie, al fine di preservarle dall'estinzione, e farle prosperare; ad esempio, una eccessiva e "letale" aggressività intraspecifica, è, ovviamente, controproducente alla fine della sopravvivenza della specie.

Ah ora capisco, però tieni conto che la tua teoria assomiglia molto al darwinismo sociale, che appunto dimenticherebbe la questione della lotta di classe, e che purtroppo storicamente ha dato adito al famigerato eugenetismo (ovviamente lo so che lo rigetti, ci mancherebbe).
Tra l'altro questa filosofia alla Dawkins (il gene egoista), è proprio una di quelle che mi dà sui nervi, perchè ha successo!!! grrrr

;)  ;)  ;)  ;)  ;D  ;D  ;D  ;D

Io invece benchè accolga spesso i ritrovati scientifici (come quello delle spaziature cacciatoriali, dell'idea di territorio, e anche di come dici tu, della inutilità dell'aggressività interpersonale.) tendo più a mettere l'accento sul lato politico della questione, quasi fossi un novello marxista (pur non essendolo, in quanto non lo devo ancora studiare a fondo !!!  ;) )

e ovviamente la critica al darwinismo sociale, come nel precedente forum testimoniava, la appoggio pienamente.

Insomma direi che la "disputa" sta più in questo allora che non se il diritto sia positivo o naturale, perchè semplicemente passa da quella valle il tuo concetto di naturale (alias evolutivo).

La cosa dell'unesco intendevo dire che le culture dei paesi che noi (io compreso) in quanto stati riteniamo criminali, riguarda più la scelta politica da che parte stare. Perchè se uno nasce dentro una cultura ferale, tribale, non capisce minimamente cosa voglia dire "ferale" "tribale", semplicemente se la vivono, formandosi i propri riferimenti culturali e probabilmente giuridici.
Basta vedere cosa ne pensa la popolazione irachena delle ingerenze USA.

Voglio dire questo "gene egoista" non assomigli sempre di più ad un gene a stelle e strisce?????

(ah! a scanso di equivoci a noi italiani (io compreso), questa cosa va benissimo, sia chiaro, è bello stare dalla parte dei vincenti, ci vuole solo un minimo di onesta intellettuale per ammetterlo)


Tranquillo Green, il giusnaturalismo fondato sulla filogenesi, NON HA NIENTE A CHE VEDERE CON IL DARWINISMO SOCIALE E CON L'EUGENETICA; si tratta di cose COMPLETAMENTE DIVERSE, che non hanno niente a che vedere l'una con l'altra.
Sarebbe come voler trovare una somiglianza tra un piatto di lenticchie, e il gioco degli scacchi.
:)

Ed infatti:
1)
Il DARWINISMO SOCIALE- teoria ormai obsoleta, e che, comunque, ho sempre considerato rozza e molto poco scientifica- ha per suo bandiera il concetto di "struggle for life and death", ovvero che la lotta per la vita e la morte (soprattutto a livello economico), debba essere la regola delle comunità umane; in tal modo, si basa su un GIGANTESCO ERRORE DI FONDO.
Ed infatti, tale (pseudo)teoria confonde la lotta TRA diverse specie per la prevalenza in un determinato ambiente naturale, con la lotta ALL'INTERNO delle stesse specie, la quale è precipuamente di carattere sessuale e riproduttivo; mentre, invece, la COLLABORAZIONE TRA I VARI MEMBRI DI UNA STESSA SPECIE (sia pure con modalità diverse), costituisce uno degli elementi principali del suo successo rispetto ad altre specie meno collaborative.
Ed invero, almeno stando alla stragrande maggioranza dei testi che ho letto (siano essi di stampo etologico, psicologico o sociologico), gli "imput" filogenetici" sono prevalentemente rivolti ad esaltare gli aspetti (latu sensu) "collaborativi" e "socializzativi" della specie umana -e non solo umana- e niente affatto quelli "competitivi".
2)
Quanto all'EUGENETICA, anche in questo caso si tratta di una arcaica corrente di pensiero (più che di una teoria) nata verso la fine dell'Ottocento che, basandosi su considerazioni genetiche e applicando i metodi di selezione usati per animali e piante, si poneva l'obiettivo del miglioramento della specie umana; ma, anche in questo caso, si tratta di qualcosa che non ha niente a che vedere con lo studio della "filogenesi" delle condotte, che si limita a meramente studiare i comportamenti "filogeneticamente" acquisiti dalla specie umana in milioni di anni, per trarne indicazione circa i suoi comportamenti etici (i quali, però, in larga misura sono anche "epideterminati" dalla cultura).
Dopo le orrende esperienze del Nazismo, ormai, l'eugenetica intesa nel radicale senso originario, è ormai morta e dufunta (o, almeno si spera); mentre potrebbe avere una qualche sua limitata valenza in senso medico, per evitare il ripetersi di patologie ereditarie (sempre secondo la libera scelta degli interessati, ovviamente).
;)
                                                   ***
Quanto alla faccenda dell'UNESCO, ora ho capito meglio cosa intendevi dire; e, al riguardo, in effetti anche io nutro grosse perplessità.
Ed infatti, si tratta di un dilemma difficilmente risovibile, perchè, se da una parte è difficilmente tollerabile sopportare la violazione dei diritti umani in diverse parti del mondo (dall'infibulazione al genocidio), dall'altra non è mica che possiamo conquistarlo tutto, al fine di imporre il nostro concetto di civiltà.
I nostri antenati Romani, a dire il vero, lo hanno fatto.
"Tu regere imperio populos, Romane, memento: hae tibi erunt artes, pacisque imponere morem, parcere subiectis et debellare superbos".
Ma dubito che, oggi come oggi, noi (o meglio, gli Americani) possiamo fare altrettanto.
Nè so se sarebbe giusto o meno....proprio non lo so!
:-\
#5985
In un certo senso, il SUPERINDIVIDUO (simile per certi versi al Geist Hegeliano) in cui le nostre coscienze e intelligenze sono "collegate" ma ancora individuali, già c'è: INTERNET!
Ed è in continua evoluzione "sinaptica", in quanto:
1)
Il Web 1.0 ha interconnesso per la prima volta, ONLINE MILIONI di esseri umani, collegati tra loro dalle "sinapsi" dipartentesti in entrata ed uscita dagli assoni e dai dendriti dei loro modem a 57 kbs; l'arcaica connessione "a stella" di ARPANET, si era evoluta in quella a "rete neurale" di INTERNET.
2)
 Il Web 2.0, a 2 mega, ha rivoluzionato il nostro modo di usare e pensare la rete: gli utenti, divenuti MILIARDI, da fruitori passivi, diventano creatori collaborativi di contenuti, il web diventa più interconnesso, assumendo quasi le caratteristiche un "metasistema" intelligente analogo alla SWARM INTELLIGENCE.
3)
Il Web 3.0 connetterà  praticamente TUTTI gli esseri umani, con più integrazione di contenuti, motori di ricerca evoluti ecc.: insomma avremo una rete che è in grado di interpretare se stessa e senza ridondanza di informazione, divenendo il più fantastico repository di conoscenza mai visto, e lo scambio in tempo reale di informazioni, opinioni, e idee, diventerà sempre più rapido e "integrato", come in un MEGACERVELLO!
Già dal 2004, Thomas Vander Wal ha creato il neologismo "Folksonomia" (fondendo le parole 'folk' (popolo) e 'taxonomy' (tassonomia)): applicando etichette (tags) agli oggetti digitali nella rete, si  possono identificare contenuti e informazioni e creare liste orizzontali di metadati, con lo scopo di semplificare il recupero delle informazioni in rete, poiché le stesse parole di ricerca corrispondono alle 'meta-informazioni', generate dagli agenti umani...un po' come nelle sintesi biochimiche e biolettriche delle sinapsi neurali. 
Questo significa rinunciare totalmente alla nostra libertà individuale, e trasformarci in semplici "neuroni" pensanti di un megacervello?
:(
Non credo proprio...se non in mero senso metaforico.
O, almeno, così spero!
;)