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Messaggi - Phil

#61
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Maggio 2025, 19:02:42 PMQuesto "nuovo mondo" che ci siamo creati nella nostra testa è reale o no?
Facciamo presto oggi a dire: prendo l'automobile e vado a fare un giro in centro città.
Cos'è una città?
Se la realtà è parente dell'esitenza (e direi che lo è), allora così come ci sono differenti piani di esistenza, ci sono differenti piani di realtà o, volendo sintetizzare, differenti realtà.
Il concetto di triangolo esiste ed è reale (concetto astratto di forma), ma non sullo stesso piano di esistenza-realtà di un sasso (oggetto percepibile), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto al popolo italiano (astrazione fisicamente delimitata ma temporalmente differenziata), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a Superman (identità astratta fisicamente riproducibile a piacere), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a un atomo di azoto (elemento fisico non percepibile isolatamente, ma esistente), che è su un diverso piano di esistenza-realtà rispetto a Giulio Cesare (soggetto non più fisicamente presente, ma che lo è stato in passato), e così via... molte di questi piani di realtà sono soprattutto "intracranici", ma d'altronde non è davvero pensabile una realtà che non lo sia almeno in minima parte (altrimenti, appunto, non potrebbe essere nemmeno pensata né essere un "fenomeno emergente di coscienza").
#62
Citazione di: iano il 03 Maggio 2025, 22:38:35 PMAllo stesso tempo non possiamo disconoscere quale potere ci diano sulla realtà descrizioni come le equazioni.
Phil direbbe ''quanto siano calzanti'', io però non credo che sia questione di trovare il giusto numero di scarpa.
Eppure la scienza, da sempre, non è forse proprio la ricerca della razionalizzazione (concetti, leggi fisiche, equazioni, etc.) più calzante alla realtà? La fisica einsteiniana non è forse apprezzata per essere più calzante delle precedenti (almeno in determinati ambiti)?
Parafrasando un noto proverbio, potremmo dire che «la realtà fa i piedi, ma non le scarpe», ossia la realtà, ai nostri occhi, "produce" (è fatta di) eventi (relazioni fra enti, etc.) di cui la scienza cerca di trovare la giusta interpretazione per l'uomo. Tuttavia questo, del "numero di scarpa interpretativo" più calzante, è un problema solo per la scienza, non per la realtà, i cui piedi camminano benissimo anche senza scarpe (ossia gli eventi restano tali anche se non li matematizziamo o studiamo).
Se, in quanto calzolai, ragioniamo inevitabilmente tramite concetti tipici delle scarpe (che si applicano ai piedi, ma non sono i piedi; così come la mappa non è il territorio, etc.), la questione della "calzabilità" è essenziale alla nostra attività di categorizzazione ed utilizzo del mondo: se proviamo a far calzare una scarpa con un numero non adeguato a un certo piede, il piede ci sfuggirà oppure non ci entrerà totalmente. Allo stesso tempo, per essere calzolai "efficaci", dobbiamo mantenere la consapevolezza che una scarpa ben calzante è tale per il piede che contiene (se è troppo stretta la realtà ce lo farà sapere con un feedback), ma non va confusa con il piede stesso; siamo calzolai che talvolta si illudono di essere podologi o addirittura medici, solo perché ci occupiamo di piedi (qualche volta in modo feticistico, ma non divaghiamo).
Anche se la realtà, nel suo innegabile dinamismo, sia una o plurima è un problema solo per le nostre categorie; problema "capriccioso" e comunque risolvibile considerando «realtà» come nome collettivo, ossia nome singolare che ha referenti plurali (come «il gregge», «il gruppo», etc. nomi singolari a cui corrisponde una pluralità di enti). Con una mossa più filosofica, si potrebbe definire l'esser-reale come condizione di possibilità degli eventi, decostruendo la questione del suo essere unico o molteplice (non essendo una condizione di possibilità rigorosamente numerabile).
#63
Citazione di: daniele22 il 03 Maggio 2025, 13:19:48 PMResta in ogni caso il fatto che la cosa, lungi dall'essere astratta, pone senza dubbio un grosso problema nella realtà che stiamo vivendo
Non vorrei fraintendere, puoi esplicitare a quale «grosso problema» esattamente ti riferisci?

@iano
Il filtro che l'uomo è (non «ha») inizia con gli occhi (o i sensi in generale) e finisce con le interpretazioni più inconsce; se togli il filtro, togli l'uomo.
La scienza, per ottenere risultati "calzanti", deve anzitutto fare i conti con la consapevolezza del proprio esser "prospettica", concettuale e interpretante.

P.s.
Mi scuso per il doppio post, chiedo ai moderatori di rimuovere quello precedente; grazie.
#64
Ho l'impressione che in realtà l'uomo non abbia filtri nel guardare la realtà, ma sia esso stesso un filtro; di conseguenza non può esserci un visione senza filtri da parte di ciò che è strutturalmente un filtro (se invece fosse altro, si potrebbe ipotizzare di rimuovere i filtri).
Ci troviamo nella condizione di una macchina fotografica che vorrebbe vedere la realtà senza usare il suo sensore ottico, o in quella di un vaso che vorrebbe contenere acqua ma senza dargli la sua forma. Inevitabilmente la macchina fotografica è vincolata "essenzialmente" alla prospettiva e alle peculiarità "percettive" della sua lente, così come il vaso, nel momento in cui accoglie dell'acqua, gli "impone" la sua forma.
Partendo dalla consapevolezza di esser vaso, e dopo aver studiato scientificamente le proprietà dell'acqua, non resta che la cognizione, astratta e ipotetica, che l'acqua "in realtà" non ha necessariamente la forma che le diamo quando la conteniamo, sebbene l'unica acqua che conterremo avrà sempre e inevitabilmente la nostra forma (d'altronde sia il microscopio che il cannocchiale, giusto per citare esempi di tecnologia, non fanno altro che riportare nel nostro ambito percettivo immagini che, senza tecnologia, non vi rientrano).
La realtà che conosciamo non può essere davvero la realtà in sé, ma sarà sempre la realtà per noi, per come la percepiamo e per come la concettualizziamo. Da un presunto (pseudo) punto di vista "assoluto" (che possiamo solo ipotizzare, non come punto di vista perfetto, ma come assenza di punto di vista) l'acqua non bolle a cento gradi, perché sia il concetto di grado che il contare fino a cento sono "invenzioni" umane, sono categorie del nostro esser filtro, non categorie intrinseche della realtà. Il fatto che tali categorie, leggi matematiche, fisiche, etc. funzionino nel nostro maneggiare il mondo, prevedere eventi, etc. significa che sono concettualizzazioni conformi alla realtà, sono descrizioni "calzanti" la realtà (e non tutte lo sono, ovviamente), ma non sono la realtà (che è fatta di numeri e unità di misura solo per chi la concettualizza con numeri e unità di misura; proprio come il tramonto è tale solo per chi è in un determinato posto ad una determinata ora, ha determinati organi percettivi e, soprattutto, ha il concetto di «tramonto», che gli consente di isolare quel fenomeno dagli altri che lo circondano).
#65
Tematiche Filosofiche / Re: Aristocle = Platone
03 Maggio 2025, 00:00:33 AM
Wikipedia conferma che il vero nome di Platone sia stato Aristocle (v. qui); mentre "sathon" è un riferimento alle ridotte dimensioni dell'organo sessuale maschile, tipiche di chi è ancora bambino (come spiegato, in inglese, qui e confermato qui e qui). Sugli esatti motivi di questo dileggio verso Platone, non ho trovato nulla e forse è troppo sbrigativo attribuirli alle differenze filosofiche fra i due (suppongo che leggendo quel testo forse si avrebbero indizi più eloquenti).
#66
Citazione di: Il_Dubbio il 25 Aprile 2025, 00:29:15 AMil filosofo oggi cosa intende per Realtà? Accetta oppure no il compromesso scientifico?
In generale tutta l'epistemologia contemporanea ha per croce e delizia il rapporto con la realtà, con un ventaglio di approcci che spazia dall'"ottimismo metafisico" ereditato dall'umanesimo (per cui siamo sempre più vicini ad una "conoscenza perfetta") fino al fallibilismo di alcune posizioni più "travagliate" (per cui la conoscenza è costitutivamente imperfetta a causa dei nostri limiti, nonostante i risultati ottenuti).
Per mettere altra carne al fuoco, possiamo ad esempio citare i 3 mondi di Popper o la riconciliazione di realismo e relativismo proposta da Margolis in un "pragmatismo senza fondamenta" (parafrasando il titolo di un suo libro).
#67
Tematiche Filosofiche / Re: Spazi e punti di vista.
04 Aprile 2025, 11:00:17 AM
Citazione di: iano il 04 Aprile 2025, 05:29:15 AMIl moto inerziale di un corpo lo definirei come il moto che esso segue in mancanza di cause che lo determinino.
[...]
Se definisco inerziale il moto di un corpo dentro un campo gravitazionale, non essendovi una causa che lo genera, allora esso non è soggetto ad alcuna forza.
[...]
Paradossalmente il corpo sembra obbligato al moto rettilineo uniforme senza che vi sia una causa.
[...]
Se faccio prendere al campo di gravità il posto dello spazio euclideo, la forza di gravità sparisce, e l'orbita che un pianeta descrive attorno al sole diviene il moto che naturalmente segue, pur in mancanza di una causa che lo obblighi.
Non sono esperto di fisica, ma credo che ogni moto abbia una sua causa, anche quello inerziale (proprio in quanto moto); l'inerzia stessa non è una forza a cui un corpo è soggetto?
#68
Tematiche Spirituali / Re: "Ateismo cristiano"
28 Marzo 2025, 12:45:45 PM
Citazione di: anthonyi il 28 Marzo 2025, 12:21:47 PMMa no, Phil, non confondiamo questioni poste dal diciottesimo secolo in poi dal pensiero liberale con eventi datati intorno al 1500 AC.
Ho parlato di «esigenze condivise "a maggioranza" dal basso»; non c'entra la coscienza politica o come viene eletto chi fa le leggi: si tratta di principi e di "utilità personale" approvati dal basso, nel senso che chi sta in basso è "necessariamente" e "istintivamente" a favore di tali norme che scoraggiano furti e omicidi.
L'esempio del senza-tetto e del ladro non sono esempi di "coscienza politica", sono esempi che puoi trovare anche nelle tribù di cui parla InVerno e probabilmente erano validi anche all'età della pietra. La debolezza, la fame, il valore del poco per chi ha solo poco, la paura di perdere ciò che si ha, etc. non sono questione di epoca o di forma politica di governo, puoi quasi applicarli anche a un branco di ominidi, tanto poca è l'intelligenza, quasi istintiva, nell'essere propensi a tale autotutela.
#69
Tematiche Spirituali / Re: "Ateismo cristiano"
28 Marzo 2025, 11:47:20 AM
Citazione di: anthonyi il 28 Marzo 2025, 08:25:35 AMuna regola del genere non può che venire dall'alto, spirituale o umano che sia questo alto.
Credo sia piuttosto riscontrabile che è una regola (come anche altre) che viene da esigenze condivise "a maggioranza" dal basso: serve a tutelare quel poco che si ha dalla forza bruta dei prepotenti; soprattutto se si ha poco, quel poco ha un grande valore e si è ragionevolmente a favore della sua tutela da parte della "forza governativa" (in tutte le sue forme). Se dormo per strada e ho solo un cartone, sono ben contento che nessuno abbia il diritto di rubarmelo (l'esempio è estremo, ma spero chiaro nel suo senso). Così come, se rubo una mela senza farmi sorprendere, sono a favore del fatto che poi nessuno possa a sua volta rubarmela.
Gli unici, in basso, che potrebbero essere contrari al divieto di furto sono appunto i prepotenti e coloro che possono imporsi con la forza (inevitabilmente una minoranza, considerando anziani, donne, bambini, uomini fisicamente deboli o malnutriti, etc.); se non fosse che, temendo che arrivi qualcuno più prepotente e forte di loro, anche a costoro conviene essere a favore del divieto di furto (per poi "regolarsi" di conseguenza nei propri eventuali soprusi).
 Sul tema del topic: «con Dio non tutto è permesso, ma tutto può essere perdonato», mentre «senza Dio non tutto è permesso, rimane la legge umana che non è fatta per il perdono ed eventualmente il proprio rimorso che, senza un dio, non è detto possa trovare assoluzione" (e spero non crediate alla favola dell'ateo che si assolve sempre da solo, fa ciò che vuole perché è senza regole, etc. perché per capire che è una favola basta semplicemente frequentare, o anche solo ascoltare, qualche ateo in carne ed ossa).
#70
Ritoccando un po' i numeri, si potrebbe "normalizzare" (in tutti i sensi?) la situazione con la nota campana di Gauss:

Al di là, o meglio, al di qua delle figure apicali, Barba Nera e Messia, gran parte del popolo (quasi 70%) è un po' mozzo e un po' laico. Soprattutto durante le elezioni, i santi cercano di persuadere i mozzi che la marina non fa per loro, mentre i pirati cercano di spiegare ai laici il fascino di una vita in mezzo al mare. Gran filibustieri e mistici sono solitamente coloro che si tesserano e si impegnano attivamente in politica (non necessariamente candidandosi).
#71
Il tema della verità è un classico, se n'è parlato spesso anche qui, quindi più che fare copia e incolla (o mere parafrasi) di discorsi già fatti, lascio questo link ad un mio post ricco di domande (con cui "maleducatamente" rispondo ad altre domande), sperando che possano dare un qualche contributo alla discussione.
In sintesi, secondo me, non è questione di poter raggiungere o scoprire le verità (al plurale), ma di saperle formulare, dove tale «sapere» non è esclusivamente nozionistico o linguistico, ma necessariamente ancorato nella prassi (che non è la realtà noumenica in sé, ma solo un modo socialmente accettato e "antropocentricamente" intelligibile di relazionarsi al nostro piano di esistenza).
#72
Citazione di: Alexander il 18 Marzo 2025, 10:36:36 AMPoco giova infiocchettare il tutto con un approccio che vorrebbe sembrare umile.
I chatbot si addestrano con le conversazioni e, anche se suonerà retorica, anch'io cerco di "portarmi a casa" qualcosa di utile dalle conversazioni. Da quella avuta con Koba ho ottenuto il ripasso del concetto di resilienza che, almeno per un po' di tempo, mi dovrebbe servire (come "anticorpo") a non avere troppi dubbi se mi imbatto in affermazioni tranchant su di essa (quella di Koba, non essendo io troppo esperto di psicologia, mi aveva fatto dubitare di ricordami bene cosa fossa la resilienza, facendomi anche sospettare che forse, a suo tempo, mi era stata presentata in modo troppo aulico; ripassare qualche fonte è stato come fare un "richiamo vaccinale", evidentemente necessario dato il mio dubitare; ringraziare Koba è stata questione di suddetta "etica del discorso", poiché oltra a parlarne, ne ho anche una che pratico).
Mi "porto a casa" anche lo spunto sul rapporto fra resilienza ("popolarmente" intesa) e ideologie economico-politiche, spunto discutibile (in mancanza di argomentazioni migliori), ma che posso comunque tener presente la prossima volta che qualcuno innesterà la resilienza in contesti sociali esterni alla psicologia (ricordandomi che, una volta, in un forum, già qualcuno l'accostò al neoliberismo e va quindi tenuto presente che è un concetto "evaso" dall'ambito strettamente psicologico in cui personalmente l'avevo conosciuto e a cui, per mia ignoranza, lo credevo confinato).
Citazione di: Alexander il 18 Marzo 2025, 10:36:36 AMLe chatbot non hanno amor proprio, noi umani sì. È cosa da considerare.
Saggia osservazione; l'umiltà non va di moda, ma tant'è.
#73
Citazione di: Koba il 17 Marzo 2025, 11:28:50 AMDomanda: se i livelli della AI sono ormai così sofisticati perché si dovrebbe preferire ad essa conversare con esseri umani su un forum digitale?
Infatti ormai una AI come chatGPT è perfettamente in grado di dirmi quello che mi ha detto Phil sulla resilienza. Avrebbe anche lei preso alla lettera la mia esagerazione sull'idiozia del concetto di resilienza e mi avrebbe corretto e poi mi avrebbe fatto una lista dei testi di psicologia che trattano del tema.
Quindi? Che cosa cerchiamo qua? Che cosa pretendiamo da un utente umano?
Raccolgo questo spunto, a mio avviso interessante: dal mio interlocutore umano ideale (che in quanto tale non esiste) mi aspetterei che risponda "meglio" di ChatGPT, non solo diversamente. Ovvero: se ChatGPT è rigoroso nell'uso dei termini, attento alla filologia, razionale e non polemico nell'esporre, etc. un interlocutore per me ideale (v. sopra) dovrebbe aggiungere a ciò un plusvalore esegetico, ermeneutico, etc. che ChatGPT non è solitamente in grado di dare.
Se invece un utente mi facesse notare delle gaffe che persino ChatGPT segnalerebbe, mi chiederei che tipo di interlocutore sono io, umanamente, per gli altri interlocutori; quanta "cura dell'altro" metto nella mia comunicazione? Quale "etica del discorso" pratico? Forse sono domande filosofiche di autocomprensione a cui anche ChatGPT saprebbe rispondere; il punto è che ChatGPT non risponderebbe parlando di se stessa.
Se la cifra distintiva di un interlocutore umano è che, a differenza di ChatGPT, non riesce a scrivere "Mi scuso per il fraintendimento precedente", "Hai ragione, la mia risposta precedente è errata" (credo chiunque usi i chatbot troverà familiari queste espressioni) o che l'umano può anche non essere preciso e avveduto nei giudizi che esprime (perché "in fondo, le informazioni precise le dice già ChatGPT, noi facciamo altro"), mi viene da chiedere quanto siano davvero "filosofiche" tali conversazioni umane, che fanno del rigore e dell'attenzione ai contesti una pedanteria da chatbot (d'altronde il progetto neopositivista è fallito da un pezzo, no?), se non qualcosa proprio da evitare "perché altrimenti è meglio parlare con ChatGPT" (non mi riferisco strettamente a quanto detto da Koba, l'ho usato solo come spunto).
In fondo è la solita vecchia storia dell'ideologia (in questo Koba ha secondo me ragione), travestita da riflessione filosofica per farsi prendere più sul serio, ma essenzialmente allergica a critiche, correzioni e fact-checking che non depongano a proprio favore. Quindi rivendichiamo la nostra capacità ermeneutica rispetto ai chatbot, ma che non ci si faccia notare che anche l'ermeneutica ha un minimo di epistemologia al suo interno, di "cura per le fonti" e metodo.
Riconosceremo dunque l'interlocutore umano perché è (anche qui non parlo di Koba) ideologizzato, non ammette i propri passi falsi, usa bias di conferma, etc.? Secondo me, sì, e come a suo tempo osservò niko (che ChatGPT mi corregga pure se sbaglio) questo è un buon "test di Turing inverso" (espressione mia che sintetizza il possibile spunto di niko); ossia: per riconoscere se dietro le sembianze di un chatbot c'è un umano, basta controllare se può essere provocato emotivamente su alcuni temi (ad esempio può diventare permaloso se si parla male della resilienza), può contraddirsi sul piano metodologico, può lamentarsi delle correzioni nozionistiche, si inalbera se si parla di politica o calcio e si scredita la sua fazione, etc.
Cosa c'entra questo con le crisi interiori? Direi che una delle crisi interiori dell'uomo contemporaneo è proprio quella del rapporto con l'intelligenza artificiale; ne sono sintomi i vari timori apocalittici (ricorrenti ogni volta che la tecnologia ha fatto un guizzo importante), la suddetta esigenza di distinguersi dai chatbot a qualunque costo (anche a costo di fare un passo indietro sul piano di "epistemologia del discorso", l'importante è non essere "come loro"), la compromissione della dimensione estetica (si pensi all'IA generativa), il sentirsi personalmente inadeguati o minacciati dal suo utilizzo, etc. Ma forse siamo comunque border-topic; che i moderatori facciano pure il loro dovere, prima che un'IA pedante e ottusa li sostituisca.
#74
Citazione di: Koba il 16 Marzo 2025, 21:02:16 PMQuesto non toglie che sia un concetto irrilevante in psicologia.
Se non lo sai puoi facilmente documentarti magari non con autorevolissimi articoli da riviste online ma con i manuali su cui si preparano gli esami alla facoltà di psicologia.
L'ultima fonte che ho citato è una tesi di dottorato dell'Univesità di Milano; magari non un testo che farà storia, ma non proprio una fonte trascurabile o un semplice esame di psicologia, soprattutto se il tutor della dottoranda è un docente ordinario di psicologia (v. qui) che "ci mette la faccia".
Citazione di: Koba il 16 Marzo 2025, 21:02:16 PMUn conto cioè è contestare la mia idea di una presenza ideologica nel concetto di resilienza, sostenendo magari che tale concetto è bellissimo e pregno di conseguenze filosofiche etc., altro invece è richiamare al rispetto dell'uso di tale concetto in qualche testo scientifico.
Se prima non chiariamo cosa sia la resilienza, o meglio, di quale resilienza parliamo (quella in ambito psicologico o quella popolarmente intesa?), non credo abbia senso né vederci legami con le ideologie neoliberiste, né conseguenze per il tema del topic, ossia le crisi interiori. Non trovi?
Citazione di: Koba il 16 Marzo 2025, 21:02:16 PMTempo fa in altro topic riportavo le riflessioni del grande psicoanalista Elvio Fachinelli sui meccanismi di difesa: sintomo, secondo lui, di una visione fortificata dell'Io.
E anche lì a sentirmi richiamare al detto esplicito dell'ortodossia freudiana.
Non ricordo quel topic e sicuramente non sono intervenuto su tematiche strettamente psicologiche perché non sono affatto uno specialista in materia (sebbene sulla resilienza mi so quantomeno orientare un po'); probabilmente è stato qualcuno più competente di me a correggerti (e, a quanto pare, a darti l'opportunità di essere resiliente... se mi passi la battutaccia).
Citazione di: Koba il 16 Marzo 2025, 21:02:16 PMCapisci? Essere liberi, avere uno sguardo d'insieme, andare oltre all'esplicito contenuto per coglierne le forze sottostanti.
Se lo "sguardo di insieme" è soprattutto approssimazione, secondo cui non si distingue una tesi di dottorato da una rivista online, o secondo cui «Il concetto di resilienza in psicologia clinica è praticamente assente» (per questo ho citato una fonte ricca di nomi), o secondo cui la resilienza «Ha iniziato a diffondersi a partire dalla crisi economico-finanziaria del 2007» (per questo ho citato una fonte con date, ben precedenti al 2007), allora più che "cogliere le forze sottostanti" ho il sospetto che si finisca solo con fare affermazioni a spanne (come quella infelice da cui è partito questo nostro discorso).
Comunque grazie, perché la tua "espressione colorita" mi ha spinto a ripassare cosa fosse la resilienza.
#75
Citazione di: Koba il 16 Marzo 2025, 17:46:33 PMIl concetto di resilienza in psicologia clinica è praticamente assente.
Considerare idiota la resilienza, in quanto categoria di una certa analisi psicologica, più che conturbante mi sembrava una svalutazione gratuita del suo valore analitico. Sicuramente la sua volgarizzazione popolare, per cui è diventata sinonimo di "resistenza", di ottimismo, etc. non va confusa con l'ambito originario di appartenenza. A mio avviso, il "passo breve" che porta qualcuno ad affermare che «le condizioni di grande stress vanno accettate perché potenzialmente stimolanti al superamento di sé» in nome della resilienza, quasi fosse consigliato e auspicabile vivere situazioni strssogene, più che un "passo breve" mi sembra un passo falso (e che nulla ha a che fare con la resilienza, pur magari strumentalizzandone il nome).
Per approfondire, la prima fonte che ho trovato al volo è questa, dove puoi leggere «Tra questi studi quello più celebre e all'interno del quale fece per la prima volta la comparsa il termine resilienza fu quello di Werner e Smith (Werner & Smith, 1992)» (p. 18) e «Nell'ambito della psicologia e più propriamente della psicopatologia, la resilienza è considerata come la capacità di evolversi anche in presenza di fattori di rischio (Luthar & Ziegler, 1991; Rutter, 1979). La resilienza viene inoltre vista come una qualità genetica che però, nell'arco della vita può manifestarsi e essere sviluppata grazie all'interiorizzazione di legami significativi. Cyrulnik (Cyrulnik, 2001) definisce la resilienza come una trama dove il filo dello sviluppo si intreccia con quello affettivo e sociale. Anaut (Anaut, 2003) sostiene che essere resilienti non significa essere individui invulnerabili, inaccessibili alle emozioni, alla sofferenza» (p. 20). Sicuramente, se vuoi approfondire oltre, troverai altre fonti che ti confermeranno come la resilienza, in psicologia, non sia qualcosa di "pericolosamente ambiguo", come invece può essere l'uso che si fa della parola corrispondente.