Secondo me, fra descrizione e prescrizione può esserci un rapporto dialettico senza scadere in fallacie, che invece si realizzano quando tale rapporto viene inteso come fondazionale. Così come non c'è un'etica (bene/male) fondata su descrizioni oggettive (a cui invece si può applicare, ovviamente), altrimenti potremmo con una dimostrazione oggettiva risolvere tutti i dilemmi etici in modo inconfutabile, parimenti non c'è una scienza che sia basata su prescrizioni, che ovviamente possono sopraggiungere dall'esterno (extra-fondamento) in un secondo momento, quando qualcuno vieta alla scienza di prendere una certa strada, proprio perché tale strada la scienza la "sfiora" come possibile o almeno plausibile.
La divergenza più evidente è che le prescrizioni sono solitamente a priori (qualcosa viene vietato spesso per prevenire che accada o è obbligatorio ancor prima che si arrivi alla condizione di poterlo adempiere), mentre le descrizioni sono solitamente a posteriori. Per questo può esserci una dialettica e persino una "complicità ontologica" fra ciò che viene scoperto e descritto (sollecitazione esterna verso il soggetto) e ciò che si ritiene di dover prescrivere (sollecitazione dal soggetto al suo esterno). Tuttavia mentre la descrizione è basata sull'oggetto (oltre che sulle categorie, gli strumenti, etc.), la "necessità" di prescrivere è tutta umana, anche nel senso di specie animale (non certo l'unica in questo), è il modo binario (si/no, bene/male, attrazione/repulsione, etc.) con cui l'uomo si relaziona al mondo (che comprende anche egli stesso); a prescindere da quanto ne sappia descrivere.
Bilanciare quella "complicità ontologica" (descrizione/prescrizione) con questa "asimmetria deterministica" (nel senso che l'uomo condiziona e altera il suo habitat ben oltre il semplice adattamento all'ambiente, v. tecnologia ed ecologia, ovvero adattamento dell'ambiente) è forse la colonna sonora della quotidianità, tanto per gli individui quanto per le collettività.
La divergenza più evidente è che le prescrizioni sono solitamente a priori (qualcosa viene vietato spesso per prevenire che accada o è obbligatorio ancor prima che si arrivi alla condizione di poterlo adempiere), mentre le descrizioni sono solitamente a posteriori. Per questo può esserci una dialettica e persino una "complicità ontologica" fra ciò che viene scoperto e descritto (sollecitazione esterna verso il soggetto) e ciò che si ritiene di dover prescrivere (sollecitazione dal soggetto al suo esterno). Tuttavia mentre la descrizione è basata sull'oggetto (oltre che sulle categorie, gli strumenti, etc.), la "necessità" di prescrivere è tutta umana, anche nel senso di specie animale (non certo l'unica in questo), è il modo binario (si/no, bene/male, attrazione/repulsione, etc.) con cui l'uomo si relaziona al mondo (che comprende anche egli stesso); a prescindere da quanto ne sappia descrivere.
Bilanciare quella "complicità ontologica" (descrizione/prescrizione) con questa "asimmetria deterministica" (nel senso che l'uomo condiziona e altera il suo habitat ben oltre il semplice adattamento all'ambiente, v. tecnologia ed ecologia, ovvero adattamento dell'ambiente) è forse la colonna sonora della quotidianità, tanto per gli individui quanto per le collettività.