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Messaggi - Jacopus

#61
Tematiche Spirituali / Re: La scissione
10 Agosto 2025, 21:36:12 PM
In realtà questa tesi non è così originale. Fa parte di molte correnti di pensiero: scissione e proiezione sono precisamente due meccanismi di difesa anticipati da Freud e categorizzati in modo completo da sua figlia, Anna Freud. Inoltre, soprattutto il pensiero Junghiano, attraverso il concetto di ombra, riflette a lungo sul male che è dentro di noi e che cerchiamo di sputare fuori in tutti i modi.
Sul fatto che questi processi siano benefici per la psichiatria risponderei con un "dipende". In generale sono tutt'altro che positivi perché disconoscono la complessità della vita umana, ma se una persona-paziente attraverso questa dislocazione esterna riesce a restare in contatto con la realtà, allora si sceglie il male minore.
È molto interessante sull'argomento il libro di Zoja, Paranoia perché collega la dimensione individuale con quella storica e collettiva. Un tema che ha il suo antesignano leggendario in Freud, psicologia delle masse ed analisi dell'Io.
#62
CitazioneIn realtà la plasticità del cervello sarebbe argomento contrario alla spiegabilità dei comportamenti estremi ossessivi, soprattutto nel male.
Con neuroplasticità si intende la capacità del cervello umano e in misura minore di tutti i mammiferi ed uccelli di modificare il proprio comportamento. È un grande vantaggio in termini evolutivi. Se però questa neuroplasticità si esprime nei contesti culturali tipici dell'uomo, essa si modella in termini culturali e così accade che il "male" assuma le molte facce che ha assunto nel corso della storia. Non penso che Hitler si dipingesse come un demone, ma anzi come un grande eroe che stava facendo il bene della sua comunità. Così come i suoi adepti, dall'ultimo soldato al capo di Stato maggiore della Wehrmacht. Questo era il senso. Per gli animali, che vivono ancora nell'ambito della sopravvivenza e della riproduzione non può esistere un concetto di male/bene. Solo i primati più simili a noi hanno comportamenti che si avvicinano al senso di bene e male. Un esempio per tutti, le guerre fra gruppi di scimpanzè, che comportano anche la morte di alcuni partecipanti. Uno spettacolo molto simile alla guerra.
Posso provare a dirlo in un altro modo: l'opposizione bene/male nell'uomo nasce da stati affettivi contrastanti che ognuno di noi possiede come una sorta di eredità genetica naturale e che sviluppiamo sempre in ottica evolutiva: pertanto siamo egoisti, ma anche solidali, rabbiosi ma anche amorevoli, e così via, perchè entrambe le vie possono servire e sono servite a farci diventare quello che siamo. Nello stesso tempo siamo una specie che apprende tantissimo, proprio perché siamo una specie culturale. Anche le società primitive, prima di impiegare i bambini facevano trascorrere molti anni, molti più di qualsiasi altra specie. L'apprendimento parentale è inoltre quello più importante perché collega l'apprendimento con i messaggi emotivi dell'unione affettiva familiare. In questo contesto si sviluppa quello che sarà l'uomo/donna adulto/a. E se in quel training formativo si sono sviluppati certi messaggi spostati sul lato egoistico, il soggetto sarà più facilmente egoista e così via. Anche per questo mi riferivo al fatto che le categorie di bene e male non sono soltanto individuali ma collettive.
#63
Citazione di: Koba il 10 Agosto 2025, 18:58:21 PMNel quinto volume de "La mia battaglia" lo scrittore norvegese Karl Ove Knausgård racconta di quando alla prima lezione del corso di scrittura creativa a cui era stato ammesso in giovanissima età, il docente, prendendo la parola, si mette a spiegare l'importanza del saper leggere prima ancora di scrivere. Imparare a leggere, con attenzione, smontare le espressioni, sprofondare nelle motivazioni autentiche dell'autore, e via dicendo.
Curiosamente in un'intervista televisiva Dacia Maraini, che ha tenuto dei corsi di scrittura creativa, alla domanda se qualcuno dei suoi allievi avesse mostrato vero talento, lei, dopo aver confermato di sì, dice: "Ma il loro problema non è la scrittura, ma la lettura". Come se il loro sguardo fosse limitato non dalla tecnica, che si può sempre apprendere e sviluppare, ma dalla scarsa esperienza che viene da letture troppo convenzionali.
Insomma prima di scrivere sarebbe buona cosa imparare a leggere sul serio. Anche qui, con i post di questo forum.

Infatti la risposta precedente (di Koba) era proprio in questi termini e secondo questa impostazione. Mi scuso per le letture troppo convenzionali e per il fatto di non sapere leggere sul serio. Sulla convenzionalità delle letture, uno scrittore molto convenzionale come U. Eco, diceva che dopo i 50 anni non è più tempo per letture sperimentali. Il tempo si restringe e bisogna tornare agli elisabettiani o freudiani o le Corbuseriani o raffaeliti (dipende dal settore di competenza).
#64
Citazione di: Koba il 10 Agosto 2025, 17:13:44 PMVi ringrazio, ora è tutto molto più chiaro. Probabilmente mi sono lasciato trascinare dal fascino di espressioni quali "la stirpe umana e i suoi enigmi".
Quindi neuroplasticità + cultura + pentola d'oro e voilà, ecco spiegato il male assoluto. Altro che Mysterium iniquitatis!
Ma se così è fatta per il male, che dire della santità? Una pentola d'ora traboccante? Una neuro-plasticità stravagante che ti fa erroneamente percepire il venticello delicato dello spirito che chiama e ti costringe a rinunciare a tutto, persino al tuo nome? Circonvoluzioni cerebrali stupefacenti e deformi?

Sono io che ringrazio voi. La stirpe umana e i suoi enigmi è davvero una definizione affascinante che si apre al mistero della vita, per la quale serviranno degli adepti e degli sciamani pronti a raccontare il mistero o deporlo sulla braccia di una potente divinità, oppure che mantiene un po' di odore di santità contro questa puerile e noiosa ricerca di tanti studiosi senza anima.
#65
Come ho già scritto molte volte, certamente l'uomo è una specie estrema sia nel bene che nel male, ma ciò non dipende da un supposto legame con esseri metafisici estremamente buoni (Dio) o cattivi (Diavolo). Dipende invece dalla grande neuroplasticità del nostro cervello, che può credere che sia bene sterminare gli abitanti di Gaza o gli eretici e male convivere sentimentalmente con un partner con il colore della pelle diverso. E dipende inoltre dall'aver superato la fase dei bisogni di base (mangiare, dormire, riprodursi) a cui sono legati quasi tutti gli altri animali. È la civiltà, la cultura a renderci "eccessivi", civiltà e cultura, che sono a loro volta stati biologicamente determinati dalla particolare funzionalità del nostro cervello, unito ad altre specifiche corporee (andatura eretta, visione tridimensionale, pollice opponibile, laringe in grado di emettere suoni). Pensare a "bene" e "male" come a forze trascendenti è il solito gioco della scissione e della proiezione paranoide, che ci salva dal pensare noi stessi come malvagi, carattere invece evidente da innumerevoli comportamenti o non-comportamenti che adottiamo, una malvagità spesso da "zona grigia" se vogliamo citare Levi, o alla "don Rodrigo", se passiamo a Manzoni.
In altri termini la malvagità umana, ma anche la cosiddetta bontà, è un processo culturale. Si può vedere "il nastro bianco" film di Haneke, per capire come la violenza della prima e della seconda guerra mondiale, abbia tratto la sua linfa originaria dai sistemi educativi dell'Europa di fine ottocento, connessa alle teorie allora in voga di darwinismo sociale e di razze più o meno evolute. Più in profondità, dentro questo processo culturale, va detto che la natura, nella forma della competizione extra-specifica, non è più il male, poiché siamo sulla vetta del dominio animale. Nessun altro animale può competere con noi, in termini di dominio dell'ambiente, ma il nostro cervello è comunque cablato per confrontarsi con un nemico e l'unico nemico che ci resta è l'uomo. In questa storia si sommano cultura e biologia, rendendo parzialmente vera la famosa massima di "homo homini lupus". Sottostante a questo processo culturale vigono però anche strutture biologico-emotive di base che possono rafforzare o controbilanciare i processi culturali. Winnicot parlava, a questo proposito, di "pentola d'oro", facendo riferimento a quei genitori sufficientemente amorevoli, che diventano metaforicamente una pentola d'oro alla quale i figli possono attingere nei momenti di difficoltà. Chi non ha quella pentola può più facilmente spostarsi verso meccanismi scissi di pensiero dove vigono le distinzioni polarizzanti, prima fra tutte, quella fra bene e male, che diventano così principalmente un fatto individuale. Mentre bene e male sono prevalentemente fatti collettivi (notare, ho scritto prevalentemente, per indicare che esiste comunque una responsabilità individuale).
Quindi per provare a curare il male dell'uomo contro l'uomo servono due condizioni: dei genitori amorevoli e strutture culturali che promuovano la solidarietà, anziché l'egoismo e la scissione paranoide.
#66
Sul volto sempre uguale di Gesù come prova della sua attendibilità dico solo una cosa: i capelli lunghi negli uomini ebrei del I secolo sarebbero stati fonte di disonore e di "gender fluid" (si direbbe oggi). I capelli lunghi invece in epoca medioevale distinguevano i nobili dalla plebe. Insomma, raffigurarlo con i capelli lunghi fu una esigenza della nobiltà medioevale ma difficilmente un uomo che voleva essere rappresentato come profeta, nel I secolo, si sarebbe fatto crescere i capelli.
#67
Citazione di: anthonyi il 08 Agosto 2025, 02:39:24 AMMa quello lo fai tu. Ti basta una datazione al carbonio 14, con tutte le eccezioni possibili sul campione usato e sulla storia conosciuta per occultare tutti gli altri rilievi scientifici che fanno della sindone qualcosa di INSPIEGABILE!  ma che testimonia l'immagine di un uomo che ha subito le stesse vessazioni descritte nel Vangelo, con la crocifissione nel polso come nella realtà storica e non nelle mani come é stato erroneamente creduto per tutto il medioevo.
Obiezione 1: non si comprende perché,
secondo i momenti e le strategie, si passa dalla fede come percorso indipendente da ogni prova materiale alla venerazione di reliquie di dubbia provenienza.
Obiezione 2: non si comprende perché, la divinità nel suo immenso potere, così come ha stabilito quali sono i vangeli autorizzati non ha stabilito quale fosse la sindone "vera" visto che nel medioevo ce n'erano a centinaia ed anche oggi c'è la sindone di Oviedo che fa concorrenza a quella di Torino.
Obiezione 3: se c'è tutta questa certezza e tutti questi dubbi sul precedente esame, i responsabili della sindone potrebbero concedere per un eventuale esame ulteriore ed aggiornato, ben più dei pochi millimetri concessi per gli esami compiuti negli anni '80, anche perché oggi gli esami, suppongo, potrebbero essere più accurati.
#68
CitazioneAnthony: Poi c'é la testimonianza perenne della Sacra Sindone
L'esame del carbonio -14 indica la datazione della sacra sindone fra il 1260 e il 1390. Per i particolari c'è la voce su Wikipedia. Piccola glossa: non si può osannare la tecnica e la tecnologia solo quando ci fa comodo.
#69
Citazione di: InVerno il 01 Agosto 2025, 08:58:45 AMIo rispetto le persone, rispetto anche Jacopus che ama Dostojevksi, nonostante penso che Dostojevski scriva molto male (effettivamente è un interessante paragone col Corano), non ho paura che i fan di Dostojevski mi mettano in una lista nera perchè critico un libro. La possibilità di offendere è congenita nella libertà di parola, senza possibilità di offendere non c'è libertà di parola, ne deriva che bisogna rischiare di offendere per essere sinceri.
😁. Questa me l'ero persa nel flusso di coscienza del forum. "Son Zeneise, riso reou, strinzo i denti e parlo cieu". Ma non avevi detto che Genova non ti piaceva? evidentemente questo è un carattere genetico di tutti i liguri. Ad ogni modo, forse perché non sono originario della Liguria, questa roba che libertà di parola comprende il rischio di offesa "nun se pó sentì" (detto nel mio dialetto originario). Certo che se sei affettato come un piemontese sono d'accordo, ma esiste una via di mezzo, che se adottata, permette di esprimere la propria opinione e il proprio dissenso con quello che gli inglesi definiscono "fair play". Penso che assumersi il rischio di "offendere" denota una visione del mondo (Weltaschaung, te lo dico in tedesco per offenderti un pochino)  bipolare (non in senso psichiatrico) e conflittuale. Qualche volta può funzionare (ci sono passato personalmente) ma sono più le volte che serve solo a radicalizzare lo scontro. E comunque in realtà il tuo  è solo un vezzo, perché molto difficilmente offendi, sei molto attento a contrastare le idee. Non hai mai usato l'argomentum ad hominem, neppure con Niko🤓. (È possibile anche che vi sia un complesso di Edipo risolto solo parzialmente, ma questa interpretazione la lascio al tuo psicoanalista).
#70
Tematiche Filosofiche / Re: Fallacia naturalistica
01 Agosto 2025, 07:38:24 AM
Citazione di: anthonyi il 01 Agosto 2025, 02:52:33 AME' proprio quest'ultima affermazione che é infondata, l'idea cioé che con la civiltà si affermi un'addizione di violenza nella specie umana, concetto implicito nell'idea di "buon selvaggio".
Naturalmente gli esempi dei popoli selvaggi di oggi non sono pertinenti, perché il confronto va fatto con gli uomini che risiedevano originariamente negli stessi territori dove poi si é sviluppata la civiltà, dove per una frattura di femore curata potrai trovare centinaia di  morti per ferite procurate con armi, e se anche in certi tratti temporali si può notare qualche aumento, rispetto alla generale discesa della quantità di morti artificiali, questo dipende dal l'evoluzione tecnologica che rende la pratica dell'uccisione più semplice.
Se gli uomini civilizzati di oggi, in 80 anni di convivenza con l'atomica, il bottone per farla partire non lo hanno mai premuto, puoi stare tranquillo che i selvaggi loro avi lo avrebbero premuto da tempo.
Volevo poi farti notare, jacopus, che questo discorso sulla natura violenta umana non é collineare con la dicotomia solidarietà egoismo, perché ho già spiegato che gli atti istintivi violenti hanno spesso un.    fondamento di tutela della comunità, e quindi sono solidaristici.
Che gli esempi delle popolazioni odierne non influenzate dal mondo moderno non siano pertinenti è una affermazione insensata, visto che tutti gli studi antropologici si fondano su questo. E del resto non hai compreso quello che voglio dire. Infatti ho scritto che già a livello di culture "selvagge" entra in gioco la "cultura" e quindi accanto a culture selvagge "da buon selvaggio" vi sono culture "da cattivo selvaggio". Ma prima dell'avvento della cultura, lo ripeto, vi sono nell'uomo, strutture neurobiologiche fondate sulla cura e sulla solidarietà che la cultura, ad esempio attraverso le religioni ha amplificato. Su scala globale che la violenza sia diminuita nel corso dei secoli è vero se prendiamo il dato e lo paragoniamo percentualmente al numero dei viventi in quel momento. Sia quella per guerre/rivoluzioni sia quella di tipo criminale. Ciò che contesto è una visione scissa di homo sapiens, che spesso nella tradizione religiosa viene descritto come portatore di un "peccato originale", che solo tramite sforzi, fede, rituali, divina provvidenza e quant'altro, può essere tenuto a bada. In realtà dipende dal mix di interazioni fra struttura neurobiologica di base strutturata per la sopravvivenza (ed anche violenta), strutture neo corticali più libere di agire nel bene e nel male e ambiente culturale, che va considerato nella sua storia (e pertanto vi saranno popoli più o meno violenti sulla base della violenza appresa ed assistita). In questo modo, se la civiltà ha sicuramente agito in termini di attenuazione della violenza (vedi Pinker o Elias), questo non è una garanzia assoluta che avvenga sempre anche in futuro. Inoltre esiste anche qui una differenza di fondo. Il processo storico di civilizzazione ha abbassato sensibilmente i tassi di violenza soprattutto in alcune parti del mondo, mantenendo livelli molto più alti nel cosiddetto terzo mondo, dove vanno a scaricarsi molte delle contraddizioni del processo attuale di civilizzazione, che si fonda in modo centrale sullo sfruttamento delle risorse materiali, su una civiltà di cose da consumare.
#71
Tematiche Filosofiche / Re: Fallacia naturalistica
31 Luglio 2025, 23:16:57 PM
È proprio così Alberto, sottoscrivo quello che hai detto (in realtà scritto). Anch'io ritengo che la specie homo sapiens, pur non essendo l'unica specie ad essere dotata di libero arbitrio, è sicuramente quella che ne dispone in quantità maggiori, se possiamo dire così, e questa libertà creativa è proprio la conseguenza della presenza di una neocorteccia così sviluppata. Invece, se proprio vogliamo dirla tutta, la ns libertà di azione è proprio limitata dalla nostra storia e dall'ambiente, oltre che dalla nostra stessa fisiologia (non sono libero di stare più di qualche minuto sott'acqua, ad esempio). Credo che ci sia sempre un gioco nell'azione umana libera, una tensione fra ciò che è possibile, ciò che è necessario e ciò che progettiamo di fare "liberamente". E spesso per fare davvero cose nuove, bisogna saper dimenticare le vecchie. In questo sta, ad esempio, il messaggio dell'eterno ritorno di Nietzsche, nella interpretazione di Severino.
#72
Tematiche Filosofiche / Re: Fallacia naturalistica
31 Luglio 2025, 21:42:33 PM
Citazione di: anthonyi il 31 Luglio 2025, 19:08:47 PMA me questo sembra abbastanza discutibile, jacopus, nei meccanismi istintivi presenti nelle specie comunitarie ci sono certamente comportamenti solidaristici, ma anche di tipo violento indirizzati alla difesa della comunità.
Questi comportamenti possono essere indirizzati nei confronti di esterni alla comunità, ma anche nei confronti di interni alla comunità se percepiti come dannosi per la comunità stessa.
Tanto per essere chiari, jacopus, la teoria del "buon selvaggio" non ha fondamenti.
Quali prove hai per dire che la teoria del buon selvaggio non ha fondamenti? Per il resto sono d'accordo. Nelle comunità animali (compresa quelle umane) sono presenti dinamiche di cura, solidaristiche e dinamiche egoistiche o di conflittualità. Ma se restiamo nel campo emotivo ancestrale, queste dinamiche sono tutte presenti per un unico scopo: la sopravvivenza della specie. A proposito del buon selvaggio. Vi sono tribù inuit che per ben accogliere lo straniero, lo invitano a dormire con la propria moglie. Nella tribù amazzonica degli yamomano invece fanno a gara a chi uccide più nemici (membri di altre tribù rivali). Quindi il "buon selvaggio", nella accezione rousseouiana è "double face", il che è coerente, poiché in questi due esempi è già in funzione la neocorteccia, che in sinergia con l'ambiente, ha trovato delle risposte originali e creative (non istintuali) al problema fondamentale della sopravvivenza. Ma precedentemente allo sviluppo delle culture inuit e yamomano, vi è un patrimonio neurobiologico che va indagato e che costituisce le fondamenta di ogni cultura successiva. Lo sforzo di Panksepp (che ho citato prima) è quello di cercare queste fondamenta in stati affettivi di base, piuttosto che nell' inconscio freudiano (Freud non a caso si definiva archeologo della mente). E fra questi stati affettivi di base vi è la cura e la sofferenza in caso di mancata cura. Del resto la potenza di questi sistemi è provata laddove essa manca nei cuccioli di ogni specie di mammifero ed uccello, che subiranno un grave deficit nello sviluppo e vari tipi di fragilità comportamentale in assenza di quelle attività di cura. Fra il "buon selvaggio" e lo "homo homini lupus" ho l'impressione che il primo sia più "naturale"  del secondo. Ma comprendo bene che il concetto di "homo homini lupus" si afferma necessariamente con lo sviluppo della civiltà, che rende impossibile un ritorno naive al "buon selvaggio". Il ritorno a forme di compensazione rispetto all'homo homini lupus, in un sistema artificiale, può avvenire solo artificialmente e non "a detour".
#73
Tematiche Filosofiche / Re: Fallacia naturalistica
31 Luglio 2025, 21:22:32 PM
Alberto, sono sostanzialmente d'accordo con i tuoi ultimi interventi e trovo molto bella (e la userò) la favola raccontata da H. e il retrostante concetto di cura, che è un indizio in più sulla ricerca della reciprocità come dinamica "aurea" nella vita di homo sapiens. Sul fatto che il principio della cura sia iscritto neurologicamente in homo sapiens non lo dico io ma una vasta letteratura psicoanalitica e neuroscientifica.  Non ti allego la bibliografia ma ti cito solo un testo che mi è caro e che è fondamentale per capire questo argomento, ovvero J. Panksepp, Archeologia della mente, Cortina. Non tutti sono d'accordo con Panksepp ma a me la sua lettura ha chiarito molti interrogativi sull'argomento e sopratutto mi ha fatto comprendere come, sottostante alla architettura della storia e della civiltà, ci sono, nell'uomo, potenti forze biologiche, flussi di neurotrasmettitori e di segnali biochimici che sono il risultato di una storia organica che ci collega a tutte le creature vitali di questo pianeta. Solo avendo presente queste forze ancestrali che ci modellano, possiamo agire in modo più consapevole nei piani alti della Zivilitation e della Kultur.
#74
Tematiche Filosofiche / Re: Fallacia naturalistica
31 Luglio 2025, 19:02:02 PM
La differenza fra specie è un argomento su cui si discuterà sempre. Il criterio più ragionevole è quello della riproducibilità. Se mi accoppio con una giraffa difficilmente avremo una prole. Solo Ciuchino ci è riuscito con la sua draghessa. Ma vi è comunque un range fra specie diverse che riescono comunque ad accoppiarsi, cavallo-mulo, leone-tigre oppure il noto sapiens-Neanderthal. L'evoluzione andando avanti per tentativi, crea sempre nuove specie potenziali che sono rappresentante da quell'uno di differrenza del dna di ognuno di noi. Quindi la riproducibilità non è un criterio del tutto sufficiente per definire la specie. Oggi con l'esame del dna si fa riferimento anche alla mappa genomica, ma come hai fatto notare tu, le differenze sono minime. Del resto la tassonomia da Linneo in poi, non è mai stata categorica e ufficiale una volta per tutte.
#75
Tematiche Filosofiche / Re: Fallacia naturalistica
31 Luglio 2025, 16:57:19 PM
Premessa terminologica che spero di fare solo per informare e non per saccenteria (vabbè un po' di saccenteria c'è).Ominidi sono tutte le grandi scimmie presenti e passate compreso homo sapiens (ebbene sì, siamo scimmie, tassonomicamente). Ominini sono quelle più direttamente imparentate con homo sapiens e pan (con pan si intendono le due specie di scimpanzé esistenti, scimpanzé e bonobo, i quali come noto, condividono con homo il 98,2 per cento di dna. In pratica è quasi un umano, visto che fra me e qualsiasi altro umano c'è una differenza genetica dell'uno per cento).

Detto questo, l'etica viene dalla natura? Una certa tipologia di etica senz'altro. Che è quella della difesa della vita in modo associato. Il comandamento "non uccidere" è pertanto "naturale" in questo senso. Ma, come fai notare, abbiamo iscritto dentro di noi anche un "programma" di aiuto verso gli altri, come faceva notare l'antropologa M. Mead (moglie di G. Bateson e grande antropologa), con l'esempio dell'anziano curato della frattura.
Lo stesso programma però lo condividiamo con tutti i mammiferi e gli uccelli a differenza con quanto accade alle altre specie, che non sviluppano un sentimento associativo o se lo sviluppano (come negli insetti) è fortemente automatico (ma su questa tematica potremmo avere in futuro delle sorprese). Se potesse, credi che un cane non curerebbe il suo cucciolo? La fuoriuscita dalla natura verso la civiltà è stato un passaggio tecnologico molto lento e progressivo. Non vi è stata ad esempio una creazione fatta e finita di un linguaggio. Il linguaggio sarà emerso da versi e richiami che indicavano qualcosa, come quelli di molti primati e mammiferi superiori ( le balene hanno ad esempio un linguaggio molto esteso che si trasmette all'interno del gruppo, offrendo un altro esempio di trasmissione culturale extra umana).
Tutto ciò si interseca con il livello del cervello arcaico che condividiamo con altre specie (o sistema limbico) e con quello neocorticale.
 Ma a livello di neocorteccia le cose si complicano, perché il cervello crea un mondo suo, diventa autoreferenziale e può quindi "eticamente" disconfermare ciò che è iscritto ai livelli più ancestrali. Ed è per questo che l'uomo eccelle in comportamenti etici ed anti-etici, fino a pensare che sia eticamente giusto "impiccare" il sodomita, il bestemmiatore, o eliminare l'affetto da sindrome di down, e nello stesso tempo sacrificarsi per salvare degli sconosciuti (p. Kolbe, salvo d'acquisto).
Siamo esagerati nel bene e nel male, ed inoltre la cultura e ciò che apprendiamo nel nostro contesto formalizza un certo tipo di etica che non sarà mai uguale a quello di altri gruppi, proprio per l'incidenza culturale rispetto a valori etico-morali. Insomma un bel guazzabuglio, che le religioni hanno cercato talvolta di semplificare e la filosofia di rendere più complesso. Io credo che si possano trovare risposte efficaci a queste domande proprio dal confronto vitale fra filosofia, neuroscienze, antropologia e biologia.