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Messaggi - maral

#61
I modi di essere altro non sono che gli enti in cui solamente l'essere può venire ad apparire.
#62
Citazione di: paul11 il 19 Luglio 2017, 00:18:18 AM
ciao maral,
cerchiamo di essere realisti...
Paul, proprio per tentare di mantenerci realisti ho in precedenza postato i numeri dell'immigrazione in Italia. Non c'è alcun riversamento biblico dell'Africa in Italia, non c'è alcuna emergenza di numeri. Tra nascite e morti, immigrazione ed emigrazione nel nostro paese c'è un sostanziale equilibrio e questo sulla base dell'arrivo ipotizzato di 300000 persone/anno. Finora ne sono sempre arrivate meno, meno delle aspettative, quindi non c'è un problema numerico, anzi, l'immigrazione è il fenomeno che più contrasta quello tragico dell'invecchiamento della popolazione locale.
Non siamo invasi, questo è il punto (semmai lo sono molto più di noi alcuni dei paesi vicini). Ma ci sentiamo invasi e questo rende ancora più tremendamente difficile il problema della reciproca integrazione (reciproca, sì, perché è evidente che l'integrazione, se ci sarà, non potrà che essere inevitabilmente reciproca, o è reciproca, o nasce da un desiderio di comprendersi gli uni con gli altri, o non c'è integrazione, solo alienazione che attende violenza per risolversi).
Se il problema non è numerico, allora dovremmo chiederci perché ci sentiamo invasi e scopriremmo magari che ci sono problemi culturali di fondo che i numeri non mostrano, e che sono questi aspetti culturali che andrebbero analizzati, confrontati, storicamente capiti per vedere come aggirarli, non lasciati come arnesi di scardinamento sociale agli imprenditori della paura.
C'è sicuramente il rischio che questi che arrivano, soprattutto se costretti alla clandestinità come la legislazione demenziale vigente esige, finiscano nelle mani della malavita organizzata e dello sfruttamento, non c'è dubbio che essi rischino di rendere indifendibili le conquiste sociali di un secolo di lotte delle classi lavoratrici (peraltro già da tempo affossate dal capitalismo globale che va a produrre nel quarto mondo, che tanto quelli sono lontani, chi se ne frega, mica li vediamo). Ma è proprio su questo aspetto che dovrebbe intervenire la sinistra anziché scimmiottare quelle destre nazionaliste preoccupate solo di chiudere le frontiere. Quali frontiere dovremmo andare a chiudere? Dove andiamo a chiuderle? Chiudiamo anche noi il Brennero? Miniamo le coste delle isole?
E' evidente che le problematiche che genera l'economia e la tecnologia globale possono essere affrontate solo a livello globale e pubblico. E' evidente che l'Europa in merito opera in modo ben meschino. E ancora è qui che si dovrebbe esercitare il massimo della pressione, non in Nigeria, ma a Bruxelles e purtroppo la democrazia non basta, non basta la decisione a maggioranza per decidere di queste questioni. Se una minoranza etnica viene vessata come può sperare che la maggioranza che la vessa la tuteli? Occorre che il principio democratico maggioritario sia subordinato al diritto umanitario universale e che questo diritto umanitario sia reso cogente per tutti e il diritto umanitario per tutti non può che comprendere il diritto per chiunque di poter vivere dignitosamente. E anche qui una sinistra potrebbe avere molto da dire, anziché blaterare di crescita e di consumo interno, anziché offrire garanzie ai banchieri privati.
Poi se una ridistribuzione della ricchezza è sempre più necessaria è altrettanto evidente che dovremo rassegnarci prima o poi a perdere il ruolo di consumatori privilegiati, inseguiti da una pubblicità martellante e continua, che continuamente ricatta nel modo di sentirsi in funzione del prodotto/rifiuto (senza stacco tra prodotto e rifiuto). Dovremo acquisire abitudini di vita diverse e vedere la ricchezza in termini diversi, in ragione di una sostenibilità di cui dovremo farci carico quanto prima possibile, tenendo conto di chi è gran lunga ben al di sotto di ogni sostenibilità. Cosa aspetta la sinistra a ragionare in questi termini? Anziché continuare a raccontare la favola nociva della produttività interna?
Bisognerà pur cominciare prima o poi a ragionare in termini diversi, anche a (e per) mantenersi realistici, no?
Infine dovremo ricordarci che questo nostro paese ha avuto nella prima metà del secolo scorso, nel bene e nel male, più di dieci milioni di migranti economici (e pochissimi, rispetto ai partiti, sono poi tornati), che negli anni del boom economico ci fu dal Sud verso il Nord una migrazione di parecchi milioni di persone che cambiò il volto di città come Milano, Torino e certo non mancarono i problemi a comprendersi, a detestarsi per costumi e linguaggi enormemente diversi. Non dovremo mai dimenticarci che abbiamo tutti almeno un migrante in famiglia che migrava spinto dal bisogno e dalla fame e non per turismo sfaccendato e da lì possiamo cominciare a tentare di capire.
#63
Citazione di: altamarea il 18 Luglio 2017, 13:58:44 PM
Maral, scusami se te lo dico, ma oltre la filosofia dovresti studiare anche un po' di psicologia per sapere che l'identità caratterizza in modo inconfondibile ciascuno di noi come individuo e non come popolazione.
Altamarea, scusa se te lo dico, ma, prima di dedicarti alla psicologia, dovresti imparare a leggere, perché forse ti è sfuggito che quello che ho più volte scritto è proprio che l'identità è un fenomeno estremamente complesso, non riducibile ad alcuna etichetta, che riguarda l'individuo e lo riguarda nel suo relazionarsi ad altri, perché sono gli altri che danno continuamente all'individuo l'identità sempre parziale, mai definitiva in cui viene a riconoscersi. L'identità non può che essere individuale e l'ho sempre sostenuto, ma in questa individualità c'è il mondo intero.
La mia domanda sull'identità italiana intendeva mettere in luce proprio che non c'è alcuna identità italiana  se non parzialmente in una serie di pratiche socialmente condivise tra persone che in qualche modo hanno tentato e voluto riconoscersi come comunità per riuscire a stare insieme. L'identità è un processo sempre da recuperare, un modo di camminare insieme e di corrispondersi gli uni con gli altri sentendo il bisogno di farlo e credendo di poterlo fare.
L'identità non è oggettiva, perché non è un oggetto e non può essere considerata in oggetto, né è mai solo soggettiva. l'identità è una domanda che continuamente cerca risposta. Una domanda a cui solo altri possono dare risposta, per quanto nessuno di essi, in quanto altri, conosce la risposta.
Nell'identità non ci sono punti di riferimento solidi e fermi, ci sono illusioni e sogni di punti di riferimento solidi e fermi e di queste illusioni e sogni abbiamo estremo bisogno, pure del tentare di tenerli fermi, ma appena li avremo identificati e definiti ci accorgeremo della loro insufficienza ed è proprio questo che ci obbliga a procedere oltre, nel cammino che non ha un arrivo, ma è sempre a cercare altri punti fermi.
Questo fa sì che propriamente non ci sia alcun italiano, nigeriano, musulmano, cristiano o ebreo, ma solo questo e quell'individuo che partecipa dei modi di essere della comunità in cui è nato e cresciuto, ma continuamente li modula nel suo modo di essere singolare e unico.
Sono contento comunque che tu abbia considerato la mia domanda sull'identità italiana assurda. Era proprio quello che intendevo risultasse evidente. Se poi avessi anche saputo leggere quello che ho più volte scritto nei miei interventi ti saresti anche accorto del mio intento.

CitazioneLa nostra storia vive dei loro ricordi ? Ricordi di chi ? degli immigrati ? La nostra storia vive delle loro lingue madri ? Dei loro predecessori ? Dei segni che ci hanno lasciato ?
La storia di ognuno vive dei propri ricordi, dei propri linguaggi, dei propri predecessori e dei segni che hanno lasciato e per poter stare insieme sarà necessario offrirli l'uno all'altro in condivisione, sentirli nostri, nella nostra comune umanità.
Te l'ho detto, impara a leggere.
#64
Citazione di: paul11 il 18 Luglio 2017, 01:37:15 AM
Maral accogliamo tutta l'Africa? Non ha senso dire accolgo od ospito perchè tutto ha un limite nelle risorse economiche e territoriali, prima ancora che come Stato o nazione.
Paul, ho forse detto accogliamo tutta l'Africa? non buttarla anche tu in caciara polemica per favore.
Ho detto invece che occorre far sì che la situazione politica economica globale cambi radicalmente di indirizzo e che la politica dei respingimenti che sembra l'unica cosa che si ha in testa, terrorizzati dall'incubo delirante continuamente suggerito dagli imprenditori della paura che tutta l'Africa si riversi qui da noi sommergendo la nostra identità (quale identità, a parte quella dettata dal consumismo globale che tu stesso citi?) non è la soluzione e non è la soluzione perché ha un costo esorbitante senza peraltro risolvere nulla. Sostengo anche che il discorso dovrebbe interessare non solo l'Italia, ma tutta l'Europa e tutto il mondo, non è faccenda da piccole patrie, non può più esserlo.
Questa sinistra, nella misura in cui sostiene la globalizzazione finanziaria vigente, non è più sinistra, e non è più sinistra perché ha perso radicalmente il progetto globalizzante della sinistra (come il cristianesimo che ha da tempo perso di fatto il suo disegno globalizzante), rivolto alla dignità di ogni uomo, per abbracciare quello dei mercati finanziari. Non raccontarmi che Renzi è di sinistra che la ex socialdemocrazia europea è di sinistra, oggi. Esiste solo una classe burocratica internazionale completamente volta a difendere e incrementare l'attuale stato di disparità economica e la propria autoreferenzialità tecnocratica. Mentre dall'altro lato ci sono gli imprenditori della paura che sgomitano cinicamente aspirando solo a prenderne il posto.
L'identità è il frutto della nostra storia, vive dei nostri (e dei loro) ricordi, delle nostre (e delle loro) lingue madri, dei nostri (e dei loro) predecessori, dei segni (ormai sarebbe troppo parlare di simboli) che ci hanno lasciato (a noi e a loro), ma la storia cammina, non si fissa al ricordo immaginifico del passato e noi dovremo camminare con essa, per ricostruire le nostre identità, senza perdere per questo la nostra (e la loro) memoria, ma anche senza restarci abbarbicati come a una fantomatica ultima scialuppa di salvataggio che affonda mentre ci si prende reciprocamente a remate in faccia. E' un percorso difficile da fare insieme, una sfida che significa rinuncia per loro e per noi, ma occorre sperarci, occorre sperare di sapersi incontrare, perché ci siamo già incontrati, che lo vogliamo o meno e quello che accade a casa loro è in casa nostra che accade.
Poi d'accordo anche sul "aiutiamoli a casa loro", basta che sia vero, non una scusa che significa solo diamo un po' di soldi a debito per far finta di lavarci la coscienza e poi "che si arrangino a casa loro", che significhi andiamo in assetto di guerra a sorvegliare i loro confini per garantirci che nessuno arrivi. Casa loro è diventata da tempo la casa da depredare e vessare in ogni modo per garantire produzione e consumo. Casa loro non è da tempo più casa loro, come sempre meno lo saranno le nostre case. Anche noi dovremo prepararci a farci migranti, a viaggiare senza nulla, a esporci temendo sempre il naufragio e la rapina di noi stessi, ma con la fiducia e la speranza di un percorso da poter fare insieme. Non c'è altra strada che questa fiducia.





#65
Non so chi sia questa Ida Artiatico che scrive sul Messaggero, in compenso so bene chi è Magdi Allan che scrive sul Corriere e il fanatismo che lo alimenta. Trovo l'idea di tribunali islamici che a Londra si sarebbero sostituiti alla giustizia civile semplicemente risibile.
Peraltro che ogni comunità abbia il diritto di mantenere i propri riferimenti culturali, pur chiaramente assoggettandosi alle leggi nazionali vigenti, lo ritengo sacrosanto, vale per i cristiani (cattolici o protestanti che siano), quanto per gli ebrei e quanto per i musulmani, per i quali, tra l'altro, il divorzio su richiesta sia del marito che della moglie sussiste da ben prima che per i cattolici romani e per il semplice fatto che per i musulmani il matrimonio non è un sacramento religioso.
Che le scuole e le chiese coraniche predichino odio e violenza resta tutto da dimostrare. Che poi quello che il signor Allan farnetica sia ciò che accadrebbe ovunque, Italia compresa, resta ancora appunto una farneticazione del tutto personale e arbitraria del sig. Allan, che Allah sia con lui.

A proposito sei capace personalmente di argomentare o dobbiamo continuare a leggere le scopiazzature prese qua e là da tipi come Magdi Allan per continuare a fare propaganda?
#66
Ci sono diverse considerazioni espresse nei precedenti interventi di Iacupus e Paul su cui mi trovo del tutto d'accordo. Senz'altro il problema attuale delle migrazioni si mostra complesso in quanto è difficile ravvisarne la chiave di lettura adeguata. Concordo inoltre perfettamente sul fatto che le migrazioni sono il prodotto della presa di possesso culturale dell'Occidente sul mondo intero, dell'affermazione del capitalismo e quindi dello sfruttamento esorbitante delle risorse consentito dal progresso tecnologico a cui la nostra cultura ha dato luogo, ma che ha pure determinato discrepanze sempre più accentuate tra ricchi e poveri con una verticalizzazione intollerabile della piramide sociale, contraltare di un consumismo imposto continuamente come traguardo esistenziale che gioca sulla continua insoddisfazione di ogni alacre consumatore. E' l'altra faccia della medaglia inevitabile del nostro benessere bulimico, dove la bulimia è vista come uno stato paradisiaco da chi vive nelle parti del mondo più sfruttate, quelle parti destinate alla rapina per debito, alla produzione e allo smaltimento del rifiuto a basso costo. In questo i fattori economici che determinano le migrazioni si intrecciano in modo ben difficilmente districabile con quelli politici, etnici e sociali che determinano guerre e persecuzioni. La situazione in Siria, in Iraq, in Libia, in Africa centrale, lo stesso affermarsi di movimenti di estremo fanatismo islamico in quelle terre, come nei sobborghi delle nostre metropoli tra immigrati di seconda generazione, hanno alle loro spalle situazioni economiche e politiche determinate dall'assetto del potere economico in cui l'aderenza religiosa assume il profilo di una strenua resistenza identitaria, alla quale sarà molto difficile per noi, pur sempre principali beneficiari storici residuali di questa globalizzazione, contrapporre oggi una resistenza parimenti motivata.
Se è così la soluzione dovrebbe apparire evidente e consiste nel portare alla crisi questo modello, cercando di mantenere le redini del processo, cosa tutt'altro che facile, perché questo è il modello in cui siamo vissuti e cresciuti, a cui la nostra storia ci ha portati con tutte le sue contraddizioni di benefici e malefici.
Dissento invece sul fatto che questa globalizzazione sia un progetto di sinistra, non lo è assolutamente, proprio in quanto agisce sistematicamente contro la ridistribuzione della ricchezza e l'uguaglianza di opportunità, concetti senza i quali nessuna sinistra può dichiararsi tale. Questa forma di globalizzazione è la più antitetica possibile rispetto a un ideale di sinistra ispirato dal marxismo con il suo fondamentale approccio umanistico, esattamente come  il cristianesimo a cui fanno riferimento gli attuali difensori dell'identità cristiana alzata a bandiera è quanto di più antitetico possibile agli stessi fondamenti del cristianesimo (che è una fede che fin dall'inizio si è posta un fine umanitario profondamente globalizzante).
Si è detto che il problema non è qui quello dell'ospitalità allo straniero che arriva, passa e se ne va, perché questi restano, vogliono venire a stare da noi, forse per sostituirsi a noi, a noi che per di più, per lo stesso motivo di fondo che spinge loro a migrare, non stiamo poi più così bene. Certamente questo è vero, non sono semplicemente di passaggio, ma allora? Basta sprangarsi in casa in attesa di crepare? Basta affondare o lasciar affondare le barche nel Mediterraneo? Crediamo che davvero, nel mondo attuale, sia possibile sprangarsi in casa? Come se non ci fossero miliardi di interessi che si intrecciano già da tempo a livello globale, che stabiliscono la forma stessa del nostro tempo. Non ci siamo resi conto che il mix culturale è già da tempo in atto, consentito da una tecnologia che opera non sulla terraferma e nemmeno sull'elemento fluido delle acque dove s vorrebbero affondate le loro barche, ma nell'etere, nell'aria stessa che respiriamo e che ci fa respirare? Siamo chiamati a tentare di gestire quello che già è accaduto e continua ad accadere, non a nascondere la testa sotto terra per mettere la nostra identità al sicuro nella fossa recintata.
L'identità caro Paul, non è "un concetto fisico naturale", non c'è alcuna definizione né fisica né biologica dell'identità, non la si trova nel dato di un genoma. L'identità è un modo di sentirsi in un continuo cambiamento, di vivere il proprio continuo cambiamento identitario. Non c'è alcuna identità definitiva, l'identità non è mai un monumento compiuto. Qual è l'identità dell'Italiano? Esiste un'identità italiana? Quando è nata dalla miriadi di usanze, lingue e cibi diversi delle genti che abitavano la penisola? Qual è il nostro specifico valore comune ancora oggi? Prima di fare riferimento, come dice Iacopus, "a valori comuni, lingua comune, usanze comuni, cibi comuni" occorre una volontà condivisa di costruire una comunità, di comprendere i valori e i linguaggi degli altri che sono qui, vicini e prossimi. Se non c'è questa volontà, se è la paura a  prevalere, se l'altro è visto solo come il rapinatore di ciò che è nostro, allora non c'è speranza. E purtroppo oggi, come nel secolo scorso, c'è chi ci campa su questa paura di perdere l'identità, come se l'identità fosse qualcosa che si possa possedere, da tenere in uno scrigno ben chiuso a chiave, sai mai che arrivi qualcuno a rubarla. L'identità, che lo si voglia o meno, la si trova solo nell'incontro con altri, nel suo venire messa continuamente in discussione dagli altri per realizzare un percorso comune. Perché questo percorso di incontri è l'identità, nient'altro, altro che geni!
Dunque due sono i punti da tenere presente e guadagnare: la critica lucida a questo sistema globale di cui finora abbiamo goduto i benefici, ma di cui ci cominciano ad apparire sempre più evidenti i malefici che colpiscono noi insieme a chi arriva e la volontà di trovare insieme un percorso, alla luce di un'idea di identità che ci permetta di convivere e che non può essere data dal "consumo", ma al contrario dal riuscire a fare insieme, a intendersi nei liguaggi diversi, senza rinnegare, deridere o sminuire la memoria di ciascuno. Questo è il nuovo paradigma.
E' molto difficile, ma se non ne saremo capaci, l'alternativa, come dice bene Iacopus, è solo la guerra civile, il massacro reciproco a cui offi, come un tempo, puntano gli imprenditori della paura e del terrore che stanno, alleati, da entrambe le parti.
#67
Citazione di: sgiombo il 16 Luglio 2017, 15:13:29 PM
Per tutti i parlanti la lingua italiana "divenire" significa "cambiare, trasformarsi, passare da uno stato all'altro; il fluire della vita, della storia, l' acquistare nuova forma, qualità o stato; il farsi diverso".

Ovvero essere a un certo tempo relativamente, parzialmente, limitatamente (per certi aspetti) la stessa cosa, e limitatamente parzialmente, limitatamente (per certi altri aspetti) un' altra, diversa cosa" che a un certo altro tempo.
E' questa la frase che non ha senso logico. Se diciamo che da bambino Sgiombo era con i capelli biondi e ora gli sono diventati bianchi (a parte che non c'è una sola cellula o altro che sia rimasto lo stesso e non solo i capelli), come puoi dire che si tratta sempre dello stesso Sgiombo? O Sgiombo include i capelli biondi per essere Sgiombo, o non li include, o include le sue cellule o non le include, o è quello o è altro, non diventa da questo altro restando lo stesso. Quello "stesso Sgiombo" è solo un'immagine senza immagine che vive della presente memoria dello Sgiombo attuale ed è in questa memoria attuale che lo Sgiombo attuale trova ora dei resti di significato che egli interpreta come tracce di un percorso di cambiamento e in questo percorso sogna di riconoscersi.
Se i due Sgiombi sono diversi non c'è modo di dire che sono lo stesso, come esige l'idea di un ente (Sgiombo) che diventa altro rimanendo pur sempre lo stesso.

CitazioneL' "ente" e l' "essente" non so che cosa siano (conosco l' italiano, ma non il "severinese").
Ma è puro italiano: ente è inteso filosoficamente (fin dai tempi dei Greci) abbreviazione di essente ed essente è semplicemente qualsiasi cosa che è, participio presente del verbo essere.

CitazioneMa so bene che gli enti reali (che sono ciò che mi interessa considerare), prima non c' erano, per un determinato lasso di tempo ci sono, dopo nuovamente non ci saranno, senza alcuna contraddizione o "duplicità ontologica" autocontraddittoria o altro genere di preteso "impasse".
E questo è come il mondo appare, non come è, è il mondo nella sua fenomenologia.
CitazioneInoltre rilevo che muta tutto nella realtà, non solo i significati di simboli, come ad esempio le parole (che peraltro in linea di principio sarebbe meglio non mutassero onde intendersi; e per questo ogni eventuale loro deprecabile mutamento, se ritenuto inevitabile o preferibile al non mutamento per fini pratici, deve comunque essere arbitrariamente convenuto, sancito per convenzione), anche quello che non ha alcun significato (ossia tutto ciò che non è simbolo, che costituisce gran parte della realtà).
Muta nel diverso alludere dei significati e delle parole, nei diversi modi in cui vengono a trovarsi reciprocamente parole (segni allusivi) e cose e non può che essere così, proprio perché cose e parole sono enti sempre diversi, a distanza tra loro, ma tra loro sempre in relazione, poiché ogni cosa reclama il suo nome e ogni nome reclama la cosa senza che possa mai esservi aderenza perfetta ed è proprio solo in virtù di questo scarto che continuamente si ripete in ogni discorso che il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni.
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza.
Non ci sono in questo discorso sensi oscuri, prendilo alla lettera.
Quando dico che un altro significato viene ad apparire sostituendo il precedente, non dico che un significato viene ad essere dal nulla, mentre l'altro diventa nulla, non dico nemmeno che un significato diventa altro significato restando lo stesso, come Sgiombo che da bambino diventa adulto restando, non si sa rispetto a che o a chi, lo stesso Sgiombo, dico solo che significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra. E il sole può benissimo cessare fenomenologicamente di apparire dal nostro orizzonte terrestre lasciando apparire la luna senza per questo cessare ontologicamente (e logicamente) di essere e senza che la luna venga a essere dal nulla o dal sole stesso diventato luna.
#68
Tematiche Spirituali / Re:Spiritualità e cosmo
16 Luglio 2017, 19:06:43 PM
Eppure mi pare di poter dire che nel momento in cui anche la moderna cosmologia si rivolge al cielo partecipa della stessa originaria spiritualità che si manifestava scopertamente nei miti e che, nel fare scienza, per lo più si crede di avere rimosso come vana illusione del soggettivo.
#69
Citazione di: acquario69 il 16 Luglio 2017, 13:28:56 PM
Si ma nello stesso tempo quello della migrazione di centinaia di migliaia di persone (centinaia di migliaia!) che ogni anno (ogni anno!) sbarcano in Italia che cose' pura fantasia?...oppure no, invece e' una grande opportunità! ..come del resto viene martellatamene ripetuto in tutti i modi possibili immaginabili (repetita iuvant no!?  :o )
Curioso che (come fa notare bene l'artico qui sotto) che il resto dell'Europa questa manna ce la lasciano soltanto a noi...che fessi che sono!

"Migranti: se sono un "arricchimento" perchè gli altri non li vogliono?"
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59180
Sta a noi, Europei, a nostra volta migranti e figli e nipoti di migranti, farla diventare una grande, enorme opportunità oppure fallire naufragando nell'egoismo autodistruttivo delle piccole patrie. Sta a noi trovare la fiducia e la fede in un cammino da poter percorrere insieme per ridare senso al meglio della nostra cultura millenaria di cui a ragione ci vantiamo anziché rinchiuderci nel peggio. Tutto questo va ragionevolmente gestito, l'angoscia che percorre l'Europa all'arrivo di centinaia di migliaia di disperati va ragionevolmente gestita e non sfruttata per costruirci sopra l'assenso a un potere sempre più autoreferente e incapace, se esiste ancora una politica in questo continente sempre più periferico dopo le distruzioni ripetutamente patite in nome del nazionalismo e dell'odio etnico nel secolo scorso.
Non è la manna, ma sta a noi essere capaci, in ragione della nostra cultura, di saper costruire con essa il mondo che verrà, che è già qui, anziché esserne travolti illudendoci di poter continuare a campare tranquilli e al sicuro dietro le nostre mura.   
#70
Citazione di: Apeiron il 15 Luglio 2017, 16:29:59 PM
Quello che stavo pensando era di raccogliere in un topic le nostre influenze, ossia quelle letture (ma anche esperienze, se vi va di scriverle) che ci hanno profondamente influenzato. Questo nella mia testa ha due scopi.
Direi che il mio background filosofico è meno fitto del tuo.
Ovviamente in primo luogo Severino, da cui ho imparato in primo luogo cosa significa pensare filosoficamente, poi Sini di cui frequento il gruppo e diversi seminari. Il mio fantasioso e recondito intento sarebbe quello di vedere la complementarietà (che oscuramente sento) tra questi due grandi filosofi italiani, apparentemente di pensiero così diverso. Ci aggiungo Galimberti, il quale mi ha portato a leggere con passione Gunther Anders con tutta la sua condivisibile polemica sulla tecnica.
Poi c'è Levinas, filosofo che ho scoperto proprio grazie a un utente incontrato in questo forum (che purtroppo non partecipa più), e della cui profondissima visione etica mi sono letteralmente innamorato. Ovviamente c'è pure Nietzsche di cui sento l'abissale grandezza. Mi sembra di poter dire che, da Sini, ho conosciuto e poi letto direttamente Merleau Ponty (molto interessante) e Spinoza (che non dovrebbe mancare nella base filosofica di nessuno, anche se ho trovato piuttosto ostico il suo metodo geometrico, non per mancanza di chiarezza comunque). Hedegger è una mia vecchia e indispensabile frequentazione. Poi sicuramente Foucault, le sue ultime lezioni a Parigi sono meravigliose e da Foucault sono arrivato al Socrate visto da Hanna Arendt. Non posso dimenticare Feuerbach, qualcosa di Schopenhauer e Kierkegard (che portai all'esame di maturità liceale), mentre non ho mai avuto il coraggio di accostarmi direttamente a Marx e ad Hegel. I classici li ho conosciuti per via indiretta, a parte qualche dialogo di Platone letto distrattamente e "la metafisica" di Aristotele affrontato direttamente di recente nella traduzione (ahimè non conosco il greco). Sempre profondo il fascino dei presocratici: Anassimandro, Parmenide, Eraclito.
Sottolineo inoltre la profonda consonanza che ho trovato nell'approccio epistemologico di Feyerabend di cui mi ero appassionato.
Nell'ambito della psicologia cito ovviamente Freud, Jung (affascinante il Libro Rosso), Klein, Bion, Hillmann e Recalcati, il mio anello di congiunzione con Lacan.
Poi c'è il mito occidentale e orientale. Dalla mitologia sono sempre stato profondamente affascinato e ho cominciato ad affrontarla sulla base dello studio approfonditissimo di Kerenyi su Dioniso e di Neumann sulla Grande Madre. Di recente ho scoperto Calasso, i suoi libri sono davvero interessanti e affascinanti anche dal punto di vista filosofico. Sia il "Cacciatore celeste" e "L'ardore" (un testo magnifico sui Veda e la cultura del sacrificio vedico) li consiglierei a chiunque fosse interessato all'aspetto filosofico e antropologico del mito. L'induismo ha suscitato in me un interesse notevole, come anche il pensiero gnostico, lo zoroastrismo e alcune religioni antichissime che tuttora sopravvivono (con sempre maggiore difficoltà) nell'area medio orientale. Infine, in ambito islamico, il sufismo di cui ho letto il meraviglioso "Verbo degli uccelli" del poeta mistico sufi Farid al Din Attar.
#71
Citazione di: Fharenight il 15 Luglio 2017, 23:47:05 PM
Oh, a parte il fatto che pur leggendo i post nella sezione dedicata alla filosofia e leggendone alcuni di Maral, non mi sembra che egli dimostri di esserne proprio molto ferrato, eh, a volte qualche ingenuità (eufemismo) la dice pure da quelle parti; ma in filosofia non sempre si incappa nell'ideologia.
Lo prendo come un complimento dato l'infimo livello culturale, corrotto da continue travisazioni ideologiche, da cui muove la critica.
Citazionequando si tratta poi di discutere della realtà, di immigrazione o di islam, smarriscono la retta via, diventano pure aggressivi, insomma cambiano come dottor Jekill e mister Hyde. Questo è il chiaro segno dell'influenza deleteria che produce su di noi l'ideologia o l'odio ideologico.
Mi scompiscio! Cos'è varietà?
L'odio ideologico è esattamente quello che produci tu, sistematicamente. Evidentemente ne senti un profondo bisogno. Non temere, sarà accolto.

CitazioneSan Francesco ha poco e niente a che fare con questo papa.

Già, ha molto più a che fare con la tua ideologia fascistoide, di sicuro!
CitazioneAnch'io potrei andare a parlare con un sultano da qualche parte del mondo islamico (non indosserei certo il velo) e potremmo convenire su alcuni argomenti, ciò non cambierebbe nulla a livello politico tra loro e noi.
Ecco brava, vai e restaci pure, se è un fanatico ideologico come te ti ci ritroverai di sicuro a tuo agio, vi intenderete.
CitazioneIn realtà nessuno sa più dove sbattere la testa con tanti stranieri da mantenere e il popolo ridotto male che è stufo ogni giorno di più. Anche la Sanità è al collasso, nei pronto soccorso sono inondati da immigrati, mentre gli ospedali sono zeppi di scarafaggi e formiche. Ma vi sembra normale? Dove la vedete la carità in tutto questo?
Peccato che i numeri presentati dall'inps dicano tutto il contrario (ma si sa, Boeri è al soldo dell'Islam) Quanto alla sanità al collasso, scarafaggi compresi, i migranti non c'entrano proprio per nulla. E' il risultato di tutta l'enorme cialtroneria italiana doc, quella che ha inteso la sanità come una pseudo azienda serbatoio per il ladrocinio sistematico.

CitazioneTra qualche anno ne vedremo delle belle. Ci sono tutte le premesse per una guerra civile. Ma coloro che hanno creato tali premesse non se ne rendono conto e pensano che sia la gente che si lamenta ad essere pericolosa.

Chi creerà la guerra civile è proprio la gente come te, che se ne renda conto o meno, come già è successo diverse volte nel cuore dell'Europa. E costoro non sono semplicemente "quelli che si lamentano", ennesima farloccata a uso di capipopolo conduttori delle masse al macello, ma quelli che cercano il capro espiatorio (come sempre il diverso) gioendo profondamente di ogni lamentazione e travisando continuamente le effettive responsabilità della situazione.
#72
Tematiche Spirituali / Re:Spiritualità e cosmo
16 Luglio 2017, 10:30:37 AM
Forse l'uomo è l'unico essere che guarda e vede il cielo, l'immenso cielo notturno soprattutto, punteggiato di una miriade infinita di luci e in quello spettacolo immenso sente la presenza di un ordine che lo sovrasta, di un invisibile che si fa presente, il Dio, Uranòs, dice Platone, il Cielo stesso. Qui hanno origine le Leggi che normano la comunità umana che si riunisce, da qui trae origine l'uomo stesso come essere che conosce. Il Cielo è il riflesso del sovrumano nell'umano e viceversa, poiché così in alto come in basso, così fuori come dentro, così nel grande come nel piccolo. Poter sentire questo è comprendere il senso più profondo della conoscenza stessa. Quel senso profondo che permise a Odino di conoscere il segreto delle rune che incidevano sulla terra i segni del cielo, dopo che sacrificò se stesso, appeso per nove giorni per i piedi al ramo del grande Albero Cosmico, come un embrione racchiuso nel ventre materno quando si appresta a nascere.
Ogni essere ripete in se stesso, nella finitudine che lo fa apparire, l'eterno cielo infinito, la comunità universale di tutti gli essenti, l'unità dai molti diversi e i molti diversi da ogni unità, il principio del numero.
E se è così, nel Cielo infinito nulla di tutto ciò che perdiamo va mai perduto.
#73
Citazione"io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino" significa "io da bambino sono diventato adulto", posto che "divenire" o "diventare" significa parzialmente, relativamente (per certi aspetti) continuare a essere "la stessa cosa", non mutare, parzialmente, relativamente (per certi altri aspetti) non continuare a essere "la stessa cosa", mutare, in una sorta di hegeliana "sintesi dialettica" fra "essere le stesse cose, essere fisso, immutabile integralmente, assolutamente" (tesi) e "non essere le stesse cose, non essere fisso, mutare integralmente, assolutamente" (antitesi).
Scusa sgiombo se insisto a dire la mia, ma divenire non può significare "continuare a essere la stessa cosa", nemmeno parzialmente, perché significherebbe che quella parte di me che è diventata altro non era parte di me, dato che con essa o senza di essa resto sempre lo stesso "me". D'altra parte è ovvio che al divenire non basta presupporre che si diventi altro, ma che si diventi altro rimanendo lo stesso ed è questa l'evidente contraddizione logica insormontabile, occorre essere e al contempo non essere lo stesso!
A questo punto, per superare l'impasse, occorre ammettere una duplicità ontologica originaria nell'ente stesso. L'ente in quanto essente è immutabile tautologia, ma in quanto appare solo nel suo venire a significare si colloca oltre la sua pura tautologia e questo fa sì che tra l'essere dell'ente e il  significato in cui appare vi sia sempre uno scarto irriducibile, una contraddizione che si ripete ogni volta che si tenta di definire cosa sia quell'ente. E' nello spazio di questo scarto tra significato ed essente che il mondo ci appare e ci appare continuamente mutante nei suoi significati, poiché ogni volta che si pensa di aver fissato un significato ci si accorge che esso non coglie l'essente, qualcosa che è oltre quel significato con cui si è tentato di dire l'essente per quello che è è rimasto escluso, quindi occorre dirlo in modo diverso e quindi un altro significato viene ad apparire, mentre il precedente viene escluso. Ma, venendo escluso, esso lascia pur tuttavia un resto di sé ed è sulla base di questi resti che noi infinitamente costruiamo l'identità come una storia diveniente, come un'esistenza che tenta infinitamente, resto dopo resto, di conoscersi in un gioco di apparizioni significanti.
#74
Il punto è, caro Sgiombo, che la logica su quello che accade ha sempre una presa in qualche misura debole, ma illude di offrire prese sicure ed è allora che sono guai.
#75
Citazione di: altamarea il 15 Luglio 2017, 14:10:02 PM

Maral, Maral, emulo di Giona. Quando ti dedicavi alla filosofia non traspariva il tuo cattocomunismo, invece il problema migranti ed Islam ti hanno dato la carica con lancia in resta e non nascondi la tua ideologia.

Non limitarti alla lettura dei versetti evangelici matteiani per giustificare la politica del Vaticano verso i migranti.  E' notorio tra gli studiosi che le cose andarono diversamente. Quel viaggio della cosiddetta "sacra famiglia" da Betlemme verso l'Egitto non avvenne. Perciò non puoi inscriverla nell'elenco migranti.

L'episodio della fuga in Egitto e del ritorno in Palestina di Gesù e i suoi genitori è citato soltanto dall'evangelista Matteo (2, 19 – 23) che non dice nulla  riguardo  ai mesi o  gli  anni trascorsi dalla famiglia in Egitto: che cosa fecero ? Dove vissero ?  Quanto tempo vi rimasero ?  Per saperlo bisogna consultare alcuni vangeli apocrifi, con notizie inverosimili e miracolose. Sicuramente ebbero subito bisogno di una casa e di un lavoro per Giuseppe.

Diversamente da Matteo l'evangelista Luca narra che dopo la nascita di Gesù, eseguiti i precetti nel tempio di Gerusalemme la "sacra famiglia" fece subito "ritorno a Nazaret, in Galilea(Lc 2, 39), che dista  circa 150 chilometri da Gerusalemme.

Chiedo il permesso di andare in OT per spiegare alcune cose.

Non esiste alcuna prova della immaginaria strage infantile voluta da Erode Ascalonita, re della Giudea per eliminare anche il neonato Gesù.  Tale strage fu ideata solo dall'evangelista Matteo, o chi per lui, perché il testo matteiano è un elaborato a più mani ed in tempi diversi(vedi Vangelo di Matteo 2, 13 – 17).

Betlemme in quel tempo era un piccolo villaggio abitato da circa mille persone ed i bambini betlemiti  "dai due anni in giù" potevano essere circa 50 . L'Ascalonita voleva far uccidere solo i bambini maschi, e questi potevano essere una ventina.

Alcuni  secoli  dopo alcuni cialtroni esegeti o folli apologeti per malizia o per ignoranza ampliarono progressivamente il numero dei bambini uccisi: San Girolamo (347 - 420 circa), teologo e dottore della Chiesa, scrisse  che furono uccisi "multa parvulorum millia" (molte migliaia di bambini),  poi quantificati  in 14 mila dai calendari bizantini,e diventarono 64 mila nella liturgia sira,  per arrivare  nel martirologio di Usuardo a 144 mila, come  il numero degli eletti nell'Apocalisse (7, 4; 14, 1).

Nell'esegesi dei testi sacri ebraico-cristiani bisogna aver presente due aspetti, quello storico e quello teologico. L'evangelista Matteo  dà l'interpretazione teologica e non storica della "fuga" in Egitto della "Sacra Famiglia" e della cosiddetta "strage degli innocenti". Infatti la narrazione della nascita di Cristo, il Messia, è modellata su quella della nascita di Mosé; la stella che guida i Magi ( i sapienti) è l'astro regale citato in Giacobbe (Libro dei Numeri 24, 17); i Magi che offrono i loro doni al Bambino Gesù, venerato come "re dei Giudei", richiamano alla mente sia gli oracoli messianici citati nel salmo 72 (10-11. 15) sia il pellegrinaggio dei popoli verso la città ideale di Gerusalemme: "tutti costoro verranno da Saba portando oro ed incenso (Is. 60, cfr 49, 23).
Il "furore persecutore" di Erode evoca quello del faraone egiziano che "ordinò" l'uccisione di tutti i bambini ebrei, ma il piccolo Mosé fu salvato.
La fuga della Santa Famiglia in Egitto è considerata da Matteo come "nuovo esodo", sulla base di un passo del profeta Osea (11, 1 – 2).

L'erodiana "strage" di bambini Matteo la interpreta  alla luce di un altro evento biblico citato dal profeta Geremia davanti Gerusalemme, gravemente danneggiata nel 586 a. C. dall'esercito babilonese.
La scena descritta dal profeta Geremia viene riproposta quasi in dissolvenza da Matteo, che però colloca a Betlemme l'"eccidio" dei fanciulli voluto da Erode.
In tal modo questo evangelista fa simbolicamente ripercorrere al Bambino Gesù le tappe della storia del popolo di Israele nell'esodo: sofferenza e salvezza, oppressione e liberazione. Infatti l'angelo torna da Giuseppe mentre era in Egitto e gli dice: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese di Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino". ( Mt 2, 19 – 20)


"Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù".
(Mt 2, 16). Questo passo del Vangelo ha reso "stragista" re Erode Ascalonita,  Ma non ci sono prove contro di lui e solo Matteo lo accusa di essere il mandante di quell'eccidio mai avvenuto. Questo evangelista non tenne in considerazione che la Palestina di quel tempo era parte dell'Impero Romano, ed Erode "il grande" regnò in Giudea come "rex socius et amicus populi romani". Governava a nome dell'imperatore Cesare Ottaviano Augusto,  perciò non aveva il potere o l'autorizzazione per ordinare la strage di piccoli bambini. In teoria, per il misfatto sarebbe stata necessaria anche l'approvazione del Sinedrio che poteva infliggere la pena di morte.

Comunque Erode  per  quella presunta "strage" avrebbe dovuto prima chiedere il permesso a Roma, ma Augusto non avrebbe mai potuto acconsentire ad un eccidio di massa. Se un pazzo re, di sua iniziativa, avesse osato impartire un simile ordine, l'imperatore l'avrebbe fatto trascinare davanti ad un tribunale come reo di non aver rispettato la "pax augusta".

L'episodio dell'ipotetico eccidio suscitò discussioni in ambito ecclesiastico  fin dal periodo paleocristiano.  Nel V secolo Venne decisa la canonizzazione di quei bambini  e fu fissata al 28 dicembre la festa liturgica in loro onore, ancora in vigore.  
Le gerarchie vaticane conoscono i risultati degli studi che negano quella strage, ma non  fanno eliminare i "santi innocenti martiri"  dal calendario liturgico e dal calendario dei santi, per non urtare la religiosità popolare, che vive di queste sciocchezze e che io aborro.


Ancora si permettono  di dedicare nuove chiese a quei bambini. E' comprensibile ! Il Vaticano non può smentire o eliminare le affermazioni in merito nel vangelo di Matteo.  E persevera nel raccontare la "favola",  però aggiornandola nei contenuti, dandole un nuovo significato.  Parla poco di quel lontano  "misfatto",  gli sovrappone un problema contemporaneo, quello degli aborti, inaccettabili dalla Chiesa:  li considera  vera strage di innocenti; perciò reputa ancora valida la commemorazione il 28 dicembre.

Sono due millenni che la Chiesa fa diffondere dal clero adorazioni per false reliquie, false interpretazioni dei testi sacri, falsi miracoli, ecc..


Maral come posso fare per "salvarti" dalla tua errata ideologia ? Purtroppo qui in Italia non ci sono "campi di rieducazione" come c'erano in Cina (ancora ci sono ?)  :)

Altamarea, Altamarea, non ho mai preteso di fare del mito cristiano un racconto storico, dunque la tua esegesi evangelica è qui del tutto fuori posto. Fermo restando che pure l'esodo biblico di Mosè con tutto il popolo ebraico, storica o mitica che sia, è l'esodo di un intero popolo migrante, perché le migrazioni sono a fondamento di tutta la storia dell'umanità. Perché l'essere umano è, nelle sue stesse origini, migrante.
Ma la mia risposta al tuo precedente intervento mirava solo a mettere in luce che, se ci si dichiara cristiani, dunque occidentali cristiani, non è possibile rifiutare ospitalità allo straniero e al bisognoso che arriva alla nostra porta e il passo di Matteo è assolutamente chiaro su a chi, dal punto di vista evangelico, sarà data la salvezza e a chi no.
Poi uno può dichiararsi non cristiano o post cristiano, può asserire che l'evangelista farnetica e il papa attuale pure, che questa etica cristiana non è razionale o lamentare l'ipocrisia con cui quel messaggio si è inverato nella storia del mondo, ma non può in nome della cristianità o addirittura in presunta difesa della cristianità tradirne il senso primo che le parole del brano citato (e non solo di quello) manifestano. Non può alzare il crocefisso per farne barriera contro il soccorso del bisognoso e contro l'ospitalità. Perché sotto il bisognoso e il forestiero c'è sempre il Dio stesso che viene a presentarsi chiedendoci di dare ragione con i nostri atti di chi siamo.
In tal caso mi dispiace, ma chi si esprime contro la necessità di soccorrere e ospitare potrà pure essere un vescovo o un teologo sopraffine, ma di fatto si rivela solo un buffone.
Per quanto riguarda la filosofia sono fermamente convinto che è solo sulla base di un poter vivere meglio insieme che la filosofia (che non può essere in alcun modo autoreferente, nemmeno se si riduce a pura logica) può trovare senso.