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Messaggi - Apeiron

#61
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
19 Ottobre 2019, 12:29:31 PM
Citazione di: iano il 19 Ottobre 2019, 02:51:29 AM
A proposito.....ma come fa' il gemello che "vola sul razzo" a restare più giovane, rispetto a quello che resta "fermo" a terra , se non esiste la velocità assoluta?
Si potrebbe infatti dire parimenti ,essendo là velocità relativa ,che quello che "vola sulla terra" resta più giovane rispetto a quello che resta "fermo" sul razzo.
Questo esperimento è stato fatto più volte e confermato con orologi atomici al posto dei gemelli . Le "lancette" dell'orologio in volo "girano" più lentamente.
Se ciò succede deve esserci una causa , che non può essere però la differente velocità, perché in assoluto differente velocità è espressione priva di senso.
Chiaro è invece il caso degli orologi posti a terra e , in alternativa , sul tavolo , dove la causa del diverso girare delle lancette  , la maggiore vicinanza a una massa , ha un senso assoluto.
Immagino inoltre che , nonostante la strabiliante precisione degli orologi atomici , questa non è tale da valutare l'effetto della differente velocità angolare degli orologi posti a terra e sul tavolo , che infatti non ho mai sentito chiamare in causa.Oppure perché il suo effetto è relativamente trascurabile.
Per gli stessi motivi immagino non si chiama in causa la differente altezza del razzo.
Chi sa' rispondere.🤨 ?
Rileggendo il post introduttivo di Epicurus ho trovato illuminante l'esempio sui numeri naturali visti come serie crescente o in alternativa insieme infinito , quest'ultimo usato per dare l'idea dell'universo blocco.

@iano,

Sul paradosso dei gemelli, ti consiglio: http://scienzapertutti.infn.it/chiedi-allesperto/tutte-le-risposte/498-9-cosa-e-il-paradosso-dei-gemelli 

Riguardo l'idea dell'universo-blocco - ovvero che il divenire sia illusorio - ritengo che nasca da una errata 'reificazione' dello spazio-tempo. Alla base del ragionamento originario di Einstein sulla relatività ristretta, c'è l'idea dell'importanza fondamentale di 'ciò che viene osservato'. La relatività ristretta, in realtà, può essere letta tranquillamente in modo 'operativo', ovvero la teoria ci permette di predire quello che viene osservato nei vari riferimenti. Non è necessario postulare l'esistenza di un 'blocco spaziotemporale' per spiegare la relazione tra le varie osservazioni. Si può certamente affermare che c'è una relazione ma si può considerare il 'blocco' come una utile astrazione (questa lettura della relatività presenta somiglianze con le interpretazioni della meccanica quantistica che non leggono la teoria come descrittiva).

Nella relatività generale, però, le cose si complicano, perché la curvatura dello spazio-tempo viene vista come la spiegazione della gravità. Però, pur riconoscendo questo, ritengo che tale lettura non è necessaria (e anche se fosse, probabilmente non potrà essere più sostenuta quando si riuscirà ad unificare relatività generale e MQ...). 

...Ritengo poi interessante quello che afferma il fisico Antony Valentini, sostenitore di una versione della teoria dell''onda pilota' di de Broglie-Bohm (una 'interpretazione' della MQ). Questa teoria permetterebbe in linea di principio l'osservazione di deviazioni dalle predizioni della MQ. La cosa interessante è che se mai venissero osservate, si osserverebbero anche violazioni del limite della velocità della luce come massima velocità dei segnali, il che richiederebbe l'introduzione di una simultaneità assoluta. In pratica, osservazioni di deviazioni dalle predizioni della MQ porterebbero anche a osservazioni di deviazioni dalla relatività  :o  :D
#62
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
19 Ottobre 2019, 12:13:20 PM
Citazione di: paul11 il 18 Ottobre 2019, 16:37:08 PMIl tempo anche filosofico il contributo principale di Kant al concetto di tempo è nell'Analitica dei principi,nella trattazione della seconda analogica o principio delle serie temporali secondo la legge della causalità.

Ciao @paul11,

Ritengo che questa sia una delle affermazioni più interessanti della filosofia Kantiana. La successione temporale effettivamente sembra essere connessa alla causalità. Non all'irreversibilità strettamente parlando nel senso che anche per i fenomeni reversibili (ammesso che esistano veramente  ;) ) si può comunque stabilire una successione.

Detto questo, però, successione causale e successione temporale pur essendo 'imparentate', non sono la stessa cosa. In primo luogo, è possibile stabilire un ordinamento temporale tra due eventi che non hanno alcun nesso causale. In secondo luogo, forse si può pensare ad una causalità che non contempla la temporalità (o, per lo meno, la storia della filosofia contempla questa possibilità). Per esempio, nel Platonismo, la 'partecipazione' delle Forme nelle 'forme imperfette' del mondo sensibile pare essere qualcosa di simile al nesso causale: le Forme non sono soggette alla temporalità, quindi non possono 'agire' in modo 'dinamico', tuttavia esse sono una condizione necessarie per le 'forme imperfette'. Nella filosofia Kantiana stessa, in realtà, si può trovare un esempio di questo tipo di 'causalità': il mondo fenomenico - il 'mondo come appare a noi' - è condizionato dalle forme e dalle categorie a-priori (ovvero, ci appare in un certo modo per l''intervento' della mente). Chiaramente, Kant non parlerebbe di 'causalità' in questo caso, ma forse è perché è un concetto ristretto.

Riguardo però, all'esempio della successione temporale di due fenomeni non collegati da un nesso di causa-effetto, è pur vero, però, che entrambi sembrano 'appartenere' alla loro 'catena causale'. Inoltre, senza mutamento sembra non essere possibile definire nemmeno il tempo.

Aggiungo che più difficile però è conciliare la relatività generale con la filosofia kantiana, visto che si basano su geometrie non-euclidee (però, ho letto di interpretazioni della filosofia kantiana che permetterebbero la presenza di tali geometrie)...

Citazione di: paul11 il 18 Ottobre 2019, 16:37:08 PM
Quì Kant opera la riduzione dell'ordine di successione all'ordine causale Einstein non ha innovato il concetto tradizionale di tempo come ordine di successione: ha solo negato che l'ordine di successione fosse unico e assoluto.

Concordo pienamente. In realtà, la successione causale di fenomeni è 'invariante' rispetto ai sistemi di riferimento. In generale, però, due fenomeni non collegati da una relazione causale possono avere una relazione temporale diversa in diversi riferimenti.
#63
Citazione di: iano il 14 Ottobre 2019, 18:21:35 PM
@Apeiron
Grazie per le tue risposte.
Possiamo chiederci cosa succederebbe se tutti ci convincessimo che il mondo non può essere compreso?
Entreremmo in depressione? Butteremmo la spugna?
Ciao @iano,

Non credo che ci siano molti che iniziano una carriera scientifica senza la convinzione che si possa comprendere (almeno parzialmente) il mondo. 

Se veramente si dimostrasse che il mondo non può essere compreso tramite la conoscenza scientifica, allora sarebbe certamente un 'colpo duro'. Però, non ci dovrebbe deprimere. Il sapere che non si può sapere è comunque un sapere. Si potrebbe anzi contemplare questa impossibilità di 'afferrare' la realtà 'così come è' (e quindi anche contemplare il mistero se c'è o meno...). 

D'altra parte, però, sembra difficile sostenere che non si può 'parzialmente afferrare' la realtà. Che dire, per esempio, di tutto il nostro sapere scientifico? Davvero non ci dice nulla sulla 'realtà così come è'? Davvero tutta la conoscenza che abbiamo accumulato nei secoli non ci ha fatto comprendere in modo parziale 'la realtà così come è'?

Posto che sia vero che l'osservazione scientifica è simile alla percezione e che, quindi, 'a rigore' il contenuto delle nostre osservazioni sono apparenze (che, a priori, potrebbero non fornirci informazioni sulla 'realtà così come è') è davvero accettabile dire che (i) la 'realtà così come è' c'è ma è totalmente inconoscibile, o che (ii) non c'è alcuna 'realtà così come è' o che (iii) non si può dire nulla, ovvero è oltre l'ambito di validità della ragione?

Delle tre alternative, la (iii) sembra quella più rigorosa. Però, è davvero così? O ci stiamo limitando troppo e, in realtà, una conoscenza parziale riusciamo ad averla?  ::)
#64
Citazione di: Apeiron il 11 Ottobre 2019, 21:58:38 PMCosì come lo era un 'realista', Erwin Schroedinger:[/size]
Citazionethe scientist subconsciously, almost inadvertently, simplifies his problem of understanding Nature by disregarding or cutting out of the picture to be constructed himself, his own personality, the subject of cognizance. Traduzione: Lo scienziato subconsciamente, quasi inavvertitamente, semplifica il suo problema della comprensione della Natura tralasciando e lasciando fuori dal quadro che dev'essere costruito sé stesso, la sua personalità, il soggetto della cognizione.
(citato nell'articolo 'Why a quantum state does not represent an element of physical reality', articolo dei 'QBist' Christopher A. Fuchs e Ruediger Schack: https://arxiv.org/abs/1412.4211)

Una piccola nota sul titolo dell'articolo. Il titolo completo è 'QBism and the Greeks: why a quantum state does not represent an element of physical reality' (traduzione: 'QBism e I Greci: perché uno stato quantistico non rappresenta un elemento della realtà fisica'). Il titolo si basa su un'opera di Schroedinger, 'La Natura e i Greci'. Un estratto dell'articolo:

Citazione
Schro ̈dinger writes: "Gomperz says [...] that our whole modern way of thinking is based on Greek thinking; it is therefore something special, something that has grown historically over many centuries, not the general, the only possible way of thinking about Nature. He sets much store on our becoming aware of this, of recognising the peculiarities as such, possibly freeing us from their well-nigh irresistible spell."
Schro ̈dinger singles out two fundamental features of modern science that are influenced by Greek thinking in this way. One is "the assumption that the world can be understood." The other is "the simplifying provisional device of excluding the person of the 'understander' (the subject of cognizance) from the rational world-picture that is to be constructed."

Traduzione:
Schroedinger scrive: "Gompez dice [...] che tutto il nostro moderno modo di pensare è basato sul pensiero Greco: è perciò qualcosa di speciale, qualcosa che è cresciuto storicamente durante molti secoli, non il generale, ma l'unico possibile modo di pensare riguardo la Natura. Ripone molta fiducia nel nostro divenirne consapevoli, di riconoscere le peculiarità che così facendo, possibilmente ci liberiamo dal pressoché irresistibile incantesimo. "
Schroedinger individua le due fondamentali caratteristiche della scienza moderna che sono state influenzate dal pensiero Greco in questo modo. Una è 'l'assunzione che il mondo può essere compreso'. L'altra è 'lo strumento semplificatorio provvisorio di escludere la persona del 'conoscitore' (il soggetto della conoscenza) dal quadro razionale del mondo che dev'essere costruito'.
#65
Ciao @iano,

perdona il ritardo nella risposta!

Citazione di: iano
È solo vero che esiste fra essi una relazione descrivibile in diversi modi , e la descrizione più semplice non è la più vera , perché nessuna lo è.
Questa può essere considerata la vera lezione Copernicana che spiana la strada al relazionismo ,come ben dici.

Ecco...io invece sono un po' reticente nell''abbracciare' pienamente il 'relazionalismo', anche se c'è una piccola sottigliezza su quello che intendo con questa parola. Ci sono, diciamo, due concezioni di 'relazionalismo':


  • La prima è quella puramente ontologica. Rovelli, ad esempio, sembra sostenere questa versione. In pratica, la concezione ontologica sostiene che le proprietà sono solo relazionali. Gli oggetti non hanno proprietà intrinseche, ma solo relazionali, ovvero sono definite solamente rispetto ad altro.
  • La seconda è quella, che chiamare, concezione epistemologica. Bitbol, ad esempio, sembra sostenere questa. La differenza con la prima, è che qui si parla degli oggetti della nostra conoscenza, ovvero di ciò che effettivamente conosciamo. Per certi versi, non è una posizione ontologica: non si dice 'come la realtà è', ma si descrive solo il contenuto della nostra conoscenza.

Ritengo che entrambe queste prospettive sono molto profonde. Ad essere precisi, la seconda mi sembra la più rigorosa delle due, ma entrambe sono profonde. Tuttavia, sono reticente ad 'abbracciarle' pienamente. In realtà, penso di essere un 'realista' anche se apprezzo molto il tipo di ragionamento alla base delle posizioni 'relazionaliste'. Il problema è che, secondo me, è difficile credere che la scienza (ma anche altre cose) non ci dica almeno in modo parziale 'come la realtà è'. Come dici, è vero che non è nemmeno vero, propriamente, che la 'Terra gira attorno al Sole', ma è una descrizione migliore di quella contraria. Senza una 'realtà' che possiamo almeno parzialmente conoscere (una realtà, per così dire, 'velata'), difficilmente possiamo giustificare il fatto che una prospettiva è migliore di un'altra ('la Terra gira attorno al Sole' come descrizione migliore è giustificato dalla Relatività Generale: il Sole, avendo più massa, curva di più lo spazio-tempo ecc).    


Citazione di: iano
Rimane il fatto significativo che ancor oggi si afferma comunemente che sia la terra a girare attorno al sole.
Si può considerare ciò come una prova di come la scienza possegga gli stessi "difetti" , o meglio meccanismi ,della percezione , essendone figlia.
Non so' se la realtà è relazionale , ma di sicuro lo sono i racconti possibili sulla realtà, scientifici e non.


Sulla prima e la terza frase mi sono espresso sopra. Sulla seconda, come detto, concordo. Concordo in buona parte anche con la prima e la terza, in realtà  ;)

Citazione di: iano
In effetti dire che la realtà nella sua essenza , cioè indipendentemente dall'osservatore , è relazionale , credo sia privo di significato.

Il motivo per cui la seconda prospettiva relazionale, quella epistemologica, mi sembra più 'rigorosa' è che non si serve di oggetti 'reali' senza proprietà intrinseche. Non sono sicuro che affermare che gli oggetti non hanno proprietà intrinseche non sia contraddittorio.

Citazione di: iano
Parlare di assoluto di fatto è modo di autoincensarsi dell'osservatore , seppur un autoincensarsi in evoluzione , che si sposta sempre un po' più in la', che cambia per restare uguale.

Sono almeno parzialmente d'accordo. Così come lo era un 'realista', Erwin Schroedinger:

Citazione
the scientist subconsciously, almost inadvertently, simplifies his problem of understanding Nature by disregarding or cutting out of the picture to be constructed himself, his own personality, the subject of cognizance. According to Schro ̈dinger, this "leaves gaps, enormous lacunae, leads to paradoxes and antinomies whenever, unaware of this initial renunciation, one tries to find oneself in the picture, or to put oneself, one's own thinking and sensing mind, back into the picture
Traduzione:
Lo scienziato subconsciamente, quasi inavvertitamente, semplifica il suo problema della comprensione della Natura tralasciando e lasciando fuori dal quadro che dev'essere costruito sé stesso, la sua personalità, il soggetto della cognizione. Secondo Schroedinger, questo 'lascia buchi, enormi lacune, conduce a paradossi e antinomia ogni volta che, inconsapevoli di questa rinuncia, uno cerca di trovarsi nel quadro, o rimettere se stesso, la sua mente che pensa e che percepisce nel quadro.'

(citato nell'articolo 'Why a quantum state does not represent an element of physical reality', articolo dei 'QBist' Christopher A. Fuchs e Ruediger Schack: https://arxiv.org/abs/1412.4211)
#66
Ciao @iano,

Citazione di: iano
se le aspettative sui risultati del lancio di una moneta derivano dal mondo Platonico , è perché questo mondo è in noi, e se è in noi fa' parte di un mondo transitorio , cioè un mondo che è funzione del tempo , comprese la funzione costante.

Poniamo che questo sia vero... il 'mondo platonico' sia un'altra struttura emergente (assumo anche che la coscienza sia emergente, anche se secondo me è una posizione che presenta moltissime difficoltà). Però ci sono delle regolarità dei fenomeni - o meglio, diciamo che è molto ragionevole che sia così. Ma se questo è vero: le regolarità del mondo fisico vengono prima o dopo il mondo fisico? Sono anch'esse qualcosa di fisico? Perché ci sono regolarità? Ecc

Poniamo pure che le regolarità cambiano nel tempo. Il loro mutare è qualcosa di regolare o no? Se sì, si sposta il problema...


Citazione di: iano
L'idea dell'esistenza di un mondo incorruttibile nasce dall'osservazione della volta celeste coi suoi movimenti apparentemente circolari e immutabili , in contrapposizione al corruttibile mondo terrestre soggetto al mutamento e quindi alla corruzione.

'Nì' nel senso che è vero che Platone sosteneva che le forme geometriche potessero essere trovate negli atomi e nei movimenti dei corpi celesti (per lui) eterni (mi pare che sostenga questo nel 'Timeo' ma l'ho letto tempo fa e potrei sbagliarmi), ma (1) non credo che sia così fondamentale nella sua filosofia e (2) credo che il Timeo possa anche essere interpretato 'allegoricamente'.
Per Platone, non è tanto il 'mondo terrestre' ad essere corruttibile, quanto il mondo sensibile, ovvero quello empirico. Se Platone pensava che veramente ci fossero forme 'perfette' nel mondo sensibile (terrestre o celeste), si contraddirebbe secondo me. L''altro mondo' è il mondo intelligibile ovvero il mondo conoscibile non tramite i sensi ma tramite l'intelletto, la mente. Il mondo 'delle Forme' platoniche perciò non poteva essere il cielo stellato o gli atomi, ma qualcosa di inaccessibile ai cinque sensi (ma solo dalla mente...).  
O, almeno, così capisco io la filosofia platonica. Quindi dire che per Platone il mondo 'celeste' era incorruttibile è discutibile.

D'altra parte è ben possibile che Platone si sia contraddetto. Però, secondo me, la tesi platonica è che il mondo sensibile sia una sorta di proiezione di quello intelligibile. Ad ogni modo, non credo che tale obiezione sia così rilevante.

Citazione di: iano
Si tratta di un errore prospettico dovuto al particolare punto di vista.

Sì, bene o male è anche un mio dubbio. Ma questo, forse, può essere un'obiezione per una particolare formulazione della matematica. Per es., la 'geometria analitica' mostra che forme geometriche ed equazioni possono essere legate. Non mi sorprenderebbe, infatti, che i risultati matematici che abbiamo trovato potessero avere degli 'analoghi' con forme estremamente diverse.

Se questo è vero, si può addirittura essere 'platonici' e ammettere che la matematica-come-la-impariamo-noi è una formulazione contingente e particolare.

Citazione di: iano
Non c'è la coscienza che dietro alla perfezione vi sia una necessaria semplificazione

In realtà, nel mio precedente post volevo dire che la perfezione può essere semplice. Infatti, le complicazioni possono essere viste come imperfezioni. Questa idea della perfezione come 'semplicità', in realtà, ha una lunga tradizione filosofica. E non c'è visto nulla di 'negativo' in tale semplificazione, anzi. D'altra parte...

Citazione di: iano
cosicché la perfezione diventa un pregiudizio percettivo , e siccome appunto tendiamo a confondere ciò che percepiamo con la realtà, ci inventiamo un mondo, se non questo , altro , in cui ciò che percepiamo realmente esiste.

Anche questo però può essere vero. Non sempre 'semplificare' è meglio...


Citazione di: iano
E siccome per amore di perfezione ci siamo arrampicati sugli specchi con gli emicicli , ci siamo complicati talmente la vita , che alla fine non se ne può più, e sentiamo il bisogno , questa volta in modo cosciente , e quindi secondo scienza , di ritornare a un quadro semplice e gestibile del mondo.

Beh, è anche vero il modello di Copernico risultava essere più 'semplice' di quello tolemaico e quindi preferibile, sotto un'altra nozione di 'semplicità'. Infatti, Galileo ecc lo preferivano proprio per questo. Le 'rifiniture' e le complicazioni che si dovevano inserire in quello Tolemaico risultavano troppe, ineleganti ecc.

Sembra che ci siano più di una nozione di 'perfezione' e di 'semplicità', più o meno valide.  

Citazione di: iano
Pensare che la percezione ci restituisca la realtà è ingenuo , ma è anche un utile semplificazione.
Lo stesso dicasi per la scienza.
Non esistono alte  sfere neanche per la scienza con la sua matematica , come non esistono per le stelle , anche quando queste sfere le percepiamo.

Quello che volevo dire io, @iano, è che lo sviluppo della scienza sembra suggerire che 'perfezioni' più 'raffinate', 'astratte' ecc 'funzionano meglio' di quelle più 'ovvie'. Non ci sono orbite circolare, certamente. Ma, d'altra parte, la Relatività Generale (tanto per fare un esempio) è una teoria che utilizza concetti geometrici astratti, simmetrie 'semplici' ecc. Anche la MQ, per esempio, utilizza molto nozioni astratte di simmetria ecc.

Non mi sorprenderebbe che un'eventuale futura teoria che include tutte le nostre teorie attuali sarà caratterizzata da una 'armonia' ancora più astratta.

D'altra parte, è anche vero che, talvolta, 'ricercare la semplicità' può non essere d'aiuto. Per esempio, trascurare l'attrito può risultare in formule più semplici ed eleganti ma allo stesso tempo non essere molto 'realistico'. Idem, per riprendere il tuo esempio dei moti celesti, può non essere d'aiuto considerare il nostro pianeta fermo anche se 'sembra' così.


Per @Ipazia (che saluto) ma anche per @iano,


Personalmente ritengo che il 'nuovo paradigma' sia effettivamente una maggiore consapevolezza delle 'limitazioni' della scienza che, in realtà, a ben vedere non lo sono (su questo punto concordo con @iano). Per esempio, l'ideale dell''osservatore distaccato' postula che la misura 'ideale' non rechi alcun disturbo al sistema osservato e che riveli proprietà intrinseche di esso. Oggi, c'è una maggiore consapevolezza del fatto che 'quello che osserviamo' potrebbe essere qualcosa di 'relazionale', ovvero come il sistema osservato appare a no e che l'osservazione potrebbe 'disturbare' radicalmente il sistema.  

L'esempio di Smolin della 'fisica nella scatola' citato da @iano è uno dei tanti. Lo stesso Rovelli sostiene che una 'totologia' - ovvero uno studio del 'Tutto' - è impossibile. Sostiene, per esempio, che la stessa cosmologia non descrive 'la totalità dell'universo' ma solo 'l'universo ad una scala sufficientemente grande' (lo dice - in inglese - qui: https://www.youtube.com/watch?v=TzmykSv6OBY ).

In realtà, la stessa Relatività Ristretta si fonda sull'idea che molto di ciò che osserviamo è una proprietà relazionale. Nemmeno le durate e le distanze spaziali che osserviamo sono veramente 'intrinseche' ai fenomeni fisici osservati. Ma ancora prima, la 'rivoluzione copernicana' aveva in effetti i 'semi' di questa idea. Solitamente la rivoluzione copernicana la si ricorda perché ha decentralizzato la Terra (e l'essere umano). Ma, in realtà, ha anche stabilito che il moto celeste osservato è relazionale.


Concludendo il mio intervento, ritengo che in questi tempi vi è più reticenza nel pensare che le osservazioni ci mostrino proprietà intrinseche dei sistemi osservati.  
#67
Ciao @iano,

Citazione di: iano
Una regressione delle emergenze non ci avvicina necessariamente al livello fondamentale della realtà , a meno che non si ammetta che sia utile allontanarsene sempre più ai fini pratici.
Cioè tutto il contrario a cui sembra tendere la conoscenza ai fini pratici.

Sul fatto che "una regressione delle emergenze non ci avvicini ad un livello fondamentale necessariamente" concordo. 

'Ai fini pratici', in genere, ci si ferma ad un certo 'livello' utile. Per esempio, quando si studiano le transizioni di fase, si guarda solo il comportamento medio dei dettagli microscopici. Dipende da cosa richiede la 'pratica', in realtà. A volte richiede di fermarsi ad un livello preciso.


Citazione di: iano
Se lanciamo tutti i triangoli del mondo troviamo il triangolo perfetto , ed è in questo mondo , perché emerge in questo modo.
...
Non si può quindi dire che un triangolo sia una perfetta realtà, e anzi è tanto imperfetta da non sembrare di questo mondo.
Giusto per il gusto di capovolgere il senso comune😄.


Argomentazione molto interessante  :)  Rimane però il problema che, ad esempio, mentre i 'triangoli del mondo' sono transitori, il 'triangolo perfetto' sembra non essere soggetto al mutamento. Nota però che, nel mio post precedente, quando dicevo che il triangolo disegnato non è 'perfetto', è perché i tentativi di 'replicare' il triangolo ideale nella realtà 'falliscono' (seppur, a volte, di molto poco). Ovvero, volevo dire che per quanto ci sforziamo, non riusciamo! 

D'altra parte, però, si può anche dire che i 'triangoli del mondo' essendo forme transitorie sono imperfetti (personalmente, concordo con questa prospettiva, ovvero che la transitorietà è una sorta di imperfezione...). 
Questo probabilmente è alla base della concezione platonica della matematica. Platone riteneva che i 'triangoli del mondo' che vediamo sono proiezioni transitorie del triangolo ideale nella 'materia'. Curiosamente, Platone sarebbe, secondo me, d'accordo con te che il triangolo 'ideale' è più semplice di quello 'reale' e che lo si può pensare come una sorta di 'media' (come affermi tu dopo). Questo perché una volta proiettato nella 'materia', la forma viene deformata. Platone dava precedenza all'uno, 'a ciò che è comune': se tutti i triangoli del 'mondo sensibile' avevano in comune l'avere tre lati, allora la caratteristica, la proprietà di avere tre lati, precede i triangoli del mondo sensibile. 


Personalmente, sono sempre stato affascinato da questa filosofia. La vedo come un altro esempio di come l'uomo riesca a pensare in modo 'contro-fattuale'. Non si incontrano mai 'triangoli ideali', eppure li possiamo usare con il nostro pensiero. Questo tipo di pensiero è ciò che, alla fine della fiera, ci ha permesso di progredire, anche in campo 'pratico' (seppur con le dovute differenze). Per esempio, prima che l'uomo scoprisse che si poteva accendere e controllare il fuoco, per lui il solo pensiero di fare una cosa del genere era certamente 'contro-fattuale'. Anzi a molti sarà sembrato una speranza vana. Eppure...

Con questo non dico che Platone aveva ragione. Come ho detto è una prospettiva che mi affascina. Ciò che affascina, non necessariamente convince. 


Citazione di: iano
Proviamo a definire un triangolo perfetto come quello che statisticamente meno differisce da ogni triangolo reale.
Più lanci facciamo minore è la differenza percentuale dei risultati.
Da ciò induciamo una simmetria duale perfetta.

Qui assumi però che la distribuzione dei triangoli sia simmetrica e che sfavorisca grandi discostamenti dal triangolo ideale. Ma se fai così, ammetti che ci siano delle regolarità nei fenomeni, la quale sembra essere a sua volta almeno approssimativamente descrivibile matematicamente. 

Citazione di: iano
Possiamo quindi indurre da ciò che la realtà non è asimmetrica ,cioè non favorisce un particolare tipo di triangolo , o una particolare faccia ,entro il range di errore sperimentale.
La matematica emerge dalla realtà.


Se la realtà è simmetrica, stai dando alla realtà una caratteristica matematica, l'esser simmetrica. Il 'buon' Platone ti direbbe che, in realtà, anche in questo caso la simmetria è approssimata, non esatta, perché è il risultato di una proiezione nella 'materia' della simmetria 'ideale' (virgoletto 'materia' perché nell'Antica Grecia tale parola poteva essere intesa in modo diverso dal nostro. Per es. Aristotele riteneva la materia 'potenzialità', e non ammetteva che gli oggetti materiali fossero veramente la 'materia pura'. Essi erano materia e forma. Platone la vedeva in modo simile, con la differenza che le forme che vediamo nella 'materia' non sono vere e proprio forme, le quali 'risiedono' solo nel 'mondo delle Forme'...)

Citazione di:  iano
Se non si può fare a meno della statistica non è perché le facce della realtà a livello fondamentale non sono tutte uguali?
Cioè, gli "atomi della realtà " non sono tutti uguali.
Possiamo però ricavare leggi predittive perché la realtà è non è asimmetrica.

Come esattamente dici tu, se si possono ricavare leggi predittive, è perché la realtà sembra essere simmetrica, o quasi. La statistica sembra basarsi su ciò. Una teoria predittiva può descrivere o meno le regolarità della 'realtà così come è', ma la sua utilità sembra suggerire che ci sono regolarità matematiche o qualcosa di simile. 

Bitbol, per es., sostiene che la MQ è una teoria predittiva che non ha pretese descrittive e, in realtà, non fa alcuna assunzione sull'esistenza di una 'realtà così come è' 'dotata' di regolarità matematiche o qualcosa di simile. Rimane il dilemma di come spiegare le regolarità che osserviamo, senza fare tale assunzione. Ma se la facciamo, ci si potrebbe chiedere: qual è l'origine di tali regolarità? Hanno un'origine? Ecc
#68
Tematiche Filosofiche / Re:Se la realtà fosse indistinta
29 Settembre 2019, 21:34:12 PM
Ciao @iano,

Citazione di:  iano
Suggerisco che tutto ciò che ci appare siano qualità emergenti della realtà,in diverso grado.
La temperatura è una qualità emergente degli atomi di un gas che a loro volta sono qualità emergenti di qualcosa altro , ma nessuna di queste qualità si può dire fondamentale in assoluto.

Il concetto di 'emergente' come lo intendiamo noi, sembra necessitare di un 'livello fondamentale' altrimenti si rischia una regressione infinita. Se ciò accade, anche il modo in cui intendiamo concetto di 'emergente' cambia.
Prendiamo l'esempio della temperatura. La temperatura è spiegabile come una proprietà emergente, perché è spiegabile col moto delle particelle. Ma se queste particelle sono anch'esse qualcosa di emergente, allora è solo vero fino ad un certo punto che la temperatura 'emerge davvero' dalle particelle. Non è 'falso', ma non completamente vero, nel senso che non è il concetto di 'emergente' usuale...non so se riesco a spiegarmi....
Se, poi, quel 'qualcosa' da cui sembrano emergere le particelle è il 'livello fondamentale', la catena si interrompe. Ma se anch'esso è qualcosa di 'emergente', si deve andare avanti ecc.
Se non si arriva mai a qualcosa di fondamentale, si ha la regressione infinita.

Ergo, trattare le distinzioni che vediamo 'alla nostra scala' come 'emergenti' non ci aiuta, quindi, a capire se la realtà è 'davvero' distinta, indistinta ecc. Inversamente, si arrivasse ad un 'livello fondamentale' della realtà, si potrebbe capire se la realtà è fondamentalmente distinta o meno.

Citazione di:  iano
La scienza è un processo percettivo fattosi esplicito , e nella misura in cui si autoreputa  di essere altro , criticherà la percezione come inadeguata , non mancandogli gli argomenti.
Ma non si capisce da dove nasca questa reputazione.

Quando Galileo ha usato il cannocchiale, riusciva a vedere più nitidamente i dettagli della superficie solare. Quando guardo un tessuto al microscopio, riesco a vedere più nitidamente i dettagli, es. le cellule e così via.
Analogamente, noi riusciamo a distinguere intervalli temporali di una certa lunghezza, ma gli orologi atomici riescono a fare meglio.

Credo che sia opportuno dire che l'analogia 'organi di senso' - 'strumenti di misura' sia valida. È, volendo, un po' come il concetto di 'realtà aumentata'. Gli strumenti di misura ci permettono di 'vedere' più nitidamente le cose, di 'vedere' cose che normalmente non riusciamo e così via.
A livello pratico-sperimentale, perciò, l'analogia è valida.  Non a caso, chiaramente, si possono fare esperimenti anche senza strumenti di misura, volendo. Saranno strumenti poco precisi, avranno un ambito di validità assai limitato ecc, ma si può fare, volendo. Perché no?
Da questi esperimenti si possono poi creare modelli quantitativi che possono essere utilizzati per 'ricavare' i risultati ottenuti e prevederne nuovi. Ma nuovamente, possiamo costruire dei modelli anche se usiamo i nostri organi di senso per studiare i fenomeni.

C'è, però, poi un altro livello, ed è quello dell'interpretazione dei modelli quantitativi. Fino a non molto tempo fa, si dava per scontato che la scienza potesse darci un'immagine fedele delle proprietà quantitative della 'realtà così come è'. Nel secolo scorso questa idea è stata messa in discussione. Ma anche se la si accettasse, non vedo perché rigettare l'analogia 'organi di senso' - 'strumenti di misura'.

Si può poi addirittura, forse, dire che, in effetti, è semplicemente impossibile non fondare la scienza sulla percezione sensoriale. Visto che, alla fine, è, ad esempio, con i nostri occhi che vediamo il responso degli strumenti di misura.
Alcuni affermano (ad es. Bitbol ecc) che non dobbiamo dimenticarci che, in realtà, il nostro 'sguardo' è 'situato'. Noi stessi definiamo un contesto, una prospettiva e così via. E non dobbiamo dimenticarlo.

Ergo, in conclusione, ritengo che si possa certamente dire che la scienza ci aiuti a 'vedere meglio'. Possiamo 'vedere' in modo straordinariamente nitido, dettagliato, preciso ecc. Ma non riesco a vederla veramente come 'altro' dalla percezione.


Citazione di: iano
L'impressione è che si voglia rimettere su un confine...che divida il corruttibile dall'incorruttibile , nella speranza che noi si possa prima o poi varcarlo.

La 'conoscenza incorruttibile' è certamente una tradizionale speranza della filosofia. Non solo occidentale, in realtà. E non solo della filosofia...
Eppure la conoscenza, a ben vedere, può mai essere davvero 'incorruttilbile', 'inerrante'? Noi siamo 'nel' mondo, non lo possiamo vedere 'da fuori'. Possiamo davvero, quindi, vedere la 'realtà così come è'?

Platone vide che la realtà è instabile, difficile da 'afferrare' ecc, la nostra conoscenza è imperfetta ecc. Ergo, ebbe a mio avviso, una delle già profonde intuizioni della storia della filosofia. Prendiamo la matematica. Nello spazio euclideo, la somma dei tre angoli dei triangoli è pari ad un angolo piatto. Bene, qualcosa di abbastanza noto. Eppure, disegnare un triangolo 'perfetto' è impossibile.
Ergo, Platone, sembra aver capito che una conoscenza concettuale della 'realtà sensibile' è impossibile. Se c'è un oggetto di conoscenza concettuale che ci può dare una conoscenza 'incorruttibile' dev'essere 'da un'altra parte', non in 'questo mondo'.

Anche se la sua intuizione fosse falsa (personalmente, credo che la sua intuizione sia in parte corretta, ma forse è uno di quei casi in cui è o completamente vera o completamente falsa...), credo che dica qualcosa di profondo. Le regole della matematica sono fisse, non sembrano soggette alle contingenze e così via. Ergo, non è possibile pensare che la matematica sia esattamente applicabile in 'questo mondo'  ;)  

Einstein scrisse: "Finché le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non sono certe, e finché sono certe, non si riferiscono alla realtà." (fonte per Wikiquote: https://it.wikiquote.org/wiki/Albert_Einstein#cite_note-6 )

Citazione di: iano
Il confine ci passa dentro.


'Il confine ci passa dentro'... Beh è sicuramente una frase molto interessante, e molto 'forte'. Sembra richiamare la filosofia di Kant. Per Kant, la matematica era un'intuizione a-priori del nostro intelletto. In pratica, essa è una pre-condizione della nostra esperienza, viene prima di essa, ma non è 'là fuori'. Ma non è meno qualcosa di 'esterno' a noi, visto che è una forma trascendentale della nostra conoscenza.

Trascendentale —>  Qualcosa che va oltre l'esperienza, però nel senso che la precede, che ne è una pre-condizione.  

Citazione di: iano
Magari se andiamo a cercare tutti i trucchi e i giochi di prestigio della percezione li ritroviamo camuffati nella esperienza scientifica.

Non mi sorprenderebbe per niente. (O meglio, magari non tutti visto che le analogie sono sempre limitate, ma alcuni, forse più di quelli pensiamo, sì... ;) )

Citazione di: iano
In questa ottica infine la ricerca della teoria del tutto perde il senso ontologico , pur restando desiderabile in se' unificare diverse teorie se cio' ne dovesse aumentare l'efficacia applicativa , o anche solo perché continuare a sognare , non è peccato.😊
Se anche faccio riferimento spesso a un criterio di utilità non accetterei mai che mi ponesse limiti.

Ottimo!
#69
Tematiche Filosofiche / Re:Se la realtà fosse indistinta
27 Settembre 2019, 22:28:11 PM
Ciao @iano,

Citazione
Un mondo che è distinto e indistinto allo stesso tempo non può essere dato . Rimane la possibilità che non sia ne' l'uno né l'altro.

Sì, personalmente concordo. Ci sono alcuni sistemi filosofici che sembrano affermare che il mondo è sia distinto che indistinto. Per esempio, alcuni monismi. In questi sistemi, ogni cosa condivide la stessa sostanza. Ma, al tempo stesso, le cose si distinguono dalla forma - in altre parole, ogni cosa è una manifestazione della stessa sostanza. Oppure i monismi che trattano il 'Tutto' come una 'Totalità', ovvero come 'Una Cosa Sola' (Bohm stesso talvolta sembra sostenere questo tipo di ontologia, quando parla di 'ordine implicito' ed 'ordine esplicito'). Sono secondo me, prospettive affascinanti. Però, attualmente non sono d'accordo con esse.

Il mondo non può essere, secondo me, realmente 'indistinto' perché non possiamo negare l'esperienza del mutamento e della diversità. Facevo l'esempio del mutamento che si osserva quando ci si sposta da un posto all'altro, ma quello che faceva il buon @Sari delle fasi della vita è certamente più significativo. Una filosofia che nega anche quello - ovvero considerare illusorio anche quello -andrebbe contro l'esperienza diretta (e la scienza parte dall'esperienza...).

D'altra parte, si possono citare esempi nella storia della filosofia in cui si negava totalmente il mutamento, almeno stando all'interpretazione 'tradizionale' di tali filosofi. Un esempio sono gli Eleati, per i quali l'Essere non poteva avere né parti né poteva insorgere e svanire. Per questo motivo, hanno negato distinzioni e mutamento.

Sembra un'idea 'bizzarra' eppure un'interpretazione (filosofica) della Relatività molto diffusa afferma proprio che lo 'scorrere' del tempo sia totalmente illusorio. D'altra parte, ritengo che negare alcuni 'fatti empirici' sia esagerato...

Se si nega questo e si negano le distinzioni, ciò che rimane è una realtà né distinta né indistinta. Non si negano totalmente le distinzioni, ma esse devono essere intese come apparenze. Il pensiero sembra non riuscire ad 'afferrare' questo. Intendevo questo, quando dicevo nel mio precedente intervento:


Citazione
Da questo non concluderei che la 'realtà è indistinta' (anche se probabilmente intendevi questo  a volte, la comunicazione scritta può essere molto ambigua...). Le distinzioni sembrano effettivamente divenire meno 'evidenti', diciamo. Ma pare anche non corretto dire 'non ci sono distinzioni'. Insomma, una via di mezzo ...  

Un'alternativa è ammettere sì che le distinzioni sono meno 'evidenti', ma che questo non significhi che sono 'illusorie'. Anche questa alternativa, a pensarci bene, è 'una via di mezzo'.

La domanda è: fino a che punto vogliamo 'negare' le distinzioni? Quanta 'realtà' vogliamo dare loro? (Purtroppo, è difficile anche porre le domande in modo chiaro...questo denota la difficoltà del linguaggio...)

Una cosa simile avviene se si considerano le 'proprietà relazionali'... Se si arrivasse al punto in cui gli esperimenti suggeriscono fortemente (per alcuni, ci siamo già) che gli 'oggetti' hanno solo proprietà relazionali e non intrinseche, si può ancora parlare propriamente di 'oggetti'? Possono esserci 'oggetti' che hanno solo proprietà relazionali? D'altra parte, non possiamo a livello empirico negare l''apparenza' di tali 'oggetti'. Così come non si può negare l''apparenza' delle distinzioni ecc. Questo è il caso dell'interpretazione di Rovelli, che nell'abstract dell'articolo 'Relational Quantum Mechanics' (link: https://arxiv.org/abs/quant-ph/9609002 ), scrive:

Citazione
I suggest that the common unease with taking quantum mechanics as a fundamental description of nature (the measurement problem) could derive from the use of an incorrect notion, as the unease with the Lorentz transformations before Einstein derived from the notion of observer-independent time.I suggest that this incorrect notion that generates the unease with quantum mechanics is the notion of observer-independent state of a system, or observer-independent values of physical quantities.

Traduzione:
Suggerisco che il comune disagio che si prova con il perdere la meccanica quantistica come la fondamentale descrizione della natura (il problema della misura) può derivare dall'uso di una nozione errata, come il disagio con le trasformazioni di Lorentz prima di Einstein derivava dalla nozione di un tempo indipendente dall'osservatore*. Suggerisco che questa errata nozione che genera disagio è la nozione di uno stato indipendente dall'osservatore* di un sistema, o di valori indipendenti dall'osservatore* delle quantità fisiche.

[* n.d.t: Rovelli nel suo articolo spiega che per 'osservatore' nella sua interpretazione si deve intendere qualsiasi sistema fisico.]

Ci si può chiedere, dunque: ma se non vi è uno stato di un sistema fisico indipendente dagli altri sistemi fisici, si può parlare ancora di sistema fisico? Un sistema fisico senza uno stato intrinseco può essere considerato davvero un 'sistema fisico'?

Il pensiero sembra effettivamente avere difficoltà ad 'afferrare' la realtà. Lo si vede anche dalla difficoltà ad esprimere in modo chiaro questo tipo di pensieri.

Citazione
Il fatto che siamo in grado di fare previsioni , come forse mi pare sottintendi , non ci garantisce di avere afferrato la realtà, ma è la prova che interagiamo con essa.

Sì, esatto! Fare previsioni non dimostra che conosciamo la 'realtà-così-come-è', ma che, al limite, abbiamo una buona conoscenza della 'realtà-come-appare'. L'osservatore non è 'distaccato' e visto che non è 'distaccato' non può pensare di 'vedere' la 'realtà-così-come-è', ma dalla sua prospettiva, diciamo.

Ritengo di essere vicino alla prospettiva di Bohm, anche se non la accetto totalmente. Gli strumenti di misura sono effettivamente qualcosa di analogo ai sensi e dunque le osservazioni stesse 'somigliano' ai dati sensoriali. Si possono poi costruire modelli concettuali che tentano di dare una spiegazione unitaria di tutti questi dati (ad es, la 'forma circolare' del disco nell'esempio di Bohm spiega, con l'aiuto della prospettiva, perché noi vediamo che esso assume forme ellittiche diverse...). La scienza, dunque, ci fa, per così dire, 'vedere meglio' le cose. Possiamo pure ipotizzare che i nostri modelli concettuali descrivano esattamente la 'realtà-così-come-è' ma questo ha finito per produrre smentite, anche clamorose. La 'realtà-così-come-è' probabilmente è di per sé inafferrabile, al massimo possiamo avvicinarsi.

Addirittura, se l'interpretazione di Copenaghen e simili sono corrette, allora dobbiamo rinunciare all'ipotesi che esista una unica descrizione concettuale dei fenomeni. Questo a causa del 'Principio di Complementarietà'.  

Citazione
È sufficiente applicare le teorie , senza conoscere la realtà.
Ma in effetti non  è neanche necessario conoscere le teorie.

Per la scienza, non è necessario attribuire un'ontologia alle teorie della fisica (vedi dopo sul 'QBism', per esempio). Basta saperle applicare.


Citazione
La scienza non è dunque il lusso della conoscenza , ma la necessità della sopravvivenza.

Più che 'necessità della sopravvivenza', anche la più 'pragmatica' delle interpretazioni della scienza, dovrebbe ammettere che è un modo per migliorare la vita umana. Ecco, che, inaspettatamente, si entra nell'etica. 'Migliore', infatti, è un giudizio di valore, non scientifico. Anche se si può basare sulla conoscenza scientifica. Ma come si era ben espresso Wittgenstein, la scienza 'di per sé' non include l'etica. Anche se la scienza viene intesa come qualcosa di puramente 'applicativo', è l'etica che la guida...Ma questa è una digressione.

Probabilmente, l'interpretazione della MQ che utilizza l'analogia della percezione nel modo più radicale è il 'QBism', una recente interpretazione, simile a quella di Bohr. Nel suo paper 'Notwithstanding Bohr, the Reasons for QBism' (link: https://arxiv.org/abs/1705.03483 ) , il fisico Christopher Fuchs scrive nell'abstract:

Citazione
[W]e lay out three tenets of QBism in some detail: 1) The Born Rule---the foundation of what quantum theory means for QBism---is a normative statement. It is about the decision-making behavior any individual agent should strive for; it is not a descriptive "law of nature" in the usual sense. 2) All probabilities, including all quantum probabilities, are so subjective they never tell nature what to do. This includes probability-1 assignments. Quantum states thus have no "ontic hold" on the world. 3) Quantum measurement outcomes just are personal experiences for the agent gambling upon them.

Traduzione:
[E]sponiamo in dettaglio i principi del QBism con un po' di dettaglio: 1) La Regola di Born — il fondamento di ciò che la teoria quantistica significa per il QBism — è un'istruzione normativa. Riguarda il comportamento decisionale a cui ogni agente individuale dovrebbe sforzarsi di tendere; non è una 'legge della natura' descrittiva nel senso usuale. 2) Ogni probabilità, incluse tutte le probabilità quantistiche, sono così soggettive che non dicono alla natura cosa fare. Questo include le assegnazioni di probabilità pari ad 1*. Gli stati quantistici non hanno alcuna 'presa ontologica' sul mondo. 3) I risultati delle misure quantistiche sono semplicemente esperienze per l'agente che ci scommette sopra.

*[n.d.t: Ovvero 'certezza', in pratica il QBism interpreta la probabilità come un grado di fiducia/credenza dell'agente e non riguarda una proprietà degli oggetti fisici. A pagina 10, l'autore scrive: "With regard to quantum probabilities, QBism asserts that they are to be interpreted as genuinely personal, Bayesian degrees of belief. This is the idea that probability is not something out in the world that can be right or wrong, but a personal accounting of what one expects.
" (traduzione: "Riguardo alle probabilità quantistiche, il QBism afferma che esse sono da interpretare come genuinamente personali, gradi di credenza Bayesiani. Questa è l'idea che la probabilità non è qualcosa fuori nel mondo che può essere giusta o sbagliata, ma un calcolo personale di quanto uno si aspetta.")

Curiosamente, tra pagina 10 e 11, l'autore afferma che Bohr aveva riserve sull'analogia misura-percezione:

Citazione
QBism holds with Pauli (and against Bohr) that a measurement apparatus must be un- derstood as an extension of the agent himself, not something foreign and separate. A quantum measurement device is like a prosthetic hand, and the outcome of a measurement is an unpre- dictable, undetermined "experience" shared between the agent and the external system.

Traduzione:
Il QBism afferma con Pauli (e contro Bohr) che l'apparato di misura dev'essere inteso come una estensione dell'agente stesso, non qualcosa di estraneo e separato. Uno strumento di misura quantistica è come una mano protesico, e il risultato della misura è una imprevedibile, indeterminata 'esperienza' condivisa dall'agente e dal sistema esterno.

#70
Tematiche Filosofiche / Re:Se la realtà fosse indistinta
25 Settembre 2019, 22:38:46 PM
Ciao a tutti...ne è passato del tempo  ;)


Citazione di: iano il 24 Settembre 2019, 14:17:48 PMAi sensi aggiungerei gli strumenti di misura.


E non saresti l'unico... Personalmente, sono d'accordo con questa analogia (ovviamente limitata, come tutte le analogie ma direi molto significativa  ;)  )

Questa analogia in realtà è stata utilizzata da vari fisici, perfino da David Bohm, ora famoso per la sua interpretazione 'realistica' a 'variabili nascoste' (non-locali) della MQ. Bohm, in particolare, prese ispirazione dalla Relatività e dai lavori dello psicologo Jean Piaget.

Il 'mondo' che noi 'sperimentiamo' con i nostri sensi, è un 'mondo' ordinato dalla nostra mente (non 'creato', come direbbero gli 'idealisti ontologici'). La nostra percezione in fin dei conti senza questa 'costruzione' sarebbe assai confusa: non potremmo distinguere le forme, non riusciremmo a sentire suoni 'importanti' (e a distinguerli dal 'rumore') e così via.

In altre parole, la nostra mente ordina le sensazioni riconoscendo in esse delle strutture - dei 'pattern' - significativi ed importanti. Ancora prima che ne siamo consapevoli, il nostro sistema percettivo ha già 'ordinato' le sensazioni 'analizzando' le sensazioni, filtrando le sensazioni 'interessanti' dal rumore e ordinando esse in modo da 'costruire' un'unica immagine coerente. Consapevolmente, in seguito, ordiniamo ancora di più le sensazioni.

In una intervista che si può trovare su youtube (purtroppo in inglese...link: https://www.youtube.com/watch?v=Mst3fOl5vH0 ), David Bohm utilizza l'esempio di un oggetto, solido e circolare. Però, ai nostri occhi, l'oggetto non appare circolare. Infatti, poiché lo vediamo sotto una certa angolazione lo vediamo ellittico. D'altra parte, però, se ci muoviamo rispetto a tale oggetto, lo vediamo ancora ellittico, ma con una forma diversa. A questo punto, cerchiamo di costruire un''immagine coerente' di ciò che vediamo:  capiamo che la 'forma apparente' (quella che vediamo da una certa angolazione) non è una proprietà intrinseca dell'oggetto 'in sé' ma è una proprietà relazionale (rispetto a noi l'oggetto appare un'ellisse con determinate misure ecc). Quindi - e qui arriva la nostra tendenza ad 'unificare' le apparenze - concludiamo che l'oggetto deve avere una 'forma intrinseca', poniamo circolare: appare ellittico perché lo si osserva da varie angolazioni, ma in realtà è circolare.
E la cosa funziona stupendamente bene... Attribuendo una forma intrinseca al nostro oggetto e utilizzando il concetto di prospettiva, abbiamo ora un'unica immagine coerente che sembra spiegare tutte le forme apparenti, che sono ciò che noi effettivamente osserviamo (con o senza strumenti di misura di vario tipo...).

Ma poi, ecco che arriva lo scienziato di turno e... vede che il nostro 'oggetto circolare' non può essere considerato tale. In realtà, la forma circolare era anch'essa un'apparenza, per così dire: nuove osservazioni sembrano essere spiegate da una 'immagine' diversa, ad esempio quella degli atomi. L'oggetto 'circolare' è composito, ovvero formato da una miriade di 'oggettini' piccoli. Quindi, non c'è neanche la 'forma intrinseca' che credevamo ci fosse. La 'forma intrinseca' di questo oggetto, in realtà, non è 'intrinseca', ma è 'solo' un'utile astrazione che ci permette di conciliare apparenze diverse.

La scienza, dunque, sembra effettivamente somigliare al processo percettivo: facciamo molte osservazioni e registriamo ciò che osserviamo (apparenze). Poi cerchiamo di costruire un'unica 'immagine coerente', un sistema concettuale, un'unica 'teoria' (Bohm osserva che etimologicamente, teoria viene da 'theoria', 'vedere uno spettacolo'...) che riesce a dare una spiegazione concettuale a tutte queste apparenze. Siamo soddisfatti non appena questa teoria riesce ad accordarsi con gli esperimenti. Poi, però, di solito, accade che alcune osservazioni non possono essere conciliate con la teoria, il nostro sistema concettuale. Lo dobbiamo cambiare.

Buona parte della storia della scienza può essere pensata come un susseguirsi di teorie smentite. Un continuo susseguirsi di osservazioni, di creazione di sistemi concettuali che avevano lo scopo di predire le osservazioni e 'rappresentare' la 'realtà-così-come-è' , di successive conferme e smentite. Arrivati alla smentita, il 'ciclo' ri-iniziava.

La teoria della meccanica newtoniana, ad oggi è una di queste 'teorie smentite'. Oggi sappiamo che essa non può descrivere la 'realtà così come è'. Ma non ci deve venire in mente che è completamente sbagliata, visto che, in fin dei conti, sotto moltissime condizioni prevede le osservazioni con estrema accuratezza. Quindi, possiamo dire che è 'smentita' se ci eravamo convinti che rispecchiava la 'realtà in sé'. Ma, in realtà, è una teoria ancora estremamente efficiente.

Ecco che, vedendo questo, alcuni interpreti della MQ hanno concluso che dobbiamo rinunciare all'ipotesi che la scienza descriva la 'realtà così come è'...

Riassumendo, possiamo dire, secondo me, che ciò che osserviamo sono apparenze. Le teorie nella storia della fisica hanno avuto due funzioni: (1) prevedere i risultati delle osservazioni, (2) farci comprendere alcuni aspetti del mondo 'in sé' (ad essere precisi, quelli quantitativi...già Galileo aveva escluso che la scienza si occupasse di eventuali altri aspetti dei fenomeni naturali).  

Dalla nascita della MQ, la seconda funzione è stata messa in discussione da diversi padri fondatori della MQ, come Bohr e Heisenberg. Anche Bohm stesso, in realtà, era abbastanza convinto che la scienza non ci avrebbe mai dato una 'immagine perfetta' della realtà, ma la nostra speranza era quella di costruirne sempre di migliori. Altri (ad es. Bitbol) ritengono che la MQ è stata una sorta di socratico 'riconoscere di non sapere': ovvero che, in realtà, la fisica non ci può dare un'immagine di certi aspetti del 'mondo in sé' ma 'solo' modelli che prevedono le osservazioni. Secondo questi pensatori, la scienza non ci dà informazioni ontologiche sulla realtà.  

Citazione di: iano
Se la realtà fosse indistinta , questa sarebbe la sua definizione completa , che nessuno però potrebbe dare.
Sarebbe completa perché in una realtà indistinta non vi è cambiamento e quindi non vi è altro da dire.
Al contrario , se vi è mutamento , la realtà è distinta in parti.


Se la 'realtà in sé' fosse realmente indistinta, perché se scendo in 'pianura' dal 'Monte Bianco' osservo alcune differenze? Perché il 'paesaggio' cambia se vado da 'Milano' a 'Roma'?

Più che l'assenza di distinzioni, ritengo che gli sviluppi recenti della fisica sembrano indicare che le 'cose' tra di esse non sono così separate come sembra ma, anzi, che esse non siano separabili da un certo contesto. Ovvero più che una assenza di distinzioni, credo che sia più corretto dire, come hai già detto tu:

Citazione di: iano il 24 Settembre 2019, 02:27:13 AMPer dirla con Bobmax , se esistono oggettivamente non sembra però che la loro oggettività sia separabile dal contesto. Diciamo che non è possibile definirli fuori da un contesto, come realtà a se stanti. Il sorriso del gatto esiste , ma non separato dal contesto. Lo stesso vale per la temperatura , per il tempo , e forse per ogni "oggetto" di cui facciamo esperienza. Tutto esiste finché è in rete, per usare una analogia dei nostri tempi. Come se l'oggettivita' fosse più una qualità della percezione e della esperienza che degli "oggetti". Probabilmente non possiamo mai giurare che ciò che oggi ci appare oggettivo tale rimarrà nella nostra considerazione domani.


Da questo non concluderei che la 'realtà è indistinta' (anche se probabilmente intendevi questo :)  a volte, la comunicazione scritta può essere molto ambigua...). Le distinzioni sembrano effettivamente divenire meno 'evidenti', diciamo. Ma pare anche non corretto dire 'non ci sono distinzioni'. Insomma, una via di mezzo ... ::) ;)  

La fisica è piena zeppa di 'pure astrazioni'. Un esempio lampante è la 'particella libera', ovvero particelle isolate. Tale idea nasce dal ritenere che le 'cose' siano fatte da 'mattoncini' e che sia possibile isolare questi 'mattoncini' e analizzarli uno per uno, 'astraendoli' dal contesto. E poi 'ricostruire' la 'realtà' a partire dalle proprietà di questi 'mattoncini' accuratamente separati.

Per esempio, un modo intuitivo per farlo è quello di allontanare le 'parti'. Per esempio, ci aspettiamo che allontanando due particelle esse non presenteranno alcun 'legame'. E, invece, ecco che gli esperimenti su particelle entangled sembrano dirci che questa intuizione fallisce, talvolta. Così per le particelle entangled, questo metodo 'analitico' arriva ad una consistenza: se veramente crediamo che ci siano davvero due particelle con posizioni sempre definite, queste sembrano comportarsi (se 'entangled') come se fossero una cosa sola, per così dire.

Ma senza scomodare le particelle 'entangled', è chiaro che non è possibile osservare alcuna particella libera, anche perché, in fin dei conti, per essere davvero libera non dovrebbe interagire con niente. Ma non solo non può osservare, non può nemmeno esserci, molto probabilmente. Come può una particella trovarsi in una situazione in cui non interagisce con niente?
Ma se non ci sono nella realtà particelle isolate, tale concetto è una pura astrazione. Indubbiamente, una utilissima astrazione.  Ma se questo concetto non descrive qualcosa di reale, allora è difficile sostenere che si possano veramente 'separare' completamente le 'parti'. Ergo, il contesto diventa fondamentale.

Citazione di: iano il 24 Settembre 2019, 14:17:48 PM
Ma anche quando facciamo scienza , pur avendo pieno controllo su quel che facciamo , restiamo increduli su quel che riusciamo a costruire .
Così siamo passati dal non credo se non vedo , al non credo anche se lo vedo.


A dire il vero, ritengo che questo 'spirito' non è per niente una novità. Ma è alla base di scienza e filosofia, nel senso che si cerca di non interpretare in modo errato ciò che si vede, osserva ecc. 

Ma è anche vero che, in realtà, pare estremamente difficile applicare questo 'modus vivendi' in tutti gli aspetti della nostra vita :)

Buona serata!
#71
Varie osservazioni:

Penso che @iano per 'determinismo' intenda semplicemente la posizione per cui tutti gli eventi sono inevitabili - o, in termini 'epistemologici', che conosciute esattamente le condizioni iniziali è, in linea di principio, possibile prevedere ogni evento. In pratica, il 'determinismo laplaciano'. O 'determinismo forte' per @sgiombo. 

Non capisco come l'esistenza di un inizio dell'Universo (o del tempo...) possa dare più credibilità al 'probabilismo'. Onestamente, ho sempre trovato assurda l'idea che l'Universo sia 'nato dal Nulla a caso' (ancora più assurdo se si aggiunge che la nascita dell'Universo coincide con l'inizio del tempo). Anzitutto perché questo 'Nulla' deve avere la proprietà di far nascere a 'caso' un Universo (e quindi non è 'Nulla'). E nel caso in cui la nascita dell'Universo viene fatta coincidere con l'inizio del tempo, non riesco proprio a capire come un evento 'random' possa essere pensabile fuori dal tempo. Il mio problema non è tanto la 'plausibilità' della cosa, ma proprio la sua non-intelligibilità (anche per il caso in cui l'inizio dell'Universo non coincida con quello del tempo - ma direi che tale posizione probabilmente è contraddittoria, perché il 'Nulla' non può essere 'temporale'). Concordo completamente col @Sari su questo 

Infine, per quanto riguarda il 'libero arbitrio' (inteso come parziale 'autonomia della volontà e delle azioni' senza alcun riferimento teologico) esso secondo me è incompatibile sia con il 'determinismo' che con il 'probabilismo' che con qualsiasi loro 'combinazione'. Non ho mai trovato gli argomenti dei 'compatibilisti' convincenti. Quindi se il 'fisicalismo' è vero, a meno che non si trovino 'radure', come afferma giustamente @Ipazia, in cui determinismo e probabilismo non sono validi oppure si deve concludere che 'fisicalismo' e 'libero arbitrio' sono incompatibili  :)

X @Sari, ritengo che il modello 'a cause e condizioni' non possa essere classificato come 'deterministico' né nella mia accezione (che corrisponde a quella 'forte' nel gergo di @sgiombo) né col 'determinismo debole'/'probabilismo'  :)
#72
'SOLUZIONE' PROPOSTA DA SGIOMBO

Ciao @sgiombo,

La tua idea risulta assai simile alla versione 'disposizionalista' della teoria di de Broglie-Bohm. Avevo citato il paper 'Ontology of Bohmian mechanics' di Esfeld et al, un po' di tempo fa in proposito (fonte: https://arxiv.org/abs/1406.1371).
Non vedo però cosa potrebbe cambiare. Se non c'è entanglement, si può trattare il moto delle singole particelle indipendentemente dalle altre. Nel caso di particelle entangled no. E questo porta a dire che nel caso di particelle entangled, l''azione a distanza' è presente anche in questo modello.

Alternativamente, potresti dire che le condizioni iniziali dell'universo erano tali da far sembrare che ci siano azioni a distanza, ma questo è super-determinismo.


SUPERDETERMINISMO

Beh, devo dire che trovo assai strano che la differenza tra:
1) il fatto che una persona vinca la lotteria ogni volta perché la lotteria è truccata;
2) il fatto che una persona vinca la lotteria ogni volta per pura coincidenza;
Non sia sufficiente a chiarire la differenza tra super-determinismo e determinismo 'normale'. Curiosamente, ho visto anche nella discussione tra i fisici perplessità. E la cosa mi sorprende moltissimo, in realtà.
Idem per l'esempio del 'Newton super-determinista'.

Il super-determismo vuole spiegare le 'correlazioni a distanza' sostenendo che esse sono dovute al fatto che le condizioni iniziali dell'universo erano tali per cui oggi tutto procede come se ci fossero 'azioni a distanza' mentre, in realtà, queste sono pure illusioni. Questo è il 'succo' del super-determinismo. E qui c'è il discorso del 'fine-tuning': le condizioni iniziali dell'universo DEVONO essere state quelle per cui oggi a noi 'sembra' di vedere 'azioni a distanza'.

Non nutro alcuna speranza di poter spiegare il concetto meglio, quindi per quanto mi riguarda questa è l'ultima cosa che dico in proposito.

COMPUTER QUANTISTICI

Ciao @Ipazia,

avrei dovuto spiegarmi meglio...comunque, il succo del discorso è che nel caso di due particelle entangled, A e B, inviate rispettivamente ad Alice e Bob, Bob non può sapere nulla di quello che fa Alice con la particella A osservando la sua particella, ovvero B. Quindi se Alice osserva 'spin su', Alice potrà prevedere che Bob le dirà di aver osservato 'spin giù' (questa comunicazione avviene a velocità super-luminali). D'altro canto, quando Bob osserva 'spin giù' non ha alcuna possibilità di sapere che Alice ha osservato 'spin su' - quindi dalla misura Bob non ottiene alcuna informazione su quello che ha fatto Alice. Se Bob potesse conoscere cosa ha fatto Alice osservando la sua particella, il limite della velocità della luce sarebbe stato violato.

La cosa 'curiosa' è che nella teoria di de Broglie-Bohm, in linea di principio, si potrebbe pensare che è possibile mandare segnali più veloci della luce. Tuttavia, ciò in realtà succederebbe SOLO se si trovassero violazioni delle predizioni della MQ 'ordinaria'.

TEOREMA DI BELL E REALISMO LOCALE

Ciao @odradek,


La questione non è così semplice...Già molti decenni fa, si sono proposte 'scappatoie' dalle conclusioni del teorema di Bell. Il super-determinismo era già stato individuato da Bell: se il super-determinismo è corretto, come pensa Gerard t'Hooft, allora non c'è bisogno di introdurre 'azioni a distanza' nelle teorie a variabili nascoste.

Poi c'è l'interpretazione a 'molti mondi'. Questa interpretazione è realistica, deterministica e 'locale' (nel senso che non prevede 'azioni a distanza'). Come 'sfugge' alla non-località? Negando che ci sia una storia singola.

Recentemente, Arnold Neumaier ha proposto la sua 'interpretazione termica' della MQ, che è realistica, locale, deterministica ma non super-deterministica e prevede un'unica storia. Come sfugge alla non-località? Neumaier dice (fonte: https://www.physicsforums.com/threads/a-neumaiers-interpretation-of-quantum-mechanics.628130/): "In my view, particle nonlocality is explained by negating particles any ontological existence. Existent are quantum fields, and on the quantum field level, everything is local. Nonlocal features appear only when one is imposing on the fields a particle interpretation...". Ovvero, si evita la non-località, secondo Neumaier, se si rinuncia al concetto di 'particella' e si accetta l'idea che gli 'enti fisici' sono campi - e quindi entità estese. Più dettagli si possono trovare qui: https://www.physicsforums.com/threads/the-thermal-interpretation-of-quantum-physics.967116/ (e nei link riportati). Non so se sia valida - ovvero se effettivamente come dice lui riproduce tutti i risultati della MQ. E non sono un esperto.

Ad ogni modo, indipendentemente dalla validità o meno dell'interpretazione di Neumaier, secondo me, è sbagliato dire semplicemente che il teorema di Bell ha effettivamente escluso il realismo locale. L'interpretazione a molti mondi è realistica, deterministica e locale, per esempio.

Strettamente parlando, non ha nemmeno escluso la possibilità di teorie a variabili nascoste locali, come mostra l'esempio del super-determinismo. Che poi si accetti il super-determinismo o meno è tutt'altro discorso   :)
#73
@sgiombo e @iano,

In linea di massima, il motivo per cui la non-località è interpretata come una effettiva azione a distanza nella teoria di de Broglie-Bohm e non lo è nell'interpretazione di Copenaghen è molto sottile. Per essere concreti, mi restringo al caso di due particelle entangled. 

Nel caso della teoria di de Broglie-Bohm, il motivo è che il moto di una particella dipende dalla posizione dell'altra particella in modo istantaneo. Questa dipendenza sembra implicare che le due particelle siano per così dire 'connesse', ci sia una sorta di 'influenza' tra di loro. 

Nel secondo caso, ovvero nell'interpretazione di Copenaghen, vi è una lettura epistemologica - ovvero, quello di cui possiamo parlare sono le misure. Nel caso in cui misuriamo lo spin delle due particelle entangled, dobbiamo ragionare nel modo seguente. Supponiamo che le due particelle devono avere spin opposto. Prima della misura, però, lo spin non ha valore definito. Poniamo che alla misura fatta da Alice, lei osserva spin 'positivo'. A questo punto Alice sa che se Bob misura lo spin dell'altra particella otterrà spin 'negativo'. Tuttavia, ciò non viene interpretato come un'influenza della misura di Alice sull'altra particella ma solo come un mutamento della conoscenza che Alice ha. Quando Alice osserva che lo spin misurato è 'positivo', sa che Bob deve ottenere spin 'negativo'. Se Bob eseguirà la sua misura e comunicherà l'esito ad Alice, la seconda vedrà confermata la sua predizione.

[En passant, Faccio notare che non tutti i sostenitori della interpretazione di Copenaghen sono veramente soddisfatti da questa lettura - ovvero che il 'collasso' della funzione d'onda viene visto solo come un mutamento della conoscenza dell''osservatore' (faccio notare che c'è dissenso anche su cosa è l''osservatore'). Per esempio come si può leggere nel vecchio articolo della Stanford Encyclopedia of Philosophy (fonte: https://stanford.library.sydney.edu.au/archives/spr2017/entries/bell-theorem/#7), Abner Shimony riteneva che l'interpretazione di Copenaghen era interpretabile come una posizione ontologica: gli oggetti quantistici non osservati erano potenzialità, mentre gli oggetti 'classici' erano 'attualità' ('potenzialità' e 'attualità' qui hanno un significato vicino a quello Aristotelico). Secondo Shimony, il limite della velocità della luce si applica alle 'attualità' ma non alle 'potenzialità', in quanto solo nel primo caso si può parlare di vere e proprie 'influenze'. Il problema di questa lettura, però, è che sembra comunque descrivere una sorta di 'non-località' e sembra per questo richiedere una simultaneità, a differenza di quanto ritiene Shimony - il quale però è ben chiaro nel dire che è incerto su tale lettura.]

Riguardo al super-determinismo, parafraso l'esempio che si trova in questo post su physicsforums: (fonte: https://www.physicsforums.com/threads/why-all-the-rejection-of-superdeterminism.904230/#post-5693447). L'esempio non ha niente a che fare con la MQ ma è, secondo me, chiaro. L'ho già riportato, in realtà. 
Ad ogni modo, si viene invitati ad immaginare lo scenario in cui una persona riesce ad indovinare sempre perfettamente i numeri della lotteria. Ci possono essere varie spiegazioni. (1) In qualche modo imbroglia (ad esempio, la lotteria è truccata in modo da fare vincere tale persona tutte le volte...). (2) Ha dei 'super-poteri'. (3) In realtà, c'è solo una correlazione tra le due cose - semplicemente succede che tale persona riesca sempre ad indovinare tutti i numeri della lotteria ogni volta. 
La terza spiegazione è essenzialmente quello che afferma il super-determinismo. Per il super-determinismo non c'è nessuna 'influenza', nessuna 'connessione', nessuna 'azione istantanea a distanza' tra le particelle, ma solo una correlazione.

Per quanto riguarda, l''hypotheses non fingo' di Newton non ha niente a che fare con il super-determinismo ma mostra comunque quanto è strano il concetto di 'azione istantanea a distanza'. Per Newton, ovviamente, c'era una 'influenza' o una 'connessione' tra il moto dei corpi e, inoltre, ebbe la geniale idea di dire che tale 'influenza' era la stessa sia nel caso Terra-Luna che nel caso della caduta dei gravi. Un 'Newton super-determinista' avrebbe detto, invece, che, in realtà, non c'era alcuna 'influenza', 'connessione' o 'azione a distanza' ma i corpi si muovevano in modo da far sembrare che c'era tale 'influenza', 'connessione' o 'azione a distanza'. L''hypotheses non fingo' si riferisce, invece, alla spiegazione di cosa consiste tale 'influenza', 'connessione' o 'azione a distanza'. In fin dei conti, se è istantanea non può avere, ad esempio, una spiegazione 'Cartesiana' (ovvero: come conseguenza di interazione di contatto tra i vari corpi). Rimaneva pertanto per Newton misteriosa. 
Chiaramente, un limite alla velocità delle interazioni le rende più comprensibili. Si capisce, dunque, perché a molti non piace tale idea di 'azione a distanza'. In più, nel caso quantistico, non vi è dipendenza dalla distanza. 

Infine, una nota sui 'molti mondi'. Il nome può essere fuorviante: in realtà c'è solo un 'universo'. Tuttavia, la storia non è 'lineare'. I 'molti mondi' si riferiscono alle varie 'ramificazioni' della storia (ad esempio, nel caso della misura dello spin dell'elettrone, l'universo si 'ramifica' nel 'ramo' in cui viene misurato spin 'positivo' e nel ramo in cui viene misurato spin 'negativo'). Ad ogni modo, anche io dissento fermamente dai molti mondi (e anche dalla retro-causalità).  

@Ipazia,

Nella (presentazione usuale dell')interpretazione di Copenaghen, non vi è alcuna 'azione a distanza', ma solo una correlazione (inspiegabile in termini classici). Come dicevo sopra, nell'interpretazione di Copenaghen si pone una forte enfasi su ciò che si osserva e - anzi - in genere viene detto che la MQ è uno strumento predittivo delle osservazioni. Ergo, nel caso di due particelle entangled, il fatto che misurando lo spin di una particella si sappia anche il valore dello spin che verrebbe trovato nella misura sull'altra non implica (secondo loro) una 'influenza', 'connessione' ecc tra le due particelle. 

In generale, tutte le interpretazioni concordano nel dire che l'entanglement non può essere usato per  la trasmissione di segnali. Più precisamente, tutti concordano nel dire che se le predizioni della MQ sono soddisfatte non si può usare l'entanglement per la comunicazione - il motivo è che non può essere controllato. 

@odradek,

Come dice @sgiombo, conferme della violazione delle disuguaglianze di Bell non implicano il rigetto del realismo. Anzi, se uno accetta, ad esempio, il super-determinismo, può anche mantenere la località. 

Una nota per @sgiombo: il termine 'realismo einsteniano' in fisica viene solitamente usato per riferirsi al realismo locale. Dunque, strettamente parlando, la teoria di de Broglie-Bohm non è 'realista 'in senso einsteiniano'' ad essere pignoli.
#74
Piccola aggiunta:

Ci sono effettivamente varie teorie a variabili nascoste non-locali. La più famosa (e quella che ha più successo) di tutte è la teoria di de Broglie-Bohm, proposta negli anni '20 da Louis de Broglie e riscoperta ed estesa da David Bohm nel 1952 (attualmente ci sono varie 'scuole di pensiero' tra i sostenitori di questa teoria...per esempio c'è dissenso sullo status ontologico della funzione d'onda). 
[Comunque, è interessante notare che, volendo, la teoria di de Broglie-Bohm ammette la possibilità che le predizioni della meccanica quantistica possano essere violate. In tal caso, si potrebbe effettivamente usare la non-località per inviare segnali a velocità super-luminali. Tuttavia, siccome ad oggi non ci sono violazioni delle predizioni della meccanica quantistica, la non-località non può essere utilizzata per inviare segnali...]

Tuttavia, lo stesso Bohm  - mi sembra di ricordare - già nel 1954 aveva proposto una teoria a variabili nascoste non-locale e probabilistica (detta anche 'stocastica') con il fisico Vigier, partendo dalla teoria del 1952. A partire dagli anni '70 in collaborazione con Basil Hiley (e altri) ha lavorato su una teoria simile. Inoltre, un'altra teoria probabilistica a variabili nascoste è stata proposta da Nelson.

Una teoria super-deterministica, invece, è stata proposta recentemente dal nobel Gerard t'Hooft.
#75
Citazione di: iano il 29 Aprile 2019, 23:55:48 PM
Un articolo su "Le scienze" di Aprile , adesso in edicola , esclude che , in base a recenti risultanze sperimentali , un modello a variabili nascoste locali sia compatibile con la natura.
Quindi l'articolo conclude che con l'entenglement  , per quanto appaia inquietante, l'azione a distanza ha luogo.
Non so' se per voi è una notizia nuova.
Cosa ne pensate ?
Varie volte se ne è parlato in questo forum e io ci ho capito quello che ci ho capito😅
Ma se volete riprendere il discorso chissà che .... magari stavolta capisco.

Ciao @iano,

Il consenso quasi unanime tra i fisici è che nessuna teoria locale a variabili nascoste può riprodurre i risultati della meccanica quantistica, come dice l'articolo. Questo è una conseguenza del teorema di Bell.

Vorrei precisare che, in realtà, il 'determinismo' di per sé non è il problema. Nemmeno il 'realismo'.
N.B. Una 'teoria deterministica' è una teoria per la quale, fissate le condizioni iniziale, l'evoluzione è completamente fissata (questo è la definizione di 'determinismo' in fisica).

Chiaramente, le teorie a variabili nascoste sono realistiche. Tuttavia, sono un tipo particolare di teorie realistiche: per le teorie a variabili nascoste ci sono effettivamente delle particelle aventi sempre una posizione definita. Ebbene, il teorema di Bell afferma che, sotto assunzioni abbastanza naturali, nessuna teoria a variabili nascoste locale può riprodurre le predizioni della meccanica quantistica.

Fin dall'inizio, sono state proposte 'scappatoie' ('loopholes') al teorema di Bell. Alcune sono state escluse di recente. Una possibile 'scappatoia' è il super-determinismo, ovvero l'idea che vi è una correlazione tra gli eventi fisici tale che tutto sembri indicare la presenza di 'influenze' non-locali. Personalmente, credo che il super-determinismo è una prospettiva assai problematica dal punto di vista filosofico visto che per esempio queste 'correlazioni' sono semplicemente inspiegate.

Anche fra i sostenitori delle variabili nascoste, comunque, la stragrande maggioranza (per quanto ne so io) ritiene che, effettivamente, ci siano influenze più veloci delle luce tra le particelle. Tra di essi, una (credo) minoranza ritiene che tali influenze sono spiegabili assumendo la retro-causalità, ovvero che alcuni effetti precedano le loro cause. La maggior parte, però, ritiene che dev'essere abbandonato il principio della 'relatività della simultaneità', ovvero che ci sia, in realtà, una simultaneità assoluta. ll motivo è che, in queste teorie, nel caso delle particelle entangled, il moto di ogni particella dipende dalla posizione (ma non dalla distanza!) simultaneadell'altra particella o delle altre particelle.
Si possono notare due cose, qui. Primo, la non-località è data, di per sé, dal fatto che la dipendenza è istantanea. Prima di Einstein, la teoria newtoniana della gravità prevedeva che l'influenza data dalla gravità fosse effettivamente instantanea. Quindi l'idea dell''azione a distanza' di per sé non è nuova. In secondo luogo, vi è l'indipendenza dalla distanza. Nella teoria di Newton, la forza di gravità dipendeva dall'inverso del quadrato della distanza mentre, in questo caso, non vi è alcuna dipendenza dalla distanza.

Ad ogni modo, se mettiamo da parte l'idea della retro-causalità, se le teorie a variabili nascoste fossero corrette, si dovrebbe rinunciare alla 'relatività della simultaneità' - ci sarebbe, quindi, in realtà, una simultaneità assoluta. D'altro canto, però, c'è un altro interessante risultato - il teorema di non-comunicazione - che afferma che l'entanglement quantistico non può essere utilizzato per fare comunicazioni. Quindi, anche questa simultaneità assoluta non può essere rilevata.

Nell'interpretazione di Copenaghen, gli oggetti quantistici non hanno proprietà definite prima della misura. In altre parole, tali proprietà sono osservabili ('observables' in inglese). In questo modo, molti ritengono che l'interpretazione  di Copenaghen non implica una effettiva non-località, ovvero una effettiva 'azione a distanza' (se non in senso figurato per indicare la presenza di una semplice correlazione, come probabilmente è usato nell'articolo). Tuttavia, alcuni criticano questa posizione.
[John Bell - che era un sostenitore delle variabili nascoste - ha coniato il termine 'beable' per indicare oggetti con proprietà definite che esistono indipendentemente dalle osservazioni (notare il gioco di parole 'be-able' in contrapposizione con 'observ-able', dove in inglese 'be' significa essere).]

L'interpretazione a molti mondi, invece, riesce a 'conciliare' la meccanica quantistica con la Relatività rimuovendo una assunzione nel teorema di Bell: l'unicità dei risultati sperimentali. Questa interpretazione è un buon esempio di interpretazione realistica e 'locale' (nel senso di compatibile con l'assenza di azioni a distanza).