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Messaggi - and1972rea

#61
Ma davvero possiamo assumere per definizione kantiana che il noumeno e' inconoscibile? Esistono cose che appaiono ai nostri sensi che non possiamo liquidare come fenomeni conoscibili unicamente nelle loro forme e non nel loro essere in se' e per se'. Quando ci guardiamo allo specchio osserviamo una apparenza del tutto inadeguata ad essere spiegata nelle forme piu' complesse del sapere umano, pero' , oltre a questa conoscenza puramente fisica e formale ,noi possiamo constatare di possederne una intimamente sostanziale , possiamo affermare che a quella immagine fenomenica che osserviamo nello specchio corrisponde il se'e per se' dell' IO SONO'. Quel fenomeno che io vedo allo specchio, o in una tomografia assiale computerizzata, non e' solamente un organismo di atomi, molecole, cluster e cellule logicamente organizzati, ma e' l' "in se'" che io sento attraverso la mia autocoscienza; in questo caso, attraverso lo specchio del reale fenomenico, io sono in grado di cogliere la sostanza noumenica che pervade la forma fenomenica del mio essere; quel fenomeno allo specchio smette di essere pura apparenza, ma diviene emanazione sostanziale dell' "IO SONO". Questa nostra conoscenza noumenica dell'" IO SONO" ci permette di compiere una considerazione rilevante sulla natura della conoscenza delle forme del Reale;  che accadrebbe se in quello stesso specchio del reale dovesse apparire un altro identico fenomeno a quello che esprime l'"IO SONO"? tale relazione fra noumeno e fenomeno si rivelerebbe evidentemente non biunivoca, nel senso che allo stesso fenomeno non si potrebbe far corrispondere lo stesso noumeno, trovando in questo modo che la relazione fra i due stati della conoscenza  del reale procede dal noumeno verso il fenomeno e non viceversa. L'IO SONO , quindi, pare essere logicamente la fonte reale della mia immagine fenomenica, ma , allo stesso modo, pare non consistere in essa
#62
Citazione di: Jacopus il 10 Aprile 2016, 19:08:12 PM
Vorrei chiedere e la mia domanda non è sarcastica ma animata dal desiderio di comprendere, come si fa a considerare la Bibbia un libro sacro, quando contiene un passo come il seguente:

Esodo 21-20/21: Per la legge di Dio "se uno bastona il suo schiavo o la sua schiava fino a farli morire sotto i colpi, il padrone deve essere punito" - ma se sopravvivono un giorno o due, non sarà punito, perchè sono denaro suo".

In questo passo non solo si approva la schiavitù, ma essa è talmente legittimata al punto da considerare lo schiavo un oggetto, che può essere distrutto dal suo proprietario. Vi sono ovviamente nella Bibbia altri passi completamente differenti. Questo è solo un esempio, ma come tutti sanno, esempi del genere sono diffusissimi. La domanda che voglio proporre è: come è possibile che Dio, onnipotente, saggio, buono e desideroso di fare del bene al suo gregge, abbia permesso di inserire nel suo libro dei precetti così evidententemente  contrari ad ogni comune sentimento morale?
Quelli riportati sembrano, più  che altro, precetti impositivi che regolano la condizione degli schiavi , quando la schiavitù era lecitamente considerata nelle società coeve alla stesura di questi testi sacri; e mi meraviglia molto il fatto, e lo si desume proprio da questi versetti , che lo schiavo fosse considerato molto più che una merce deperibile, sembra quasi che in questi passi biblici gli si voglia conferire per legge divina la dignità di Essere Umano. Il padrone può rischiare la propria vita quando uccide con volontà di farlo un proprio schiavo, gli è concesso,invece, il dubbio della preterintenzionalita' o della semplice colpa, se il malcapitato dovesse sopravvivere all'immediatezza della bastonatura (presumibilmente con verga o stecca  , che non è  arma letale) ,la quale punizione sembra , a questo punto, assumere un valore puramente correttivo e disciplinare più che gratuito esercizio di una potestà arbitraria.Leggendo oltre nell' Esodo , il padrone che cagiona un danno permanente allo schiavo, come la cecità o la semplice perdita di un dente, è costretto a dare la libertà al servo a titolo di risarcimento e a rinunciare all 'eventuale debito contratto con lui dal proprio schiavo. Insomma, la mia meraviglia é nel vedere come un codice di valore religioso imponesse , in tempi non sospetti in cui garantismo e diritti civili non esistevano, il rispetto della dignità Umana, qualsiasi fosse la condizione in cui un Uomo fosse costretto a vivere.
#63
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 18:47:07 PM
Da un punto di vista logico formale ciò che può esserci non può non esserci, ma il problema è come, dove e quando.
La scienza, pur ammettendo la base logica come necessaria (la medesima aristotelica), non può fermarsi ad essa e non procede quindi per sola deduzione, ma al contrario, parte dal qui e ora per come scientificamente modellabile, per andare a cercare l'ente che ubbidisce ai suoi criteri di verifica e definizione.
Il dove ed il quando sono relativi, come dimostrato scientificamente , i secondi ed i millimetri in un certo sistema di riferimento diventano milioni di anni e altrettanti anni luce per un altro.
#64
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 09:45:32 AM
Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?
Anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile, in un futuro più o meno lontano, costruire delle macchine in grado di agire in modo tale da risultare indistinguibili da un essere umano.
Detto questo, sarà comunque impossibile accertare se quelle macchine siano effettivamente autocoscienti: potrebbero semplicemente simulare di esserlo, potrebbero simulare libero arbitrio pur essendo condizionate da algoritmi estremamente complessi. Peraltro, il libero arbitrio presente negli stessi esseri umani è, sappiamo bene, limitatissimo (c'è chi dice nullo: io dico molto limitato).
In ogni caso, per come la vedo io, la vita è una discesa dello Spirito nella Materia, della Coscienza in un Corpo, dell'Informale in una Forma. Non il contrario. Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo, ma è la coscienza a costruirsi un corpo (anzi, vari corpi, "uno dentro all'altro", per così dire) per fare esperienze ed evolvere. Vera e divertente la metafora della tetta suggerita da Sariputra.
Si potrebbe razionalmente pensare di arrivare a replicare qualcosa di più di una generica entità dotata di IA, potremmo pensare di replicare identicamente nella res extensa ogni nostro neurone e ogni relazione che ciascuno dei nostri neuroni allaccia con ciascun altro, potremmo , cioè,  pensare di replicare , almeno sul piano del tutto logico, la nostra presunta (almeno presunta dai riduzionisti e dagli olisti) coscienza materiale; ebbene, rimanendo sul piano logico, come si potrebbe spiegare  che due entità materialmente, "essenzialmente" e cartesianamente identicamente estese rimangano fra loro diversamente coscienti? Perché potrebbero darsi logicamente solo due casi : Io rimarrei solo e soltanto me stesso a prescindere dall 'esistenza materiale della mia copia ,cartesianamente estesa ,identica alla mia essenza materiale, ma distinta da me in una altrettanto possibile distinta autocoscienza.  Oppure, io e la mia copia materiale avremmo una unica autocoscienza , e Io sarei l'Io della mia stessa copia. Due cose identiche ma distinte ,che sentono sé  stesse nella medesima coscienza d'essere,un unico Io in due cose distinte,  e allora l'Io non risiederebbe nelle cose in sé,  ma sarebbe altro da esse; oppure, io e la mia copia materiale avremmo coscienze distinte , e allora , da cose identiche emergerebbero coscienze diverse, ed anche in questo caso L'IO parrebbe non nascere dalle cose in sé  per essere,  invece, autosussistente rispetto ad esse. Sembra che sul piano della logica, quindi, l'autocoscienza non possa mescolarsi alla materia, sembra che l'Io che pensa non possa definirsi come una cosa che pensa.

#65
D'accordo con Loris, ne consegue che ,se il tutto emerge non mediatamente dalla relazione fra ogni parte con ogni altra sua parte, anche la nostra coscienza non può limitarsi e ridursi ad un ristretto numero di relazioni fra un altrettanto piccolo numero di particelle materiali. Vuol dire che la nostra coscienza é messa in relazione con il Tutto e non solamente con una piccola parte di esso costituita dal nostro cervello, vuol dire che il nostro sentire non finisce con un pizzicotto sul braccio, ma in linea di principio si potrebbe estendere a tutto l'essere universale. La struttura della nostra coscienza potrebbe emergere da una materialità molto più estesa e più profonda rispetto a quella che vediamo nascere ed incenerirsi in un pugnetto di molecole.
#66
Ad Eutidemo,
Semplicemente, il derby lo vince solo chi può vincerlo, e i dinosauri non sono diventati esseri intelligenti ,perché non potevano diventarlo. Se qualche cosa è razionalmente possibile ,allora esisterà realmente, cio' che è possibile ,é hegelianamente ,non aristotelicamente ,attuale. È, quindi, razionalmente possibile la vita intelligente oltre il pianeta Terra? Basta rispondere a questo per conoscere anche la realtà dei fatti.
#67
Per rispondere ad Eutidemo...Be', ovviamente, le categorie arisroteliche di atto e potenza sono un poco superate, e difficilmente applicabili alle moderne conoscenze acquisite dalla scienza. É, infatti, evidente che esse dipendono dall'antico  e ormai del tutto inadatto concetto di tempo, concetto che la scienza usava per spiegare i fenomeni fisici con modelli descrittivi oggi obsoleti . Potenza e atto possono essere distinte soltanto dal tempo (ció che mai sarà in atto ,mai potrà essere in potenza,  ciò che non sarà mai non è nemmeno possibile che sia, e solo ciò che è stato o che sarà in atto potrà anche poter essere stato potenza prima dell'atto ), e ,se consideriamo (come in effetti, oramai, la scienza è costretta a fare) spazio e tempo come aspetti correlati di una realtà unica, allora constateremmo che i fenomeni naturali hanno luogo a prescindere dagli antichi concetti univoci  di potenza e atto o da quelli di causa ed effetto. E cosí riscontriamo effetti che avvengono sicronicamente rispetto alle cause che li producono, e azioni generate da potenzialità che sono, oltre ogni definizione, atto ancor prima di essere potenza. Quindi, se qualche cosa può accadere in Natura, oramai è assodato che esso è già accaduto, accade, o accadrà sopra un unico piano dello spazio e del tempo, il quale piano non separa il tempo dallo spazio con alcun concetto assimilabile all'antica idea di "non essere". Similmente, ciò che in natura fosse logicamente assodato che non potrà mai accadere, ovviamente non è mai accaduto e mai accadrà . Riguardo alla attuale incapacità degli uomini di riprodurre artificialmente la vita, faccio notare che questo non equivale  ad una impossibilita' per sé stessa assoluta, del resto , nemmeno siamo ancora in grado di abitare la superficie marziana, ma è logico che ,come tutte le cose possibili, ciò avverrà, prima o poi, e per il solo fatto che è possibile che questo avvenga, questo avverrà.
#68
Citazione di: maral il 30 Aprile 2016, 07:46:56 AM

Ma la vita nel suo principio, per quanto possa dispiacere al contesto sociale che vorrebbe farne una questione propria, è affidata alla madre. Questo nel senso che quella vita non è scindibile dal corpo vivente della madre in cui quell'esistenza si esprime e per corpo vivente intendo non solo la funzione biochimica, ma soprattutto il modo di sentire della madre. Non siamo in presenza di un contenitore biologico e di un contenuto concepibile in modo separato, ma di un'unità biologica e psichica che la società con le sue regole (e il padre che in un certo qual modo dovrebbe rappresentarla) può tutelare solo nella sua interezza e unicità, riconoscendo pienamente l'unità di madre-figlio. Quando il bambino nasce e l'unità primigenia si scinde, allora alla competenza materna si dovrà aggiungere quella sociale che diventerà sempre più importante mano a mano che il bambino acquisisce l'autonomia di un soggetto sociale. E purtroppo questo spesso non accade, perché quella stessa dimensione sociale (paterna) che tanto vuole predicare su ciò che non è di sua diretta competenza, poi si arresta nell'indifferenza di un sine cura verso ciò che invece le dovrebbe effettivamente competere: costruire un soggetto in grado di interagire socialmente nel rispetto della sua individualità e differenza.
Ma il corpo vivente della madre non potrebbe a sua volta sussistere né fisicamente, né moralmente, se scisso dal corpo della società,  la quale , quindi, alla fine, é la sola a poter decidere sia della vita della madre che di quella del figlio. La madre , se astratta da un qualsiasi consorzio di persone, sarebbe destinata all'annientamento sia morale che fisico, il suo bene diviene giocoforza soggiogato al patto sociale cui essa decide di aderire. La vita nel suo principio , in ultima analisi, è affidata al corpo della società in cui il corpo della madre vive e si nutre di ogni bene fisico e morale dentro e oltre le proprie necessità.
#69
Citazione di: Eutidemo il 24 Aprile 2016, 15:58:05 PM


E' indubbiamente vero che miliardi di fenomeni abissalmente complessi si ripetono nel tempo e nello spazio del nostro universo diversamente per ciascuno di essi, ma ugualmente indistinguibili nella loro natura fisica; ma più essi sono "organizzativamente" complessi (come le birrerie e ed il "primo" essere vivente), più è difficile che essi si verifichino, identicamente, a distanza di tempo,e  in distanti punti dell'Universo.
Tanto è vero che, negli ultimi tre miliardi e mezzo di anni, pur essendo variate infinite volte le condizioni climatiche della Terra, la "nascita della vita dalla materia" , sembra sia accaduta UNA VOLTA SOLA.
E poi basta!
Quindi, se ne desume che la scaturigine originaria della vita non è un fenomeno che si ripeta con molta facilità, visto che negli ultimi tre miliardi e mezzo di anni (sia pure in un pianeta favorevole), la vita non è MAI PIU' scaturita dalla materia.
Ed è quasi un secolo che si tenta, inutilmente, di produrla artificialmente, pur creando appositamente tutte le condizioni per la sua nascita.
Al riguardo, recentemente, "Syn 3.0" segna un nuovo, significativo passo in avanti verso la creazione della vita artificiale; si tratta del primo batterio sintetico con un Dna ridotto al minimo, cioè solo 473 geni, rispetto ai 3,2 miliardi di paia di basi di DNA, contenenti ciascuno all'incirca 20.000/25.000 geni, di una nostra cellula.
E' ancora controverso se tale "pseudobatterio" possa considerarsi effettivamente "vivo"; ma, comunque, l'estrema difficoltà che da decenni incontriamo nel voler creare "premeditatamente" la vita (pur con le attrezzature più moderne e sofisticate a nostra disposizione), dovrebbe farci capire quanto sia difficile che la vita possa prodursi "spontaneamente", per il casuale rimescolamento dei suoi elementi di base.
Ripeto, sarebbe come se lanciando ripetutamente in aria dei tasselli con su scritte le lettere dell'alfabeto, sperassimo che, alla fine, ricadendo a terra, essi componessero "randomicamente" la Divina Commedia; già è difficile farlo apposta (in laboratorio), figuriamoci a caso.
Ovviamente la cosa è possibile -perchè è successa-, ma sicuramente è molto improbabile; ed infatti, solo considerando i 4 miliardi di anni di vita della terra, finora, la nascita della vita è successa UNA VOLTA SOLA, per il concorso di migliaia di eccezionali cause concomitanti , che non si erano mai verificate prima, e che non si sono più verificate dopo. ;)
Cominciamo dunque con il considerare che solamente la porzione di universo da noi osservabile contiene dai 300 ai 500 miliardi di galassie, in ciascuna di esse vi possono essere da decine fino centinaia di miliardi di stelle; se ogni galassia avesse anche un solo pianeta dalle caratteristiche chimico fisiche possedute dalla Terra in uno solo dei momenti geologici che l'hanno caratterizzata negli ultimi 3,5 miliardi di anni, significherebbe che vi sono dai 300 ai 500 miliardi di pianeti, solamente nella infinitesimale porzione di universo da noi visibile,  in grado di aver potuto proseguire lo stesso cammino chimico fisico e geologico che ha prodotto la vita sul nostro pianeta. Se qualcosa può accadere in natura, semplicemente , accade, è accaduto o accadrà in una certa porzione dello spazio , quartum non datur..., e delle tre , la seconda rende ancor più probabile le altre due. Il paragone con le ventuno lettere governate dal caso al quale viene affidata la stesura della Divina Commedia non calza affatto con quel che abbiamo appurato succedere in Natura, le lettere dell'alfabeto  non potranno mai rimescolarsi fra loro per ripetere una sequenza dettata dall'immaginazione umana con la medesima probabilità che le particelle naturali hanno nell'aggregarsi fra loro per dare origine ad una entità che è il prodotto di precise leggi che regolano la natura. In sostanza, se si avvicinano fra loro a casaccio un certo numero di molecole di ossigeno e di idrogeno in determinate condizioni di pressione e temperatura , esse potranno unirsi solo e soltanto in un determinato modo , ogni molecola di ossigeno si combinera' sempre e comunque solo con 2 di idrogeno per dare origine , sempre e comunque, a 2 molecole di acqua. Ció non accade ,invece, con le lettere dell'alfabeto, le quali , così come appare nell'esempio fuorviante di Eutidemo, non hanno alcun vincolo probabilistico che le conduca a formare una sequenza piuttosto che un'altra. Il cammino che ha percorso la vita sulla terra non è stato un cammino di fortunate coincidenze, la via seguita dalla materia alla vita é un tracciato che preesiteva alla vita stessa,e che si trova ovunque vi è la Natura a costruirlo, e che è stato semplicemente percorso dalla materia qui sulla terra, così come altrove nell'universo,  questa è la mia idea, e difficilmente mi si potrà convincere dell'unicita' della birra terrestre o della vita intelligente su questo pianeta. Dell'unicita' della Divina Commedia , quindi, né sono convinto, ma scommetto che un Canzoniere in salsa extraterrestre in qualche pittoresca biblioteca non terrestre si potrà un giorno leggere anche qui sulla Terra.
#70
Citazione di: Eutidemo il 24 Aprile 2016, 15:58:05 PM
And1972rea scrive che, se,  consideriamo ripetibile e ripetuto nello spazio e nel tempo "qualsiasi fenomeno fisico osservato", non si vede perché debba fare eccezione il modo in cui atomi e molecole si sono organizzate per formare quel che chiamiamo vita intelligente qui sulla terra...
Di certo la birreria di Eutidemo non è un fenomeno fisico ripetibile, cosí come la bottiglia di birra davanti al mio piatto che mi sto bevendo or ora, quello che è ripetibile sono le birrerie di cui ne è  zeppo il mondo, e le bottigliette da 33 cl che riempiono gli scaffali di migliaia di supermercati. Di certo And1972rea così come Eutidemo , potendo loro occupare un solo luogo per ciascun istante , non sono di per sé stessi moltiplicabili, ma sono fenomenicamente ripetibili e già ripetuti in atto oltre ogni principio possibilistico in miliardi di altri individui che ripetono la loro stessa natura fenomenologica. Allo stesso modo, miliardi di fenomeni abissalmente complessi si ripetono nel tempo e nello spazio del nostro universo diversamente per ciascuno di essi,ma ugualmente indistinguibili nella loro natura fisica. Nonostante non vi sia alcun singolo atomo di carbonio che possa dirsi moltiplicabile , quindi , ritroviamo quel fenomeno come osservabile in ogni luogo dell'universo in cui sia esplosa una stella abbastanza grande e vecchia da averlo generato. In conclusione, non solo ritengo altamente probabile l'esistenza di forme extraterrestri intelligenti del tutto simili all'Uomo, ma credo altresi fermamente nell'esistenza  di birrerie eccellenti anche al di fuori del nostro sistema solare!
#71
Citazione di: maral il 18 Aprile 2016, 22:50:42 PM
E chi dovrebbe cristianamente decidere in merito se non la madre, colei che porta nel suo grembo quella vita a lei affidata? Forse i preti o i vescovi che non porteranno mai in grembo loro vita alcuna? In nome di chi pretendono di parlare costoro? Non è forse Dio che ha affidato per natura alla madre (e non certo al prete) la vita della sua creatura?
Per quanto riguarda l'uccisione degli innocenti, la storia ci insegna ampiamente che qualsiasi istituzione laica o religiosa che fosse, non ha mai avuto alcuno scrupolo a sacrificarne la vita ai propri interessi, ci fosse o meno l'anticristo sotto.
Poi se i medici anti abortisti confidano nella santità della loro posizione, non saranno certo turbati da una piccolezza mondana come il  venire esclusi dall'impiego nel settore pubblico per porre in atto le loro scelte di fede, anzi!
Credo che lo Stato laico abbia innanzitutto il dovere di difendere il più debole all'interno di quel recinto di regole (che delimitano il gioco competitivo e a volte duro fra le libertà individuali )sulle quali si fonda il patto sociale di coloro che vogliono vivere gli uni insieme agli altri in modo pacifico e costruttivo; se nei patti di quelle persone ci debba essere o meno il diritto di difendere alcuni deboli a discapito di altri deboli presunti meno meritevoli, bé , questa è una decisione che diventa fondamento di un certo tipo di società piuttosto che di un altro. Io , personalmente, preferirei vivere nella comunità degli uomini che difendono e coltivano la vita fin dal suo principio,e che preferiscono il male minore di chi ha un poco di più rispetto al male peggiore di chi non ha null'altro che l'intera propria vita racchiusa in un fragissimo principio del proprio corpo.
#72
Citazione di: Eutidemo il 18 Aprile 2016, 06:50:12 AM
Credo che sia una domanda più che legittima, chiedersi se noi siamo le uniche creature viventi nell'Universo, ovvero se esistano, altrove nello spazio, altre  ...
Secondo me è razionalmente e scientificamente molto probabile che la vita intelligente , così per come la conosciamo, esiste nello spazio ed è esistita o esisterà nel tempo. Se , infatti,  consideriamo ripetibile e ripetuto nello spazio e nel tempo qualsiasi fenomeno fisico osservato , non vedo perché debba fare eccezione il modo in cui atomi e molecole si sono organizzate per formare quel che chiamiamo vita intelligente qui sulla terra. Se esistono gli atomi di idrogeno in tutto l'universo,  e con essi esistono uguali sistemi di stelle, pianeti, galassie distribuite in ogni dove, se fenomeni come la luce, la gravità, e altri tipi di forza si ripetono con la stessa natura in ogni ambito dello spazio conoscibile, se ogni fenomeno fisico conosciuto non è singolare ed eccezionale cosí per come la scienza non può che definirlo, ebbene, è chiaro che persino l'uomo o una formica si trovano distribuiti uniformemente nell'universo e conformati nella medesima natura fisica. Se, al contrario, consideriamo il creato come tale nella sua accezione religiosa del termine, bé, solo allora è razionale poter credere che vi possa essere una ragione di natura volontaria che abbia confinato la natura umana ai soli esseri umani.
Per quanto riguarda l'assenza certa di contatti espliciti e diffusi da parte di forme di vita intelligenti extraterrestri , be', direi che questo rappresenti più un indizio forte della loro effettiva presenza intelligente che della loro supposta assoluta inesistenza.