Citazione di: iano il 20 Giugno 2025, 16:00:41 PMNotevole soluzione per risolvere l'enigma del come salvare capre e cavoli, che vanta più imitazioni della settimana enigmistica.Non ti ho diffidato dal pensare diversamente.
Checchè sei ne pensi di Platone non si può che ammirare la longevità del suo pensiero, in teoria e pratica, però non è proibito pensarla diversamente.
Non è tanto la realtà ad essere ''uno'', ma la sua essenza.
Essere uno significa sfuggire ad ogni definizione che lo posa negare, essendo negabile ogni definizione. Di contro ogni definizione è possibile, perchè non essere nulla di preciso ti consente di poter essere ogni possibile cosa.
Però questo essere qualcosa deve passare dalla teoria alla pratica per essere sensato.
Deve consentirmi cioè di trattare quell'uno come fosse ciò che definisco essere, o che credo essere, senza diventare un ostacolo insuperabile a un diverso, ma non meno sensato essere altro.
Ogni definizione dell'uno lo rende duale negandolo.
Questo può essere un problema per chi cerca la verità, ma non per altri.
Chi non cerca la verità non mancherà di apprezzare l'utilità della finzione, che solo chi crede nella verità intenderà come un inganno.
E' da intendersi più come il gioco dei bambini ''facciamo che io ero'', nella sua versione adulta.
Io dico che l'Uno può essere variamente inteso, così pure l'Essere, ma c'è una linea storica da rivalutare. Plotino nel dire Uno era consapevole di indicare un Mistero; Parmenide nel dire Essere non stava imponendo un modo di essere...
Lévinas aveva notato un itinerario prepotente ma la connotazione storica di esso è differente da quel che il suo polemizzare a volte lascia intravedere. La fede ebraica è rivolta ai tratti di non rivelabilità di Dio, quella cristiana è l'inverso; accanto a una prepotenza ontologica c'è il fenomeno dell'oblio dell'essere, cui Lévinas non era sensibile, perciò certe sue polemiche lo favoriscono.
Il pensiero dell'unità è stato opposto a quello della molteplicità: in teologia con le polemiche antitrinitarie di alcuni cristiani e di ebrei e musulmani, fra le religioni col dissidio tra monoteisti e politeisti, anche in filosofia con la diatriba tra assolutisti e relativisti, infine in politica coi sostenitori o detrattori del pluralismo... Chi ha ragione? Se la trinità devia verso il triteismo, hanno ragione gli antitrinitari, relativamente dunque; se il 'mono' viene concepito come 'eno', hanno ragione i politeisti; se l'Assoluto viene posto come un potere a disposizione dell'uomo stesso (le monarchie assolute possono sussistere solo per diritto divino, teocraticamente), hanno ragione i relativisti; e se il pluralismo è rifiutato per intolleranza, ha ragione la politica che lo difende... Ma ci sono anche le ipotesi opposte, con la ragione al "pensiero forte".
L'essere come declino, l'ontologia debole come definita da G. Vattimo, può valere quanto l'ontologia parmenidea propugnata da E. Severino e soprattutto da G. Bontadini... E così con l'Uno. I neoplatonici lo indicavano apofaticamente, non come oggetto di calcolo, non era la loro la pretesa di usare la metafisica per giudicare in base a calcoli; e il moderno pensiero della molteplicità, la fine del Pensiero Unico non entra nel merito della Trascendenza; sicché c'è anche un platonismo postmoderno.
Negli scritti dello Pseudo Dionigi, sospesi tra Antico e Medio Evo, c'è l'indicazione di vero e falso essere e dell'autentico mistero dell'Uno nel mondo molteplice... ma alcuni critici ci si arrabbiano perché non ci possono fare la gesulatria.
Io direi: recuperare i significati, i valori, il senso della storia anche filosofica, invece che darsi a giudizi affrettati e di parte.
MAURO PASTORE
