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Messaggi - PhyroSphera

#61
Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 15:49:18 PMRiconosco che , per mia limitazione, non sono in grado di comprendere bene l'essenza di quello che vuoi consegnarci con questi sunti  filosofici. Però quello che ho citato qui è abbastanza chiaro e forte allo stesso tempo. Perciò mi sento di poter dire qualcosa a riguardo. Dici "interrompere il percorso logico e tragredendo i dettami della ragione per abbandonarsi al mistero per poi , così facendo, giungere ad assumere una logica veramente superiore"
I gradi pensatori che coltivavano una vita spirituale (anche se a modo loro) del passato erano giunti a scardinare la ragione di frone al mistero , ma è la ragione che li ha portati di inanzi al mistero . Pascal, Spinoza, kant, Wittgenstein... pensa al tracatatus logico filosofico proposizione 6.43 12 dice ; "la soluzione dell enigma della vita nello spazio e nel tempo è al di là dello spazio e del tempo". E questo lo dice uno dei padri del pensiero logico del 900 che arriva a dire che l 'enigma della vita , punto uno, ha una soluzione e in questo troviamo il pensiero mistico religioso a cui la filosofia di Wittgenstein conduce. Alla fine la differenza di chi ha una spiritualità e chi no sta in questa fiducia che l enigma della vita abbia una soluzione. E questa soluzione , punto due , è al di là del tempo e dello spazio. E che cos'è questo al di là del tempo e dello spazio se non uno scardinamento della ragione? non per cadere nell irrazionalismo, nella misteriosità ma per prendere consapevolezza che il nostro rapporto col tutto non è afferrabile, fomalizzabile, racchiudibile , catturabile dal pensiero umano.
Quindi sostengo che è la ragione che, debitamente esercitata , porta infine al mistero e non il cessamento dei sui dettami , alla cessazione della logica che porta al mistero. è la ragione che pone di inanzi al pensatore il mistero , in che senso lo pone il mistero? nel senso che gli elementi che la ragione fornisce all elaborazione della costruzione intellettuale non possono essere sintetizzati in una visione complessiva, armonica, in un sistema. non si può dare quella prospettiva razionalista che dice "ti dimostro che Dio c'è"  come ad esempio ritiene il concilio vaticano primo , essi sostengono che la ragione, se debitamente esercitata, giunge inequivocabilmente all esistenza di Dio. Personalmente non lo ritengo e non penso che la ragione possa arrivare a dimostrare l'esistenza di Dio. Laddove dimostrare l'esistenza di Dio significa esattamente chiudere il mistero dell essere perchè significa trovare la chiave che pone l'inizio e la fine dell essere l'alfa e l omega, perchè è questo che è in gioco nel cocetto di Dio.

Dato che non entri nel merito dello scopo di questa discussione da me aperta, lasci un parere definibile di margine, che offre un prospetto parallelo con una sua sensatezza. La ragione davvero ci presenta innanzi un mistero e se pensiamo Dio, quale identità misteriosa, non semplicemente Causa Prima o Motore Immobile o quant'altro, la ragione non arriva a confermare. Ma io non mi riferivo a questo percorso, definibile pur esso metafisico, bensì a una presa d'atto, alla condizione di aver ricevuto qualcosa cui porre attenzione, accogliere, valutare.
Il tuo percorso metafisico va dalle tre dimensioni ordinarie a quella successiva, definita dalla scienza matematica ma per la scienza fisica solo una non studiabilità oltre i confini dello spaziotempo e l'interdisciplinarità non costruisce un terzo elemento risolutivo. Allora il raziocinio si trova senza mezzi per continuare ad essere esercitato, in specie se la sua ragione è quella della esperienza. A questo livello la Critica di Kant ha giustamente negato ogni dimostrabilità razionale di un Assoluto, in particolare di una Causa Prima. D'altronde ad altro livello, sovraempirico, non limitato al piano dei fenomeni ma del noumeno, la ragione si applica a comprendere origine e destino del mondo, in quanto contenuto del pensiero che valuta in aggiunta quindi in indipendenza da quanto i sensi indicano ed orientano. Lo stesso Kant dunque non aveva nulla in contrario che si usasse la filosofia di Platone e il resto per dimostrare non empiricamente una Causa Prima, un Motore immobile... Ed è pur sempre il percorso che dal finito raggiunge intellettualmente l'infinito, con un pensare a, finale.

Io invece indicavo la condizione di riceventi, i quali cioè si trovano a dover gestire anche intellettualmente una previa presenza o proprio un precedente darsi del Mistero. Quindi la ragione a fronte di ciò non sa e non deve continuare in una linea ininterrotta. L'esperienza della psicoterapia e delle scienze che ne hanno valutato indica proprio che esiste anche una perdita positiva del filo logico che guida la nostra mente. Il punto è non fare di questo vuoto emotivo un assoluto per spiegare tutto. L'umanità vive anche per raggiungere il proprio obiettivo razionale; in tal senso il vuoto logico diventa non-vita se assunto quale fine. Esso infatti potenzia la ragione.
Ma nell'esempio della fede cristiana l'oggetto non è la natura che ho testé descritto bensì un accadimento sopra di essa, in cui la nostra decisione deve accadere in non conformità con le manifestazioni-costruzioni della ragione. Quindi non c'è, nella concretezza della esistenza, un raziocinio che riesca a ribadire: a volte bisogna obbedire solo ai sentimenti; difatti si crea un contrasto tra emotività e intellettualità. Razionalmente, filosoficamente con la Critica del Giudizio di Kant, si sa che si può ragionare e riconoscere il valore indipendente delle scelte basate sul sentimento, allora in ciò nessun dissidio; ma esistenzialmente, nell'evento per continuare a vivere mentre l'umanità non ne ha risorse bastanti, l'istanza razionale presenta una soluzione che l'istanza emotiva nega e il voler vivere spinge verso emozioni e sentimento in divergenza rispetto alla razionalità, al cospetto di una Alterità non decifrabile con la mente. Mi si comprenda: se il calcolo razionale che interviene in un estremo dramma amoroso ha per risultato: 'prova a dirle, con certe parole, comunicazioni diverse, che la ami', ebbene le emozioni attestano che non potrebbe bastare. Allora un uomo sentendo di dover garantire la prosecuzione della vita umana proprio in stesso frangente e non potendo usare il suo strumento principale, il raziocinio, deve decidere di abbandonarsi alla unica possibilità restante, perché sente anche se non lo percepisce la presenza di un Mistero che non è una ennesima porta chiusa. Trovandosi così in una differente intuizione della realtà anche recondita, riesce a capire come fare per comunicare a lei quanto assolutamente vuole ed anche a vivere con le proprie superiori facoltà, razionali, il nuovo rapporto.
Ho fatto esempio conforme alla filosofia di Kierkegaard, ma non c'è solo il rapporto amoroso fra uomo e donna che viene garantito dal salto nel buio. Tuttavia solo questo salto, non la costruzione postuma (e inutile) di un ponte, la ragione, esercitata a ritroso, riprende e stima, potendo così valutare la nuova condizione; e pertanto l'evento soprannaturale continua garantendo la vita anche con l'esercizio razionale e quest'ultimo non colma il vuoto logico passato, ne comprende la funzione.


MAURO PASTORE
#62
Citazione di: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AMFilosoficamente si potrebbe arguire: siamo tanto sicuri che non esista un Abramo biblico che faceva il gesto solo per gioco, che non aveva mai smentito il vero sacrificio, incruento cioè senza il morto da uccidere?
Scrivendo ieri notte: "senza il morto da uccidere" ero sarcastico più che attento al resto del testo. Perciò si sostituisca pure con: 'senza qualcuno da uccidere', anche se è vero che i primi "sacrifici umani" accadevano coi resti di persone morte.


MAURO PASTORE
#63
Citazione di: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AMQuesta è esprimibile in danese con l'espressione enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro)
In questo passo è da preferirsi questa scrittura:
 Espressione in sé sufficiente è il danese enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro)


MAURO PASTORE
#64
In Timore e tremore (1843) il filosofo e teologo danese S. Kierkegaard, scrivendo con lo pseudonimo di Johannes de Silentio, poneva in crisi l'uso totalitario della dialettica hegeliana basata sul superamento-conciliazione di due elementi con un terzo. La vita di fede infatti non ne è contenuta perché è inoltrata da una alternativa radicale. Questa è esprimibile in danese con l'espressione enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro), corrispondente a quella latina aut aut e titolo di omonima opera dello stesso Autore.
Timore e tremore sono dell'individuo in rapporto assoluto con l'Assoluto, dell'uomo rimasto fatalmente privo di proprie risorse che deve fare il salto nel buio tramite la fede, verso la Grazia, incomprensibile anche alla ragione, di Dio.
In termini pragmatici: bisogna per continuare a vivere disporsi interiormente interrompendo il percorso logico della propria esistenza e trasgredendo i dettami della ragione, cioè dopo essersi abbandonati al mistero più grande della realtà, solo poi potendo costruire una razionalità sufficiente e assumendo una logica veramente superiore.
Nonostante appaia in primo piano la figura scandalosa di un uomo che a causa del proprio credere inizia e non termina un omicidio contro il suo figlio, in nome di un sacrificio voluto dallo stesso Dio che quella prole aveva benedetto, il discorso svela che non un solo esempio esiste di virtù della fede, non un solo Abramo! Suo protagonista però è il padre della nota tradizione biblica, tutt'altro che virtuoso e propenso a intendere il sacrificio per atto cruento, ciononostante fermato dal Dio in cui crede. Virtù del dono della fede, non del ricevente - ma pur sempre merito di chi essa accoglie!
Non che l'Autore voglia opporre questo esempio criminologico alle altezze delle riflessioni hegeliane sullo Spirito Assoluto... semmai egli vuol far notare che queste sono dimentiche dei problemi più gravi della vita. Se società, politica, civiltà, cultura sono catalizzate dalla poderosa dialettica di Hegel, non c'è più spazio per evitare il prevalere del crimine!
Non mancò a Kierkegaard neppure una polemica, per così dire di ritorno: in che senso l'ottimismo, il male come semplice privazione, la passione per un destino se non si riesce a capire tutto il potenziale distruttivo di evenienze già in atto? Il riferimento è alla Danimarca e al mondo ma anche e prima alla Germania e all'Europa.
Filosoficamente e storicamente c'è una grande sorpresa: riappare il fantasma buono di Eraclito, quello che pensava tutto in lotta, lo stesso Dio o Assoluto e tutto l'universo, secondo il Principio del Fuoco, energia divina e mondana che mantiene tutto in sorta di separazione. Dio combattuto in sé stesso come il peccatore, il mondo in una opposizione continua... Certo questa visione non è tollerabile se ci si innamora della criminologia sino a farne la chiave di volta della storia e delle storie, anche personali.


Confidenza con questo filosofico fantasma se ne vede poca tra i cristiani; tutt'altro, c'è una distanza abissale perlopiù.
Io provavo con un sistema non nuovo, ma svolto con precisione e serenità che mi pare nuova, a descrivere qualcuna delle opposizioni ultime contenute nella Bibbia:

perdonare fino a settanta volte sette, cioè indefinitamente fino ad assoluzione completa / i peccati contro lo Spirito non
saranno perdonati, cioè non ci sarà soluzione ma oltrepassamento;

donare ai poveri, ai bisognosi veri / togliere a chi meno ha, a chi genera rovina con le cose che ha;

amare il prossimo, non tutti, ma chi fa parte del nostro evento / l'abbandono alle liti familiari più divisive, quando non rimane nient'altro da fare le contrarietà avvicinano a Dio.

Tutto ciò è del Vangelo di Cristo, ma anche di più:

pace senza limitazioni / non senza la spada,

ovvero, opposizioni fondamentali dove i due elementi non sono parti di una totalità ma compresenza di una unità!

E' terrificante per molti indottrinati, ingenui o supponenti, imbattersi in un modulo filosofico che sta assieme al verbo biblico senza contraddirne; così i teologi neoplatonici cristiani antichi sono in molti ambienti circondati da cattiva fama; e che dire se questo accade con Eraclito, come voleva far succedere Kierkegaard per evitare che la mancanza di virtù divenisse un idolo? Questo senso è affidato dallo Scrittore al silenzio, un silenzio latino ma sovrastato dal nome greco del filosofo che pensava la realtà come un totale scorrere... anche perfettamente uguale a sé stesso, di Dio, come la cristiana metafora di Dante del cerchio perfetto ma dinamico di acqua.
Il tono dell'opera Timore e tremore è ironico e dimesso; la supponente e distratta concezione mondana dell'hegelismo riceve smentita da un esempio in un certo senso intellettualmente vile, secondo bassezza criminologica (non criminale, si badi), ma i due casi assieme non fanno bella impressione. Questa rimane dello pseudonimo. Indubitabile per l'occasione il fascino del silenzio, mentre io sarei propenso a vedere nel nome di Giovanni un riferimento all'Inno al Verbo e un'indicazione al Logos, nell'Apocalisse (sempre di un autore Giovanni) alpha e omega, primo e ultimo.

Filosoficamente si potrebbe arguire: siamo tanto sicuri che non esista un Abramo biblico che faceva il gesto solo per gioco, che non aveva mai smentito il vero sacrificio, incruento cioè senza il morto da uccidere? Paolo di Tarso ai Romani diede il profilo criminologico, ma nella epistola agli Efesini la fede in Cristo è sotto il segno dell'ira, un'ira che non deve tramontare mai, ad immagine di quella di Dio, e che deposta resta ugualmente sullo sfondo, ancora più grande perché immobilizzante, impossibile a realizzarsi in gesti di troppo, in ogni caso incapace a tradursi in confusioni vita-morte, sacro-violenza, presenza-perdita.
Le tragedie greche erano della perdita dell'identità, storicamente degli ex o dei mancati; tanto che Eraclito l'oscuro si rivolgeva ai suoi concittadini anzi paesani ponendo ad essi il loro nome comune per specchio.



MAURO PASTORE
#65
Ammetto un quasi-ermetismo, nell'avvio di questa discussione, che non è decollata. Io cercavo di scrivere sia per presenti che assenti all'evento, gli assenti dovendo limitarsi a non poter intendere tutto ma potendo trovare il necessario, volendo.

In ogni caso un ulteriore ragguaglio, su uno dei libri presentati, Controrinascimento malinconico, può facilitare.
Ho letto Introduzione, cap. 1. Tra Erasmo e Lutero, cap. 7. La "musa della transizione": la malinconia di Torquato Tasso, Conclusioni, Appendice Jung e la malinconia: tra Rinascimento e Barocco, Storicità dell'archetipo junghiano: le radici barocche.
Il lettore di questo mio messaggio tenga conto della parzialità della mia lettura ma si renda conto che il mio rapporto è circostanziato.
Dunque:

Scritti che colmando un vuoto ne contengono un altro, perché si tratta di intima materia religiosa senza sapere tutto il necessario e non senza il solito solipsismo culturale, imposto o scelto che sia, della civiltà cattolica imperante; e perché c'è il solito materialismo di ascendenza marxista a fare da triste pendant. Una certa indistinzione verbale, sicché la melancolia, la malinconia... e la "maninconia" sono in parte confuse, a favore della teoria materialista degli umori e di una generica assoluzione sociale da gravissime responsabilità di folle e moltitudini varie. La descrizione di Torquato Tasso di un ambiente non solo umano pressoché impossibile non viene recepita a sufficienza, non riconoscendo all'immaginazione demonologica valore di conoscenza di negatività esistente, fuori dalla portata delle intuizioni empiriche anche scientifiche (lettera del Tasso, del 18 ottobre 1581, a Maurizio Cataneo); mentre una descrizione patologica ma generica di male e stato di alterazione viene trattata eziologicamente e medicalmente - pedissequamente, direi (lettera del Tasso al medico Girolamo Mercuriale del 28 giugno 1583).
Si dice di "crisi di un'epoca" invece che di crisi di parte determinante del cattolicesimo, disconoscendo il significato della difficile esperienza di Lutero nel convento agostiniano e non si accede proprio alla positività del mondo interiore del grande Riformatore, nel suo e non solo suo (ed anche di Erasmo) "Impero delle Lettere" pur sempre costretto a non dire tutto.
La introduzione presenta il controrinascimento come se si facesse entrare un estraneo in casa... e questo però mi fa sorridere, perché nonostante il restare in un chiuso orizzonte cattolico mentre ci si apre a quello protestante o a quello arcano dei Cavalieri il resoconto dell'autore cade come una pietra ruvida in uno stagno malsano e agitando le acque si può distinguere il peggio dal male e - aggiungendoci del proprio! - scorgere anche tanto di bene. Così si medicalizzano le testimonianze di Tasso ma provvidenzialmente lo si libera dallo stigma di pazzo furioso e incosciente; e si fa cadere il veto intellettuale posto sulla vicenda di Lutero, cui ci si approccia neutralmente - una rarità in Italia; mentre l'ateismo intollerante riceve contraccolpo dallo sguardo dello storico, che pur senza riuscire ad uscir fuori dalla propria sfera di cristallo opaco lascia intuire che c'è un mondo diverso nel cristianesimo, che vale conoscere.
Certo un po' di laicismo, per cui la sensatezza della dottrina cristiana ne risulta un po' oscurata. In particolare - ribadisco - il punto debole è nel soggettivismo che si attribuisce alla intuizione cristiana del Negativo, intizione che individua un campo di forze maligne ed eventuali complicità reali. L'autore resta alla superficie dell'immaginario demonologico, senza rendersene conto, in ciò allineato su certe presunzioni delle interpretazioni lacaniane della fede cristiana e in particolare del cattolicesimo, interpretazioni che la religiosità protestante neppure la sospettano esistente e che il mondo esoterico dei Cavalieri non possono che ritenerlo una fantasia pura, sbagliandosi. Difatti l'Alterità, quale riferimento analitico-scientifico, può esser varie cose, Dio, dèmone, demonio, uomo, cosa, fatto... quindi senza entrare nel merito del numinoso si resta a un gioco intellettuale insensato - con tanto di scienza al sèguito ma pur sempre senza rimediarne neppure mezza.
Per quanto A. Musi scagioni Tasso dall'essere 'un pazzo', non intende i suoi riferimenti a una circostanza ambientale, fatta da coincidenze, tragica, cui si può oltrepassare col rimedio della fede in Dio, nel caso specifico in Cristo, non con il supporto di una terapia, fosse pure non medica, né con una assistenza (neanche sociale o del sociologo). Così l'impresa di Tasso, di uscir vivo dalle altrui (!) violenze inquisitorie ed errori di stampo giudiziario e cialtronerie, non viene identificata.

Altra nota, sulla omosessualità. Prevale nel libro la visione tradizionalista ma non autentica, cioè nel pregiudizio che essa sia di un mondo a sé stante e solo di pochi; visione non senza i tristi segni della confusione col gioco all'effeminatezza. Ciascun essere umano ha un minimo di vissuto omosessuale, minore o maggiore a seconda delle occasioni di vita - e ciò può riguardare l'intera esistenza, non è vero che fuori dall'adolescenza sia una negatività, tantomeno malattia (ovviamente).
Sulla presunta vicenda omosessuale di Tasso che sarebbe testimoniata da fallimenti amorosi con donne, resta l'errore accanito di non tener conto dei suoi modi di raccontare e delle scelte narrative da Egli adottate.

P.S.
I passi epistolari citati, li conoscevo già.



MAURO PASTORE
#66
Ho emendato il testo, integrandolo (nella prima nota). Nessun cambiamento a quanto già scritto (miglioramenti minimi formali, e un accento acuto anziché grave e l'inserimento di una maiuscola mancante dopo un punto).
Buona lettura e buona discussione.

MAURO PASTORE
#67
Niente può eliminare la nostra facoltà psicologica di base di affermare la realtà che ci circonda in ordine all'orientarsi in essa della nostra vita.

Neurologia e biologia e fisiologia confermano, nel senso che la nostra mente, quanto a neuroni e direzione biologica, è anche un sistema fisico di autocontrollo, che non viene mai meno se non con la morte — ad esempio a causa di un morbo. Esiste cioè la cosiddetta trasduzione a livello primario fisiologico, della organizzazione delle cellule, al livello biologico delle cellule, sul livello neurologico delle cellule del sistema nervoso[1]. In tal senso anziché dire impropriamente che siamo dotati di una naturale bussola, si deve dire che siamo anche una bussola. Psicologicamente ciò corrisponde alla affermazione scientifica psicologica della funzione intrinseca autoriequilibrante del Sé (C. G. Jung)[2].

I maestri degli incubi non possono usare criminosamente la loro capacità a fronte di queste informazioni sullo stato delle scienze. In altro senso, non della base neuronale fisiologica della nostra vita, possiamo dire che possediamo una bussola cui dobbiamo porre attenzione per non perderla; ma ciò riguarda le relazioni esterne non i rapporti interni del cervello e della mente. Dunque, in tal caso, l'opinione purtroppo assai diffusa popolarmente ed intrusa subculturalmente di dover trovare un medico per mantenere il controllo del prossimo in difficoltà va sostituita con l'idea di proporre e garantire il semplice assistente sociale, esperto di relazioni.
Proprio così con chi affetto da psicosi oppure schizofrenia e incapace di controllare la sua situazione: nessun intervento neurologico o peggio fisiologico ma sociologico e proprio su base scientifica, dato che esiste anche la sociologia quale scienza, per aiutare a controllare la propria situazione mentre in stato psicotico oppure crisi schizofrenica, non solo per le relazioni sociali umane, difatti i bisogni primari con le cose non sono realmente coinvolti nelle psicosi e schizofrenie.

La filosofia può interessarsi diversamente alla realtà di détti incubi, per ciò che riguarda la sfera etica dell'esistenza. Chi si fa maestro della fantasia dell'uomo fuori controllo è in una decisione che nessuna scienza può inquadrare come campo di ricerche e scoperte. La stessa idea di fingere che tali maestrie siano in realtà dimostrazioni di realtà dell'incubo è frutto di una decisione, è costruzione deliberata in quanto dagli incubi di per sé non derivano idee.
Questa decisione e la relativa base ideologica sono indagabili dal filosofo che, dati i propositi o fatti eventuali, si fa così anche criminologo. Quindi i destinatari delle indagini ne sono i politici che operano nei veri Stati, di quel che ancora ne rimane.
La suddetta fantasia rappresenta una inesistente condizione o situazione di non-arbitrio. La naturalità è in sé stessa priva di arbitrarietà; ma finché ciascun essere umano esiste egli è naturalmente controllore di sé stesso; e il venir meno del controllo è il venir meno della vita; e la vita finché resta è in quel poco che resta naturalmente autocontrollata.
Agli eventuali falsi agenti, magistrati e giudici, falsi sanitari, infermieri e medici, questa nozione potrebbe pure non piacere ma non è questione di mancanza di autocontrollo: si tratta di voluttuose intenzioni di spargere paure immotivate per esercitare controlli sociali di troppo, intenzioni che possono diventare azioni realizzative, quindi delitti compiuti.
Riguardo a queste trasgressioni e violenze la filosofia può ricordare che tra non-arbitrio naturale ed arbitrio relazionale non c'è conflitto naturale ma distinzione ed eventuale conflitto artificiale.

I limiti della arbitrarietà sono segnati dai rapporti assoluti dell'Assoluto verso il relativo e dal rapportarsi con la massima negatività del mondo. Nel primo caso, che religione e fede indicano essere teologico, non possiamo fare nulla a causa di una forza ed energia misteriose che ci giungono ineluttabilmente; nel secondo caso, che il teologo e in parte il mitologo definiscono demonologico, ci ritroviamo a fronte di un ignoto troppo grande e preponderante per poter agire arbitrariamente, dovendo usare prudenza e senso di necessità - connessi con un non diniego verso dette energia e forza, per il credente nel mito divine, per chi credente nella assoluta Alterità: Dio.
Con questi riferimenti ultimi la filosofia incontra il proprio limite, ma per asseverare meglio che quel non-arbitrio naturale non ha la forma o l'esito possibile del non controllo e della possessione. Il filosofo ci arriva epistemologicamente ragionando sulle essenze ma fenomenologicamente ed ermeneuticamente può far emergere - diversamente - gli stessi dati scientifici che ne contengono il riferimento concreto. In ciò il filosofo fornisce una interpretazione rigorosa dei dati presentati dallo scienziato, interpretazione altrimenti impossibile. Gnoseologicamente la filosofia può notare che positività del divino e di Dio e negatività dell'ignoto del mondo sono in un equilibrio, in cui resta pur sempre una arbitrarietà nella gestione della duplicità estrema (non dico opposizione estrema). Teologia e demonologia possono quindi smascherare rispettivamente i fraintendimenti e le superstizioni e agire a favore del còmpito della filosofia, superando eventuali difficoltà di divergenze religiose e di fede, autonomamente col dialogo interreligioso e l'ecumenismo.


[1] Nell'anno 2000 fu conferito premio Nobel per la scienza a tre studiosi, Arvid Carlsson un farmacologo, Paul Greengard un esperto di sistema nervoso, Eric R. Kandel un esperto di psicoanalisi e biologia, con questa motivazione: «for their discoveries concerning signal transduction in the nervous system», "per le loro scoperte concernenti il segnale di trasduzione nel sistema nervoso". Quel che emerge è una materiale fisiologia che costituisce il fondamentale autocontrollo biologico, a partire dai movimenti stessi — è un pregiudizio che possa capitare un disturbo che ci fa muovere dal disturbante — e a finire ai contatti neuronali e solo quest'ultimi possono ricevere interruzione parziale o totale ma con la morte, non la perdita dell'autocontrollo. Chi tenta di fare della neurologia la scienza dei principi della mente — una assurdità cui dediti molti neurologi fino a farsi ex– o pseudoscienziati, non può intendere che il risultato scientifico principale di tali ricerche è interno all'àmbito fisiologico, col risultato di escludere l'intervento fisiologico per i problemi di orientamento mentale e di limitare quello neurologico alla cura di ciò che consuma il nostro sistema di controllo nervoso di base senza poterlo inibire o annullare (perché è materialmente fisiologico!), mentre i problemi di orientamento che risultano dipendenti (si va anche per sola esclusione degli àmbiti e campi) dai fattori esclusivamente mentali non coinvolgono mai la vita psichica stessa, perché il nostro bios fa parte di detto materiale autocontrollo, esistente finché esiste il nostro corpo (physis).
Nel quadro di una seria e onesta distinzione dei ruoli dell'infermiere e del medico, le ragioni che portarono al Premio Nobel nel 2000 "in Fisiologia o Medicina" [notizia al seguente link: https://www.nobelprize.org/prizes/medicine/2000/summary/] — da notare la disgiunzione nella espressione, che già anticipa l'essenziale a livello pratico — risultano più facilmente e opportunamente comprensibili. Il fatto che i nostri rapporti fisiologici interni siano costituiti in un intrinseco ordine e controllo, cioè siamo una bussola (oltre a doverne conservare e non perderne un'altra per le relazioni), è teologicamente riflesso del rapporto stabile, unilaterale, che Dio ha col mondo, per cui il cosmo è un sistema controllato ad immagine della stabilità di Dio, in Sé e fuori di Sé.
[2] Se ne trova menzione anche nell'opera Introduzione alla psicologia analitica, dello stesso C. G. Jung.



MAURO PASTORE
#68
Sono famigerate le diagnosi di "mania di persecuzione". Innanzitutto l'espressione indicherebbe meglio chi ha mania di perseguitare ed infatti chi fa queste diagnosi spesso si pone come autorità giudiziaria ed esecutiva, perché a detta sua senza "guarire" si finirebbe spesso persecutori. Ovviamente, con tutta la confusione che in ambienti sanitari e pseudoscientifici si fa tra genie ed etnie, psicologia e neurologia, fisica e fisiologia... c'è chi viene dichiarato incurabile, "malato per nascita", disadattato cronico... Il disturbo sarebbe in tali casi la persona stessa, un disturbo per gli altri, da sedare solo in base a una ricerca genetica.
In realtà anche le vere diagnosi scientifiche non sono dati scientifici ma comprensioni su base scientifica e sul fondamento di manifestazioni, dichiarazioni dei pazienti realmente tali. La medicina accade in un rapporto consensuale o non accade; non si tratta solo di voler essere pazienti, alla base c'è il volere per via di un bisogno; tutte le costrizioni sono sempre inadeguate e inutili: a chi ha veramente bisogno basta spiegare. In quanto comprensioni, le diagnosi, anche quelle scientifiche cioè su base scientifica, possono essere sbagliate e non esistono sistemi aggiunti che rimedino. La parola diagnosi indica conoscenza difficile e non spiegabile in termini di certezze ordinarie ed infatti ogni diagnosi senza conferma del destinatario è nulla. Il rapporto medico-paziente è fatto della voglia di far vivere e vivere, senza alcuna possibile scientificità in questo.
Dunque dire a uno "lei è un maniaco della persecuzione", o "lei ha una mania di persecuzione", oltre ad essere uno sproposito espressivo, non è mai per un medico o terapeuta affermazione da dare con certezza, neppure a terzi (agenti dell'ordine, magistrati, sindaci, familiari, amici...).

In secondo luogo - ma non senza pari importanza - va detto che la scienza non è un sistema per ricostruire i fatti, ancor meno quelli particolari. La medicina scientifica fa uso di scienze senza consisterne - difatti essa è rimedio!, appartiene all'àmbito tecnico - e tal uso non pone in condizioni di stabilire se un soggetto è realmente perseguitato o meno. Se lo scienziato psicologo ha la propria teoria sulle manie, nulla da ridire, se ci si riferisce a una generalità; se si riscontra una mania in un soggetto, non si sta escludendo che ad essa possa corrispondere anche una stessa cosa, nei rapporti tra lui e il mondo. Uno che è affetto "da mania di persecuzione" può essere anche un perseguitato ed anche allo stesso modo della sua mania (ha la mania di pensare ai ladri?, qualcuno potrebbe realmente stare a derubarlo a sua insaputa).
Lo psicoanalista si trova ad analizzare una mania - e questo non è diagnosi - e non può sapere se a un sentirsi o volersi sentire corrisponde anche una altra effettività esterna. Esempio: uno ha la mania di elucubrare su ladri ed assassini; nessun psicoanalista potrebbe dedurne che allora questi, fuori dallo studio di analisi, non esistano. La psicoanalisi non è fatta per verificare se un vissuto è reale o meno. Nessun metodo scientifico infatti e neanche le scienze stesse possono stabilire fatti.

Inoltre il medico studia vuoti, condizioni, stati di un soggetto; i malati non sono le malattie, come dimostra il fatto che esistono terapie geniche se una condizione affligge finanche una struttura genetica. Certo la vera medicina scientifica sa che non sono afflizioni dirette. Una mania patologicamente negativa ed espressione di uno stato di malattia, riguardando la mente che funziona con limiti non vincoli (è la natura della nostra psiche), non potrebbe mai avere una base genetica; inoltre se il malato la tratta da estranea, non sarebbe vero psicoanalista quello che lo vorrebbe reintegrare col suo stato... perché malattia non è il malato. Non mancano assurdi con tanto di laurea in medicina e abilitazione professionale che si mettono a fingere alienazioni. Dunque (a me è sciaguratamente capitato e capita) diagnosi sbagliate e fantasie di alienazione possono unirsi in interventi del tutto sbagliati (quelli dentro lo Stato non hanno da esentarsi dagli eventuali dubbi, neppure chi fuori Stato) e il malcapitato dovrebbe ammettersi come vuoto - invece lo stato di malattia non è una presenza estranea, e veleni e invadenze psicologiche sono altra cosa - e ammettere di essere il suo presunto problema; nella fattispecie dovrebbe dire di non essere perseguitato, di non dover avere manie (Agatha Christie come avrebbe fatto senza una mania a scrivere i suoi romanzi, e come fare a trovare massima prudenza in società decadute o degenerate senza mania di pensare a ladri e assassini?), di essere uguale a un fantasma... E poliziotti e sindaci e quant'altri dovrebbero garantire il trattamento, altrimenti il maniaco si farebbe ladro o assassino.
Di questa disumana impresa ci sono vittime: per collasso, per infarto (anche a distanza di anni)... e sedati ovviamente si vive meno (in tal senso, i narcos rispetto alla neuro sono esempi di consapevolezza, e in aggiunta va detto: la neuro non ha smesso di favorire sistemi fisicamente violenti, oltre che drogaggi). Non mancano le tragediografie, con vasti sostegni popolari o di insospettabili, che fingono emergenze a tutto spiano per evitare i giusti provvedimenti delle vere autorità; e ci sono anche i ricatti a lunga scadenza, a volte coinvolgendo o tentando di coinvolgere operatori e professionisti onesti altre volte no. Esempio: per non avere alle costole vigili urbani che fingono di avere a che fare con una fionda troppo tesa e sindaci credenti nel raptus, nei casi meno sfortunati si finisce a sborsare un mezzo stipendio al mese a uno psicoterapeuta, a volte non complice (ma a volte anche senza complicità, ugualmente criminale).

A quanto ho già spiegato va fatta ancora una fondamentale aggiunta: la follia è una passione dell'animo, non un disastro; se ha a che vedere con malattia, è solo un vissuto esterno (come detto). Con le passioni ci vuole a volte tanta saggezza, ma di questo se ne occupano direttamente i filosofi e - riguardo a certe premesse - i teologi, non tecnici o scienziati empirici, tantomeno medici.
La pubblicazione Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, cristiano preriformato per un verso e per altro cattolico progressista ma pure filosofo oltre che geniale filologo ed umanista, sta ad indicare una saggezza... in relazione ad un fattaccio che sta durando da secoli e con sempre maggiori torti: finanche la genetica viene abusata per mortificare la vita, fino a estinguerla non solo limitarla, e i folli sono criminalizzati. Ciò non aiuta a difendersi da quelli che usano la follia per fare torto e negli ambienti pseudopolitici e pseudosanitari questo concetto: 'usare la propria o altrui follia per fare torto', non viene proprio "digerito", anche perché fa pensare anche all'altro: 'non usare la propria o altrui follia per fare torto'. I torti possono essere anche disastri ma la mente umana è sempre libera rispetto alla follia e alle altre cose limitate del mondo.
I neurologi fanno il verso alla diatriba teologica su libero o servo arbitrio e si fanno seguire da fisiologi più fatalisti di loro... ma dire dei limiti della arbitrarietà implica l'assumere prospettive estreme in ogni caso ignote alle scienze. Le discipline di pensiero adatte sono quelle che studiano i contenuti di alterità ed ulteriorità superiori ed inferiori, positive e negative: teologia e demonologia. Uno psicoanalista lacaniano specializzato in alterità - a parte che non avrebbe da capire di quale alterità sta dicendo - non ha alcuna possibilità di entrare nei contenuti... Ugualmente a psicologi e loro metodi, sociologi, antropologi, glottologi e loro metodi... e neurologi e fisiologi non "fanno proprio testo", non ne sono competenti.
Semmai le scienze possono attestare - e di fatto molte lo hanno fatto già - l'utilità delle relazioni, rapporti con codeste alterità, ulteriorità. Si sia teisti o non-teisti (il non teismo è altra cosa dal non-theos (non-teo)), si dica Dio o Assoluto o Mistero, questa è la cultura possibile per definire i limiti dell'arbitrarietà, mentre le pretese di fisici, fisiologi, neurologi e di altri non diversi sono false. Scienza psicologica per il positivo e scienza statistica per il negativo, rispettivamente Psicologia transpersonale e Statistica non ordinaria, sono i riferimenti scientifici più prossimi... ma se non si capisce che le diagnosi sono sempre solo tali e che la medicina è sempre solo tale, nulla da fare per evitare la catastrofe.
Quest'ultima fu già annunciata in evo antico da altra pubblicazione, l'Elogio della calvizie di Cirene. Non c'è dubbio che l'abuso neurologico si trascina dietro l'abuso fisiologico. Chi vessato da circostanze ma capace di restare solo con meno o senza capelli o chi non bisognoso di tanta protezione dei capelli viene variamente reso contenuto di incubi e ipotesi pseudoscientifiche ed antifilosofiche; e sono anche in troppi quelli che dai pensieri vogliono e passano a tristissimi fatti. Esisteva e perdura anche una violenta assurdità riferibile solo all'àmbito fisiologico, nella strenua volontà di fingere di essere al posto d'altri, come se la relatività di spazi e tempi fosse insignificante - la scienza fisica dice di significanza, non solo per le velocità ordinarie raffrontate a quelle della luce, ma proprio per gli tutti gli oggetti inseriti nel campo gravitazionale spaziotemporale.
Energumeni che fingono i viventi uguali ai sassi, non fanno pensieri e non hanno trovate decenti sui calvi né su quelli che hanno a che vedersela rispetto alla calvizie: Nel caso di Cirene si tratta di considerare un esempio per tanti altri - certo senza dimenticare quelli di maggior assurdità (però l'esempio della calvizie non è fortunoso). Ovviamente non si sta invitando a perder capelli: il mio auspicio e che ciascuno possa esser come gli sta meglio, in ogni caso.


MAURO PASTORE
#69
Citazione di: green demetr il 30 Maggio 2025, 15:39:25 PMSalve Pastore,

Diciamo che però questa riflessione si basa un idea filosofica di cosa sia il cristianesimo e l'induismo.

Non ho poi ben capito quale sia la domanda, sempre che ve ne sia una.
L'Induismo non ha molta attinenza con la filosofia, è un illusione prospettica che vi sia una filosofia induista come molti dicono qui in occidente.
Io stesso considero l'induismo una flosofia.
Ma con gli anni dati alla mano, non lo è.
Noi la liquidiamo come dualista, ma la verità è che è una religione come tante (tutte?) che si basa su una propria liturgia diremmo noi cristiani.
E' quindi a mio avviso una religone animica, che non ha niente da insegnarci che già sappiamo noi: come sottomettere le persone al credo e quindi al governo.

Per quanto riguarda il fondamentalismo cristiano: non esiste.
L'unica religione fondamentalista, che invece è una setta ovviamente, è l'islamismo, che fa della guerra la sua base del credo.
Il cristianesimo è il cristianesimo e basta.
E' la filosofia che da un punto di vista cristiano è corrotta.
L'idealismo sopratutto con il suo dualismo, e il suo relativismo, dove bene e male sono due principia che si scontrano.
Per quanto riguarda la morte: per un cristiano non è minimamente un concetto metafisico, lo sto studiando proprio ora: la morte è un demone, uno come tanti altri, nemmeno il più pericoloso.
A gesù basta cacciarlo.
Come ormai negli ambienti della destra americana hanno capito il problema dell'Europa intera è l'hegelismo, da cui nasce il mostro comunista, ossia che dal male possa nascere il bene.
Per un cristiano colto, queste sono vecchie eresie, cotte in salsa new age, dai cervelloni del nostro tempo.
Per un Cristiano la realtà non è un illusione, ma l'incarnazione stessa del Dio.
La creazione ricordi no?

Schopenauer era un trombone, un falso, un ipocrita.
Nietzche gli ha detto grazie e lo ha scaricato come un cane, al primo benzinaio sulla strada verso la grandezza.(booooom)
"La realtà è un'illusione" sta a significare in molte saggezze e religioni: 'c'è una falsa realtà e una vera da raggiungere'. E' disastroso per chi si occupa di filosofia bollare Schopenhauer come un trombone. La vera filosofia non giudica senza aver realmente interpretato. Altra cosa è dire che il pensiero di Marx ed Engels funziona solo accogliendone l'ostilità, notare i limiti della dialettica hegeliana e i disastri del suo rovesciamento marxiano: c'è la storia politica che racconta e non si stanno muovendo offese. Non c'è dubbio che Marx fosse un pensatore potente, io lo tratto da estraneo e ne metto in luce le contraddizioni per chi vuole il prosieguo della nostra civiltà. La filosofia in Germania, durante il Secolo XX° è importante e non bisogna essere presuntuosi prima di capire.

Nella concezione cristiana si pensa a forze negative impalpabili, fatte di coincidenze, quindi a un dominio del peccato: esiste l'arbitrarietà ma le cattive scelte sono preda di tali forze; e non c'è alcuna confusione tra morte e demone. La morte quale evento infausto, per modi e tempi, deve essere evitata, e questo è altro.

L'approccio di "green demetr" alla religione non è neutrale ed è antiscientifico. Compreso che l'induismo è una religione, che le religioni non sono sciocchezze ma sistemi per vivere meglio o vivere, allora si inizia a valutare con reale intelligenza, anche l'induismo.


MAURO PASTORE
#70
Citazione di: Alberto Knox il 05 Giugno 2025, 23:47:15 PMl'avrete capito tutti il senso della locuzione latina , ne abbiamo parlato tanto. "Ogni determinazione è una negazione", famoso aforisma di Hegel che in un certo senso abbraccia Aristotele e Platone tramite il principio di non contraddizione , una cosa è quella e non un altra cosa ovviamente. Ma già Spinoza scriveva che " La determinazione non appartiene alla cosa secondo il suo essere; al contrario essa è il suo non essere" . Qualsiasi cosa che noi possiamo conoscere , qualunque ente noi possiamo conoscere immediatamente suppone una negazione. Qualsiasi cosa voi possiate pensare, dicendola, immediatamente istituite una negazione , se dite che è una cosa è questo allora non è anche quest altro e quindi delimiti e quindi determini.
Il determinare non è tutto del pensiero.
Citazione di: Alberto Knox il 05 Giugno 2025, 23:47:15 PMC è una dimensione dell essere che noi non possiamo conoscere che Anassagora chiamava "Nous" , che gli antichi chiamavano "Sophia" , che Eraclito chiamava "logos" , che i credenti chiamano Dio, ovvero quella logica , quell essere che abbraccia e che contiene la grande energia creatrice e al tempo stesso distruttrice di tutte le cose e che da forma a tutte le cose , questo, necessariamente deve contenere tutto , è quindi, indeterminato. E io penso che questa indeterminazione noi ce la portiamo dentro.
Abbiamo istituito il dualismo, essere e non essere, bene e male , Dio e il diavolo, il bene dello spirito in antitesi con  la tentazione del peccato , il corpo e l anima , anch'essi in antitesi. Veniva contrapposto il non senso della vita, il male del mondo  al bene , alla giustizia . Così che abbiamo istituito  il dualismo metafisico che poi a ben guardare è anche fisico , (l anima contrapposta al corpo).
Ma non ci sono il bene e il male come fossero due regni, due territori contrapposti . Dio da un lato, Satana dall altro e via dicendo. Quello che c'è , è un unico processo che si fa anche attraverso il negativo . è vero, noi ci portiamo dentro propio tutto, Dio e il cielo, l'inferno e la terra, la vita e la morte e anche molti secoli . Siamo l'antinomia , siamo la contraddizione.

Discendere dal Dio personale all'impersonale Nous quale assoluto indeterminato che distrugga le false opposizioni duali? Ma se si fa della coppia indeterminazione/determinazione la chiave per interpretare tutto senza avvedersi che è solo una indicazione fra tante, se in questa inconsapevole assolutizzazione si identifica determinazione ed affermazione per una impossibile comprensione di un chimerico essere, allora tutto è visto unilateralmente e sfuggono tanti sensi. Secondo il tuo procedere tante dualità reali paiono irreali. Dio e Satana, quindi rivelazione e occultazione, sono nell'autentico orizzonte di fede il Nous e ciò che è incomprensivo; eliminando tali opposti si fraintende la stessa Mente universale posta a fondamento del filosofare che tu mostri. Così per tutte le altre dualità.
Citazione di: Alberto Knox il 05 Giugno 2025, 23:47:15 PM"Nell ultima capanna un uomo giaceva al suolo con la testa quasi sepolta nella sabbia mentre le formiche correvano sul suo corpo. Era un indigeno colpito dalla malattia del sonno che era stato abbandonato dai suoi perchè non erano più in grado di trasportarlo. Benchè respirasse ancora non vi era più nulla da fare. Intanto che mi occupavo di lui, attraverso la porta aperta della tenda contemplavo le acque azzurre del golfo, contornato da verdi foreste mentre il sole al tramonto diffondeva i suoi raggi di fuoco. Era un panorama di magica bellezza. Ma abbracciare con un solo sguardo tale paradiso e l 'orribile miseria dell essere umano era una cosa che agghiacciava il cuore"
(albert schweitzer)

la contraddizione è la regola del vero. la non contraddizione , del falso. (Hegel)

è a questa tempesta di contraddizioni che la vita ci consegna e a volte questa tempesta ti può fare naufragare, restituire il biglietto come diceva  Dostoevskij nei fratelli Karamazov , caro alioscia dice Ivan al fratello credente, non è il tuo Dio che non accetto, è questo mondo che non accetto.  In questo senso voleva dire "restituisco il biglietto" e come ben sappiamo non mancano esempi di chi , oggi, restituisce il biglietto. Abbiamo bisogno di un etica che dia energia e speranza , un etica che vada oltre l'antroprocentrismo , ovvero il modo di comportarsi col prossimo. Un etica che si riassuma, ovvero che faccia sintesi della contraddizione , dell antinomia che viviamo e sperimentiamo , questa sintesi io la identifico tramite la breve frase "rispetto per la vita, in ogni sua forma".
Allora provare a fare tesoro della affermazione di Schweitzer - attuata attraverso un particolare - sulla inconciliabilità presente nella esistenza, tentare di trarre significati da un romanzo di Dostoevsky in cui c'è un non credente che non ha amato il viaggio della vita e vuole porne termine nonostante accetti il Dio di suo fratello (che invece in Dio ci crede oltre che accettarlo), sentire il bisogno di un'etica non antropocentrica e vitalistica, basata sul rispetto della vita in tutte le sue forme... tutto questo che senso ha se non si ha capito a cosa ci si sta rapportando? Che senso ha l'appello alla totalità delle forme della vita se escludendo tanta parte della lotta per vivere, tante dualità reali, questa totalità non è vera? Così la vita si ripresenta dopo esser stata emarginata o agisce in occulto, senza il nostro controllo, nonostante il volgersi alla Mente universale, al Nous appunto; ma soprattutto così si dimentica il ruolo della morte accanto alla vita!
Niente di strano che di questo passo l'aspirante filosofo si trovi proprio a soccombere, per distrazione e oblio, ad esempio per via di un virus che era oltre la intuizione di tanto monistico ottimismo. L'errante si pone da parte come uomo, vive nella periferia del mondo non badando a tante cose, ma così rischia di morirci atrocemente.

Non vi conviene procedere su una strada senza saggezza, anche perché se la filosofia non ne contiene o rispetta a sufficienza non è più filosofia.


MAURO PASTORE
#71
Citazione di: green demetr il 29 Maggio 2025, 03:59:04 AMSono all'inizio del percorso teologico, ma avanzo per amor di dialogo, anche se mi prendo gli strali del mio secondo maestro, che giustamente dice che non bisogna giocare con le parole (e ti credo c'è in ballo la salvezza), la mia ignorantata greve da iper-novizio.

Il problema è che l'idealismo è la filosofia che mi ha scelto, più che io ho scelto lei.
Come sapete l'unico filosofo che scelgo è Nietzche, per me non ne esistono altri. Anche se Leopardi e Kierkegaard sono della stesso livello di magnitudine, sono più dei compagni di viaggio, che degli ispiratori.
Io amo le profezie.

Dicevo l'idealismo;  e non c'è niente da fare è l'idealismo che ragiona insieme a Cartesio, portando con sè, sebbe ben nascosto, il peccato originale: ossia il pensiero duale.
La teologia cristiana rigetta Hegel, e io come ho detto al maestro del mio secondo maestro, ho dato anche ragione, anzi mi sono emozianato, un teologo ha capito quello che un filosofo ancor oggi non capisce.
Ossia che Hegel sia uno gnostico.
La filosofia cessa di essere tale quando smette di ragionare sulla verità, quando cioè si mette a giocare con le parole, con la dialettica.
Nella dialettica hegeliana il male fa parte necessaria del bene.
Questa affermazione è talmente stupida che si fa fatica a capire come mai la filosofia non la intenda (come tale, ossia come stupidaggine assoluta).
Il problema affonda nel passato, prima ancora che Cartesio è stato il  nostro Bruno a cominciare a pensare una materia che pensa.
Quelle vecchie intuizioni idiote oggi vengono portate avanti su, su fino alla neuroscienza, che ancora perde tempo a capire come questo possa avvenire.
L'incapacità di distinguere il trascendentale dal trascendente è l'errore maximo che la filosofia istupidita del novencento si porta avanti, infettando nefastamente anche la teologia.
La vera teologia, che mi dicono essere quella di Tommaso (?????) invece parlava d'altro.
Si sapeva che Tommaso come prova per seguire i suoi insegnamenti mostrava una mela. A tutti quelli che iniziavano a dissertare sul fatto che la mela non è rossa perchè all'interno in realtà è bianca. Tommaso li buttava fuori dal corso.
E' ovvio che all'interno una mela è bianca, ma non si può negare che essa viene rivestita da un manto rosso.
Le minch***e di Husserl, idolatrato dalla filosofia massonica gnostica dei nostri filosofi, praticamente tutti, da Cacciari a Sini, passando per il famigerato Galimberti copia tutto, io non le ho mai sopportate.
Un ente è solo un ente si chiede Husserl? Non vedete, delirava il nostro, come chiede di essere contemplato, girato, ascoltato?
A lui e alla filosofia paccotiglia del novecento rispondo: ma non mi stressare con ste ca***te!
A Heidegger Adorno manca rispondeva, c'erano cose assai più gravi da analizzare (tipo il nazismo....che heidegger ha leggermente frainteso.)

Quando la filosofia si mette a pettinare le bambole, è ovvio che combatte la filosofia, quella vera, che ragiona dei grandi problemi del nostro tempo.
Filosofia che combatte la filosofia fino alla consunzione?
Si se la filosofia seria risponde a queste bertucce del pensiero.
Facciamo come Adorno, ignoriamo i pettinatori di bambole.

La teologia che è invece una cosa seria, capisce al volo che il problema è la gnosi, ossia il dualismo.

Non ci può essere dualismo nè nella filosofia e tantomeno della teologia.

Risponderi questo ai professori woke che cominciano a smin****e le pa**e di questo umile servitore del bene.

ciao caro, la questione è assai vasta, io gli ho dato il solito tocco di pepe sul sale, amo il polemos.
Se Hegel ti pare incredibilmente stupido, quei suoi limiti vengono da fuori, non sono dello stesso filosofare. Era un fatalista, si lasciava catalizzare dalla mondanità, aveva altri interessi a captarlo. La estetica hegeliana valida fu commissionata dal Rettore della sua università che gli impose di smetterla con l'invadere gli studenti con le sue elucubrazioni.

Husserl e Heidegger non ti vanno bene, ma senza fenomenologia scienza e filosofia non sanno stare assieme e senza ontologia vinceranno le illazioni.
No al dualismo? In senso assoluto è impossibile, perché non bisogna sottrarre il lavoro dei filosofi dalla lotta per vincere inganni e illusioni.
 
Tu dici Adorno, uno che era filosoficamente ingenuo, nel senso che non si metteva a riflettere sulle mere apparenze e le insidie con esse... ma tutti quelli che credevano nel destino socialista dell'umanità lo erano, e stare dalla parte di Marx, sia pure contra Marx, è volere un destino per chiunque o tutti - un azzardo quanto meno.

La mela bianca dentro resta rossa fuori, significa che possedere le essenze non è capire tutto; ed è un insegnamento anche per l'oggi... Certo andare oltre i fenomeni e scordarli non va. Appunto, la fenomenologia ci vuole.


MAURO PASTORE
#72
Ho migliorato il testo del mio ultimo messaggio, in un punto l'ho emendato a più riprese perché c'era una mezza contraddizione nella espressione.

MAURO PASTORE
#73
Citazione di: taurus il 31 Maggio 2025, 17:48:31 PMPer forza.. quando era ancora ragazzotto, il cammelliere frequentava sia le comunità di ebrei che i discendenti di quei famosi giudei-cristiani fuggiti perchè perseguitati dai cristiani-giudei (coloro che si convertirono alla redentrice dottrina tarsiota..

e allora ?

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- Il Corano letto opportunamente conferma la validità sia del cristianesimo che dell'ebraismo, cui tu non ti rapporti comprensivamente.



Ah.. si ?
E che dire delle sure coraniche che condannano senz' appello la nefasta dottrina della croce come blasfema ?

 Trattasi infatti della presenza di quella assurda/paganeggiante Trideità _ quella che funge come "IL pilastro fondante" di questa religione con quel suo inamovibile.. atto di fede ?

Sura 4.48
- in verità Dio NON sopporta che "altri" vengano associati a "lui".....

Sura 4.171
- Gente del Libro Non siate così stravaganti nella vostra religione e non dite di Dio altro che la verità, non dite "Tre"!  Dio è Uno solo, troppo glorioso per aver un figlio!

Sura 5.72
- solo gli empi dicono: il Cristo figlio di Maria è "dio" - mentre invece disse _ adorate Dio mio e vostro Signore !!

Sura 5.73
- solo i malvagi dicono Tre / Dio è il terzo dei tre..

Sura 17.22
- NON aggiungete a Dio altri dei cosi' che un sol giorno non debba starsene coperto d'ignomia...

e "ancora".. le sure  4.116/117  + 6.101  +  19.35..ecc..ecc...

Quanto alle critiche verso gli ebrei riguardavano più che altro quelle tribù israelite che NON accettavano la sua illuminata (?) "visione" così quanto il non volerlo riconoscere come profeta.

Inoltre dette tribù si rifiutarono di appoggiarlo nelle sue campagne contro gli idolatri della Mecca. 

Oltre a perseguitarli.. il sigillo dei profeti (..) sposterà la "Qibla" _  originariamente verso Gerusalemme.. La "nuova" direzione della preghiera ora sarà verso La Mecca  ! 
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La critica al triteismo esiste anche internamente al cristianesimo e non sempre in forma antitrinitaria. Il Dio trino è diverso da tre Dèi e dire: 'Dio è tre' è cosa ancora diversa ma che lascia un'ambiguità. Da un lato Maometto negava il triteismo, dall'altro costruiva un monoteismo rigorosamente non trinitario; e quest'ultima costruzione generava polemiche che continuano, perché le dottrine sono alternative... ma non contrarie! Il teologo cristiano può dire che Dio è tre senza essere tre Dèi, il teologo islamico che Dio è uno non tre e che non è tre... Come è possibile concordare? Facendo specificazione di aspetti diversi di Dio. Per un verso è indicibile, per altro verso si rivela; per un verso è trino, per altro verso è unità integrale.
Riguardo alla figura di Gesù, Maometto si trovò di fronte a idoleggiamenti o peggio. Egli pensava al Rappresentante umano, notando che era confuso con la sua Rappresentazione. Assolutamente non bisogna dare torto, si tratta di qualcosa che impedisce la vera fede, qualunque essa sia. Per Maometto il Nazareno non era morto in croce e, al di là del linguaggio, anche il buon cristiano la pensa uguale - certo una dipartita dal mondo poi vi fu, ma in armonia.

Sui rapporti con l'ebraismo c'è di base la questione dell'alternativa Isacco/Ismaele. Non che Maometto negasse la vicenda ebraica corrispondente, ma la ritenne provvisoria e terminata ed uguale posto nella storia tributava oramai agli arabi. Non era negazione del Popolo Eletto ed il suo Dio ma rifiuto a considerarne gli eventi assoluti ed escludenti - il giudaismo concorda perfettamente.
Chiudo così su questo, perché ebraismo e giudaismo non sono le mie realtà di appartenenza e non posso trattarle come per la fede in Cristo.

Citazione di: taurus il 31 Maggio 2025, 18:02:27 PMGià fatto..
Quanto a Spinoza _ postavo solo il suo commento che è riportato nel testo citato. Quindi quello "sproposito" lo rimando al mittente, a dimostrazione che quella sua "sublime" espressione è totalmente ignorata.

Aggiungo ancora un passo del "sublime autore" M. Al Kalak:
La dottrina tarsiota dell' istituzione del banchetto eucaristico produsse nel tempo.. copiose derisioni _ in quanto esse si concentravano sul processo digestivo che portava della divinità alla fogna !

Da qui il già menzionato e spinoso.. "Stercorianismo" _ ovvero come la "querella" su questo "bizzarro" sacramento era alquanto IN-digesto.. malgrado i dogmi sanciti ! 

Curioso che anche l' autore (ebreo) R. Calimani, nel suo:
- Paolo _ l' ebreo che fondò il cristianesimo / Mondadori

riporta la stravaganza del tarsiota nell'inventare il sacramento della santa comunione !

Detto autore riporta infatti come il super (futuro) dottrinario.. in gioventù varie volte assistette, nella sua magnifica Tarso, a diversi riti di iniziazione di vispi ragazzotti  in quanto prossimi adepti alla religione degli dei locali _ ovvero - Sandan, il dio "operante e Zeus, il dio eccelso.

Questi nuovi devoti erano vestiti Come le suddette divinità.. e, nel corso della funzione, consumavano un sacro pasto.. il cui alimento rappresentava il rispettivo dio !
I devoti cioè "incameravano/introiettavano" nei loro corpi.. l' essenza divina.

Continua Calimani.. i 2 riti citati saranno, per l' illuminato tarsiota, l' occasione di elaborare la sua "specialità", ovvero
i nuovi convertiti si sarebbero non solo "Rivestiti" del christos ma di prenderlo/assumerlo In Loro ! (es. Colossesi cap. 3 !)

E comunque.. "anche" per Calimani (come già postavo i pareri degli ebrei H. Bloom, Pincas Lapide..ecc...) questo tarsiota.. era un:
- supponente quanto egocentrico (per compensare la sua sgraziata conformazione..)

Conclude l' ebreo Calimani.. detto megalomane diverse volte si serviva di molti passi della "pasticciata" versione greca dei '70 _ più che altro per dare una parvenza di autorevolezza ai suoi (ispirati ?) scritti...ecc..ecc....

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Sempre lo stesso... Una impossibile considerazione materialista della spiritualità impedisce di iniziare adeguatamente e se si forza la situazione è un disastro. Al cannibalismo si aggiunge lo stercorarismo, ma appunto non c'entra nulla col vero rito cristiano, che annovera vino e pane in qualità di segni che sono investiti di un valore simbolico. Negli analoghi riti pagani i segni fanno essi stessi da simboli e quindi la materialità inerisce, ma sempre in distinzione. Se qualche intellettuale ebreo si è scontrato col falso cristianesimo, ciò non dimostra nulla; se si scambia il falso per il vero dunque l'errore è di chi scambia - e riguardo alla Versione dei LXX degli Scritti ebraici antichi, essa non va derisa, fu importante per il giudaismo e poi fu tralasciata perché acquistava sensi per altro futuro possibile - dato il fatale incontro con l'Ellenismo - in particolare cristiano. Gli scritti che formano l'attuale Libro Sacro dell'ebraismo non furono fatti per darne esclusiva agli stessi ebrei. Furono voluti dall'Impero Persiano, e ordinati giacché le comunità di ebrei e di giudei non li volevano. Essi traggono la materie da differenti culture anche religiose, e utilizzati come Légge e Insegnamento hanno destino diverso che impiegati come Testamento. Quindi le rispettive versioni non sono in conflitto e l'idea che l'Antico Testamento sia roba di ebrei e giudei è sbagliata. Certo molti oggi cercano di uniformarlo all'esempio ebraico, ciononostante restano cose diverse e autonome.

Citazione di: taurus il 31 Maggio 2025, 18:14:53 PMDetta espressione la usa tranquillamente il docente catto-cristiano della pontificia  Lateranense R. Penna nel suo testo:
- DNA del cristianesimo / editor Paoline

La sua motivazione è per evitare di ripetere continuamente:
- Gesù storico _ il Gesù della storia e/o Gesù terreno !

Mentre per definire l' ex-somatico _ ovvero il RI-tornato vivente, si usa Gesù pneumatico opp. spirituale e/o "il risorto"..ecc..eccc...

E comunque mi fido più del menzionato biblista (seppur catto-cristiano) che il "credente" riformato.. Phyrosphera che  mi accusa di essere nell' errore..

E pertanto.. se lo afferma lui _ alzo leggermente le spalle.

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Se si dà credito a una certa teologia cattolica, che dice di gesù somatici ma pure di embrioni-persona, bisogna lavorare di traduzioni da un linguaggio all'altro e se ne trova risultato diverso. L'embrione è persona nello stesso senso il cui la Costituzione francese dice - in riferimento anche ecologico ad ambienti, tra cui va annoverato anche il grembo materno - di individuo, da rispettare!
Se uno col cattolicesimo riesce a farci qualcosa di buono io ed altri siamo anche contenti.

Citazione di: taurus il 31 Maggio 2025, 18:27:35 PMAlquanto incompleto !  semmai è quello usato in forma abbreviata !
Comunque il suo nome completo era: Yeshua ben Joseph !

Come ben si sa.. Gesù era un nome alquanto comune in questo primo monoteismo..

Basterebbe  citare:

- Gesù ben Sirah (autore del  Siracide/ecclesiastico),
- Gesù ben Levi (un rabbino dei primi secoli d.C.),
- Gesù il Giusto (NON il futuro consustanziale..) citato dal tarsiota _ Colossesi cap.4
- Gesù ben Gamaliel (sommo sacerdote _ 63/64d.C.)
- Gesù ben Iozedak (sommo sacerdote _ 515/490 a.C. che fa ricostruire il Tempio.. )
- Gesù Bar abbà (il famoso Barabba _ così per panzer Ratzinger/Benedetto XVI nella sua trilogia _ Gesù di Nazaret)
- Gesù ben Fabo (erodiano - 30/23 a.C.)
- Gesù ben Sie (erodiano - 3/6 d.C.)
....eccc..ecccc...eccc......

E pertanto basterebbe leggere la "storia dell' ebraismo"... che i credenti della croce trascurano. Del resto per secoli e secoli la loro santa gerarchia li definiva come  nefasto popolo deicida _ seppur il loro Gesù - somatico - era un circonciso !
Meglio per loro credere e prendere per oro colato il dogma che il divin-Gesù _ possedeva addirittura 2 nature + 2 volontà.
Ovviamente è giusto - solo per loro _ e NON doveva essere  imposto con inaudita disumanità.. "ad altri" (!) come assoluta verità..  !

E comunque per il già menzionato ebreo H. Bloom _ il pio giudeo storico, incorruttibile adoratore del SOLO divin-Abbà..
 nulla ha in comune (!) con il divinizzato di questa religione !

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H. Bloom, l'autore del Codice Occidentale, era intellettuale raffinato e perspicace le cui conclusioni letterarie giungono a definire un personaggio storico diverso dalla figura teologica, che è proprio la verità della dottrina cristiana. Tanti complimenti ci sono da fare al suo studio, che conobbi. Il punto è capire che il Nazareno dava un segno - non lui stesso lo era - per una futura fede e quindi il riferimento storico fattone nella cristianità ha un senso. Storiograficamente non c'è prova di esistenza della persona relativa al personaggio letterario, eminentemente biblico, ma nell'àmbito delle fonti indirette si trova un nesso, il quale costituisce una ipotesi: l'uomo Gesù di Nazareth non è una invenzione ma vi sono indizi reali. Tuttavia per riferirne l'esistenza bisogna avvalorare il cristianesimo storico dell'antico Impero Romano, notare che il senso di codesta storia non poteva basarsi su una fantasia, oppure, se si crede e si è in tal cristianesimo, viene tutto spontaneo senza procedimenti specifici. Insomma l'umanità non ha subito scherzi, proprio come nel caso di Gautama Buddha, ma la storia cristiana è estremamente oscura a confronto di quella buddhista(!). Bloom io l'apprezzai come critico letterario, ma solo dopo averne notato l'appartenenza a un altro mondo dal mio e dopo averne riconosciuto un lato di immensa cialtroneria proprio col mio mondo. La storia di Macbeth, di Amleto, l'epos di Giasone, Ulisse, Achille, io le vivo dal di dentro; per uno come Bloom invece è finire all'altro mondo, il che non è metafora.

Glottologicamente:
- Gesù è soprannome e diminutivo di Giasone, col significato di: "colui che cura";
- "Yeshua" è diminutivo di "Yehoshua", in italiano Giosuè, che significa "colui che salva".
Per la dottrina cristiana l'esempio di Giosuè è tutto il rovescio dell'esempio del messia cristiano, perché Giosuè faceva su mandato di Dio, mentre Dio agiva attraverso Gesù (assolutamente non viceversa!).
Linguisticamente troviamo un dissidio senza contrarietà: quale ebreo e quale giudeo Yeshua era un piccolo Giosuè, che agiva secondo la dottrina sionista della benedizione agli altri popoli e nazioni, dando un segno corrispondente a figura differente, non omologa alla sua persona né al suo personaggio sociale. Nel segno era appunto rappresentata la figura di Gesù, quale potenza di vita ulteriore non potere d'impresa terrena. In tal senso si dice di investitura che va riferita alla figura non storica.
I nessi con l'intera figura di Giasone non sono certo offensivi o disperanti ma così risulterebbero per molti appassionati dei Vangeli i quali pensano che l'eroismo degli antichi greci fosse empietà e perdizione.
Mito e storia s'intrecciano; la storia letteraria dice di spedizione, lotta con un drago per un oggetto, insidie di una maga, ma il mito tesse episodi complicati ed ermetici e viene da una realtà rimasta senza o senza accesso a testimonianze scritte. L'antico poema era sparito e degli antichi lettori non se ne seppe più ed in epoca ellenista ne fu riscritto solo un memoriale, senza fonti dirette (per quel che oggi si intende con ciò).
La figura storica di Giasone è in perfetta analogia con l'apocalittica cristiana, mentre la figura storica di Giosuè in antitesi. Non scrivo quale erudito, ma in qualità di conoscitore e anziché scherzare con questi miei rapporti intellettuali si potrebbe pensare di farne fonte di ispirazioni, senza dare assensi alla gesulatria che nel trovare il proprio oggetto inevitabilmente se ne allontana. Si tratta di capire che le figure storiche di Giasone e Gesù sono rispettivamente immaginazione mitica e misterica, allegoria profonda, simboli storici ma appunto pur sempre simboli.
La fede ebraica non può contemperarne perché non è conciliante col mondo dei Gentili, ma ha dovere di rispettarne e se nulla di certo si trova nella cultura ufficiale questo dipende dal fatto che la massima Rivelazione è accompagnata sempre da altrettanta oscurità, e da una incomunicabilità o non comunicazione o isolamento culturale non deriva materia per scherni e disastri diplomatici, non insomma per continuare l'ingrato còmpito di distruggere comprensioni anche solo con mezze frasi teppistiche date in balia altrui.
L'ebraismo deve essere consapevole della propria parzialità e neutralità.
Per la Bibbia Giudei o Greci è uguale e il segno dato da Yeshua alias Gesù di Nazareth non è per un legame di schiavitù per moltitudini di ignoranti che credono in lui. Non si deve credere a chi dava segno, ma valutarne il segno... senza idolatrare un singolo evento storico...

Per esempio dalle cronache teologiche sugli Amerindi del Canada risulta anche un altro messia cristiano, nella preistoria di una grande emigrazione da Isole del Pacifico all'America Meridionale quindi Settentrionale: un altro apparire di Gesù, informava A. Peelman da non ignaro ma pur sempre estraneo alla convivenza con gli Indiani d'America.
Il mondo greco con l'Ortodossia cristiana non assumeva gli esempi storici giudaici, ma procedeva in analogia ad essi... A Roma detto Yeshua godette di crediti... Ma la fede cristiana accade tra occasioni che non ne sono l'oggetto - in ogni caso!


Lascio tutto questo per chi in penuria e difficoltà.



MAURO PASTORE
#74
Il mio testo più sotto, dal titolo: BREVIARIO DELLA FUGA PSEUDOCRISTIANA DALL'ALLEGORIA, mi è stato considerato fuori tema su un Forum di storia e politica. Ciò è indicativo. Alcuni potenti pensano di trovare la storia delle religioni negli oggetti fisici in uso presso di esse, certe volte non identificandole proprio o non più. Si tratta di ignoranza. Difatti per capire una vicenda religiosa bisogna accedere alla sua interiorità.
Ecco il detto testo:

I sessuologi che cercano disperatamente di concettualizzare e localizzare il cosiddetto punto g dell'atto sessuale, gli storici che sono tristemente convinti di aver trovato il punto 0 di tutta la storia nella vita di Gesù di Nazareth ovvero Yeshua.
I sessuofobici che scambiano l'ispirazione religiosa cristiana per volontà di astinenza sessuale, i sessuomani che pensano sia necessario abbandonare la fede in Cristo per fare tanto sesso.
I necrofili che scambiano il dir altro del crocifisso per il voler la morte. I suicidologi che propongono al cristiano un modo a loro detta onesto per uccidersi.

Dov'è l'umana intelligenza? La somiglianza e l'esser immagine di Dio, smarrite fino a questo punto? Recitazioni di chi non vuole la pienezza, di chi vive per scanso ma senza avvedersi che sta facendo come il moscerino che si scontra con la lampada credendola il sole.


MAURO PASTORE



MAURO PASTORE
#75
"L'errore filosofico di Martin Heidegger" (Genova, il nuovo melangolo s.r.l., 2001) è uno studio a carattere filologico e soprattutto dimostrativo dove l'autore Carlo Angelino espone una tesi assai comune, secondo cui l'heideggeriana immersione nella storia e discesa nel divenire sarebbe stata la premessa per i crimini nazisti ed in particolare per la violenza antisemita.

Dall'abbandono del parmenideo essere in quanto tale alla introduzione dell'essere che è, fino alla contemplazione dell'essere–per–la–morte e all'assolutizzazione della morte stessa, con la conseguente spietata lotta reciproca dei mortali nella quale tutto ciò che è indenne finisce sotto assalto dalle parti restanti: un quadro tragico, cui Heidegger opponeva intellettualmente la scoperta della differenza ontologica tra essere ed enti e il ritrovamento del vero senso dell'essere, ma che per Angelino sarebbe confinamento nel cerchio della Terra per via di negazione della Trascendenza, quest'ultima invece indicata dal pensiero ebraico e giudaico (lui citava M. Buber). Il rimedio sarebbe un'altra assunzione dell'essere che è, ciò che è indicato nel pensiero di Parmenide e che andrebbe inteso non quale eventualità ma eternità, senza necessari riferimenti all'Assoluto, come definito dal prof. E. Severino.

Dietro la spiegazione offerta da C. Angelino ci sono le osservazioni di N. Abbagnano e M. Cacciari, rispettivamente circa fatalismo e negativismo del pensiero tedesco contemporaneo, cui seguirebbe dunque un riduttivismo. Si può confermare a patto di notare che si tratta, nell'ordine, di ragioni evenemenziale, relativa, soggettiva. Heidegger infatti concentrava lo sguardo intellettuale sulla negatività del suo tempo e del suo ambiente procurando anche gli strumenti per uscirne e solo alcuni accadimenti particolari rendevano la ricezione del suo pensiero prima problematica poi disastrosa. Difatti una volta risolta la tensione umana di esistere in qualità di ente e al contempo essere, cioè cosa dell'universo e vivente che partecipa di ciò che è oltre l'universo, la coscienza di essere–per–la–morte si rivela orizzonte limitato non chiuso e altro si schiude innanzi.
A fronte di altri bisogni il pensiero di Heidegger era insufficiente e dietro le polemiche dei filosofi c'erano quelle dei sacerdoti, tra monoteismo e politeismo e soprattutto fra ebraismo orientale e paganesimo nordico. Nella politica l'internazionalismo giudaico al motto di 'ascolta Israele' (Shemà Israel) si fronteggiava col nazionalsocialismo del sangue e della terra (Blut und boden). Si sa che quest'ultimo aveva assunto il controllo della Germania ma sotto l'egida di Hitler e del nazismo e l'altro continuava ad agire esternamente al Paese contro la dittatura ma senza assenso alla volontà popolare. Mentre si organizzava una chiesa evangelica tedesca, questa passava sotto il controllo del Führer e le espressioni etniche venivano invase dalle contraddizioni del razzismo. La violenza si faceva del tutto insensata e il ricorso di Heidegger al pensiero tragico greco serviva a ricordare un rapporto degno col destino e le sue insidie. Certo ciò era giudicabile politicamente insufficiente; ma non ha senso togliere il poco se non c'è nient'altro da fare e semmai ci sarebbe da chiedersi come mai dalle altri parti (cattolicesimo non escluso) non venisse quasi mai niente di sufficiente.

La critica possibile verte intorno alle ambizioni di totalità. Evidentemente il paganesimo etnico, pur essendo necessario per tantissimi tedeschi (ci sono studi seri non solo psicologici a riguardo), non poteva essere risolutivo; ma altrettanto si potrebbe dire della cultura e fede semite e semitiche che, poste in contrasto con le esigenze nazionali e sociali, non davano che poco, estraneo e non bastante. Filosoficamente si dirà che Dio altro dall'essere, cioè la via della mistica ebraica verso il lato indicibile di Dio, non assicuravano niente; ma che la via dell'Essere non poteva costituire tutto per tutti, troppo esoterica o troppo superficiale.

Dunque non è ravvisabile propriamente un "errore filosofico". Angelino sapeva che non si tratterebbe di sbaglio logico o dialettico ma non s'avvide di stare trasferendo delle stime soggettive in àmbiti non propri. In ordine a certi scopi quei limiti risultano errore ma non lo sono in sé. Sarebbe perciò errore politico, ma non nella parte scelta  l'idea nazionalsocialista non era nazismo e non tutti i nazisti erano criminali quanto negli obiettivi fuori misura.


MAURO PASTORE