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Messaggi - Sariputra

#601
Citazione di: Carlo Pierini il 15 Ottobre 2018, 10:42:44 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Ottobre 2018, 10:23:55 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 15 Ottobre 2018, 10:19:10 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Ottobre 2018, 10:13:45 AMPer approfondire ulteriormente la concezione del mondo come mia rappresentazione posto questo link ad un commento di Diego Fusaro sul tema,..
CARLO Vuoi dire che anche Diego Fusaro è "una tua rappresentazione"?
Ovviamente!... ;D Nota però che non si sta negando l'esistenza del 'materiale' , ma solamente si sostiene che di questo non può darsi che una nostra rappresentazione...
CARLO Certo, quando trasferiamo il "materiale" nel nostro linguaggio, non diventa altro che una nostra rappresentazione. Ma se la mia rappresentazione contraddice la tua, è sicuro che almeno una delle due è falsa (se non entrambe). Quindi non è sufficiente dire che <>, ma dobbiamo chiarire che <>. Per questo la scienza ha scoperto il metodo sperimentale: per scartare le false rappresentazioni ed ammettere solo quelle corrette. ...E, a giudicare dall'enorme successo che essa ha riscosso (nel dominio che le compete), è molto più probabile che abbia ragione lei e non Schopenhauer.

E' sempre "corretta" o "falsa" in rapporto alla rappresentazione che se ne fa la mente del "metodo sperimentale". E cos'è questo 'metodo' se non anch'esso una rappresentazione che nasce e si sviluppa sulla base delle percezioni?
#602
Citazione di: Carlo Pierini il 15 Ottobre 2018, 10:19:10 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Ottobre 2018, 10:13:45 AMPer approfondire ulteriormente la concezione del mondo come mia rappresentazione posto questo link ad un commento di Diego Fusaro sul tema,..
CARLO Vuoi dire che anche Diego Fusaro è "una tua rappresentazione"?

Ovviamente!... ;D

Nota però che non si sta negando l'esistenza del 'materiale' , ma solamente si sostiene che di questo non può darsi che una nostra rappresentazione...
#603
Per approfondire ulteriormente la concezione del mondo come mia rappresentazione posto questo link ad un commento di Diego Fusaro sul tema, che mi sembra perfettamente 'centrato' e che condivido in toto (eccetto la concezione Schopenhaueriana della "cosa in sé" come volontà...) . Quando, alla fine del commento Fusaro dice che, per Schopenhauer, la "cosa in sè" si può attingere solamente con il 'corpo'...ecco, questo mi appare come l'incipit per lo sviluppo , particolarmente prezioso nell'esperienza dell'oriente, della "meditazione"...( e in questo credo che poi anche Schopenhauer concordasse...).

https://www.youtube.com/watch?v=np7uzHlENJ4
#604
Riflessioni sull'Arte / Re:Arte moderna?
15 Ottobre 2018, 09:29:24 AM
cit.Sgiombo:
Beh, l' avevo ben capito quali erano i fini "meno nobili": vecchio satiro!

Ma se sono innocuo come un cucciolo di barboncino!!.. ;D ;D

Con "meno nobili" intendevo la mia inconfessata intenzione di approfittare del viaggio a Venezia per fare un'abbuffata dei famosi 'bussolai', i deliziosi biscotti ripieni tipici della città lagunare... ;)
#605
Citazione di: sgiombo il 15 Ottobre 2018, 08:40:31 AM
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2018, 23:57:51 PM
Citazione di: sgiombo il 14 Ottobre 2018, 11:16:06 AMPer ontologia intendo lo studio, la ricerca della conoscenza della realtà nei termini più generali astratti in cui essa possa essere considerata; realtà in generale che secondo me eccede la particolare realtà fenomenica materiale scientificamemnte conoscibile. Dunque per me, contrariamente ai monisti materialisti, l' ontologia non sarà mai inglobata nei confini della scienza, sarà sempre materia di studio filosofica.
Vi è un'ontologia degli enti reali che conviene lasciare alla scienza, compreso dio quando lo si spaccia per ente reale (e con ciò rispondo a Pierini) e un'ontologia dei concetti e degli enti immateriali che appartiene alla filosofia, inclusa la filosofia della scienza o epistemologia. Quindi il confine c'è, ma non è del tutto invalicabile da parte di filosofi-scienziati che hanno una preparazione sufficiente per non confondere i due "regni", ma che ne permettono la reciproca comunicazione e collaborazione.
Naturalmente a nessun scienziato é vietato occuparsi di filosofia (anzi, sarebbe raccomandabile secondo me) come a nessun filosofo é vietato occuparsi di scienze (idem). Ma quando affermo che la realtà in toto eccede il mondo materiale, intendo non (non solo) che esistono i concetti concreti ed astratti con i rispettivi significati, ma che secondo me esistono (anche) enti ed eventi mentali (reali non come contenuti di pensiero ma come "cose") fenomenici non identificabili con, né riducibili a, né sopravvenienti a enti ed eventi (pure fenomenici: reali altrettanto, né più né meno) materiali.

Concordo  e, personalmente, mi spingerei ancora più in là: ogni fenomeno (sia mentale che materiale) non è altro che una "rappresentazione" che la mente si costruisce partendo dalla percezione di 'qualcosa' (indefinito). Il 'mondo' non è che una rappresentazione mentale (spesso assai dolorosa...).

Che, tuttavia, questa considerazione, nonostante la sua verità sia arbitraria, risulta evidente a ciascuno in virtú dell'intima riluttanza che egli prova a concepire il mondo soltanto come sua mera rappresentazione; anche se a questo concetto egli non può certo mai sottrarsi. (Schopenhauer).
Pertanto, in modo roboante, simile al ruggito del leone ( quando privato di leonesse...) io proclamo la dipendenza del 'materiale' dal 'mentale'.
#606
Riflessioni sull'Arte / Re:Arte moderna?
14 Ottobre 2018, 21:50:05 PM
La storia  che ha raccontato l'amico Sgiombo mi ha fatto tornare in mente una situazione che ho vissuto, proprio alla fondazione-museo Peggy Guggenheim di Venezia quest'estate, nel mese di agosto. Mia figlia e una gentile signora, ancora piacente invero, erano riuscite a convincermi di accompagnarle in questa gita, partita con nobili intenti culturali (mia figlia studia in un Liceo Artistico...) e altri meno nobili, sui quali sorvolo...
Dovete sapere che mia figlia , come ogni adolescente, tende sempre a far di testa sua e a non ascoltare i consigli di chi ha già lungamente calpestato questa terra così ingrata...Così naturalmente non aveva proprio pensato di portarsi una maglietta di ricambio, nonostante i 36 gradi di temperatura e il sole accecante...
Fatto sta che , una volta entrati nei giardini del museo, stanchi e sudati , e dopo aver visionato le fondamentali toilletes ( che in simili giornate, e più in generale sempre, sono più necessarie di qualunque pur notevole opera d'arte...) ci siamo seduti sulla panchina nei pressi. Ora, per chi non è mai stato in questo luogo ammirabile, dovete sapere che, proprio vicino l'ingresso di questi locali, si trova un'opera d'arte a forma di monolite: una specie di lapide di marmo nero con un tratto così levigato da sembrar uno specchio sul davanti. E' un'opera di un famoso artista di cui al momento non mi sovvien il nome (forse Sgiombo, che ha visitato il luogo, se lo può ricordare...). La lapide sarà alta un metro ottanta, due metri...
La stavo osservando con intensa partecipazione artistica, tutto teso a coglierne il valore, il quale però si celava alla mia vista in modo abilissimo, che mia figlia, su suggerimento della signora che ci accompagnava, ha pensato bene di togliersi la maglietta inzuppata, coprendosi provvisoriamente con un foulard passatole prontamente da questa. Per inciso, queste son proprio le piccole cose che mi fanno apparire le donne come esseri infinitamente superiori a noi uomini. La loro capacità di trovar soluzioni pratiche nelle più diverse e disperate circostanze ha un che di sovrannaturale...
Però la cosa, in sè del tutto spontanea e innocua, quasi candida direi come una tela di Seurat, e molto poetica osservandola nella sua armonia,  mi ha posto nella condizione di aver un malsano pensiero...un pensiero tipico del buffone inadeguato che si nasconde in me...una cosa quasi riprovevole...
Nonostante il "Nooo!!" esploso all'unisono dalle due che accompagnavo, ho preso la maglietta di color nero, fradicia di sudore e, con un balzo, l'ho stesa sul monolite rovente...
Trattenendo la gentile signora che, prontamente, si era alzata per toglierla, sussurandomi con occhi preoccupati che forse non era il caso, che sicuramente avremmo come minimo rimediato una bella ramanzina, se non una multa, visti i molti cartelli intimidatori, le ho malignamente consigliato:"Lascia!...Vedrai che adesso ci divertiamo"...
Così, seduti con fare innocente, abbiamo assistito, trattenendo a malapena le risa, alla lunga teoria di visitatori che arrivavano davanti all'opera, la scrutavano, ci giravano attorno e...trovavano la maglietta nera appesa ad asciugare.
Vi posso assicurare che pochi, pochissimi si sono girati verso di noi regalandoci un sorriso divertito, che io ho  ovviamente interpretato come apprezzamento del mio raffinato 'completamento' artistico dell'opera...
La maggior parte si fermavano dubbiosi, squadravano, inclinavano leggermente il capo, scattavano foto e commentavano con arguzia la profondità di significati che ravvisavano in quell'opera così strana...
Il colmo si è raggiunto con un gruppo di visitatori giapponesi che, di fronte all'ardita combinazione, si rivolgevano alla loro guida per avere delucidazioni e spiegazioni intese ad entrar ancor più profondamente nel simbolismo evidente dell'opera...
Ogni gioco però è bello finché dura...e il marmo arroventato dal sole, che lo baciava di traverso le aiuole, ha fatto rapidamente il suo dovere, asciugando perfettamente la stoffa che lo sovrastava. Così mia figlia si è ripresa lesta l' indumento e, rivestitasi,  ci ha costretti ad inseguirla per i saloni...
Devo confessare che si è trattato di una giornata davvero piacevole, conclusasi ad ammirare il tramonto sul Canal Grande...l'unica nota stonata, per così dire, è stata che, quella piacente signora...non si è fatta più sentire!  :(
#607
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
10 Ottobre 2018, 17:13:53 PM
@Green demetr

Anche se sono spesso in disaccordo su varie questioni che sollevi, voglio farti i complimenti per la passione e il disincanto che traspaiono dai tuoi scritti. A volte ho quasi l'impressione di un tono 'profetico', che mi piace molto. E' originale. Non sto scherzando o facendo ironia; lo penso davvero.
C'è a volte un bel problema di punteggiatura (la punteggiatura grammaticale è importantissima! E' uno dei fondamentali... ;D).
Ho ripreso questa tua frase:

La cui formula l'uomo è una macchina, è già e diventerà sempre più così. il leit motiv del prossimo secolo. (dei prossimi secoli).
Bisogna dire che Sgiombo su questo lato è in realtà un alleato della critica alla Tecnica, anche se non ne capisce gli orizzonti più ampi.

E , quando sento parlare di uomo ormai ridotto a macchina, mi viene in mente il celebre racconto di Harlan Ellison "Pentiti Arlecchino disse l'Uomo del Tic Tac", che non so se conosci. Quindi posto questo commento interessante, a mio parere, trovato nel web:

La società distopica di Ellison vede l'intera umanità resa schiava dal Tempo, incarnato dall'Uomo del Tic-Tac, che governa la stanza dei bottoni attraverso cui può ordinare la morte immediata di un essere umano allorquando questi accumuli un eccessivo ritardo sulla propria tabella oraria. Così, la produttività che nella nostra epoca è valutata in denaro ora è valutata in tempo, e il plusvalore diventa "plustempo", anche questo – come nella teoria marxiana – sottratto ai lavoratori dal Sistema alienante. Contro il Sistema opera invece Arlecchino, un uomo come tanti che però è sempre stato in ritardo nella sua vita e decide di costruirsi un'identità mascherata per sottrarsi all'egemonia dell'Uomo del Tic-Tac e ribellarsi. Con la sua rivolta fa accumulare all'intero Sistema ritardi di ore, fa saltare intere tabelle di marcia, mette in crisi il sistema produttivo e quello repressivo. Quando infine l'Uomo del Tic-Tac, facendo leva sul potere di un'organizzazione ferrea e indistruttibile, acciuffa Arlecchino mettendo fine alla sua rivolta, egli decide di non ucciderlo ma di riconvertire la sua personalità e di farlo pentire pubblicamente attraverso un lavaggio del cervello.
Ellison cita più volte i modelli classici delle opere distopiche: la produzione massificata de Il Mondo Nuovo, le masse di lavoratori che a lento passo di marcia si recano a lavoro o tornano a casa tipiche di Metropolis, il tema del leader mondiale che agisce dietro le quinte e quello della guerra eterna che giustifica la dittatura di 1984, esplicitamente citato poi nel finale in cui il lavaggio del cervello di Arlecchino è paragonato a quello di Winston nel romanzo di Orwell. La forza del racconto di Ellison sta però soprattutto nell'immaginare una società totalitaria la cui perdita di libertà è imputabile a un elemento che già oggi ci schiavizza tutti: l'inesorabile trascorrere del tempo. L'evolversi della civiltà e la sua sempre maggiore complessità necessità di tempi sempre più certi, scanditi, inderogabili. Tanto che, quando il 31 dicembre 2000 tutta la civiltà occidentale trattenne il fiato temendo una nuova apocalisse, non temeva l'avverarsi delle profezie evangeliche ma il millennium bug che avrebbe mandato in tilt gli orologi dei computer, dai quali si decide la vita o la morte di una società asservita alla virtualità. Se così Thoreau, anticipando la Arendt della Vita Activa, sostiene l'importanza di riconquistare il proprio tempo libero, la sfera dell'oikos, del privato, sottratta al pubblico che non è più lo spazio della libertà politica ma dell'asservimento produttivo, Ellison affida ad Arlecchino la sfida di realizzare quella che già oggi ci appare un'utopia. Perché "Arlecchino"? Perché egli tradizionalmente impersona la ribellione del 'servo sciocco' che rovescia il suo padrone, la rivolta dell'individualità contro l'omologazione, rappresentata esplicitamente dai suoi bizzarri vestiti, un pugno nell'occhio della convenzionalità borghese. Un po' come il divino briccone citato da Farmer, o l'elettricista clandestino di Brazil di Gilliam.  Anche quando, alla fine del racconto, Arlecchino è sconfitto e il Sistema sembra trionfante, è evidente che il processo di cambiamento è messo in moto ed è inarrestabile, tanto più che l'Uomo del Tic-Tac e Arlecchino – ai due poli opposti – sono assimilati da quella "maschera" che vuole sottolinearne la somiglianza. Somiglianza che però ne acuisce la differenza, contraria a quell'omologazione a cui l'inesorabile, sempre uguale scorrere del tempo (il "tic-tac" dei nostri orologi) sembra volerci sottomettere.

Ciao
#608
Attualità / Re:Coraggio o temerarietà?
10 Ottobre 2018, 10:45:16 AM
Citazione di: anthonyi il 09 Ottobre 2018, 22:23:19 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Ottobre 2018, 20:03:40 PMCome sarebbe a dire non è possibile e non è necessario ridurre il debito pubblico? Vogliamo far finta di non sapere che tutto questo è come camminare su una fune sospesa sopra un precipizio?
0xdeadbeef grazie a te, ti ho segnato la frase perché descrive bene quello che sono i mercati finanziari, e in fondo ripropone quello che dicevo nell'altra frase riportata. Se provi a ridurre il debito in maniera significativa il sistema entra in crisi per carenza di domanda aggregata, se fai una manovra espansiva il mercato diffida di te, aumenta i tassi, ed è anche peggio, l'unica soluzione è quella dell'equilibrio, della fune sospesa che ha da una parte il baratro della depressione, e dall'altra il baratro del default. Un saluto

Credo che quello di fare la voce grossa e mostrare i muscoli (o il pelo...) non sia esattamente un atteggiamento molto 'furbo' da parte di Ottaviano e Marco Antonio. Già ieri un ministro fondamentalmente euroscettico, e che non venne accettato da Mattarella come responsabile del Mef, tale Savona, ha invocato l'intervento della Bce di Draghi a sostegno dei nostri titoli che gli investitori stanno svendendo. Dimenticando forse che il QE non può superare il massimo di 15 mld di euro d'acquisti suddivisi però in quote proporzionali tra tutti gli stati membri. Anche se volesse Draghi non può intervenire, in questo momento, a sostegno del debito italiano. Però lo spread a 300 ha cominciato a far vacillare, a far traballare un pò. Ricorda quell'estate del 2011 in cui Berlusca e Tremonti parlavano di speculazione senza fondamenti, esagerata, che tutto sarebbe rientrato...e poi sappiamo com'è finita.
Se lo spread, come temo, arriverà sui 400 ( che vorrebbe dire che i nostri titoli verrebbero valutati esattamente come quelli attuali della Grecia, esseno ridotto ormai il gap con gli ellenici a soli 100bp circa, dagli oltre 350 che erano... :( ) beh!...la fibrillazione all'interno del governo sarà notevole e le conseguenze imprevedibili. Un spread a 400 e oltre, protratto per mesi, o addirittura stabilizzato a questi livelli, manderebbe in sofferenza l'intero sistema del credito, con ripercussioni per gli investimenti privati delle aziende, nel settore mutui all'acquisto di beni e  servizi, ecc. A quel punto i 780 euro del reddito di cittadinanza ( che si riducono a circa 380 per i possessori anche solo di una stamberga...) potranno fare poco, temo, per rilanciare l'economia, come sperato dall'attuale governo.

Oggi mi ha fatto sorridere la dichiarazione di Di Maio che lui "E' là per far felici gli italiani". Io pensavo che fosse là per governare bene e che poi, questo governare potesse portare, come conseguenza, un pò di felicità (anche se con 780 euro, ridotti poi a 380 se si possiede una casetta,  già adesso non vedo una felicità notevole... :().
Ciao
#609
Citazione di: Socrate78 il 08 Ottobre 2018, 20:32:26 PMCome mai le religioni cristiane, quando parlano del destino dell'anima in un eventuale mondo ultraterreno, negano ostinatamente che la nostra parte spirituale possa reincarnarsi in altri corpi, in rapporto ad un disegno complessivo stabilito da Dio? Io trovo invece molto interessante e affascinante la teoria della metempsicosi (reincarnazione), anche perché alla fine mi sembra più funzionale per la nostra logica a spiegare la presenza del male nel mondo rispetto alla teodicea tradizionale: la presenza decisamente maggiore di dolore e di difficoltà in alcune vite rispetto ad altre sarebbe in questa prospettiva il frutto di peccati gravi commessi in vite precedenti, sarebbe l'espiazione di un karma negativo. Se invece nella vita dell'individuo non ci fosse nessun rapporto con fatti accaduti in passato, allora il male in una prospettiva religiosa sarebbe molto più difficile da giustificare e nulla tornerebbe anche solo in maniera ipotetica. Inoltre, cosa non da poco, a me sembra che nel Vangelo ci siano allusioni alla reincarnazione, infatti nell'episodio della trasfigurazione del monte Tabor Gesù, parlando di Giovanni il Battista, dice che "Elia è tornato ma non l'hanno riconosciuto", quindi Gesù di fatto ammette che lo spirito di un uomo vissuto nel passato possa incarnarsi in un altro! Molti teologi cristiani, tra cui Origene e Scoto Eurigena, ammettevano la reincarnazione, sia pur beninteso non considerandolo l'unica forma di sopravvivenza dell'anima. Quindi in definitiva per quale motivo escluderla così recisamente dal corpo dottrinale che si è creato in seguito? Forse per evitare contaminazioni con le filosofie orientali?

Credo che, anche quando Yeoshwa dice ai discepoli  che "in realtà Elia è già tornato ma non è stato riconosciuto" si riferisse a Giovanni Battista, suo cugino.
Però non si tratterebbe di reincarnazione nel senso orientale hindu, bensì di un ritorno dallo Sheol proprio della stessa persona, quello che si potrebbe definire come "un fantasma in carne e ossa". Ovviamente ci sono svariate interpretazioni a riguardo di questa frase o del significato della Trasfigurazione sul Tabor: simboliche, metaforiche, allegoriche, ecc.
Nei Vangeli però, la predicazione dl Cristo, viene anche definita come "accompagnata da molti prodigi" e questo lascia ovviamente il campo aperto sia lla visione di fede ( è realmente successo qualcosa di strano...) che a tutte le altre...
Ciao
#610
Non è strettamente in topic (Socrate78 mi perdonerà) ma ho trovato un'interessante riflessione del rabbino Irving Greenberg sulla concezione dell' al di là ebraico:  

«La credenza nella vita dopo la morte - un mondo futuro in cui i giusti ottengono la loro vera ricompensa e i malvagi la loro meritata punizione - è un insegnamento centrale dell'Ebraismo tradizionale. Questa convinzione deriva dalla certezza che un Dio d'amore non permette all'ingiustizia di vincere.
Quando i fatti della vita non si adattavano all'enfasi che la Bibbia poneva su ricompensa e punizione qui e ora, questa fede nella vita ultraterrena fu accentuata. Nel Medioevo, quando gli ebrei soffrivano così tanto mentre i nemici governavano il mondo, l'enfasi sull'aldilà crebbe più forte. Alcuni insegnanti religiosi affermarono che questa vita è "poco importante" e che si deve vivere solo per essere degni della beatitudine eterna. Tale visione sboccò nell'ascesi e in scarso rispetto per il corpo e per le attività materiali.
I primi modernizzatori invertirono direzione, insistendo sul fatto che l'Ebraismo era interessato solo a fare del bene nella vita terrena e criticando il Cristianesimo, da loro giudicato ultraterreno, repressivo, che sognava unicamente di andare in cielo, e crudele quando condannava le persone alla dannazione eterna. Questa enfasi unilaterale sulla vita terrena, però, privava gli ebrei della profonda consolazione della vita eterna e della speranza in una giustizia per tutti coloro che hanno sofferto ingiustamente e innocentemente.
Occorre, quindi, sostenere entrambi i lati della tensione. Occorre, quindi, trovare Dio nel mondano, unire corpo e anima, lavorare per Tiqqun 'Olam (la "riparazione del mondo") nel momento presente e allo stesso tempo, avere fede nella realtà dello spirito e nell'immortalità dell'anima. Questa fede offre la consolazione di una congiunzione finale - con coloro che abbiamo amato e perso, e con El Maleh Rachamim, il Dio infinito della Compassione.»

Nella sua fase più antica l'ebraismo concepiva un luogo nell'oltretomba, chiamato Sheol, in cui venivano confinate le anime  sia dei giusti che degli empi, ma sembra che già dal I sec. d.C. i rabbini aggiustassero il tiro introdcendo il concetto della resurrezione dei morti e della vita eterna dei 'giusti' posta  in un Ritorno nell'Eden, in cui la massima beatitudine è passeggiare in compagnia di Dio.
La concomitanza storica di questo passaggio di prospettiva escatologica, coincidente con l'affermarsi del primo Cristianesimo, mi farebbe ritenere che questi già predicasse , sin dalle origini, la vita eterna in un Paradiso, al cospetto di Dio. Ma è una mia interpretazione, ovviamente...
#611
Citazione di: Ipazia il 09 Ottobre 2018, 16:26:00 PM
Citazione di: InVerno il 09 Ottobre 2018, 13:15:49 PMProbabilmente perchè non c'entra niente con il messaggio di Cristo, ne con la cultura giudaica che non contempla l'aldilà? Cristo attendeva l'apocalisse e la conseguente resurrezione dei morti, ed essa sarebbe accaduta durante la vita degli apostoli o poco dopo, ne era evidentemente convinto a tal punto dal rimanere celibe come tutti gli apocalittici. E ne erano convinta anche la Chiesa del primo secolo, che infatti non si premurò di produrre materiale scritto per un secolo e oltre. Perchè se attendi l'apocalisse le due cose più stupide che puoi fare sono mettere su famiglia e scrivere libri. Cristo non era un impostore che andava in giro a cercare le idee più affascinanti per comporre il proprio credo o la cosmologia più adatta a risolvere la teodicea.
Ottima risposta per quanto riguarda la reincarnazione. Sugli scritti ci andrei più cauta con questa tesi. Uno sicuramente scrisse a distanza di pochi anni dalla morte di Cristo, e se avesse scritto meno era meglio per tutti. Uno che sapeva scrivere in greco e aramaico. Tra tanti discepoli che, semplicemente, erano analfabeti.

Non risulta che i discepoli del Cristo fossero in gran parte degli analfabeti. Di sicuro non lo erano Matteo di Cafarnao - Giovanni di Betsaida - Simon detto Pietro, anche lui di Betsaida e sicuramente Marco che fu discepolo di Paolo e poi anche di Pietro, ma che non fu testimone diretto degli eventi narrati nei Vangeli ma già presente nei successivi Atti. L'influenza teologica di Paolo fu enorme per il Cristianesimo delle origini, però non bisogna dimenticare che il "capo", riconosciuto da tutti e investito di questa autorità direttamente da Yeoshwa stesso, era Simon Pietro, che entrò in disaccordo con Paolo durante il primo concilio di Gerusalemme, per questioni riguardanti il rapporto con i giudei e i pagani.
Ciao
#612
Citazione di: InVerno il 09 Ottobre 2018, 13:15:49 PMProbabilmente perchè non c'entra niente con il messaggio di Cristo, ne con la cultura giudaica che non contempla l'aldilà? Cristo attendeva l'apocalisse e la conseguente resurrezione dei morti, ed essa sarebbe accaduta durante la vita degli apostoli o poco dopo, ne era evidentemente convinto a tal punto dal rimanere celibe come tutti gli apocalittici. E ne erano convinta anche la Chiesa del primo secolo, che infatti non si premurò di produrre materiale scritto per un secolo e oltre. Perchè se attendi l'apocalisse le due cose più stupide che puoi fare sono mettere su famiglia e scrivere libri. Cristo non era un impostore che andava in giro a cercare le idee più affascinanti per comporre il proprio credo o la cosmologia più adatta a risolvere la teodicea.

Non credo sia esatto che gli ebrei non credono nell'aldilà.
Riporto questo passo:


Non c'è nulla dopo la vita perché la vita non finisce mai, piuttosto si eleva ed arriva sempre più in alto. Infatti, l'anima viene liberata dal corpo e si riavvicina sempre di più alla sua fonte.
La Torà allude a ciò numerose volte, ad esempio descrivendo la morte di Avrahàm come l'"andare a riposare con i suoi avi" ed espressioni simili. Il Talmùd descrive le esperienze di numerose persone che hanno fatto il viaggio di andata e ritorno ( credo che sia questa concezione e non la reincarnazione propriamente detta , a cui si accenna sia nel VT che nel Nuovo e  a cui fa riferimaneto Viator. Nota del Sari redattore...). Testi classici quali il Maavòr Yabòk descrivono il processo di entrata nel mondo superiore come un riflesso delle esperienze del'anima mentre era ancora dentro al corpo. Per cui, se l'anima era immersa in piaceri materiali ella prova il dolore di esserne strappata via affinché possa provare il piacere infinitamente più elevato di crogiolarsi nella luce Divina. Se essa è macchiata e ferita da azioni che l'hanno separata dalla sua vera natura mentre era giù mondo terreno, è necessario che sia sanata e purificata.
D'altronde, le buone azioni che l'anima ha compiuto e la saggezza che essa ha acquisito durante la sua missione terrena fungono da protezione per il suo viaggio verso l'alto.
Lo Zòhar scrive che se non fosse per l'intercessione delle anime pure in cielo, il nostro mondo non potrebbe durare neanche un momento. Le nostre vite subiscono l'impatto del lavoro dei nostri antenati nell'altro mondo... sì, la nonna continua a prendersi cura di noi.
Ci si pone la seguente domanda: perché mai queste anime, che godono della luce Divina, si devono preoccupare di ciò che accade nella nostra vita mondana quaggiù? La risposta sta nel fatto che esse percepiscono la verità che ci sfugge mentre siamo qui: ovvero che questo mondo inferiore e materiale è al centro del motivo per il quale il Sign-re ha creato tutto ciò che esiste.È per questo che, alla fine, tutte le anime torneranno nei loro corpi fisici, in questo mondo. Che ciò accada subito, con l'arrivo immediato del Mashiach.

Rav Tzvi Freeman per gentile concessione di Chabad.org, pubblicato in PensieridiTora.it
#613
cit.Cvc:
Perché se è vero che non può esistere una giustizia oggettiva, è però altrettanto vero vhe ognuno di noi dentro di sé avverte il bisogno di giustizia. Allora se tutti avvertiamo questo bisogno, deve pur poter esserci un qualcosa che corrisponda a tale necessità.

Io sono d'accordo, e infatti, in altra discussione, accennavo alla mia ragionevole ipotesi di un senso innato del 'bene' nell'essere umano. Senso che anela , seppur in modo inconsapevole, a volte, a questa giustizia di cui parli. Ma sicuramente, come si è visto, tantissimi altri diversi da me, di cui "non ho vissuto la loro vita", sono contrari a questa affermazione e contrari quindi a stabilire qualunque ipotesi di etica condivisa (se non nel senso di 'legge imposta dall'alto', giusto per non sbranarci a vicenda...).
Un etica condivisa che genera un condiviso senso della giustizia favorisce sicuramente la coesione e il senso di comunità, di appartenenza, secondo me (continuo a mettere 'secondo me'...proprio perché condizionato dal senso di relativismo che il colloquiare moderno impone...come vedi). Rifugiarsi nel "secondo me" probabilmente genera proprio quel senso di isolamento e solitudine esistenziale di cui parli (di spaesamento...dis entirsi privi di un 'paese'...molto bella questa definizione), e di cui troviamo mirabili pagine che lo descrivono, nell'arte e nella letteratura moderna. "Io"non appartengo a te, alla tua vita, alla nostra comunità (intesa come stare insieme condividendo e dividendo...), di 'mio' ho solo "la mia vita, che tu non puoi capire e che non ti devi permettere di giudicare"...
E...sì...siamo probabilmente condannati alla 'frustrazione eterna' ( anche se non credo proprio che l'umanità abbia un così lungo futuro, viste le premesse...) di questo bisogno di giustizia, di questo anelito "per me" insopprimibile... :(
Ciao
#614
L'unica giustizia che sembra rimanere è la rabbia verso tutto questo.

Forse la rabbia sorge anche perché vediamo che non è possibile alcuna soluzione. La diversità umana crea sempre conflitto, sofferenza e impossibilità di autentica giustizia. La 'giustizia', bisogna accontentarsi, è così una specie di contenitore di pulsioni, poco più...un freno il cui filo spesso si spezza...
Un'etica condivisa è impossibile, perché siamo diversi e quel che sento giusto, per me... l'altro se ne fotte al grido: "'Tu hai vissuto la mia vita? No. Allora non puoi giudicarmi'.
Siccome poi, ovviamente, nessuno vive la vita di un altro, ne conseguirebbe che non sarebbe possibile alcun giudzio..."Non giudicare per non essere giudicato" recita il catechismo, ma è anche vero "Come posso farmi un giudizio senza giudicare?'"...perché anche farsi un minimo di criterio di giudizio mi sembra importante...senza alcun criterio divento una sorta di banderuola al vento (delle pulsioni, delle passioni, della malevolenza, ecc.) fortemente malleabile e modellabile dagli interessi dell'ambiente umano che mi circonda...e qui rientra ancora la diversità che ti dice."Io voglio essere malleabile e modellabile dagli interessi altrui, perché piacciono anche a me, non  so con quale giudizio mi piacciono, ma me ne frego...mi piacciono, chi sei tu per giudicare quel che mi piace?" Al che naturalmente non c'è risposta, perché, ovviamente, di nuovo, nessuno vive la vita di un altro. Pertanto ogni etica condivisa, in un simile contesto, diventa impossibile. Questo per me è molto vantaggioso per l'egoismo personale, molto autogiustificatorio ("nessuno mi può capire...") ma...di nuovo...lo è 'per me'. Un altro vede in quel 'per me' la mia volontà di sopraffazione, di imposizione,addirittura di violenza nei suoi confronti...perché "non ho vissuto la sua vita"...Sì, l'uomo manifesta atteggiamenti rivolti al 'bene' o al 'male' ma non vuole che i suoi atteggiamenti siano giudicati.
Forse la giustizia e l'etica si riassumono nel detto: "Me la canto e me la suono" '?... :(
L'unica cosa certa, per me, è che il 'mondo' degli uomini è una cloaca orribile nel quale , per fortuna, aleggia qualche volta un venticello contrario...
Ma, ovviamente, solo per me...sospetto che per altri appaia come un luogo paradisiaco ;D
#615
Citazione di: Jacopus il 08 Ottobre 2018, 18:02:07 PMIo faccio davvero pochissimo, ma se tutti facessero pochissimo? C'è un mondo di altruismo, di disinteresse. Magari lo si fa per sentirsi più buoni, per espiare i propri peccati. Non importa. Occorre uscire fuori da questo loop per cui le azioni umane sono sempre dietro corrispettivo monetario. Non è così. Grazie per la stima che contraccambio. Anche se non siamo d'accordo hai sempre uno stile da vero gentleman.

Non ricordo chi lo disse ma: "Non importa per qual motivo fai del bene...fallo e basta!". Son d'accordo...