Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - sgiombo

#601
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
28 Febbraio 2019, 15:06:40 PM
Citazione di: Freedom il 28 Febbraio 2019, 09:51:31 AM
Non so, forse è questione di lana caprina però il catechismo della Chiesa cattolica dice così:

II. Il desiderio della felicità

1718 Le beatitudini rispondono all'innato desiderio di felicità. Questo desiderio è di origine divina: Dio l'ha messo nel cuore dell'uomo per attirarlo a sé, perché egli solo lo può colmare.

Noi tutti certamente bramiamo vivere felici, e tra gli uomini non c'è nessuno che neghi il proprio assenso a questa affermazione, anche prima che venga esposta in tutta la sua portata [Sant'Agostino, De moribus ecclesiae catholicae, 1, 3, 4: PL 32, 1312].

Come ti cerco, dunque, Signore? Cercando Te, Dio mio, io cerco la felicità. Ti cercherò perché l'anima mia viva. Il mio corpo vive della mia anima e la mia anima vive di Te [Sant'Agostino, Confessiones, 10, 20, 29].

Dio solo sazia [San Tommaso d'Aquino, Expositio in symbolum apostolicum, 1].

Ma che tutti cerchino la felicità mi sembra perfettamente ovvio e perfino un po' banale.

Poiché un conto é desiderare e cercare, un altro conto (non sempre coincidente, purtroppo!) trovare, la questione interessante é se, ***in caso non ci sia di fatto felicità presente e nemmeno ragionevole speranza di felicità futura***, sia preferibile continuare a vivere comunque (perché per esempio, Dio lo vuole e a Dio non si deve disobbedire, oppure perché Dio lo vuole e Dio é infinitamente buono e in un' altra vita ci premierà con abbondanza dell' infelicità presente e prevedibilmente insuperabile in questa vita, o per qualsiasi altro motivo); oppure se sia preferibile cessare di vivere e soffrire.

Possibile che non riesca a spiegare una cosa così semplice, come il fatto che la questione de me posta é puramente e semplicemente questa (e non ad esempio se -molto ovviamente e banalmente-  si cerchi o meno di essere felici) ? ? ?
#602
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
28 Febbraio 2019, 09:06:15 AM
Citazione da: sgiombo - 27 Febbraio 2019, 20:04:46 pm
Citazione
CitazioneVeramente a me (che ne ho discreta conoscenza essendo nato in un famiglia cristiana praticante che me lo ha insegnato con impegno ed amore, ed essendo stato convinto cristiano praticante io stesso fino all' età di quindici anni) pare che non sia affatto cristiano vivere alla condizione di essere felice

La domanda che hai post è diversa: 2 Si vive per essere felici o si é felici (pur) di vivere (comunque, in qualsiasi condizione)?

Ed io ho coerentemente risposto (anche dal punto di vista cristiano) che si vive per essere felici ed la sacrosanta verità (cristiana). Il cristiano non è felice di vivere in qualsiasi condizione. Ad essere sinceri solo uno sciocco è felice di vivere in qualsiasi condizione. Quindi anche il non cristiano dovrebbe dare la stessa risposta. Tutti dovrebbero dare questa risposta. Quello che affermi e che non era presente nel tuo quesito iniziale è la condizione. Cioè vivere alla condizione di essere felici. Questa è tutta un'altra cosa. Quindi vivere, sempre e comunque, ricercando la felicità. Vivere insomma per essere felici. Semmai dovremmo approfondire cosa è la felicità per un cristiano. Questo è un aspetto che merita indubbiamente un approfondimento. Ma non mi pare fosse presente nella domanda che hai posto.

Citazione
Ritengo non coerente con la credenza nel cristianesimo e in generale nelle religioni "monoteistiche provvidenzialistiche" ritenere che si vive per essere felici (e conseguentemente se non si può essere felici si preferisce non vivere).
Ma prendo atto che, da cristiano per quanto non troppo """ortodosso""", la pensi diversamente (ho espresso una curiosità e non posso che verificarla rilevando quanto mi si dice).

Non credo proprio che uno sciocco (per quanto sciocco sia, sciocco =/= masochista) sarebbe felice di vivere fra atroci dolori nell' impossibilità di curarseli.

Il problema che ho posto non é se si debba vivere cercando la felicità o meno (ovvio e banalissimo che sì), ma invece se, qualora si constati che non si può vivere felicemente si debba ugualmente accettare di continuare a vivere "ad ogni costo" oppure no.
Quello che ho chiesto é proprio questo. 


Citazione da: sgiombo - 27 Febbraio 2019, 20:04:46 pm
Citazione(e dunque, del tutto conseguentemente togliersi la vita se non lo si é);

Questa è una conseguenza logica soggettiva che nulla ha a che fare con la prospettiva logica umana oggettiva e cristiana e nemmeno, credo, con qualsiasi altra prospettiva se non quella, personalissima, di chi la voglia esprimere.
Citazione da: sgiombo - 27 Febbraio 2019, 20:04:46 pm


Citazione
Questa é una conseguenza logica punto e basta: per chi come scopo abbia la felicità e creda che la vita sia un mezzo, in caso di acclarata infelicità insuperabile consegue logicamente il togliersi la vita.
Invece per chi (come suppongo generalmente credenti; ma constato che non si tratta del tuo caso) ha per scopo essere grato comunque Dio per la vita (e dimostrarlo praticamente, coi fatti), allora credo che la conclusione logica sia continuare a vivere a qualsiasi costo.
[size=undefined]
[/size]






Citazionema casomai accettare qualsiasi cosa la vita "terrena" comporti, fossero anche i peggiori tormenti, essendo tutto ciò volontà divina,

Questo è un punto che già si avvicina alla logica cristiana ma bisogna fare qualche precisazione. I peggiori tormenti diciamo comuni, esteriori, insomma quelli che tutti noi, ahimè, direttamente o indirettamente sperimentiamo, se cristianamente vissuti ed elaborati conducono, misteriosamente, segretamente, misericordiosamente, alla felicità. Qui e ora. Non più tardi. E', ripeto, un grandissimo mistero ma è cristianesimo puro. Non mie elucubrazioni.

Citazione
Per me "mistero" == "elucubrazione illogica, autocontraddittoria" (1 == 3; Dio == uomo; peggiore toemento == felicità), ecc.




#603
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
28 Febbraio 2019, 08:15:04 AM
Citazione di: Ipazia il 27 Febbraio 2019, 22:18:18 PM
E' possibile una conoscenza filosofica dell'uomo nella cui fenomenologia ci sta pure la libertà, cara ad entrambi, di decidere della propria vita e della propria morte.

Certamente la libertà umana di decidere della propria vita e della propria morte é carissima ad entrambi.

Tu pensi che sia esercitata per libero arbitrio, io deterministicamente (quando non é coartata da coercizioni estrinseche, cosa contro la quale lottiamo).
#604
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
28 Febbraio 2019, 08:11:13 AM
Citazione di: Socrate78 il 27 Febbraio 2019, 20:52:18 PM
L'animale che si lascia morire dopo la morte del padrone non lo fa per amore, ma soltanto perché si rende conto confusamente che non potrà vivere senza quella figura che egli considera il capobranco. La morte del padrone è quindi per lui una rovina, perché senza di lui non avrà cibo, cure, sicurezza. Si tratta di servilismo, opportunismo animale, dipendenza, ma non amore. L'"amore" del cane verso il padrone è solo un affidarsi ad una figura che gli serve per vivere, per sostentarsi e da cui riceve in cambio sicurezza e anche gratificazioni, ma non c'è amore in quanto egli lo fa per un tornaconto preciso, per la propria sicurezza e incolumità. Ma se l'animale, per ipotesi, dovesse per qualche motivo (anche da semplici gesti, sensazioni, ecc.) iniziare a percepire che il padrone non gli è più utile per la sicurezza, per il piacere e che anzi rappresenta una minaccia, ecco che anche tutto l'amore apparente va a farsi benedire e magari il cane finirà per aggredire senza apparente motivo il padrone percepito come una minaccia e non più come una guida. L'animale quindi non è in grado di superare gli istinti di conservazione (di sé e della specie) per elevarsi ad una forma di amore più puro, è determinato dalla materia e proprio per questo non potrà mai decidere intenzionalmente di uccidersi, il suicidio ironicamente è proprio un indizio molto lampante secondo me del fatto che solo l'uomo è dotato di un'anima e del libero arbitrio, infatti con questo gesto tragico dimostra di poter spezzare il determinismo dell'istinto di conservazione.


Secondo me le questioni dell' autocoscienza e del comportamento altruistico / egoistico sono diverse.

Contrariamente a tanti altri amici del forum sono convinto che l' autocoscienza (contrariamente alla coscienza) sia una caratteristica unicamente umana.
Ma credo che anche altre specie animali (un po' tutte, almeno in qualche misura), ma soprattutto quella canina, siano spesso estremamente altruiste, talora fino all' abnegazione e all' eroismo (ci sono stati cani che sono morti per salvare vite umane, canine e altri animali).
Da qui, in naturalissima conseguenza dell' evoluzione biologica per mutazioni genetiche "casuali" (cioé deterministiche ma di fatto imprevedibili) e selezione naturale, credo sia sorta e si sia sviluppata l' etica umana, universale nei suoi caratteri più generali - astratti, socialmente condizionata in quelli più particolari -concreti.
#605
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
27 Febbraio 2019, 20:04:46 PM
X InVerno
 
Non vedo in quale altra specie vivente vi sia chi si tolga la vita deliberatamente (ma il libero arbitro non c' entra per nulla, cara Ipazia: può benissimo darsi che nell' uomo ciò accada deterministicamente! E se non accade deterministicamente, allora la conoscenza possibile del mondo materiale del quale ' uomo fa parte non é possibile).
 
Al massimo fra gli altri animali c' é chi, in preda alla depressione, smette di alimentarsi e magari di bere e conseguentemente muore; ma non decide (sia che l' uomo faccia questo liberoarbitrariamente oppure deterministicamente) di morire, semplicemente non prova più appetito e sete in quanto troppo oppresso dal dolore (mi aspetto le solite agguerrite e forse offese obiezioni di chi ha avuto o ha animali domestici ai quali é affezionatissimo, come me, e inoltre contrariamente a me pretende di attribuire loro caratteristiche umane; e preannuncio in proposito il mio dissenso, così da non doverlo manifestare a posteriori).
 
In particolare non credo proprio sia minimamente plausibile l' ipotesi dell' esistenza di una coscienza collettiva dell' alveare nell' ambito della quale é emersa la decisione di "suicidarsi" (né che ciò accada a livello di ciascuna coscienza individuale di ogni ape dell' alveare stesso).
Fra l' altro con che mezzi si darebbero la morte?
Non credo in alcun modo attivo.
A questo proposito (di autocoscienza e di decisione se continuare a vivere o finire di farlo attivamente, "di propria mano") la differenza fra uomo e altri animali mi sembra nettissima (e il concetto di "suicidio" di una chiarezza cristallina).
 
 
 
Purtroppo, malgrado il tuo encomiabile tentativo di spiegarmela, la metafora della scalata (o della discesa) mi é ancora più oscura di prima (credo che avrei bisogno di una "traduzione" dalla metafora in linguaggio letterale, non di ulteriori orpelli o sviluppi metaforici, che nel mio caso (nel tentativo fi farmi comprendere) tendono ad essere controproducenti.
 
 
 
 
X Sariputra
 
D' accordo; non mi era venuto in mente, ma per chi sia particolarmente altruista e generoso la felicità degli altri può essere un motivo per vivere.
Fra l' altro l' agire in questo senso (o anche solo il tentarlo, il fare il possibile per ottenerlo), per chi sia talmente generoso, costituisce la soddisfazione di un profondo e forte desiderio o aspirazione, e dunque anche un motivo di appagamento, ovvero di contentezza, di felicità: come giustamente dicevano gli Stoici, la virtù é premio a se stessa.
Io stesso (ne avevo anche accennato nel forum) circa un anno fa, essendo uscito da un' influenza che, data la mia età, mi aveva fatto correre il serio rischio di morire, mi ero reso conto che i miei doveri verso chi mi é vicino e mi vuole bene mi impedirebbero di suicidarmi (a meno che non si trattasse di eutanasia volta ad evitare dolori assolutamente soverchianti e non minimamente compensati da soddisfazione alcuna, nel qual caso credo cha anche i miei cari, che mi vogliono bene, desidererebbero la fine di tale mia condizione, anche a costo di perdere ma mia presenza; sarebbero egoisti, se così non facessero).
 
 
 
X Freedom
 
Veramente a me (che ne ho discreta conoscenza essendo nato in un famiglia cristiana praticante che me lo ha insegnato con impegno ed amore, ed essendo stato convinto cristiano praticante io stesso fino all' età di quindici anni) pare che non sia affatto cristiano vivere alla condizione di essere felice (e dunque, del tutto conseguentemente togliersi la vita se non lo si é); ma casomai accettare qualsiasi cosa la vita "terrena" comporti, fossero anche i peggiori tormenti, essendo tutto ciò volontà divina, fra l' altro destinato ad essere lautamente compensato nell' aldilà.
Il tuo dissenso dalla chiesa cattolica, il tuo essere eretico mi sono a questo punto ben chiari.
Ma mi sembra coerente la posizione cattolica ufficiale e contraddittoria la tua (se credi comunque che Dio sia infinitamente buono e onnipotente).
 
 
Mi sembra che tu confonda felicità o infelicità complessiva della propria vita con felicità o infelicità relativa, momentanea: é ovvio che nessuna persona dotata di buon senso si toglierebbe la vita per una mezzoretta o anche per un giorno o una settimana di dolore fisico o di pena psichica se avesse davanti a sé la prospettiva futura di una vita soddisfacente.
Non così una persona non credente che sapesse di essere affetta da un male incurabile tale da procurargli incessanti sofferenze fisiche e magari anche psichiche per tutto quel poco che gli concedesse di vivere!
E sono propenso a sospettare che in tali circostanze anche qualche credente cercherebbe qualche modo ipocrita di dissimulare un' eutanasia se potesse.
Casi come una gravissima, dolorosissima e mortale malattia, tipo Welby sono proprio per l' appunto la questione che ho inteso sollevare: che chi é felice o anche ha sufficienti speranze e sufficiente ottimismo circa auspicabili motivi di felicità futuri si guardi bene dal suicidarsi mi sembra qualcosa di molto banalmente ovvio.
 
 
Per chi non sia credente e si trovasse affetto da un male incurabile tale da procurargli incessanti sofferenze fisiche e magari anche psichiche per tutto quel poco che gli concedesse di vivere quella di procurarsi l' eutanasia sarebbe la conclusione più ovvia e certa, la più "logica" di qualsiasi ragionamento circa la propria esistenza.
E vietarglielo o impedirglielo sarebbe quanto di più abbietto e crudele e malvagio potrebbe darsi, qualcosa di degno del Santo Uffizio!
 
 
Dove si parla di compatibilità della sopravvivenza in vita a costo dell' infelicità o meno la questione dell' eutanasia mi sembra "perfettamente in tema".
 
 
 
 
X Ipazia
 
Il fatto é che purtroppo ci sono anche casi nei quali "la natura", tenuto anche conto che "alla fine anche la migliore delle società umane i miracoli non li può fare" non consente alcuna "varia e molteplice le alternativa al suicidio".
 
Concordo ovviamente su Epicuro e Spinoza, sull' illuminismo e sul marxismo, altrettanto ovviamente per niente affatto su Nietzche.
 
 
(Sul libero arbitrio vedi sopra quanto obietto a InVerno).
#606
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
27 Febbraio 2019, 09:09:08 AM
Citazione di: anthonyi il 27 Febbraio 2019, 08:05:10 AM
Sgiombo, a me sembra che con questa definizione sei fuori dalla domanda originaria.
Una cosa è domandarsi se si vive per essere felici, e cioè cercando il più possibile di costruire la propria felicità, altra cosa è porre una domanda di valore sulla vita stessa, che poi bisogna capire da quale punto di osservazione proviene, con quali pesi assegnati ai singoli accidenti della vita, e con la considerazione che la vita è un evento in gran parte incerto che garantisce la possibilità (ma non la certezza) di fare bilanci soltanto a posteriori, cioè soltanto dopo che l'hai vissuta.
Un saluto, e un augurio di essere felice.



Grazie dell' augurio!

Che ricambio di cuore.

Per fortuna finora lo sono (posso ovviamente valutare il passato e il presente, essendo il futuro incerto come affermi anche tu).

Ma proprio perché non sono sicuro che lo sarò sempre (fin che camperò, ovviamente), mi riservo il "diritto" di togliermi la vita qualora non lo fossi più.

Se per me (credo contrariamente che a un credente) la vita ha valore solo se complessivamente felice e non "a prescindere", non "in sé e per sé", come che sia, allora se a un certo punto mi accorgessi che non vale la pena di viverla mi riserverei di non viverla più.
#607
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
27 Febbraio 2019, 09:01:45 AM
Citazione di: anthonyi il 27 Febbraio 2019, 07:52:44 AM
Ciao Sgiombo, data per scontata la risposta nella prima parte la domanda sorge spontanea, cos'è la felicità? La felicità è una sensazione interiore che noi viviamo dentro in maniera più o meno forte, e che ci spinge a cercare quelle cose o persone che ci danno felicità, in tal senso l'affermazione che si vive per essere felici è tautologica.

La felicità è una sensazione interiore che noi viviamo dentro in maniera più o meno forte, e che ci spinge a cercare quelle cose o persone che ci danno felicità
Citazione
A me tautologica sembra piuttosto con tutta evidenza l' affermazione che "La felicità è una sensazione interiore che noi viviamo dentro in maniera più o meno forte, e che ci spinge a cercare quelle cose o persone che ci danno felicità", dal momento che contiene i concetto da definire come già dato con un suo preteso significato (contiene come preteso definiens il definiendum). 

L' affermazione che si vive per essere felice mi sembra casomai scontata, ma solo per chi non creda di avere "doveri a prescindere" verso entità a lui superiori e di cui sia in balia (oppure di cui si possa fidare ciecamente che eventuali anche enormi infelicità presenti verranno di sicuro lautamente compensate in futuro: paradiso).

In sostanza vedo certo estremamente drammatico ma non irragionevole il suicidio di un non credente, mentre il suicidio di un credente (a meno che giunga al punto tale di negare la propria fede, e dunque di non essere più tale) mi sembra un' assurdità: se c' é una divinità immensamente buona che ha creato (e in particolare ci ha dato) la vita, allora distruggere ciò che ha fatto é immensamente cattivo, da non farsi per alcun motivo se ci si vuole comportare bene (anche a prescindere dal fatto che tale divinità commina pene infinite, letteralmente "infernali" a chi, suicidandosi, contravviene i suoi ordini).

  
https://www.youtube.com/watch?v=LPKSubavxtE


Notare il fatto che l' autore di questo splendido capolavoro che letteralmente strappa le lacrime dagli occhi non era credente (per lo meno "ortodossamente tale"); altrimenti credo che non avrebbe mai potuto scriverlo).





Vi è poi un'altra interpretazione della felicità, diciamo più razionale, oggettiva, che può essere definita come soddisfazione socialmente riconosciuta per una certa condizione, per la quale uno "si sente" felice perché magari ha un "buon" lavoro, una "buona" famiglia, tanti amici con cui uscire. Il virgolettato serve a specificare che queste sono valutazioni sociali, che magari l'individuo interiormente non condivide, ma che sostiene perché condizionato dal mondo esterno. Io direi che questa seconda interpretazione potrebbe essere applicata alla seconda parte della domanda, perché un individuo che si forza di "essere" felice lo fa proprio perché reputa che questo comporterà per lui una migliore accettazione sociale da parte degli altri.
Un saluto
Citazione
Mi sembra che questo discorso possa filare solo per chi desideri fortissimamente un "riconoscimento sociale" e dunque avendone soddisfazione sia felice (ma non tutti necessariamente avvertono una tale aspirazione).

Ciao.
#608
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
27 Febbraio 2019, 08:40:29 AM
Citazione di: Freedom il 27 Febbraio 2019, 00:06:42 AM
Scusa, lo vedo solo adesso.

Non ho capito perchè dici che ho risposto nel modo che ti saresti aspettato da un ateo. Puoi spiegare per favore? Ti riferisci alla prima o alla seconda domanda?


Perché affermi che

 "Per la risposta sulla felicità: si vive per essere felici. E' lapalissiano!"

Che é precisamente quello che mi aspetto da un ateo per il quale non c' é alcun dovere di vivere a prescindere dalla felicità, comunque sia la vita per il fatto che l' ha fatta (o ce l' ha data) una divinità infallibile e comunque onnipotente, cui non é possibile disobbedire se non a carissimo (anzi: infinito) prezzo.
E dunque si accetta di di vere solo se "ne vale la pena", se se ne é "complessivamente felici", ovvero se ne trae più felicità che infelicità.

Ma piuttosto a me piacerebbe sapere se credente lo sei effettivamente o no (il "come" eventualmente nei limiti del possibile propri di una discussione come questa).
 

Ad InVerno

Chiederei se possibile di spiegare meglio la metafora della scalata (con le metafore non sono mai andato molto d' accordo, quasi come con i computer), che trovo un po' criptica, in relazione all' affermata "ostinatezza a persistere, perpetuarsi e/o svilupparsi della vita" (noto in proposito che la vita umana ha una peculiarità unicamente sua rispetto a quella di tutte le altre specie: quella di potersi "autorifiutare" col suicidio).
#609
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
26 Febbraio 2019, 20:21:00 PM
Mi sembra che praticamente tutti gli intervenuti tranne Socrate78 (per il quale, da credente, per così dire, "Dio garantisce della desiderabilità della vita  a prescindere"; almeno questa é l' impressione che mi ha fatto il suo primo intervento; ma se ho dimenticato qualcuno chiedo scusa) siano agnostici o atei (comunque per lo meno non credenti in religioni "in senso forte", inequivocabilmente teistiche; diciamo così, per intenderci: non "tipo cristianesimo"; al massimo "tipo buddismo").

E da parte di questi ultimi mi sembra di notare (ma potrei sbagliare: correggetemi se é il caso) una certa ritrosia ad ammettere che le vita "vale la pena di essere vissuta" solo se (e fintanto che) dà per lo meno complessivamente più felicità che infelicità.
Cioé che si vive per essere felici (e non che si vive ad ogni costo; anche al costo di un complessivo prevalere dell' infelicità rispetto alla felicità.
Quella che ho chiamato forse impropriamente "una certa reticenza" consiste nel fatto che non mi pare lo si affermi esplicitamente, mettendo anche chiaramente in conto l' ipotesi (per quanto auspicabilmente non realistica) dell' "infelicità complessivamente prevalente", che renderebbe per chi vi si venisse a trovare la preferibilità della morte (e ad essere conseguenti del suicidio; o dell' eutanasia).
Piuttosto si tende a rilevare che si é felici (per lo meno in misura nettamente prevalente) e senza vivere non lo si sarebbe; ma senza esplicitare il fatto a mio parere logicamente conseguente che allora probabilmente se non lo si fosse (o per chi purtroppo non lo fosse) sarebbe meglio non vivere. 

Spero di non urtare la suscettibilità di nessuno, e sono comunque pronto ad essere smentito e a dare pieno credito alle affermazioni che ciascuno facesse circa se stesso), ma mi viene il dubbio che possa essere per una persistente tendenza, sia pur "latente" (se avessi un minimo di simpatia per la parole direi "inconscia"), a considerare piuttosto negativamente o almeno a "vedere con sospetto" il suicidio e l' eutanasia, possibile conseguenza (credo indesiderata) di un' atavica concezione cristiana largamente preponderante almeno fino a un recente passato nel nostro paese.
#610
Tematiche Spirituali / Re:Lo spirito privo di sensi
26 Febbraio 2019, 09:18:25 AM
Per esempio é indimostrabile la spiegazione che ne do io come manifestazioni fenomeniche di enti ed eventi in sé (non apparenti ma solo congetturabili), che sono:

a) i soggetti di tutte (le manifestazioni fenomeniche);

b) gli oggetti (diversi dai soggetti) di quelle materiali o "esteriori" intersoggettive (e misurabili), quindi conoscibili scientificamente;

c) gli oggetti riflessivamente coincidenti coi soggetti di quelle mentali o "interiori" meramente soggettive (e non misurabili), quindi non conoscibili scientificamente.

E in particolare, i medesimi determinati (e non altri) enti/eventi in sé si manifestano riflessivamente (nell' ambito della "propria" esperienza fenomenica cosciente*) come oggetti* a se stessi come soggetti" (oggetti* identificantisi con i soggetti*) in forma di determinate percezioni fenomeniche interiori mentali o "di pensiero" (e non altre; appunto meramente soggettive e non intersoggettive; e non misurabili); e invece ad altri soggetti** da sé* diversi (nell' ambito delle diverse esperienze fenomeniche** di questi ultimi: soggetti** diversi dagli oggetti*) si manifestano come determinati eventi neurofisiologici nell' ambito di determinati cervelli (e non altri), e dunque come determinate percezioni fenomeniche esteriori o "materiali" (appunto intersoggettive; e misurabili).
Per esempio il tuo cervello mentre pensi qualcosa é la manifestazione nella mia coscienza di quella stessa cosa in sé che sei tu mentre stai pensando tale cosa e a te stesso si manifesta (tu ti manifesti) come i pensieri che stai per l' appunto pensando; e viceversa.
#611
Tematiche Spirituali / Re:Lo spirito privo di sensi
25 Febbraio 2019, 19:22:54 PM
Citazione di: Sariputra il 25 Febbraio 2019, 18:08:56 PM

Se per apodittico intendi :"enunciato o pronunciato in tono dogmatico, senza dimostrazione e senza sostegno di prove; anche riferito a persona che parla, giudica o argomenta in tono dogmatico, dando alle sue parole un carattere di validità assoluta." Direi che mi sforzo sempre di evitare questo tono. Infatti ho iniziato la mia riflessione "vibratoria" con: " potrebbe esserci..." che è tutt'altro che un tono apodittico"...

In generale ritengo sia utile "lanciarsi" in voli teorici per liberare il pesniero dalla sua tendenza ad essere 'ripetitivo' e, dando molto per scontato, non mettere/rsi più in discussione. Naturalmente la consapevolezza del limite deve vigilare come una sentinella vigile, sveglia e solerte nei suoi obblighi, per non cadere nell'assurdo... :)

Ciao


Lo so.
E non ti ho rinfacciato un atteggiamento dogmatico; mi sono limitato a rilevare che nell' intervento cui obiettavo hai enunciate certe tesi senza argomentarle: dunque non potevo criticare argomenti che non vi trovavo ma solo constatare che le credi (== hai fede in esse).

Se invece vuoi argomentarle, ben vengano le argomentazioni!

Non é una questione di "tono".



Aggiunta successiva (delle 19, 30 - 19, 35 circa):

Vedo che ho confuso il mio intervento cui rispondevi (pensavo alludessi al precedente con la frase citata di Tersite).

In quest' ultimo obiettavo invece alla tua affermazione circa l' "indimostrabilità della materia"; che secondo me non va dimostrata semplicemente perché si mostra empiricamente con evidenzia immediata
E -aggiungevo- insieme al pensiero, in quanto dati sensibili di coscienza (o "apparenze fenomeniche"), e unicamente in quanto tali, se e quando si danno, sono certamente reali; mentre incerta (senza alcun riferimento in particolare alle tue convinzione; la cosa vale benissimo anche per le mie) é qualsiasi considerazione teorica volta a comprenderle, a "conoscerne la natura (direi "ontologica" se non temessi di farti una brutta impressione di presunzione e saccenteria)".
#612
Citazione di: InVerno il 25 Febbraio 2019, 18:54:52 PM
Sgiombo ha ragione , per evitare mazzi di fiori e lumini (che dovrebbero provare cosa di preciso non si sa) si faccia di Maduro quel che si doveva fare anche di Ceauseascu, si faccia a pezzi lui e famiglia e li si intinga nell' acido solforico. Con i Romanov funzionò abbastanza, purtroppo ora che hanno avuto sepoltura qualcuno porta rose e fiori , il che dimostra tantissime cose (???) Sempre meglio di quella ridicola trovata di resurrezione con cambio liquidi , roba da faraoni dell' eta del bronzo.


Ma, forse proveranno che il popolo li esecrava e li esecra...

E che é contento che siano stati massacrati e di come il popolo stesso vive ora...

(Intendo dire i Ceausescu; dato che i Romanov immagino abbiano i fiori del ricchissimo clero ortodosso; non certo del popolo; che invece, contro quanto vorrebbero ad ogni costo le attuali autorità costituite, li porta a Stalin).
#613
Citazione di: Freedom il 25 Febbraio 2019, 17:36:23 PM
Penso che col comunismo praticato nei cosiddetti Paesi dell'est, nonostante i suoi limiti, che furono tanti e alcuni inaccettabili, la gente stesse sostanzialmente meglio di come stia oggi, sotto il giogo di questo capitalismo d'accatto, spietato e disgustosamente avido. Questo, a mio modesto avviso, può spiegare i fiori sulla tomba di Ceausescu . Che rimane, a me pare, una persona esecrabile. Dittatore inflessibile (ma questo aspetto irricevibile è condiviso con tutto il cosiddetto comunismo reale), di dubbia moralità (ricordo con disgusto la sua cameretta da letto nella quale filmava le performance sessuali di tutti, figli compresi!),  si era fatto amante anche la famosissima ginnasta Nadia Comaneci, aveva parecchi conti all'estero. Io andai in Romania da bambino e ricordo perfettamente che la dittatura era negli occhi della gente non nella propaganda occidentale.

Citi anche Milosevic ma, se non ricordo male, lui si distinse nella pratica della pulizia etnica.  O sono stato abbindolato da fake news?




Altro che "fake news": balle disgustose (e confezionate pure con particolare maldestraggine)!

Ceausescu aveva tanti di quei conti all' estero che per cercare vanamente di fargliene confessare almeno qualcuno lo hanno dovuto torturare fino alla morte!
Quanto poi alle altre schifezze inventate di sana pianta si commentano da sole (perché non inventare anche che era un vampiro che beveva ogni notte il sangue caldo di una giovane vergine? L' ubicazione era oltretutto "consona"!), dicendola lunga sulle qualità "umane" (ma anche sugli argomenti reqali, che evidentemente difettano assai...) dei denigratori del socialismo reale.

Evidentemente da bambino ti sei imbattuto in reazionari nemici del popolo che speravano di acquisire vergognosi privilegi sulla pelle dei loro compatrioti (appena vedevano dei turisti occidentali gli si precipitavano incontro come le mosche sulla merda: questa era "la gente" con cui avevano solitamente a che fare i turisti occidentali in Romania negli altri paesi socialisti).

E la cosa riguarda anche le presunte "pulizie etniche" di Miloscevic.
Le uniche pulizie etniche nella ex Jugoslavia le hanno subite i Serbi da parte dei fascisti Croati (e non dei Croati), dei fascisti Musulmani Bosniaci (e non dei Musulmani Bosniaci) e dei fascisti Albanesi Kosovari (e non degli Albanesi Kosovari).
E la Serbia é tuttora l' unica repubblica ex-jugoslava ove vivono, pienamente rispettate e godendo dei medasimi diritti dei Serbi stessi, consistenti minoranze di altre popolazioni  (Croati antifascisti, Musulmani Bosniaci antifascisti e Albanesi Kosovari antifascisti, abitanti in Serbia dai tempi della Jugoslavia o anche ivi fuggiti durante le guerre e pulizie etniche imperialistiche successive per evitare le persecuzioni e lo sterminio da parte dei loro connazionali fascisti al potere nelle rispettive repubbliche).
Di falsificazioni e vere i propri capovolgimenti delle verità storiche altrettanto vergognose conosco solo quelle delle foibe (dove i fascisti Italiani gettavano gli Sloveni e i Croati, specie se antifascisti; ancor più se partigiani; e anche partigiani Italiani dei molti che combattevano valorosamente col Maresciallo Tito) e  della presunta "pulizia etnica" degli "Italiani di Istria e Dalmazia".
#614
Tematiche Spirituali / Re:Lo spirito privo di sensi
25 Febbraio 2019, 17:14:57 PM
CitazioneCitaz. sari:

Mah!...una riflessione direi, indimostrabile come lo è l'esistenza della 'materia'...o dello 'spirito'...  quindi non se ne può 'pretendere' una dimostrazione, non di più che pretendere la dimostrazione dell'esistenza della 'materia' o dello spirito...infatti l'a-priori di tutto non può essere che la percezione, la quale assume per certo ciò che le è "consuetudine" e ripetizione...



Percepiamo "cose materiali" e "cose mentali".

Questo mi sembra indubbio (se e quando accade che percepiamo).

Poi per spiegarci quanto percepiamo possiamo pensare diverse ipotesi non dimostrabili, non esenti da dubbi (ma comunque interessanti -quale più quale meno- se considerate in quanto tali, cioé se non prese come certezza apodittiche quali non sono ma come ipotesi esplicative).
#615
Tematiche Spirituali / Re:Lo spirito privo di sensi
25 Febbraio 2019, 16:34:47 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2019, 16:13:39 PM
Questo denoterebbe una maggiore saggezza degli antichi già consapevoli che scienza e filosofia hanno ambiti conoscitivi diversi. Il senso del discorso filosofico è etico, non ontologico.


Dissento.

Le sciocchezze irrazionalistiche di Max Plank citate da Kephas alla fine della pagina precedente, dalle quali é ripartito questo "capitolo" della presente discussione dimostrano a mio avviso chiaramente che di ontologia é meglio parlino i filosofi, piuttosto che gli scienziati, anche grandissimi nel limitato orticello di loro competenza.