A Sariputra a Lou
Come può essere, la verità, indipendente dal pensato se anch'essa è un pensato (e lo è necessariamente)?
Bisognerebbe allora almeno dire qualcosa sul rapporto che lega la verità al soggetto che la pensa, e
magari arrivare a dire il "perchè" un pensato non equivale all'altro (cioè perchè un pensato è vero e un
altro è falso).
Ma non si può prescindere dal fatto, inoppugnabile, che la verità è un pensato.
Proprio Kant, ritengo, può dirci qualcosa su questo "perchè" un pensato non equivale all'altro, e ce lo
dice con il concetto di "cosa in sè" (che non so se coincida con l'"essere" affermato da Lou...)
La cosa in sè è per Kant la verità oggettiva; è quel qualcosa che, pur pensato, "esiste" anche senza il
pensiero che lo pensa.
Proprio tale mera "esistenza" fa sì che quel "qualcosa" (la cui affermazione è affermazione di verità) non
sia una costruzione del soggetto che lo pensa (come sarà per l'Idealismo), ma sia qualcosa che "è".
Pur nella radicale inconoscibilità ultima di questo qualcosa (in quanto pensato), rimane però un residuo
di conoscibilità nella "catena segnica" degli interpretanti che hanno pensato questo qualcosa.
Questo vuol dire che la "catena segnica" può essere "percorsa", cioè vuol dire che della verità è possibile
conoscere almeno la "direzione".
saluti
Come può essere, la verità, indipendente dal pensato se anch'essa è un pensato (e lo è necessariamente)?
Bisognerebbe allora almeno dire qualcosa sul rapporto che lega la verità al soggetto che la pensa, e
magari arrivare a dire il "perchè" un pensato non equivale all'altro (cioè perchè un pensato è vero e un
altro è falso).
Ma non si può prescindere dal fatto, inoppugnabile, che la verità è un pensato.
Proprio Kant, ritengo, può dirci qualcosa su questo "perchè" un pensato non equivale all'altro, e ce lo
dice con il concetto di "cosa in sè" (che non so se coincida con l'"essere" affermato da Lou...)
La cosa in sè è per Kant la verità oggettiva; è quel qualcosa che, pur pensato, "esiste" anche senza il
pensiero che lo pensa.
Proprio tale mera "esistenza" fa sì che quel "qualcosa" (la cui affermazione è affermazione di verità) non
sia una costruzione del soggetto che lo pensa (come sarà per l'Idealismo), ma sia qualcosa che "è".
Pur nella radicale inconoscibilità ultima di questo qualcosa (in quanto pensato), rimane però un residuo
di conoscibilità nella "catena segnica" degli interpretanti che hanno pensato questo qualcosa.
Questo vuol dire che la "catena segnica" può essere "percorsa", cioè vuol dire che della verità è possibile
conoscere almeno la "direzione".
saluti