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Messaggi - PhyroSphera

#601
Citazione di: Socrate78 il 28 Luglio 2023, 15:12:50 PMEbbene, leggendo i Vangeli in maniera obiettiva io credo che si possano notare gravi contraddizioni nel delineare la personalità autentica di Gesù, poiché vi sono passi in cui Gesù sembra essere molto duro, severo, intransigente (direi spietato nei giudizi, come se mandasse tutti all'Inferno) ed altri invece in cui prescrive un'abnegazione estrema, una bontà spinta sino al sacrifico estremo.
Ad esempio si leggono queste parole tremende: "Crediate che io sia venuto a portare la pace sulla Terra? No, vi dico, la DIVISIONE. D'ora in poi si schiereranno fratello contro fratello, madre contro figlio, e suocera contro nuora!" , "Chi ama suo padre, suo fratello, sua madre più di me non è degno di me" (sembra il Dio geloso dell'Antico Testamento) in altri passi invece si legge: "Beati i miti di cuore, poiché erediteranno la Terra", "Dai a chi ti domanda, se una persona chiede di fare con te un miglio tu fanne anche due", ma i due modi di esprimersi sono a mio avviso inconciliabili, poiché nel primo esempio si nota un Gesù che di fatto vuole la divisione e alla guerra, nell'altro invece si nota un'altra figura che esalta la mitezza e l'amore. Sembrano due persone diverse. Non solo, Gesù in molti Passi sembra prendersela proprio con coloro che nella società del tempo erano considerati appunto apprezzabili e buoni (gli scribi e i farisei) e proferisce terribili parole verso di loro affermando che si autoingannano e che tutto quello che fanno lo fanno solo per l'ammirazione altrui (diciamo pure per narcisismo usando un termine moderno) e dice chiaramente che i peccatori (pubblicani, ladri e prostitute) precederanno i farisei (cioé i GIUSTI per la società del tempo) nel regno dei Cieli, sembra quasi significare che è meglio restare nella condizione di peccato proprio per non inorgoglirsi, e quindi in questo senso avrebbero quasi ragione i protestanti ad affermare che le opere non salvano l'uomo, ma salva solo la fede in Cristo.
Ora, sinceramente io resto molto perplesso, poiché mi sembra quasi che esista una sovrapposizione tra due Gesù diversi, uno mite e l'altro invece assolutamente intransigente, spietato nei giudizi e che sia quindi molto difficile stabilire quale sia la verità.
Quindi mi chiedo: è possibile che i detti di Gesù siano stati falsificati in parte nel redarre i Vangeli (per esigenze teologiche, sociali o politiche) e che quindi per questo ci siano contraddizioni così gravi?

La redazione dei Vangeli obbediva a esigenze di fede e per questo non fu neutrale ma invece di parlare di falsificazioni si dovrebbe dire di persuasioni (io penso che erano giuste).

Mauro Pastore 
#602
Tematiche Spirituali / Re: Uomo-Io, Dio-Sé
18 Settembre 2023, 22:44:52 PM
Citazione di: Ipazia il 18 Settembre 2023, 21:47:54 PMMica solo i marxisti ma pure antropologi, filosofi, psicologi, affermano, avendo ottimi argomenti anche di tipo pratico, che l'uomo è animale sociale, zoon politikon. Vogliamo coinvolgere nel complotto anticristiano pure Aristotele ?

La società è fatta dai suoi membri, non i membri dalla società.

Mauro Pastore 
#603
Il mondo contemporaneo è attraversato da una forte spinta anticristiana. Dall'Illuminismo a Nietzsche ed oltre, tale spinta è stata sostenuta dall'idea che il movimento cristiano iniziasse in dipendenza dalla figura storica di Gesù di Nazareth, giudicata peraltro inadatta o indegna.
La realtà però è diversa. La testimonianza biblica attesta all'inizio del cristianesimo esperienze interiori e dirette della Divinità, espresse con esplicito antropomorfismo ma senza ausilio di una figura storica, bensì solo ideale. Si trova infatti nella Bibbia l'esempio di Paolo, la celebre visione in occasione della caduta da cavallo e la nota dichiarazione di aver ricevuto il Vangelo non da un uomo ma direttamente da "Cristo".
Chi avverso alla fede cristiana, al pensiero che essa sia stata descritta nelle Lettere paoline protesta ancor più vigorosamente, dando un ritratto falsato del contenuto di esse. Difatti si scambia l'alternativa teologica tra spirito e carne per una opposizione antropologica, senza capire che si tratta della necessità di basare la propria vita su Dio, non sul mondo stesso; e si trasformano raccomandazioni affatto relative in assolute, sicché per esempio se a taluni si spiega della non necessità del matrimonio se non in caso di incapacità a farne a meno, si fa conto di una obbligatorietà, oppure se si invita all'astinenza invece di controproducenti forzature, si fa conto di una rinuncia...
Purtroppo a far lega coi nemici che fraintendono i messaggi cristiani sono proprio vaste e ancora determinanti parti del clero sedicente cristiano, che hanno scambiato la spiritualità e religione cristiana per una negazione della pienezza della vita.

Mauro Pastore
#604
Tematiche Spirituali / Re: Uomo-Io, Dio-Sé
18 Settembre 2023, 14:57:52 PM
Citazione di: ricercatore il 15 Settembre 2023, 13:03:59 PMJung individua due istanze dentro ogni essere umano:
- l'Io, ovvero l'Ego, che ci dona identità e che vive nel tempo
- il Sé, ovvero la parte inconscia che sovrasta l'Io e che vive in una dimensione a-temporale

Coloro che si identificano nel loro Io non "vedono" il Sé.
Ma coloro che riescono a distaccarsi dal loro Io, riescono a scovare l'esistenza del Sé (infatti se riesco a distaccarmi dall'Io, "io" non sono più "Io", dunque chi sono?)

Jung rilegge la storia di Cristo usando queste immagini.
Il sacrificio di Gesù in croce rappresenta la disidentificazione dell'Uomo dal proprio Io: compiendo un gesto libero e volontario di rinuncia ad un proprio vantaggio, l'Uomo si distacca dal proprio "Io" e riesce a scorgere la Luce del Sé.
La resurrezione è la consapevolezza ottenuta a seguito di questo sacrificio.

Questa visione delle cose (forse più vicina allo gnosticismo e alle filosofie orientali) nasconde un grandissimo pericolo: l'Io si potrebbe identificare nel Sé e perciò, anziché essere Figlio di Dio si diventa il Diavolo in persona.
Ciò avviene quando ci si rifiuta di ammettere che il Sé è inconscio e si pretende - in modo arrogante - di conoscere già tutto ciò che c'è da conoscere.

E' per questo che la Chiesa preferisce lasciare Dio all'esterno dell'Uomo piuttosto che al suo interno: conoscendo che cosa esiste dentro l'anima umana e di che cosa può essere capace un'uomo, è una scelta effettivamente molto più prudente. Ma la verità, a me, sembra l'altra.

Io ed ego in psicologia non sono la stessa cosa. Sicuramente se per Io intendiamo ego, dunque è necessario non identificarne; e se correliamo a questa nozione dell'Io il Sé, non stiamo indicando il vero Sé...
Proviamo quindi con le classiche nozioni psicologiche; l'Io quale centro della coscienza corrisponde all'identità; invece al Sé, la cui dimensione fondamentale è inconscia, è legata l'individuazione...
Il tuo prospetto peraltro è in analogia con certi modi, in realtà antipsicologici, di considerare l'identità a sèguito di una indistinzione con la collettività. In realtà per l'identità basta il riferimento all'Io, mentre per la individuazione è necessario integrare l'Io con il Sé, ma tale processo non ha inizio dalla collettività ma dalla stessa individualità. Ciò è del tutto ovvio ma nella cultura esiste purtroppo un odio verso le esplicitazioni psicologiche e in generale verso l'esistenza di specifiche formulazioni psicologiche, sicché si tende a spostare sia i significati che i termini, verso modalità che rendono impossibile la comunicazione culturale. È questo un obiettivo perseguito da chi non vuole o non può accettare riferimenti culturali alla mente; e tra i volontari negatori vi sono i fanatici e intolleranti materialisti, che follemente rifiutano la considerazione psicologica, nonché gli avversari della nostra cultura, che vogliono privare dei significati psicologici. Nella pratica si tratta del marxismo e dei suoi alleati esterni, che portano avanti un'idea della realtà assai vicina a quella che si può trovare nelle superstizioni orientali od orientaleggianti, secondo cui esisterebbe una collettività che non sia una pluralità di individui ma una materia indistinta alla base delle esistenze singole. Tale idea imita il pensiero di un Essere Superiore origine di tutte le cose, pensiero sostituito dall'illusione di una materia unica che sarebbe anche delle cose stesse... I junghiani a questo proposito parlarono di inflazione dell'Archetipo della Grande Madre, di una sopravvalutazione del suo potere e della sua funzione. Quando il suo simbolo è ridotto a segno, si fa conto che il distacco dall'Io debba essere anche un oblio. Si tratta di un disastro non solo culturale.

Mauro Pastore

#605
Citazione di: Eutidemo il 15 Settembre 2023, 12:08:38 PM
Nei Vangeli di Matteo e di Marco, scritti in "greco", tale esclamazione viene "tradotta"  in modo univoco e corretto; sebbene la sua pronuncia venga riportata in maniera non del tutto identica dai due evangelisti.
***
A questo punto, però,  occorre chiarire alcuni punti, circa il "significato" di tale esclamazione di Gesù sulla croce; la quale, in genere, viene interpretata come un "momento di abbandono" e di comprensibile "angoscia".
***
Ed infatti:
1)
Gesù era un "Rabbi", cioè un "maestro" delle scritture sacre.
2)
I "Rabbi" usavano (e tutt'ora sovente usano) citare soltanto "i versi iniziali" di un salmo biblico per richiamarlo, però, nella sua "interezza".
3)
Costituisce, quindi, un gravissimo errore interpretare "i versi iniziali" di un salmo biblico citati da un Rabbi, soltanto nel loro specifico ed "autonomo" significato, senza considerare quello che dicono "i versi successivi" ed "esplicativi" dell'intero salmo.
Soprattutto quando "i versi iniziali" sono formulati come una "domanda" che attende una "risposta".
***
Ciò chiarito, almeno secondo me, le parole "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", più che una "esclamazione fine a se stessa", vanno intese come una testuale "citazione rabbinica" di Gesù dei "versi iniziali" del salmo 22 (21); per cui è a quello, nel suo complesso, che Gesù intendeva riferirsi, e non ai singoli versetti iniziali considerati in modo indipendente!
***
Ed il significato complessivo del salmo 22 (21) costituisce una risposta ai suoi versetti di "abbrivio" formulati sotto forma di domanda!
Ed infatti, alla "domanda" formulata nei versetti iniziali "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", più avanti, nello stesso salmo, leggiamo: "Tu mi hai risposto! Perché (Dio) non ha disprezzato né disdegnato l'afflizione del misero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto."
***

Interpretare l'episodio dal punto di vista di Gesù stesso non conduce al significato cristiano dei fatti in questione. Ciò che accadde a Gesù fu considerato da taluni un segno della nuova religione sopraggiungente ma non dallo stesso Gesù. Dunque questi pensava all'intero salmo, altri pensarono di isolare la sua affermazione; e questa nei Vangeli si trova isolata. Che dire? Che il cristianesimo non nacque dal pensiero di Gesù, anzi originò secondo idealità diverse. Si trattò di un rapporto soggettivo? La valutazione dei fatti differisce a seconda di scopi e destini. Pensando entro la prospettiva ebraica, che era quella dello stesso Gesù, non si poteva giungere alla valutazione che fu invece alla base del cristianesimo. Quest'ultima nasceva da una constatazione, non da una semplice attribuzione soggettiva; tuttavia tale constatazione era ed è dipendente da una prospettiva, sicuramente universale ma comunque non unica.
La interpretazione ebraica dei fatti esiste ed è possibile ma non conduce a conclusioni di per sé rilevanti. È utile ricordare che la riflessione su Gesù di Nazareth ha messo in luce che la sua vicenda interpretata secondo la dottrina ebraica non rappresentò nulla per l'ebraismo, essendo stata importante per esso solo a causa dell'interessamento cristiano; né odiernamente le cose risultano cambiate.
Con la tua riflessione ti sei collegato alla religiosità ebraica allontanandoti da quella cristiana, ma è una strada priva di sbocchi.
La ricerca ha mostrato che il cosiddetto Gesù storico non coincide col "Gesù teologico", pur essendoci corrispondenza tra storia e fede. Questo in pratica significa che nel cristianesimo "Gesù" è una figura ideale, relazionabile con una figura storica (Gesù di Nazareth), essendovi però una differenza tra il piano storico e quello ideale, che non sono omologhi.
Gli studi hanno mostrato inoltre che la religiosità cristiana non nacque in dipendenza dalla vicenda di Gesù di Nazareth, ma autonomamente, essendo ciò comprensibile attraverso gli scritti biblici attribuiti a Paolo.
Quindi, nota quanto è peregrina la condizione culturale, in verità diffusissima, che la tua riflessione è andata a toccare.

Mauro Pastore

#606
Citazione di: Eutidemo il 12 Settembre 2023, 12:28:46 PM
Il titolo di questo "post" è, ovviamente, un po' "provocatorio", perchè, in "matematica", 1 x 1 è "uguale" a 1; però, in "geometria", le cose sono un po' diverse.
***
Si dirà che non è lecito confondere la "matematica" con la  "geometria"; ma allora perchè in "matematica" si dice che "1 x 1" è "1 al quadrato" e  che "1 x 1 x 1" è "1 al cubo")?
Mi pare che la "commistione" già ci sia nello stesso linguaggio dei matematici!
***
D'altronde, l'"1", a differenza del dio Proteo, può assumere "nature diverse", pur mantenendo la "stessa forma".
***
Ed infatti, l'"uno":
- oltre ad avere una natura "matematica", laddove viene chiamato "numero";
- ha un'altrettanto riconosciuta  natura "grammaticale", laddove viene invece chiamato "articolo".
***
Però "uno scoiattolo" grammaticale rimane pur sempre "1" di numero.
***
Gli altri "numeri", invece, pur essendo usati allo stesso modo per identificare la quantità delle entità fisiche in considerazione, non diventano mai grammaticalmente degli "articoli".
***
Bizzarrie delle convenzioni e della semantica umana!
***
Ma, per tornare alla "matematica" ed alla "geometria", possiamo tranquillamente dire che "un lato", nel caso di un poligono come il "quadrato",  non è altro che "un segmento" che congiunge due vertici consecutivi mantenendo sempre la stessa lunghezza; però sempre  "un segmento" rimane, e non per questo cambia certo natura.
***
Cioè:
- così come una "donna" che si sposa, in rapporto al marito viene denominata "moglie", e, anche se assume il cognome del marito rimane, sempre la stessa donna di prima;
- allo stesso modo un "segmento" che "si sposa" ad angolo retto ad altri tre "segmenti" della stessa lunghezza, in rapporto al "quadrato" così formatosi, viene denominato "lato", ma rimane sempre lo stesso "segmento" che era prima.
***
Tutto questo ozioso e noioso sproloquio, mi è servito per giungere a spiegare il titolo paradossale di questo "post"; e, cioè,  che se in "matematica", 1 x 1 è sempre "uguale" a 1, però, in "geometria", le cose sono un po' diverse, in quanto, almeno "in un certo senso", 1 x 1 è "uguale" a 4.
***
Ed infatti moltiplicando "un segmento" per sè stesso (1 x 1), non otteniamo un altro singolo "segmento", bensì 4 segmenti che si incontrano a 90 gradi:
***
Al che si potrebbe obbiettare che, a rigore, io non moltiplico affatto "un segmento per sè stesso", bensì "un lato per un altro lato" (sebbene identici per lunghezza);  e, comunque, noi otteniamo lo stesso il numero "1": cioè "UN quadrato" (o meglio, la sua area)!
Il che è verissimo, ma, secondo me, è un modo diverso per dire la stessa cosa; ed infatti, se io dico di moltiplicare "un metro per se stesso", ovvero dico di moltiplicare "un metro per un altro metro", il risultato non cambia (è sempre il risultato di 1 x 1)!
E "UN quadrato" ha comunque un perimetro costituito da "4 diversi segmenti", chiamati, per convenzione, "lati"; quindi "il quadrato" è diverso  () dal "segmento" da cui è partita l'esposizione a potenza (1 x 1 1), anche sotto il profilo della mera definizione geometrica.
***
                                                CONCLUSIONE
Con il presente post, non ho inteso dimostrare assolutamente "niente"; trattandosi solo dei "pensieri oziosi di un ozioso" (ed anche un po' rimbambito, a dire il vero).
Ho solo voluto mettere in evidenza come, da un "mix" di "matematica", di "geometria" e di "grammatica", possano scaturire singolari oziose riflessioni di carattere "semantico".
Tutto qui! ;)
***


È emblematico del tuo ragionamento il fatto che tu vorresti sostenere che in fin dei conti un quadrato è fatto di quattro segmenti e solo teoricamente di quattro lati. In realtà è vero il contrario: dire di segmenti non è una descrizione ma una astrazione. Nella realtà il quadrato ha un perimetro (non quattro segmenti accostati) e un'area interna e il perimetro ha quattro lati che non sono segmenti perché il perimetro è continuo... Quattro segmenti messi a forma di quadrato propriamente non sono un vero quadrato. Se tu consideri ogni lato un segmento, la tua vale come considerazione non come descrizione del quadrato. 

Mauro Pastore 
#607
Tematiche Filosofiche / Re: Credete nel libero arbitrio?
14 Settembre 2023, 16:06:20 PM
Citazione di: Socrate78 il 25 Dicembre 2020, 17:21:25 PMPersonalmente credete che l'uomo è in qualche misura libero (al netto dei vari condizionamenti) oppure pensate che tutto è fatalisticamente determinato? Nella prospettiva deterministica ogni azione è il risultato di ciò che è accaduto nel passato in un meccanismo inesorabile di causa e di effetto: io stesso non sarei quindi libero di scrivere nemmeno in questo post, ma la mia decisione di scrivere sarebbe il risultato di forze che determinerebbero il mio agire, su cui non potrei esercitare nessun controllo.
Laplace infatti (teorico del determinismo) scriveva che se noi conoscessimo perfettamente tutte le forze che operano nella natura e le loro interazioni potremmo prevedere ogni movimento di tutti gli atomi, che sarebbero quindi prevedibili in quanto determinati: nella natura in una visione simile non c'è spazio per nulla di indeterminato, ed Einstein condivideva la stessa teoria perché usò l'espressione "Dio non gioca a dadi", ad intendere che ogni azione è il risultato di forze deterministiche.
Tuttavia la fisica quantistica sembra lasciare spazio anche al libero arbitrio. Infatti nel mondo quantistico la posizione di una particella quantica viene determinata dall'osservatore, prima dell'osservazione essa si trova in una condizione di indeterminazione, può trovarsi ad esempio sia nel punto A che in quello B: nel momento in cui noi la osserviamo essa assume una posizione ben precisa. Di conseguenza siamo NOI a decidere dove la particella deve trovarsi, e quindi ciò indica che siamo noi a controllare la natura stessa e non siamo semplicemente burattini!
Ora esaminiamo quali sono le conseguenze della negazione del libero arbitrio. Dal punto di vista etico, le conseguenze a mio avviso sono disastrose, poiché verrebbe negata qualsiasi responsabilità per le mie azioni, che sarebbero solo il frutto di condizionamenti e di forze che agiscono su di me e su cui non ho nessun potere: se ad esempio io sono destinato a diventare un assassino, non avrei nessuna responsabilità per i miei crimini, poiché sarei stato semplicemente programmato ad agire in una certa direzione.
Non avrebbe quindi senso parlare di colpa, di punizione, e la nozione stessa di diritto, basata sulla responsabilità individuale, perirebbe completamente.
Quindi è preferibile credere che ci sia lasciata una certa libertà di scelta, nonostante gli innegabili pregiudizi e condizionamenti culturali, sociali e mentali.
Voi tendete a negare il libero arbitrio oppure preferite crederci?


Il tuo ragionamento su arbitrio e principio di indeterminazione lascia il tempo che trova. L'indeterminazione scoperta dai fisici si conosce attraverso il ruolo dell'osservatore nell'esperimento, ma esiste indipendentemente dall'esperimento. Sicuramente gli scientisti che usavano la fisica per dimostrare un determinismo assoluto sono stati seccamente smentiti, nonostante molti tentino di affermare diversamente per vie traverse. Esiste una indeterminazione nella materia! Dal punto di vista psichico, è un altro risultato della scienza l'affermazione dell'esistenza di una arbitrarietà della nostra mente. Questa è un vissuto che si può verificare scientificamente. Semplicemente, esistono volontà indotte e volontà non indotte, queste ultime attestano una libertà dell'arbitrio. Attenzione però! Non esiste solo la fisica dell'indeterminazione e, appunto, non esistono solamente volontà non indotte... Resta così da capire se in senso generale il nostro arbitrio sia libero o no.
Per quanto ne so, posso dire che ad esser decisiva per la discussione filosofica sull'arbitrio fu una disputa teologica, quella celebre tra Lutero ed Erasmo. Quest'ultimo tendeva a risolvere la questione nell'umanesimo mentre Lutero al contrario mostrava la irriducibilità di essa in termini mondani, inoltre a differenza del suo avversario non procedeva assieme alla filosofia. Sta di fatto che solo se rapportiamo il nostro arbitrio a Dio si aprono degli orizzonti speculativi e conoscitivi assai distinti e adatti a conclusioni generali. La nettezza e chiarezza delle argomentazioni luterane erano superiori alle erasmiane. Ma già prima di Lutero, l'altro riformatore Zwingli aveva affrontato l'argomento con gli stessi risultati. Il fatto che Dio sia eterno e che provveda implica una limitazione al nostro arbitrio, che non può essere, in senso generale, libero. Ma tale conclusione non poteva fare breccia nella filosofia. I cattolici evitarono la rotta riformulando le proprie tesi, ma ciò accadeva solo dopo una Rimostranza, dentro il protestantesimo, ad opera del teologo riformato Arminius, che pur accettando le conclusioni protestanti mostrava la possibilità e necessità di una descrizione dal valore antropologico, per la quale si potette tornare a parlare di libero arbitrio negli ambienti religiosi senza finire fatalmente smentiti. La discussione continuò furiosamente, con una condanna da parte di intransigenti protestanti contro gli arminiani, i quali tuttavia guadagnarono con gli anni, i decenni e i secoli la maggioranza dei consensi proprio nella Riforma.
Perché ho dato queste informazioni storiche? Perché questa vicenda teologica, considerata nella sua interezza, mostra, oltre che una imprescindibile conseguenza scaturita dalla riflessione su Dio, la quale impedisce di sostenere assolutamente l'esistenza del libero arbitrio, anche una altrettanto imprescindibile necessità, legata anche alla riflessione sulla nostra condotta umana, di dover riconoscere una restante ineludibile libertà del nostro arbitrio, non nei suoi fondamentali rapporti con Dio, ma col mondo. In verità né il mondo protestante né quello cattolico hanno del tutto accantonato la discussione, che riguarda l'etica oltre che la religione; eppure in questo ultimo àmbito non esiste più nulla di assolutamente incompatibile tra le parti in causa, che organizzano le divergenze o i contrasti solo secondo l'esigenza di chiarirsi i rapporti con Dio quindi col mondo...
La filosofia è stata lanciata in una analoga discussione proprio dalla discussione teologica, avendo avuto il merito quest'ultima di porre in condizione i filosofi di dare un senso alle elucubrazioni già prima esistenti in materia. Ma non tutti gli ambienti della filosofia e della cultura hanno accettato il ruolo della teologia. In particolare i diverbi nati su base scientifica hanno segnato negli ultimi decenni i confronti. Cosa c'è da dire a riguardo? Che tali diverbi, nella loro indistricabile opposizione, segnano la necessità di riconoscere un àmbito proprio alla stessa discussione, legato cioè alla riflessione sul Principio Assoluto ovvero Dio. Insomma senza fare i conti con la teologia, per quanto fumosa o insostenibile possa apparire essa a molti, non è possibile offrire nessun tipo di risultato a favore dell'una o dell'altra tesi sull'argomento; e se discussione e risultati sono necessari, ed in definitiva la sono anche per la politica, allora è pure necessario riconoscere alla spiritualità e alla religione una funzione insostituibile anche per la ricerca intellettuale. E' stata peraltro una conclusione di alcuni psicologi l'aver definito la immancabile presenza di un riferimento a qualcosa di assoluto nel definire qualcosa sull'arbitrio; e tale riferimento non si risolve nella stessa psicologia anzi si realizza a partire da altro.
Questo si deduce avvalorando la disputa teologica tra cristiani sull'arbitrio: che questa non ha avuto esiti assoluti, e che tutte le altre sullo stesso argomento non possono fare a meno di rifarsi alla teologia per dire qualcosa di sensato... Non a caso gli Stati che agivano nell'orbita principale del cattolicesimo o del protestantesimo giungevano a soluzioni etiche diversificate ma non opposte, ed anzi quelli legati alla ortodossia cristiana si trovavano a conciliarle o ad averle già conciliate, a modo proprio; ma lo stesso potrebbe dirsi in relazione a islam, ebraismo, buddhismo, induismo... anche se in materia l'interesse maggiore è stato nei rapporti tra cristiani riformati e non riformati... E questo significa che non si può ridurre tutto a formulette logiche o a rigidi ragionamenti... Ed è questa la conclusione cui dovrebbero giungere tutti i filosofi, ma anche gli scienziati, e con questi i tecnici: per discutere sulla cosa bisogna volgersi a contemplare la totalità e l'infinito, secondo metodi che la filosofia da sola non può garantire; perché se si vuol stabilire qualcosa sulla libertà bisogna confrontarla con la massima grandezza possibile per il nostro intelletto.
La ambivalenza delle dichiarazioni di Arminio, pubblicamente diviso tra cattolici e riformati, la intolleranza di Lutero, la ostinazione di Erasmo, sono per il mondo filosofico degli esempi tipici. Certo la disputa nella religione cristiana ha mostrato quale parte debole quella cattolica, liberista; ma l'esito non è stato la negazione della libertà. La politica ne seguì: nessuno Stato moderno occidentale ha costruito le proprie legislazioni postulando una responsabilità assoluta dell'uomo; a far da guida in questo processo di formazione furono i Governi dei Paesi che avevano scelto per sé la Riforma, che introdusse il Diritto alla Modernità. Ma ciò non segnò la fine delle visioni differenti, tantomeno della politica cattolica.
Attualmente la opposizione tra sostenitori o negatori del libero arbitrio è furiosa negli ambienti dominati da scientismi e tecnicismi. Per codesti ambienti varrebbe il riferimento a delle vere scienze e a delle vere tecniche, che rispettivamente affermano l'importanza pratica, anche per lo sviluppo del pensiero, del senso del sacro (si considerino antropologia, psicologia, sociologia), e negano la possibilità di una procedura tecnica priva di connotazioni rigorose che solo la scienza può fornire completamente. Ciò significa che bisogna tornare a valutare il rapporto con l'Assoluto, anche nella scienza giuridica e nelle tecniche dei processi... senza ostracizzare nessuna delle parti in causa nella discussione sull'arbitrio, ma senza restare nell'indefinitezza; infatti dei risultati sono stati ottenuti e bisogna solo prenderne atto.

MAURO PASTORE
#608
Storia / Re: IN CHE SENSO UNA STORIA CRISTIANA?
18 Luglio 2023, 13:43:49 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Luglio 2023, 06:52:26 AMMi sembra di intravvedere nel tuo post, phyrosphera, una negatività rispetto alla storicità del cristianesimo.
Forse ritieni migliore una religione fondata puramente su basi metafisiche?
Alla tua domanda di senso la teologia cristiana risponde con "il meraviglioso scambio", l'idea cioé che Dio(l'assoluto) si é fatto uomo (il relativo) per permettere all'uomo di elevarsi al suo livello.
Non è detto che "la teologia cristiana" che dici tu sia quella autentica. La risposta ricorrente, di individuare il cristianesimo attraverso la sola considerazione di Dio, è insufficiente.
Quanto alla metafisica, la chiami in causa a sproposito oppure non nella maniera giusta.

Mauro Pastore 
#609
Storia / IN CHE SENSO UNA STORIA CRISTIANA?
16 Luglio 2023, 22:34:44 PM
Ci si chiede spesso che senso abbia la storia cristiana, perché mai tanta assolutezza e tanta determinazione. In che senso la congiunzione di eternità e tempo in un evento? Proprio uno solo? E come sarebbe possibile? La risposta sarebbe a senso unico: Dio, onnipresente, non può avere rapporti particolari con il mondo. Senza negare che questa sia un'affermazione pienamente logica, se ne deve affermare però l'incompiutezza: si tratta di considerare anche la particolarità di un'altra eventualità, alla quale sono legati i bisogni della religione cristiana.
Invece che ripensare soltanto la vicenda dell'umanità con Dio, si deve ripensare pure l'accadere del negativo in relazione alla nostra storia. Insomma, al racconto di Dio e dell'uomo deve aggiungersi quello dell'umanità e del diavolo... Se ci si rende conto che il potere del negativo è nel mondo variamente esistente, nel tempo e nello spazio, allora si comprende pure che la religione di Cristo non serve sempre e dovunque né ugualmente.
Rimane il fatto che questa seconda vicenda, dalla quale dipende la presenza del Cristo, ovvero del Logos, è molto oscura e non precisabile in termini perentori; ma è pur vero che non è neanche inconoscibile.
Dunque le tradizioni cristiane non vanno trattate quali pretese impossibili; nel notare l'ignoranza restante si deve porre un'incognita non assoluta; non bisogna eccedere nel relativizzare le cronache storiche a disposizione di comunità e chiese cristiane.
Si deve inoltre avere la massima cura nella individuazione delle vere dottrine. Si scoprirà per esempio che la cosiddetta Incarnazione non è ritenuta dai teologi una esclusiva del solo Gesù di Nazareth: Lutero riteneva parte di essa anche il pane consacrato al rito; la più ampia dottrina ortodossa postula non un solo Gesù Cristo ma tanti; v'è un cattolicesimo che annovera tutte le cose come luoghi possibili della Rivelazione in Cristo. Tutto questo pare spalancare sorta di abisso dove niente più è certo, invece si scopre che c'è altro a fare da discriminante: la presenza del negativo.
Così si capisce per esempio come mai il Cristianesimo in Oriente è stato meno importante che per l'Occidente, a prescindere da accettazioni o rifiuti particolari.

In che senso una storia cristiana? Senza pretendere troppo, è possibile; e non è detto che quella che già veramente possediamo sia inadeguata...


Mauro Pastore
#610
Citazione di: niko il 07 Luglio 2023, 14:21:54 PMPer quello che se ne puo' sapere, l'evoluzione e' genuinamente casuale, poi i credenti in qualche dio restano sempre liberi di pensare che la potenza del loro dio sia superiore al caso stesso e anzi, che tramite il caso essa si manifesti, ma appunto, e' chi crede di avere un drago invisibile nel garage, a dover dimostrare che ce l'ha.


Non tutte le verità dipendono da dimostrazioni.

Mauro Pastore 
#611
Scienza e Tecnologia / Re: Chat GPT
11 Maggio 2023, 21:34:33 PM
Poco tempo fa, pubblicai su un forum di politica il seguente testo, che potrebbe esserti di aiuto: 


SULLA ATTUALE ILLUSIONE CIRCA L'ESTENSIONE DELL' USO DELLA INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Si dice con tanto clamore della Intelligenza Artificiale, come se questa fosse una novità; ma in verità le prime e rudimentali calcolatrici elettroniche erano già realizzazioni di Intelligenza Artificiale e quel che di nuovo sta accadendo è soltanto un allargamento delle applicazioni, dai calcoli numerici alle espressioni del discorso non solo matematico. Il fatto che si finga novità assoluta, è già un indice delle distrazioni ed illusioni che si stanno creando attorno all'argomento... In realtà una corretta considerazione della questione non può evitare di includere la logica constatazione che l'estensione dell'applicazione al generico discorso incorre in fortissime e decisive limitazioni nell'effettivo successo delle realizzazioni. Molti si illudono di essere agli inizi di una nuova rivoluzione tecnologica perché non hanno chiarezza di quale potrebbe essere l'utilità effettiva di tali sistemi artificiali. In pratica non potranno ottenersi risultati diversi da quelli di un potente motore di ricerca via Web e senza la ricchezza e la creatività che con tali ricerche si possono avere non prescindendo da un decisivo uso diretto, non artificiale dell'intelligenza umana. Al di là di portentosi e ricercati effetti apparenti, l'uso esteso dell'Intelligenza Artificiale si rivelerà un gran buco nell'acqua e invece di consistere in una rivoluzione sarà, se permarranno le illusioni, una involuzione del progresso sociale legato all'uso di nuove tecnologie. In presenza di tanti e ostinati illusi, coloro che non si lasceranno andare agli entusiasmi potranno cogliere nuove occasioni di autorealizzazione e si potrà beneficiare di un altro progresso, di tipo meritocratico e legato a un utilizzo creativo della stessa tecnologia, anche di quella informatica. Dal punto di vista della conoscenza della mente, va detto che risulterà del tutto impossibile riprodurre i funzionamenti di tipo dialettico e le riproduzioni dei funzionamenti di tipo meramente logico non riusciranno veramente utili per trovare reale beneficio dall'uso dell'Intelligenza Artificiale.

Mauro Pastore


MAURO PASTORE 
#612
È sconfortante notare come siano passati tanti decenni ormai dalla sua formulazione e il Principio di Indeterminazione venga ancora confuso per una mera condizione di inverificabilità, cioè per un non-principio.
Il fatto che in fisica in certe situazioni lo sperimentatore influenzi l'esperimento è indice di una interazione in cui non esiste un rapporto di causa-effetto ma un altro diverso; invece molti, forse la maggioranza anche negli ambienti della scienza, interpretano questo fatto come una dimostrazione dei limiti della sperimentabilità nella fisica. È evidente che per denotare questi limiti non sarebbe stato necessario formulare proprio nessun principio!
Una parte fondamentale della scienza fisica non solo è ignorata dai più, è anche fraintesa! A questo concorre, o forse a questo porta, anche una persuasione intellettuale ostinata, proveniente dalla speculazione filosofica o spesso in continuità con essa ma che a differenza di essa non sa presentarsi per provvisoria e relativa: la persuasione non solo che tutto abbia una causa ma che tutto sia anche determinato da cause e in particolare che lo sia la materia. Sono in tanti a ritenere che questa concezione sia una sola cosa con la scienza, eppure sono tanti gli studi scientifici che hanno descritto funzionamenti non consistenti in determinazioni causali; oltre agli studi di Heisenberg che portarono alla formulazione del suddetto principio, gli studi di Jung sul finalismo psichico.

Mauro Pastore
#613
Tematiche Filosofiche / Re: Positivismo
06 Maggio 2023, 20:46:30 PM
Il positivismo, per quel che si intende oggi, nasce dall'illusione di ottenere conoscenze positive dalla sola scienza. Non se ne trovano relazioni particolari col capitalismo, semmai utile è fare una ricerca sugli idoli soprattutto a prescindere dalla religione. Il positivismo ha dominato anche nel comunismo ed è assurdo che ancora non siano terminati i tentativi di fare della borghesia un capro espiatorio anche in riferimento ai disastri del positivismo, in verità ancora in atto indipendentemente dall'utilizzo generalizzato di sistemi economici capitalisti.
(Queste specificazioni le ho ritenute opportune specialmente per le tante assurdità tra i commenti qui.)

Mauro Pastore 
#614
Attualità / Re: Ontologia e disastri umanitari.
02 Maggio 2023, 13:30:28 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Aprile 2023, 15:35:40 PMLa mia critica alla critica è che Vattimo non si occupa solo di gender.
Con l'apertura della mia discussione io ho criticato l'impostazione di fondo del libro di Vattimo la quale non è sufficiente per risolvere i problemi che l'attualità ci pone sempre più pressanti. Definire i dintorni dell'essere è stato utile soprattutto per certi ambienti tanto lontani da un autentico senso della realtà ma ora più che mai c'è bisogno di altro, anche in rapporto alle tradizioni filosofiche da recuperare. Quindi ho fatto un esempio pratico e non l'ho posto come centro della discussione — neppure però esso è da ritenersi inutile o secondario.

Mauro Pastore 
#615
Attualità / Re: Ontologia e disastri umanitari.
02 Maggio 2023, 13:21:23 PM
Citazione di: Jacopus il 01 Maggio 2023, 21:37:10 PMPhyrosphera. Personalmente cerco sempre di riflettere seriamente su ciò che scrivo e facendolo cerco anche di rispettare le idee degli altri, senza mai pensare che ciò che gli altri scrivono, sia stato scritto in modo non serio, se l'intento è quello di scrivere seriamente. Detto questo, ti pongo il problema in un'ottica meno scientifica e più etica. Che diritto ha la società per decidere su un sentimento così profondamente identitario come l'identità di genere. Ma stiamo scherzando? Se volessi una società del genere me ne dovrei andare a sud di Pantelleria o a est della Vistola. Invece sono qui, in un paese (parzialmente) occidentale, e a giudicare dai rischi che milioni di persone si prendono per arrivarci, direi che è un posto migliore anche e proprio a partire dalla tutela di diritti come quello sull'identità di genere indipendentemente dall' identità sessuale. Ritengo questo diritto inscindibile rispetto a tutti gli altri diritti di una società complessa ed evoluta, come il divorzio, l'interruzione di gravidanza, la tutela dei diritti del malato e dei bambini e dei detenuti e dei tossicodipendenti, così come la tutela dei lavoratori. Si tratta di difendere o provare a difendere la dignità delle persone e di quello che essi sentono di essere. Quel loro sentimento è indotto dalla società? E allora cambiamo la società prima di voler correggere le persone.
La cosiddetta identità di genere non viene riferita all'identità reale. Il desiderio senza natura non rivela l'identità. Se ci si vuol riferire ai veri diritti bisogna conservare il riferimento alla realtà. I vostri appelli alla libertà sono fasulli anche se a volte sono mischiati a quelli veri e sono il segno di un disamore per la vita. Scegliere la finzione ai danni del corpo è quanto meno disamore per la vita.

Mauro Pastore