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Messaggi - iano

#616
Citazione di: Phil il 06 Maggio 2025, 15:14:12 PMNon so se sia solo un fraintendimento linguistico, ma per «costruire» (con-struire, "accumulare assieme") intendo comporre, usare elementi separati per creare un nuovo elemento (come con le lego o i mattoni, ma anche come differenti categorie costruiscono un paradigma). Ossia costruire è il processo inverso di isolare, identificare, etc. nel costruire molteplici elementi convergono in un'unità più "grande", il costruito, mentre nell'isolare-identificare un singolo elemento è estratto (o as-tratto) da una totalità più "grande" (uso le virgolette perché «grande» forse è termine inappropriato e generico, ma spero si capisca comunque il senso di ciò che intendo).
Per chiarire meglio come differenzio il costruire dall'identificare: se taglio una fetta da una torta, non costruisco una fetta, ma la isolo dalla totalità di cui fa(ceva) parte; così come se isolo il ragno da tutto ciò che vedo, lo identifico, non lo costruisco. Viceversa, se sommo in modo appropriato gli ingredienti "costruisco" una torta, così come se sommo differenti qualità del ragno ne costruisco la descrizione (e qui riemerge la dialettica fra ciò che vedo, fuori, e le categorie, dentro, con cui il visto viene identificato, fosse anche in modo fallace o illusorio).
Si tende, per economia di pensiero, a costruire col già costruito, ma il risultato rischia di essere chimerico, ritrovandosi con onde/particelle.
Il materiale di costruzione non manca mai, perchè qualcosa è stato già costruito.
La costruzione primaria, quella che si origina direttamente dalla realtà, per la quale il termine risulta etimologicamente improprio, potremmo dirla estrazione, ma anche qui la terminologia a disposizione non aiuta, per cui in ogni caso bisogna adattare vecchi termini a nuovi significati.
L'origine sta in una interazione primaria con la realtà del tutto incosciente, che da forma all'essere stesso interagente, secondo la casualità cui l'interazione è soggetta, e da cui gradualmente si sottrae in parte, che acquista coscienza gradualmente nel succedersi delle fasi di emergenza, una coscienza che prende il comando dell'interazione, relegando il caso in secondo piano.
Coscientemente noi non possiamo che costruire col già costruito.
La coscienza cresce insieme all'astrazione, che è astrazione di astrazione, anche se pure qui la terminologia non ci aiuta, se la intendiamo col suo significato originario, e dobbiamo quindi trarla ex novo dal contesto.
Qualunque termine usiamo coscientemente, costruire, estrarre , inevitabilmente connotiamo indirettamente in tal modo la realtà in modo pregiudiziale, ma purtroppo non possiamo inventarci termini nuovi che dai nostri pregiudizi siano epurati.

Inevitabilmente quanto inutilmente cerchiamo di rimandare la palla alla realtà, perchè la palla dalla realtà non si allontana mai, essendo il campo di gioco.

E anche qui quindi andrebbe precisato che quando parliamo di caso o determinazionismo, questi non sono attributi della realtà, ma i mattoni coi quali costruiamo di volta in volta un mondo capace agli effetti che relativamente ci riguardano, di stare al posto della realtà.
Secondo come mi ha istruito Alberto, porre la realtà dietro le quinte delle nostre rappresentazioni, significa mettere l'ontologia in panchina per sempre, lasciando il gioco alla sola epistemologia.
Siamo noi a dare significato al mondo, anche quando non  sappiamo di farlo, e questo ci rende possibile la sua comprensione,  anche quando ciò comporta operazioni designificanti inverse, difficili da percorre a ritroso, verso la fase dell'incoscienza, comportando ciò di disimparare tutto ciò che sappiamo, giungendo a quel nulla che è la realtà priva di sovrastrutture significanti.
#617
Non so se l'assoluto sopravviverà, venendogli a mancare il supporto dell'evidenza che ci regala la nostra percezione naturale, ma bisogna trovare il coraggio di relativizzarla, per camminare su più gambe, diverse, ma coordinate fra di loro nell'andare, una delle quali è la scienza.
L'assoluto in fondo cos'è, se non un modo dissimulato, stante il doveroso mostrare umiltà, di affermare la nostra divinità?
Perchè non può essere che un Dio quell'essere che a un impercettibile cenno delle sue palpebre si ritrova la realtà, in tutta la sua evidenza, prostrata ai suoi piedi.
Questo è solo il residuo del vecchio paradiso, da cui non siamo stati cacciati, ma da cui stiamo uscendo per gradi, riattivando quella evoluzione che nel paradiso era rimasta sospesa;
perchè un paradiso fatto solo per gli uomini, che per averne diritto quindi devono restare per sempre tali, qualunque cosa siano.
L'assoluto è l'eterna sospensione dell'essere dal divenire.
#618
Citazione di: Phil il 06 Maggio 2025, 11:23:48 AMIdentificare non è costruire; così come, di notte, dirigere una lampada verso un albero, lo illumina, lo manifesta nella nostra coscienza, lo identifica, ma non lo costruisce (se non lo illuminassimo, potremmo comunque sbatterci e farci male perché è realtà, a prescindere dal nostro identificarlo come albero, o abete, o tronco, o ostacolo, etc.).
Se da un continuo isoli funzionalmente una parte hai costruito un oggetto.
Assegnare identità a una parte di un continuo in ragione del mostrasi ciò funzionale alla nostra sopravvivenza (evitare direttamente di sbattere nella realtà, scansando indirettamente l'albero), significa costruire il mondo in cui viviamo, fatto di alberi, necessario alla nostra sopravvivenza, o meglio necessario per vivere attraverso esso indirettamente la realtà.
Ma questo è solo un esempio, perchè non è corretto, come mi facevi notare a proposito della coerenza, intendere come suoi propri i concetti attraverso i quali descriviamo e/o percepiamo la realtà, quindi la continuità o quantizzazione non sono proprietà della realtà, ma utili applicazioni che facciamo su di essa, di modo che essa ci apparirà, o riusciremo immaginarla funzionalmente, come continua piuttosto che quantizzata.
Ci sono secondo me buoni motivi ''filosofici'' per lasciare la realtà sullo sfondo della rappresentazione mondana, per il motivo che tutti quegli attributi che diamo all'oggettività, come l'esistenza di cose separate dalle altre, per quanto ciò faccia parte della nostra percezione sensibile, poi non riusciamo di fatto a dimostrarla.
Non riusciamo cioè a trovare l'esatto confine fra le cose, per quanto può convenire assegnarlo convenzionalmente, facendo una applicazione della matematica sulla realtà, talchè, quando di questa applicazione manchi la coscienza, possiamo credere quei confini come reali.
Dobbiamo epurare la filosofia da tutte le scorie della nostra percezione, non per sostituirvi qualcosa di più vero, ma per relativizzarla, come metodo fra tanti possibili di rapportarsi con la realtà.
Cioè, quando ricaviamo dati coi nostri strumenti e li interpretiamo, agendo di conseguenza sulla realtà, non stiamo facendo altro che diversamente percepirla, con l'avvertenza che quanto più avremo coscienza del processo, più astratto ci apparirà il risultato, e quanto meno ne abbiamo coscienza, come avviene per la percezione naturale, tanto più il risultato ci apparirà concreto.
La conoscenza è sempre un astrazione, ma non sempre dell'essere astrazione abbiamo coscienza, e la concretezza è un velo posto su questa coscienza.
Per quanto riguarda la percezione scientifica noi di questa concretezza ci sentiamo orfani, ma piuttosto che ammetterlo, diremo assurde le sue teorie, indipendentemente da quanto utili possano mostrasi, rivendicando in tal senso maldestramente a volte un primato della filosofia, facendogli un cattivo servigio, e solo per dissimulare la nostra irrazionale umana insoddisfazione.

Stiamo costruendo col sudore della fronte un nuovo paradiso in terra, immaginario, ma concretamente vivibile, dove la conoscenza non è più peccato.
#619
Citazione di: Alberto Knox il 06 Maggio 2025, 08:23:31 AMConosciamo solo le nostre costruzioni ma puoi dire che conoscendo solo le costruzioni conosci l oggetto al pari di come conoscendo che 6+2 fa otto equivale a scrivere 6+2=8?        Più in generale, se non c è distinzione fra costruzione conoscitiva e oggetto conosciuto in che cosa si differenza allora? Ci si ritrova a ridire che la mappa non è il territorio.
Si,  il mondo non è la realtà, cosi come la mappa  non è il mondo , secondo fasi di emergenza che susseguendosi producono maggiore astrazione, astrazioni di astrazioni in una successiva perdita di concretezza.
L'oggettività nasce da una fase di emergenza, nella successiva nascono le dozzine (dodici uova), dove un gruppo di oggetti diventano uno solo, ma diverso da ognuno di loro, meritandosi un suo nome, la dozzina appunto, e nella successiva nascono i numeri, che non si riferiscono a un gruppo di oggetti precisi, e perciò ogni gruppo possono contare, divenendo ''oggettivamente'' distinti da essi, meritandosi perciò a loro volta un nome tutto loro, ad esempio il dodici.
 Il mondo che cosi viene a crearsi è il nostro modo di vivere la realtà che si evolve insieme a noi.
#620
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMse la conoscienza è costruzione di concetto e esperienza allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. E questo non può essere vero.
In effetti io credo che noi possiamo conoscere solo le nostre costruzioni, perchè i dati che ricaviamo dall'esperienza sono lettera morta finché non gli diamo un significato, interpretandoli.
La realtà sensibile, cioè la realtà come ci appare, è il frutto di un lavoro di interpretazione sedimentato, per questo vedere equivale a comprendere, essendo il vedere il frutto di tutto questo lavoro,
essendo  questa immediatezza di comprensione il capolinea   di un duro e lungo lavoro evolutivo.
Quanto possa essere duro questo lavoro ce lo suggerisce il lavoro degli scienziati, che quella comprensione tentavano di ricostruire.
Un lavoro in cui non c'è nulla da capire, perchè la costruzione di una teoria equivale alla sua comprensione.
Se diciamo dunque di non comprendere è solo perchè ci aspettiamo di replicare l'immediatezza di cui sopra, restandone delusi, quando invece dovremmo rallegrarci di riuscire in qualche secolo a fare il lavoro che in milioni di anni ha fatto l'evoluzione.
#621
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 18:26:50 PMVi è infatti il nulla come sunyata (v. buddismo), ossia assenza determinata (non assoluta): assenza di identificazione, cristallizzazione e discriminazione (in oggetti, concetti, alberi, suoni, etc.) da parte dell'uomo; il che equivale a dire che "c'è ciò che c'è, nel divenire che è" (consapevolezza che l'uomo può avere anche nell'ascoltare, in presenza, il rumore dell'albero che cade, se riesce a non identificare l'albero come albero, il rumore come rumore, etc. impresa non facile, ma "illuminante").
Sono d'accordo, anche se tutti i termini del tuo post non mi sono chiari, e in particolare l'assenza determinata in opposizione all'essere assoluta.
Io comunque intendo che è possibile tornare al nulla rispetto a ciò che fino un certo punto abbiamo inteso come realtà, nel senso che l'emergenza ammette l'operazione inversa, con la quale è possibile annullarla.
questa operazione inversa come ben dici non è per nulla facile, ma vale la pena tentarla, perchè nel realizzarla apprendiamo il processo di emergenza, che possiamo quindi coscientemente poi riprodurre, facendo risorgere un nuovo mondo dal nulla.
Possiamo cambiare quindi le emergenze producendone di nuove una volta appreso il processo, restando il fatto che di esse non possiamo comunque fare a meno, perchè se fra esse non vi è pur alcun fondamento della realtà, essendo vero semmai il contrario, non possiamo vivere che indirettamente la realtà dentro  un mondo di quelle emergenze fatto.
Poi il fatto che costruire questi mondi è possibile ci potrebbe dire indirettamente qualcosa della realtà, ma già il sapere che la realtà queste costruzione ammette non è poco.
Potremmo azzardare ad esempio che se la pseudorealtà in cui viviamo è coerente, è perchè coerente è la realtà di fondo, quella vera, quella realtà che è vera perchè nasce da un affermazione che non può essere smentita.
Qualunque discriminazione che facciamo sulla realtà, affermando le emergenze di cui sarebbe fatta, contiene in nuce una ingiustizia sociale, per cui se non possiamo fare a meno di costruire su esse le nostre società, possiamo però sempre ricostruirle su nuove emergenze quando iniziano a farci male, come scarpe divenute troppo strette.
La notizia cattiva è che siamo costretti a vivere in una gabbia fatta di emergenze. La notizia buona è che non siamo condannati all'ergastolo, e che la speranza di un mondo nuovo è più giusto deve sempre sorreggerci.
E' una rivoluzione, ma non necessariamente violenta, come mi pare, correggimi se sbaglio, il buddismo suggerisce.

Più in breve si tratta ogni volta di rifare pace con noi, perchè questa pace va sempre rinnovata, in quanto esseri sempre mutevoli. Si tratta di inseguire continuamente la felicità che deriva dal sentirci pienamente ogni volta noi stessi nel cambiamento.

#622
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 18:06:58 PMè in quel "Se" a monte della proposizione che dobbiamo trovare una quadra. Personalmente non ritengo che il rumore  di un albero sia il prodotto della nostra interazione con la realtà perchè vorrebbe dire che laddove l uomo, per come è siffatto , è escluso dalla percezione sensibile e concettuale allora non vi è nulla.
Vi è sempre la realtà, ma retrocessa ad ipotesi necessaria, o promossa ad ente unico, come ciò senza di cui nessuna emergenza è possibile.

#623
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 17:24:01 PMLa realtà dipende dai nostri schemi concettuali poiché ogni volta che ne parliamo non possiamo fare a meno di usarne uno (semplice o complesso che sia) e non dipende dai nostri schemi concettuali poiché anche in loro assenza ci sarebbe plausibilmente comunque una realtà (il famoso rumore dell'albero che cade mentre non c'è nessuno che lo ascolta).

Se il rumore dell'albero che cade è il prodotto della nostra interazione con la realtà, non c'è nessun rumore in mancanza di interazione, cioè in mancanza di uno o di entrambi i soggetti interagenti.
#624
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 16:06:23 PMNon può venire unicamente  da noi perchè questa logica era già presente quando l'uomo non c'era.
Puoi dimostrarlo, o ci stai presentando scorrettamente una tua legittima opinione come una verità?
.

#625
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 15:20:35 PMma no, intendo dire che non serve avere un concetto di scivolosità del ghiaccio per ritrovarsi col sedere per terra. Questo esempio era per mettere in guardia dal costruzionismo assoluto , ovvero ritenere che anche ciò che esiste , esiste ed è reale come tale nella stessa misura in cui ne ricaviamo un concetto  così che il concetto concretizzi il reale. Ma in questo modo non si fa altro che confondere ontologia con epistemologia , dove solo la seconda dipende dai nostri schemi concettuali.

Forse confondo epistemologia ed ontologia, ma se parli di epistemologia ed ontologia  ottieni solo l'effetto di confondere me che non so bene cosa siano.  Questo se da un lato costituisce una grave lacuna, dall'altro mi lascia libero da pregiudizi, quando si presentasse la necessità di doverli rivedere.
Niente di più facile quindi che io abbia fatto un insalata di non so bene che cosa. :)
Ma tu, che invece hai presente cosa siano, sono curioso di sapere perchè escludi la possibilità di confonderli, il che potrebbe essere per me un modo indiretto di risalire a cosa per essi si intende.
Ritieni che ci siano categorie filosofiche sacre, come suoi fondamenti inattaccabili.
In particolare mi pare di ricordare che l'ontologia riguardi la cosa in se. Se è così nulla mi pare più scricchiolante della cosa in se, a mio modo di vedere.
Diciamo che nella misura in cui riesco a intravedere la confusione che ho fatto, la rivendico.
#626
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Maggio 2025, 13:23:21 PMil ragionamento potrebbe essere giusto, ma ha una pecca. I linguaggi non sono simili.
Non è come tradurre da una lingua ad un'altra e viceversa.
Non è possibile cioè che un possibile osservatore che abbia accesso direttamente al fondamento (ovvero direttamente alla diversità delle onde) possa passare a concepire la sensazione di colore o di suono.
Pretendere di riprodurre il lavoro  dell'evoluzione nel tempo di un esperimento, costruendo una sensazione percettiva cui assegnare un colore mi sembra ingiusto, ma possiamo sempre assegnare finti colori per illustrare una funzione numerica, come ad esempio ''che tempo farà'' arricchendo l'uso della nostra capacità percettiva.
Che l'onda con la sua frequenza poi sia il fondamento è un pregiudizio che non ci giova come abbiamo già visto, se poi ci troviamo di fronte ad un onda particella.
Più in generale non giova dare per scontato un fondamento della realtà, sia che lo si deduca dalla nostra percezione, secondo la quale il fondamento della realtà è l'evidenza, sia che la si deduca dalla ''non evidenza'' prodotta dalla ricerca scientifica, la quale finché ci riesce scimmiotta i prodotti della percezione ( l'onda elettromagnetica che si propaga  nell'etere come l'onda che percepiamo in uno stagno buttando un sasso), ma poi quando si dimostra che l'etere non esiste è costretta ad abbandonare ogni residuale analogia con l'evidenza.
#627
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 14:20:26 PMSe ho ben capito proponi una graduale continuità fra i piani di realtà, accomunati da un'emergenza più o meno "sviluppata" o più o meno "astraente"; tuttavia questo non è calzante, se consideri gli esempi proposti. Giulio Cesare e Superman hanno due esistenze, due (piani di) realtà non contigue e, soprattutto, non comunicanti, non adiacenti fra loro: Cesare esiste come ricordo storiografico di un uomo realmente vissuto, Superman esiste come personaggio inventato; Cesare è stato ontologicamente un uomo, Superman è ontologicamente un'immagine disegnata (e anche quando qualche uomo lo interpreta, sappiamo che non è davvero Superman, ma solo una sua rappresentazione). Non c'è transizione o emergenza che consenta di passare dal piano di Cesare (esistenza umana storica) a quello di Superman (esistenza fumettistica fantastica): anche se facessimo un fumetto su Cesare, resterebbe la differenza che Cesare è esistito realmente come uomo, Superman no.
L'incommensurabilità fra alcuni piani di realtà è ancora più evidente se pensi al sasso e alla popolazione italiana: non ci può essere emergenza che consenta ad un singolo ente materiale di diventare (emergere come) un concetto storicamente dinamico che consiste in un insieme di umani che vivono in un determinato confine, hanno una cittadinanza, etc. Tale concetto (l'esser popolazione), inversamente, non rappresenta una successiva o precedente emergenza dell'essere singolo ente minerale (non c'è continuità fra i due piani di realtà).
Per questo la distinzione dei piani è funzionale alla classificazione delle esperienze del reale, per quanto tale tassonomia possa essere comunque appiattita in un unico piano della realtà intesa come "tutto ciò che esiste in qualsiasi forma o modo" (ma bisogna anche notare che tale piano unico è piuttosto sterile, se non inibitorio, quando si deve passare alla prassi dell'azione o anche solo della comprensione che, in quanto tale, è anche tassonomia).

Come ho detto tutto ciò con cui abbiamo a che fare direttamente è reale o non lo è, ma ciò che conta è che siano fatti della stessa sostanza, cioè che stiano sullo stesso piano, senza doverli moltiplicare, per dover provare poi a riappiattirli, il che comunque non sarebbe sterile a mio parere, ma solo macchinoso.
Tu scegli che lo sia, cioè tutto ciò con cui abbiamo a che fare direttamente è reale, distinguendo diversi piani di esistenza.
Il modo in cui emerge Cesare non è diverso da quello in cui emerge Superman, ma Superman sta in una fase di astrazione superiore, come la numerosità sta agli oggetti, riprendendo l'esempio già fatto.
Dal mio punto di vista il modo in cui abbiamo usato il concetto di realtà finora non è più spendibile, e il distinguere diversi piani di esistenza mi sembra un tentativo di salvarlo  tirandolo per i capelli. 
#628
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 11:44:11 AMQuel «possiamo intenderli» è "sintomatico" del senso del discorso precedente: «possiamo intenderli come...?» equivale a chiedere «è calzante se li intendiamo come...?» ossia «è una corretta interpretazione categoriale umana se li intendiamo come...?».
No, io applicavano il rasoio di Occam, per cui se due descrizioni si equivalgono (diversi piani di esistenza equivale descrittivamente a diverse fasi della stessa emergenza) si sceglie la più semplice, che in questo caso sarebbe quella che contempla un minor numero di esistenze da dover assegnare, al limite riducibili ad una sola, nonchè ipotetica, che è quella dell'unica realtà da cui derivano le diverse emergenze.
Ad esempio l'oggettività potrebbe emergere in una prima fase dalla realtà, fase seguita da quella per cui dall'oggettività emergono i numeri.
Salendo di livello le emergenze ci appaiono sempre più astratte, ma appunto il carattere astratto sarebbe da intendersi solo come grado di emergenza , e non come una diversa natura degli enti.

Per quanto riguarda il ''calzare'' non sono in disaccordo con te, però si tratta di cosa più complicata a mio modo di vedere, che è quella di far stare due piedi in una scarpa, il nostro piede e la realtà.
#629
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Maggio 2025, 10:58:32 AMDal rosso io dicavo un'onda luminosa di un certo tipo (da una cosa non reale ricavo una cosa reale).
Se posso tradurre dall'italiano all'inglese, e viceversa, è perchè passo da una cosa ad altra simile, essendo entrambi dei linguaggi.
Quindi se un colore si può tradurre in una frequenza, o una frequenza in un colore, allora si tratta di cose di simile natura, che in questo caso sono dati, espressi uno in forma numerica e l'altro in forma analogica.
Quindi se diremo irreale uno dovremo dire irreale l'altro, e viceversa.
#630
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 08:21:49 AMMi spiace che ti sei impressionato. Quindi ti faccio un esempio che non urti la tua delicata sensibilità.  Quale concetto o idea è necessaria per scivolare su una lastra di ghiaccio? 
Sono sensibile alle stesse obiezioni ripetute all'infinito, non necessariamente da te.
Forse intendi dire, per non scivolare...visto che per scivolare non occorre alcuna consapevolezza.
Immagino occorra il concetto di lastra di ghiaccio scivolosa, derivata ad esempio dall'esperienza di esservi scivolati.