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Messaggi - Phil

#616
Tematiche Filosofiche / Re: Realtà e Verità
26 Gennaio 2023, 22:39:49 PM
Citazione di: green demetr il 26 Gennaio 2023, 22:16:05 PMMa l'ontologia si da solo come una fenomenologia, altrimenti qualsiasi entità sarebbe declinabile in qualsiasi modo capriccioso uno volesse.
E dunque la realtà del sole non è tanto quanto il discorso che se ne fa riguarda una referenza veritativa (che guarda io non contesto) ma sul fatto che direttamente io sento il calore sulla mia pelle.
Proprio l'essere "essenzialmente" fenomenologia di ogni ontologia (e proprio sentire il sole sulla tua pelle), impedisce che ogni entità sia declinata "a capriccio": è possibile un discorso falso (non un ente falso) e ce ne accorgiamo quando la fenomenologia (o la sensazione, nel tuo esempio) ci dimostra che quel discorso è falso.
La dicotomia verità/falsità del discorso, come detto, ha senso solo se rapportata all'ente (o evento, etc.) che può falsificarlo proprio perché l'ente (o evento, etc.) non è compatibile intrinsecamente con verità/falsità, ma solo con l'esistenza, che è ciò che di fatto (e di diritto) verifica o falsifica il discorso.
Il motto sartriano è una conferma, non un'obiezione, di questa prospettiva: onto-logicamente prima c'è l'esistenza (la realtà), poi il discorso (fallace o meno) su di essa, sull'essenza, sul «ciò che io sia», etc.
#617
Tematiche Filosofiche / Re: Realtà e Verità
26 Gennaio 2023, 15:39:01 PM
Citazione di: green demetr il 26 Gennaio 2023, 14:43:38 PMSlegare l'oggetto ontologico significa farlo diventare mera astrazione che a sua volta può essere manipolata tramite falsificazione discorsiva
L'oggetto ontologico viene as-tratto nel linguaggio, ma non per questo slegato radicalmente dal suo essere comunque ontologico. Esso infatti rimane, al contempo: in quanto oggetto ontologico, estraneo a verità/falsità; in quanto oggetto del discorso, causa della verità/falsità del discorso stesso.
Riprendendo il tuo esempio: se qualcuno ti dice che una mela è una pera, quell'oggetto ontologico (il refer-ente) non è né vero né falso, ma solo reale, esistente; nel momento in cui vuoi verificare la verità/falsità del discorso sull'oggetto, allora ti rivolgi con i sensi all'oggetto ontologico e constati la falsità del discorso su di esso (non la "falsità dell'oggetto ontologico", che sarebbe un non-senso).
La verità/falsità è dunque tutta interna al discorso, pur avendo la sua "causa" fuori da esso (nella realtà, nell'ontologia, negli eventi, etc.). Il rapporto fra verità/falsità e realtà è dunque profondamente asimmetrico per quanto riguarda le rispettive proprietà: la verità/falsità si applica/aggiunge alla realtà nel discorrerne; la realtà si amplia accogliendo tali discorsi su di essa (in quanto eventi); tuttavia la proprietà dicotomica di poter essere vero/falso non si applica alla realtà (che infatti non è un discorso ed ha un'unica dimensione: l'esistenza), così come la proprietà di essere esistente non può non essere applicabile al discorso (che in quanto tale è sempre evento reale, prima di essere vero/falso).
#618
Citazione di: Duc in altum! il 26 Gennaio 2023, 14:30:10 PME mica questi altri e ste verità oggettive sono Dio o un'altra eventuale Verità oggettiva (una, unica ed universale)?
Avrai infatti notato che non ho parlato di verità con la maiuscola (né unica, assoluta, etc.) e, soprattutto, che ho scritto, non a caso, «oggettive» fra virgolette alte... nondimeno mi riferivo alle verità "oggettive" in ambito scientifico, come quello che dimostra che non sono le formiche a costruire gli alberi (anche se si può sempre aver "altra fede" in merito); non mi riferivo a verità "oggettive" riguardanti lo spirito, l'etica, la fede, etc.
#619
Tematiche Filosofiche / Re: Realtà e Verità
26 Gennaio 2023, 14:30:31 PM
Citazione di: green demetr il 26 Gennaio 2023, 14:18:29 PMl'oggetto contine una verità ontologica sua, nulla a che vedere con la modalità della frase a cui dovrebbe riferirsi.
L'oggetto, in quanto tale, non può "contenere" né verità né falsità ontologica; se è ontologico, esiste, a prescindere che sia refer-ente o meno di un discorso; altrimenti, se non esiste ontologicamente, è solo esistente nel discorso che ne parla. Non è l'oggetto a poter essere vero o falso, ma solo il discorso che ne parla.
D'altronde, qual è un oggetto falso o "falsamente ontologico"? Un oggetto che esiste solo nel discorso che ne parla; ma allora ha davvero senso definirlo "ontologico"? No, perché non ha esistenza (referente) reale se non, appunto, nel discorso che mente.
#620
Citazione di: Duc in altum! il 26 Gennaio 2023, 13:33:42 PMConcordo pienamente, al punto di affermare che non è arroganza consigliare a chi crede di poter da solo giungere a una eventuale verità oggettiva, di non prendersi troppo seriamente, che Dio esiste e non è lei/lui ...ergo rilassati!
Le verità "oggettive" raramente si raggiungono da soli, se non altro perché si usano nozioni, spunti o esempi che abbiamo spesso ereditato da altri. In altri casi, le verità "oggettive" sono disponibili e già consolidate grazie ad altri; si tratta solo di capirle, sperimentarle e, eventualmente, confutarle. Per il resto, c'è la fede come possibilità esente da giustificazioni razionali, dimostrazioni, etc.

P.s.
La citazione dell'esempio sull'albero e le formiche (a proposito di verità oggettive, sentirsi Dio, etc.) è stato, forse per un errore, troncato (dal "rasoio della buona fede"?) della "rilassata" parte finale: «Magari ho solo teorie sbagliate sugli alberi e sulle formiche, tuttavia se ho constatato con buona affidabilità che non sono le formiche a costruirli, se ne parliamo non posso far finta di non averlo notato (e ben vengano smentite e correzioni, purché non dogmatiche, altrimenti, onestamente, mi fido di più delle mie "povere" constatazioni)». Non vorrei passare per dogmatico anti-formichista... e se lo sembro, attendo, come sempre, preziosi indizi al riguardo (possibilmente un po' argomentati).
#621
Tematiche Filosofiche / Re: Realtà e Verità
26 Gennaio 2023, 12:02:46 PM
I miei soliti "due spicci" sul tema "verità": per me la verità/falsità è una proprietà del discorso (pensato, detto, scritto, etc.) non della realtà che, in quanto tale, non è né vera né falsa, ma semplicemente esistente. Non può essere falso un elemento della realtà, ma solo il discorso che facciamo su di esso. Un quadro è falso solo all'interno di un discorso che lo spaccia per uno autentico; tuttavia, come mero ente, quel quadro è solamente esistente (e non ha senso parlare di vera esistenza o falsa esistenza; poiché ciò che non esiste nella realtà empirica, nel momento in cui viene detto, diventa reale foneticamente o mentalmente, etc.). Possono esistere (essere reali) dei discorsi falsi (nel senso che parlano di enti che non esistono, o non esistono come il discorso li descrive), ma non enti falsi (il discorso in quanto discorso esiste, il suo contenuto può essere falso). 
Lo stesso dicasi per gli eventi: questi accadono solo, è la loro descrizione discorsiva che può essere vera o falsa. Trovare o scoprire la verità significa poter individuare un discorso coerente alla realtà, che è ovviamente indipendente dai discorsi che, più o meno bene, tentano di descriverla (almeno finché tali discorsi non innescano azioni che modificano la realtà).
Se aggiungiamo la maiuscola alla verità, forse vogliamo elevarla a perfezione del discorso, ma in quanto proprietà (finché non si fa discorso reale) non può essere mai un ente; così come non può essere un ente, cambiando livello, la correttezza grammaticale (e non può essere "sgrammaticata" la realtà, ma solo il discorso che se ne fa).
#622
@Eutidemo

Solitamente lo scopo del perito non è tanto capire con cosa sia stato scritto un testo, ma soprattutto chi lo abbia scritto: usare un campione di scrittura verificato per poi riconoscere l'eventuale medesima paternità di un altro campione da verificare, cioè imputarlo al medesimo autore. Di certo un netto cambiamento di stile, dovuto al cambiamento di strumento, potrebbe condurre in errore.
Scommetto che se hai modo di sottoporre quei due testi ad un perito (ovviamente senza rivelargli che sono del medesimo autore), vedrai che, pur considerando umore, strumento, condizioni estemporanee, etc. gli procurerai come minimo qualche esitazione.

Passiamo ai due nuovi campioni di testo:
Citazione di: Eutidemo il 26 Gennaio 2023, 06:48:21 AM
Quale dei due è stato scritto usando il mouse, e quale usando una penna biro?
Non è un caso che i due testi non presentino le differenze che avevo segnalato nel testo scritto con il mouse; nondimeno do per scontato che tu li abbia scritti spontaneamente e, se le immagini sono autentiche, direi che nessuno dei due testi è stato scritto con il mouse ("domanda a trabocchetto"?).
#623
Pur non essendo affatto esperto in materia, credo ci siano alcune differenze grafiche che potrebbero, se non ingannare, almeno forse far riflettere un po' chi confrontasse i due testi, qualora dovesse attribuirli al medesimo autore:






Inoltre, nella scrittura al pc: la tendenza dell'andamento è "calante" (v. parole «mia» e «mano»); i trattini della «o» sono "forzatamente" allungati; l'attacco della lettera precedente alla «t» è a volte in basso, altre in altro (come se si stesse tentando di imitare altro); la «r» non è sinuosa come quella fatta a penna, ma "arricciata"; le due «p» di «propria» non hanno la "valle" come nell'altro testo; il punto di fine messaggio è fatto con due movimenti differenti, etc.




P.s.
Spero che aprendo l'ultima immagine in un'altra scheda, si possa vedere nelle dimensioni originali, più grandi e leggibili.
#624
Citazione di: Eutidemo il 25 Gennaio 2023, 12:46:24 PMse qualcuno scrive un testo di propria mano, sia che usi uno stiletto, una penna d'oca, una biro,  o un mouse, il perito calligrafo è perfettamente in grado di stabilirne la paternità.
Non sono un perito calligrafo, ma le differenze fra la scrittura con il mouse e quella con la penna (a causa delle differente "impugnatura") sono solitamente notevoli (come emerge anche dalla tua immagine), a differenza di quanto accade se, al posto del mouse, usiamo invece un pennino su schermo touch (come quelli delle poste o dei corrieri).
#625
Citazione di: Kobayashi il 25 Gennaio 2023, 11:59:49 AMEsiste una disciplina che si chiama teologia fondamentale che si occupa di questo.

Nel tuo ragionamento c'è molta arroganza. Tu pensi che partendo da questo ragionare sulla rivelazione il credente debba per forza finire nelle tue stesse conclusioni e diventare ateo o costruirsi una religione su misura etc.
Ma l'avevo detto fin dall'inizio: ci deve essere uno sforzo da una parte e dall'altra. Lasciarsi alle spalle la tentazione fondamentalista da una parte, ammettere la possibilità che ci sia della verità nella fede, dall'altra.
Qui invece, come sempre su questo tema, solo luoghi comuni.
Senza offesa per la teologia fondamentale, ma non sono io a confutarla, bensì la logica e qualunque epistemologia che si occupi della realtà. Chi sa cos'è una "petizione di principio", una "affermazione del conseguente", etc. può riconoscere da solo la (possibilità della) verità della fede senza bisogno di ragionarci sopra, perché sa già che ragionandoci ne espone solo le carenze e le fallacie logiche. Non è questione di interpretazioni, di dogmi, di fazioni o altro, si tratta solo di riconoscere che, come già detto, la forza della fede è nell'esser tale, anche nel silenzio (come ricordato da niko), non nell'essere (in)compatibile con un analisi logica dei suoi contenuti.
Soprattutto, non è una questione personale il rilevarne le carenze logiche: il ritenere che una palla in discesa tenda a rotolare non può esser ridotto a opinione, a "luogo comune", a schieramento con il "discesismo", etc. è una questione sperimentabile. Parimenti, qualunque discorso che associ verità e fede può essere decostruito da chiunque sia pratico di logica, e ne emergeranno solo fallacie e dogmi infalsificabili; provare per credere verificare (potrà sembrare strano, ma anche in questo caso "ambasciator non porta pena").
Basta sfogliare questo forum per capire che il "cristianesimo fatto in casa" sia una realtà: ognuno cita solo il cristianesimo che gli piace, tralascia quello che non gli piace e ci aggiunge l'eterodossia in cui vuole credere; e anche questo mi limito a constatarlo, non è una mia opinione (questa constatazione può non piacere, ma non ne sono certo "colpevole").
Con questo non voglio dissuadere i credenti dal ragionare logicamente sulla loro fede (ci mancherebbe), mi limito a consigliargli (e ci si potrebbe anche chiedere, cristianamente, con quale "spirito" lo faccia) di non accanircisi con troppa serietà, perché il risultato è, inevitabilmente, tornare a credere per fede (non per logica) ai dogmi da cui già sono partiti, oppure capire quanto la fede abbia una coerenza interna, messa in discussione la quale non ne resta molto di fruibile o indubitabile (questo, intendiamoci, vale anche per la matematica, Godel docet; se non fosse che la matematica non pretende di essere credibile anche su verità post-mortem, precetti etici, etc.).
Semplificando: se qualcuno vuole credere che siano le formiche a costruire gli alberi, non è per arroganza che gli consiglio di non studiare troppo seriamente le formiche... ma non sono certo io ad aver deciso né come si "costruiscono" gli alberi, né quello che fanno le formiche, né il "senso" del credere che le formiche costruiscano gli alberi (certo, poi mi ricorderete di quanto un formicaio possa scavare un albero fino a costituirne lo scheletro, etc. ma spero che ci saremo capiti lo stesso...). Magari ho solo teorie sbagliate sugli alberi e sulle formiche, tuttavia se ho constatato con buona affidabilità che non sono le formiche a costruirli, se ne parliamo non posso far finta di non averlo notato (e ben vengano smentite e correzioni, purché non dogmatiche, altrimenti, onestamente, mi fido di più delle mie "povere" constatazioni).
#626
Citazione di: anthonyi il 23 Gennaio 2023, 07:19:40 AMLa medicina interviene sulla salute delle persone, e mediamente migliora la vita.
Ora se anche la fede ha effetti analoghi questo vuol dire che tanto irrazionale non é, ma se questo é dovuto ad effetti naturali della fede stessa, per cui avremmo una sorta di eterogenesi dei fini, sarebbe importante scoprire questi effetti naturali.
La fede ha effetti positivi sulla psiche, ma non tutto ciò che ha effetti positivi sulla psiche è razionale. O meglio, è sicuramente "razionale" nel senso di avere uno scopo preciso, di portare un beneficio, di giovare esistenzialmente, etc. ma ciò non conferisce automaticamente razionalità anche ai contenuti usati per raggiungere lo scopo (come la fede, i dogmi, etc.).
Quante persone si (ri)accostano alla fede in momenti di crisi esistenziali, o dopo un evento traumatico, o quando sentono che la morte si avvicina? Quanti scienziati estremamente razionali hanno salda fede in una religione? Non c'è contraddizione in questo, poiché prima di essere animali razionali, siamo animali e basta, e in quanto tali cerchiamo il comfort mentale oltre che fisico, a prescindere dalla razionalità dei mezzi cognitivi a disposizione. Anche in questo caso suona ragionevole Machiavelli: il fine (lo star bene) giustifica i mezzi (l'irrazionalità). Prima che qualcuno si offenda, non sto affatto sostenendo che la religione è placebo per psicotici, ma ne sto al contrario esaltando le proprietà benefiche, ovviamente ancor più potenti al momento del bisogno: fare due passi all'aria aperta, in un posto tranquillo e con un bel panorama, fa sempre bene, ma se si viene da un periodo di "clausura" forzata e sgradevole, farà ancor più bene, no? A scanso di ulteriori equivoci, se vendessero la fede religiosa in pastiglie, non nascondo che ne terrei sempre qualcuna nel cassetto e non solo per i momenti di sconforto.
D'altronde la psicologia è piena di spiegazioni sulle dinamiche autoconservative, autotutelanti, di sostegno, etc. che non sono razionali nei contenuti, ma lo sono nello scopo, appunto quello di ridurre il dolore (ad esempio di un trauma, una delusione, etc.) oppure anche solo di cercare il maggior benessere psicologico possibile. Quante volte abbiamo dei filtri, se non dei veri blocchi, o attuiamo delle rimozioni inconsce, o atti mancati, etc. piuttosto irrazionali, ma nondimeno finalizzati al mantenimento di un certo comfort interiore? Quante volte la "vocina nella testa" ci suggerisce che qualcosa è poco razionale eppure lo facciamo lo stesso, pur nella sua irrazionalità di "contenuto", e poi ci sentiamo realmente meglio?

Facendo un passo a lato dalla fede (e senza riferirmi a nessuno in particolare): hai mai notato la reazione irrazionale di alcune persone quando gli poni ragionevoli obiezioni? Nel tentativo di ridurre il disagio che provocherebbe accettare razionalmente un'obiezione perfettamente razionale, instaurano istintivamente atteggiamenti difensivi privi di razionalità nei contenuti, ma ricchi di "razionalità" nel cercare di proteggere le proprie coordinate esistenziali, politiche, etc. Sintetizzando brutalmente si potrebbe dire che, per come la vedo, la logica è razionale nei contenuti, la retorica è razionale nei fini; la scienza mira ad essere razionale nei contenuti, la religione nei fini; l'evoluzione è razionale nei fini (conservazione della specie, attaccamento alla vita, etc.) ma l'uomo tende ad intenderne per assolutamente razionali anche i contenuti (estinzione di alcune specie, combinazioni genetiche, etc.).
#627
Citazione di: Pio il 22 Gennaio 2023, 22:11:47 PMÈ magari sbagli anche tu... :)) Troppe certezze hai caro Phil. Quasi un dogmatismo laico fatto di ipotesi è teorie considerate CERTAMENTE vere. Non capisco perché dà così tanto fastidio che il credente sia anche lui una persona in ricerca, con i suoi dubbi e le sue fragilità umane.  Certo giova ridurlo a una specie di macchietta, ma non è questa la realtà della fede, caso mai della superstizione. Penso che non sia  opportuno scadere in una specie di avversione ideologica verso il credente perché porrebbe fine inevitabilmente al dialogo.
Su quelli che Duc ha definito «misteri ontologici umani» non credo di avere certezze (quali?) e dogmi (quali?), tantomeno "verità assolute" (eventualmente, quali?), ma ho comunque le mie spicciole opinioni (tutte quelle che hai letto qui), trovando alcuni temi piuttosto interessanti e volendoci spendere qualche attimo di riflessione condivisa.
Sono invece certo che l'uomo abbia istintiva paura della morte (generalizzo, ma il margine di errore è comunque piuttosto basso, direi), così come sono certo che alcune dinamiche psicologiche, basate sull'osservazione e appositi studi, contengano una buona quota di affidabilità (certo, anche qui ci saranno le eccezioni, ma se parliamo dell'uomo in generale è bene mantenere le proporzioni).
Lungi da me, come già sottolineato, ridurre il credente a "macchietta"; inoltre, constatare la debolezza logica di un ragionamento o i modesti esiti di una "teoresi casalinga", sono appunto solo constatazioni, sempre aperte a contro-argomentazioni e, perché no, falsificazioni (fermo restando che di fronte a chi ha fede, ripeto, non reclamo né dimostrazioni né argomentazioni impeccabili e non certo perché non rispetti quelle che tu chiami "fragilità umane"). A volte l'"avversione ideologica" la diamo per scontata solo perché capiamo che qualcuno è di un'altra parrocchia e, anche qui, la psicologia avrebbe qualcosa da dire (ma non io e spero che, dopo tutto quello che ho scritto, si possa almeno intuire...).
#628
Direi di non idolatrare troppo nemmeno l'evoluzionismo, soprattutto sovraccaricandolo di senso e finalismo (quasi fosse un "progetto divino"). La fede come consolazione ha senso "evoluzionisticamente" tanto quanto ce l'ha lo sviluppo della medicina: l'uomo cerca per sua natura di non soffrire e avendo una psiche oltre che un corpo, cerca di lenire anche quel tipo di sofferenze. Avendo paura istintiva della morte ed essendo dotato di capacità concettuali-astrattive, è inevitabile che prima o poi, qualcuno, da qualche parte, "sconfigga" la paura della morte teorizzando un "aldilà", esorcizzando l'apparente irrimediabilità del decesso. Prima di essere ingranaggio di evoluzionismo millenario, l'uomo è uomo individualmente.
#629
Citazione di: Kobayashi il 22 Gennaio 2023, 15:55:14 PMAttenzione a non semplificare.
Ci sono tre momenti distinti:
1) l'origine della fede (la conversione): evento senz'altro esistenziale più che attinente la conoscenza;
2) la decisione di dare seguito o di non dare seguito all'evento conversione;
3) il fatto inevitabile di dover dare conto a se stessi sulla credibilità, ragionevolezza e sensatezza di ciò in cui si crede.

Il credente, anche se alimenta la propria religiosità tramite prassi, non può mai evitare di interrogarsi su di essa.
Il terzo momento è quello "fatale" dell'agnosticismo: nel momento in cui il credente sente come «inevitabile il dover dar conto a se stesso» (non a Dio) della credibilità della propria fede, l'ha già persa... (e magari temporeggia perché non se la sente di elaborare il solito lutto di cui sopra). Se ci si erge a giudici della fede, con anche solo la possibilità di ritenerla indegna di essere creduta (o, come accade sempre più spesso, la si personalizza con postille, asterischi ed interpretazioni personali) allora la fede religiosa non è più tale, ma diventa fede senza religione, o al massimo fede con religione "fatta in casa" (liberamente ispirata a quelle storiche).
Niente di nuovo dai tempi del medioevo: se la fede cerca appoggio fuori da sé, come già detto, sceglie di entrare in un campo minato dove non ha nulla da guadagnare in termini di credibilità. Basterebbe solo aver fede e godere dei suoi effetti positivi (in fondo, come diceva qualcuno «per la fede non c'è rimedio e non c'è ragione...»); se non se ne è capaci, per spirito critico o altro, il tentativo di compromesso teorico è spesso ancor più "debole" e fallace del dogmatismo da cui parte, perché non ne ha né la storia, da strumentalizzare ad hoc, né maggiore plausibilità empirica, non potendosi basare su rivelazioni o (pre)supposti eventi di contatto fra terra e Cielo.

Sulla quantità di atei nel mondo, lo trovo un dato piuttosto irrilevante, soprattutto se letto storicamente. Quali sono i criteri per interpretarlo? Che "la maggioranza ha ragione", come all'epoca in cui la maggioranza credeva in assurdità? Ovviamente no. Se gli atei fossero il 99% degli umani, ciò scalfirebbe di un solo capello (a proposito di rasoi) l'infalsificabilità dell'esistenza di Dio? Ovviamente no. E se diecimila anni fa, gli uomini forse erano tutti atei o al massimo animisti o panpsichisti, poi sono diventati tutti religiosi ed ora forse stanno tornando atei e "quantisticamente animisti", significa qualcosa in termini biologico-evolutivi? Probabilmente no; tuttavia sul rapporto fra fede ed evoluzione, basta rivolgersi anche superficialmente all'antropologia culturale, alla psicologia, etc. che hanno già dato risposte chiare e collaudate: la paura di morire è innata nell'uomo, come l'avversione per la perdita, il bisogno gruppale di essere guidato (v. anche ricerca di "senso"), il voler trovare una spiegazione a ciò che lo stupisce, il cercare riscatto (o più selvaggiamente vendetta) sociale e non (come segnalato da Niko), etc. su questa radice istintuale e neuro-biologica, secondo me (e magari sbaglio), si basa lo sviluppo della storia della fede, elevata alla capacità di astrazione tipicamente umana e alla potenza di tradizioni, culti e culture sedimentate nei secoli.
#630
Citazione di: Pio il 22 Gennaio 2023, 11:41:52 AMLa fede in Dio non è quindi una questione di logica, come pretenderebbe Phil, ma esistenziale.
In realtà, tutto il mio discorso era volto proprio ad emancipare la fede dalla sua infelice e velleitaria contaminazione con la logica, perché non si può negare che la fede sia questione di inclinazione esistenziale e non certo di indagine epistemologica. Quando ho affermato che la forza della fede è il poter "fare spallucce" e non aver bisogno di dimostrazioni, ragionamenti o verifiche, non ero affatto sarcastico, ma descrittivo (e, quasi per assurdo, "protettivo" nei confronti della fede autentica, quella che non cerca di appoggiarsi ad altro da sé).