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Messaggi - Jacopus

#616
Attualità / Re: Guerra in Ucraina III
26 Febbraio 2024, 21:06:44 PM
"Ad Hanna Arendt piace quel manifesto". Rimanendo in Arendt mood, direi che non esiste un impero del bene contro un impero del male. Una spiegazione valida per manipolare l'opinione pubblica di basso rango. Se vogliamo fare un discorso un po' più alto bisogna riconoscere che c'è un impero (quello americano) che è ancora egemonico e che usa tutte le armi disponibili per restare tale ( come è politicamente naturale). Dall'altro lato c'è un ex impero che ha perso il suo ruolo di alter-ego e concorrente ma può sempre essere una spina nel fianco agli interessi egemonici degli Usa. La differenza fra i due imperi, oltre alla diversa evoluzione egemonica (uno ancora in sella, l'altro retrocesso fra le potenze medie), è la diversa politica egemonica. Quella americana è molto più flessibile ed in grado di agire sulla cultura e sulla adesione di stati federati ( il grande insegnamento della Roma imperiale). Quella russa è una politica di egemonia territoriale, sic et simpliciter e di fatto destinata a perdere. Noi europei siamo solo pedine di questo gioco, finché non cercheremo di unirci di più, politicamente e militarmente. La più grande sconfitta subita dagli Usa nel
Dopoguerra non è stato il Vietnam ma l'Euro.
#617
Citazione di: Alberto Knox il 25 Febbraio 2024, 19:30:53 PMUn altra domanda; che differenza c'è fra il determinare il mondo (sulla luna ci sono montagne alte piu di 4000 metri) e la costruzione del mondo? con il ben inteso che questa costruzione sia fatta nella maniera il più possibile coerente con gli eventi reali e seguendone gli sviluppi, il modo in cui cambia, la sua evoluzione nel tempo con tutte le sue previsioni statistiche ben congeniate e corrispondeti con i fatti e con le sue previsioni deterministiche . Che , che differenza c'è?
Determinare il mondo: verità fisica. Costruire il mondo: verità antropologica. Nel momento in cui la seconda segue "correttamente" le istruzioni, Alberto sembra sugggerire che fra le due non c'è una grande differenza. Se questa interpretazione è giusta, credo che:
1) non esiste una costruzione corretta, esiste solo una propensione a vivere, ma nel mondo della tecnica questa propensione ha molteplici strategie adottabili, a differenza che nel mondo naturale (ed è per questo che esistono le discussioni morali ed etiche, molto meno importanti durante la vita dei primati che ci hanno preceduto.) Ed è questa la ragione per cui verità fisica e verità antropologica sono due concezioni diverse. La prima è relativamente "oggettiva", la seconda lo è molto meno ed è provato storicamente che quando si è imposta una verità antropologica oggettiva, le conseguenze sono state immancabilmente sangue e tirannia.
2) È vero però che oggi, per la prima volta, costruire il mondo ha assunto una potenza tale da diventare descrizione del mondo. Mai era accaduto che l'uomo potesse addirittura cambiare il clima o il patrimonio genetico del grano in pochi istanti, invece che in centinaia di anni. È questa accelerazione che forse rende possibile collegare descrizione e costruzione del mondo.
3) la scommessa è puntare sull'uomo in grado di sentirsi responsabile di questo potere e che lo attivi in modo armonico con il pianeta che abitiamo. Le notizie che riceviamo, purtroppo, non vanno in questa direzione.
4) proprio a partire dalle considerazioni 2 e 3, è evidente come costruzione e descrizione del mondo siano diverse. La descrizione è un cerchio, la costruzione una linea. Noi possiamo solo chiederci se quella linea è predeterminata ( da una Divinità o dalla Selezione naturale è la stessa cosa, ai fini di questo discorso) oppure se abbiamo possibilità di scelta (e quindi possiamo "risponderne").
#618
Citazione di: Duc in altum! il 25 Febbraio 2024, 09:15:38 AMMa il faraone non poteva impedire un bel niente, era rimbecillito e ridimensionato innanzi a quello che gli aveva fatto YHWH.
Per la prima volta nella storia, l'uomo si rendeva conto che chi comanda è Dio.
Bel modo di comandare. Esattamente come un tiranno dei nostri giorni. Ci trovo ben poco di divino in un comportamento del genere.
#619
Ripeto quello che ho detto altrove e che trova la sua origine nella visione duale della realtà. In campo fisico non credo sia possibile una adeguazione della materia all'intelletto. Può esserci solo una infinita ricerca di sempre maggiore precisione descrittiva ed esplicativa. In campo sociale, invece esiste sempre una azione duplice di reciproco influsso fra la "materia sociale" è la capacità di pensarla, sia a livello collettivo che individuale. La grande aspirazione della scienza è stato ed è ancora tuttora, quella di trovare, anche a livello "sociale", delle leggi simili a quelle fisiche, che possano in qualche modo permettere lo stesso straordinario mutamento, come quello avvenuto con la tecnologia. Peccato (o meno male) che l'umanità non sia così facilmente manipolabile. Tutto ciò al netto di ogni metafisica o ente superiore.
#620
CitazioneLa negazione della Verità si ripercuote direttamente sulla giustizia.
Perché la giustizia ha necessariamente come faro la Giustizia.
Cioè fa riferimento a ciò che è assolutamente Giusto.
E il Giusto è Vero.
Questa è una certa concezione della giustizia, non la concezione tout court. Fortunatamente il diritto,fin dai tempi degli antichi greci non si fonda solo sulla verità. L'immagine simbolica della giustizia, ad esempio, non fa riferimento alcuno alla verità: è una giovane donna con una spada ed una bilancia ed è bendata (non mi dilungo su di essi anche se sarebbe interessante). Lo stesso termine Giurisprudenza ha in sè la doppia natura della Giustizia, nel momento in cui viene applicata. Adesione alle leggi (iuris) e giudizio secondo una valutazione del caso concreto, che ha sempre un margine di non allineamento con la legge (Prudentia o in greco Phronesis, che deriva da Phrein, mente, ovvero necessità di riflettere sul caso). La verita Applicata alla giustizia è il genotipo, ma occorre anche valutare il fenotipo attraverso la Prudentia.
#621
La storia di Schopenhauer sugli istrici (la trovi su internet) è una specie di favola che indica un aspetto essenziale della vita umana, sempre in tensione fra soggettività e intersoggettività. Questa tensione ricade inevitabilmente su ciò che noi consideriamo Verità. Possiamo pensare ad una Verità univoca, come una Rivelazione, come una Fede, ma comunque come una descrizione valida e non equivocabile, oppure come una situazione instabile, temporanea e che deve confrontarsi e convivere con altre verità. Penso, anche da un punto di vista politico, che sia preferibile un mondo di tante piccole verità che polemizzano fra di loro, che un'unica grande Verità. Magari in quest'ultimo caso si vivrebbe in una società più armoniosa, ma al prezzo della libertà.
L'armonizzazione dovrebbe avvenire su un piano superiore, ovvero quello della connessione ed accettazione fra diverse verità.
Penso che sia inoltre inevitabile in un mondo come il nostro, attraversato da continue migrazioni di culture che si incontrano in territori diversi.
#622
Citazioneil filosofo deve saper formulare idee falsificabili sul piano logico, razionale.
Prova a falsificare la "storia degli istrici" di Schopenahauer.
#623
Sono in disaccordo. La filosofia può essere interpretata esattamente agli antipodi di questa visione, ovvero come accettazione delle contraddizioni e come accettazione della presenza di visioni del mondo contrastanti. Occorre riuscire, filosoficamente, a convivere con chi la pensa diversamente da noi. Il massimo del filosofo non è quello che cerca di persuaderti, ma colui che dice "hai ragione tu". Inoltre sono ulteriormente in disaccordo nella definizione del linguaggio come qualcosa di non filosofico. Noi siamo linguaggio e la filosofia è linguaggio. Ogni filosofia risente concettualmente del linguaggio in cui viene scritta o parlata oltre che della tradizione storica e culturale di quella società e di quel filosofo. Anche la filosofia è un percorso "impuro", colmo di passi falsi, di incoerenze. Creare una summa theologiae può essere una scelta filosofica, ma accanto ad essa ve ne sono altre equivalenti. Il concetto stesso di verità presuppone un mondo in cui esiste Una Verità e una non-Verità, ovvero un mondo in cui c'è chi vince e chi perde. Mi risulta più familiare un mondo in cui coesistono più visioni del mondo. Lo sforzo è quello di considerarle come specie di un ambiente culturale che si arricchisce vicendevolmente, come un ambiente ecologico che funziona. Considerare la Verità come Uno è,a mio sindacabilissimo parere, l'anticamera del pensiero Unico e della violenza. Ovvio che l'Uno permette un grande potere, il potere simbolico dell'unità (Symballein), mentre la molteplicità pone come problema la frammentazione (dyaballein - da cui dialettica ma anche diavolo). Lo sforzo è creare una sintesi, dove una integrazione è resa possibile pur alla presenza di verità molteplici.
#624
Citazione di: Duc in altum! il 21 Febbraio 2024, 16:23:44 PM...o, forse, perché Dio davvero esiste ed è impossibile scavalcarlo o metterlo in disparte.
Non hai tutti i torti Duc. Probabilmente Dio è il nome che attribuiamo a ciò che crediamo importante, ciò che è la nostra meta e quindi, pur in un caleidoscopio di rappresentazioni, nessuno ne può fare a meno. Di sicuro il Dio tirranico, sanguinario e paranoizzante della Bibbia non corrisponde a ciò che posso ritenere divino.
#625
Tornando alla prima domanda/affermazione di Pensar, ritengo che Dio dovrebbe appartenere ad una fase "infantile" della civiltà umana. Le concezioni religiose sono state importanti per una lunga fase delle culture umane, perché hanno permesso il consolidamento di principi di convivenza che altrimenti non si sarebbero neppure sviluppati. Il superamento di Dio non avviene perché le religioni ancora assolvono a molteplici funzioni. Inoltre come ogni istituzione, una volta che esse sono state fondate cercano di sopravvivere come ogni altra creando così un processo inerziale. Inoltre Dio e la Bibbia resteranno, anche nel più incallito degli atei, il substrato profondo della propria cultura (per non parlare del nesso apparentemente insensato fra modello monoteistico e modello scientifico galileiano). In una società ideale i messaggi solidaristici di molte religioni dovrebbero essere estratti dall'insieme di messaggi contraddittori, tradizionali, prodotti sostanzialmente da una cultura pastorale, patriarcale, asiatica, a cui si aggiunse il NT a seguito del l'influsso ellenistico (e per questo ci appare più sintonico il Nt rispetto al Vt). Dio invece non è altro che la descrizione metafisica dell'autorità tirannica, che non ammette opposizioni e che scinde il mondo in "eletti" e "reietti". Personalmente, come Brecht sono sempre stato dalla parte dei reietti (il discorso è ovviamente molto più complesso, ma nel nostro piccolo, anche qui spesso emergono, da parte dei credenti , visioni scisse e paranoizzanti del mondo - non in tutti, Pensarbene ad esempio è immune da questa visione).
#626
Scusami Pensar, ma quando ti avrei scritto una cosa del genere? Ho guardato nell'archivio dei messaggi e non c'è un messaggio del genere. In ogni caso chi te lo scritto ha scritto un avvertimento corretto.
#627
Non tutte le fedi sono uguali però. Ovvio che ognuno di noi avrà una visione del mondo, delle credenze, che orientano il suo agire, ma credere che i neri o le donne hanno un cervello più piccolo e vanno addomesticati non è la stessa credenza di chi pensa che i paraplegici vadano supportati ed aiutati economicamente. Una prima differenza è data da Edipo. Edipo non crede, se credesse si accontenterebbe e continuerebbe a regnare su Tebe. Edipo è proteso verso ciò che la realtà nasconde, ma la cerca nella Physis. La religione cerca ciò che la realtà nasconde nella Metaphysis. Una seconda differenza è data dal pensiero dubitativo, ovvero Socrate. Il pensiero religioso è spesso un pensiero paranoicizzante, perché scinde il bene e il male, e può trovare accoglienza anche in visioni del mondo non religiose, come il fascismo o il comunismo. Il pensiero dubitativo è una "fede" che lascia spazio alla fede dell'altro e non scinde in "noi" e "loro". Le conseguenze politiche, sociali ed etiche sono diversissime, pur trattandosi, in entrambi i casi, di "fedi" o di visioni del mondo.
#628
CitazioneLa filosofia, per quanto mi riguarda, serve essenzialmente a fare chiarezza, al singolo individuo, solo alla vita del singolo individuo anche se il suo discorso ha una forma universale (ingenuamente universale). Per me non è una cura (cura del linguaggio, dei concetti fondamentali di una civiltà, etc.), non è riforma dei rapporti di dominio.
Rispettabile prospettiva ma appunto, trascendentale. La filosofia greca da Socrate in poi, ha insegnato la necessità di far incontrare la soggettività con l'etica collettiva, con ciò che è concepibile come giusto. Pur non risolvendosi solo in questo, questa è la mia personale interpretazione della filosofia: un metasapere in grado di riflettere su di sè e sugli altri saperi (che deve conoscere) al servizio non di sè stesso ma della giustizia umana.
#629
Tematiche Filosofiche / Re: Scienza e caso
14 Febbraio 2024, 22:04:52 PM
In realtà, personalmente non ci vedo enigmi. La libertà "condizionata" dell'uomo è la diretta conseguenza del nostro complesso SNC e la successiva interazione fra SNC e Cultura. Proprio l'esempio che hai fatto Koba lo dimostra. Una società "deterministica" non avrebbe conosciuto resistenti al nazismo. Noi invece ci riserviamo molteplici risposte possibili. Nella pagina riservata proprio al libero arbitrio, che apre la sezione filosofia c'è, verso la fine, un intervento interessante che afferma la possibilità che vi siano soggetti più o meno liberi e quindi soggetti più o meno condizionati. Verissimo. La libertà di agire in modo controfattuale, perfino in modo irrazionale è una modalità di apprendimento. Si impara ad essere liberi oppure schiavi, o meglio, è possibile imparare ad ampliare i nostri margini di agire libero pur in presenza di fattori fortemente condizionanti. Il libero agire non significa certo fare quello che si vuole. Un altra prova è data dalla colonizzazione dell'intera superficie terrestre da parte dell'uomo. Un primato che condividiamo, fra i mammiferi, solo con i topi, che però fanno tutti una vitaccia. E questo successo ambientale è dovuto proprio alla nostra libertà di agire nei modi più diversi. Ovvio che questa molteplicità di strategie è stato enormemente implementato dalla cultura. Se in natura le strategie di difesa sono poche per ogni specie, che appunto si specializza, noi possiamo spaziare, possiamo mimetizzarci, attaccare, costruire  manufatti difensivi, eliminare gli ambienti dei nostri predatori, addomesticarli, fuggire, fuggire e fuggendo colpirli con altri manufatti.
La libera volontà inoltre è kantianamente uno sforzo, una disciplina della mente, poiché considerata la elasticità del cervello, pensare di essere liberi ci rende più liberi, mentre pensare di essere condizionati ci rende tali o perlomeno presenta questo rischio. Evolutivamente essere determinati è una sicurezza: se i nostri padri hanno fatto certe cose ed hanno vissuto, noi, facendo le stesse cose, vivremo. È una forma di economia vitale, che presuppone (giustamente) come fine ultimo, la sopravvivenza. Gli unici cambiamenti in un quadro del genere sono genetici. Poi la natura ha dato una accelerata e si sono sviluppate specie che permettevano, entro certi limiti, una libera interpretazione della propria specie. I mammiferi e gli uccelli sono dei maestri in questo gioco. Infine è arrivata la classe dei primati ed ultimo l'uomo. Si tratta di un processo evolutivo che ha prediletto la libertà al condizionamento, proprio in chiave di fitness ambientale. Ciò ovviamente non toglie che vi sono specie altamente condizionate che continuano a prosperare indisturbate (pensate ai funghi o ai batteri). La contropartita di questa libertà è la malattia mentale ed oggi anche la potenza tecnica che per la prima volta rischia di compromettere la stessa vita umana. Potenza tecnica che è la diretta conseguenza di quella libertà neurale (insieme ad altri fattori non meno importanti come l'andatura eretta, la visione prospettica ed altro). In tutto questo discorso etologico se ne innesta però un altro, ovvero l'uso etico-politico del determinismo e del libero arbitrio, che ha attraversato l'intera storia umana. Fatto anche questo che dovrebbe confermare la presenza di un certo margine di libertà. Infatti l'altra questione da considerare è l'asimmetria fra chi crede che l'uomo sia determinato e chi crede che sia libero. Per i primi si tratta di un determinismo rigido e meccanico: solo la nostra ignoranza delle cause non ci permette di spiegare l'agire umano. Per i secondi vi è (quasi) sempre l'interazione fra fattori condizionanti e fattori liberi.
#630
Tematiche Filosofiche / Re: Scienza e caso
14 Febbraio 2024, 08:15:15 AM
CitazioneVoglio fare filosofia non scienza quantistica se no andavo in un forum dove i quantistici scodinzolano allegramente ad ogni affermazione che esce dal cern.
In realtà è esattamente il contrario. I quantistici possono disinteressarsi della filosofia mentre la filosofia non può fare altrettanto. La filosofia è amore per la conoscenza ad un livello "meta" e a meno che non voglia diventare come le altre scienze o una ontologia di sè stessa, deve confrontarsi, come ha sempre fatto con tutti i saperi e sviscerarli fino a trovarne eventuamente anche la loro falsa coscienza, come nel caso del darwinismo sociale o delle teorie della razza. La cultura è mimetica. Alla filosofia spetta estrarre il nucleo essenziale della cultura di quell'epoca per smascherarne gli aspetti di dominio in nome dell'uomo come soggetto potenzialmente etico.