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Messaggi - doxa

#616
Ultimo libro letto / Re: Presepe
03 Gennaio 2023, 12:59:11 PM
I due citati autori del libro evidenziano che "ll presepe francescano rappresenta la Natività, il presepe napoletano l'umanità; e per questo ha conquistato l'immaginario globale, ed è amato da credenti e non credenti".

Per Niola e Moro la versione partenopea della nascita di Gesù è un teatro della devozione: si fondono e si confondono sacro e profano. In poco spazio ci sono le statuine che raffigurano la "folla multicolore e multietnica: pastori, mercanti, suonatori, venditori ambulanti, osti, lavandaie, cuoche contadine, tessitrici, balie, re neri, visir ottomani, schiavi nubiani. Cui anno dopo anno si aggiungono personaggi dell'attualità".

In merito ai personaggi dell'attualità vi faccio leggere un po' di righe scritte dai due docenti.

"Fu Antonio Bassolino, sindaco della città (Napoli), il primo fra i politici a troneggiare sui banchi di via San Gregorio Ameno, il cuore antico dell'arte presepiale napoletana. Sigaretta fra le dita, mani aperte nel gesto di arringare la folla, addirittura aureolato, con il capo circondato da stelline luminose come quello dei santi. Da allora il presepe è diventato un andirivieni di personaggi contemporanei spinti e risucchiati dall'onda della cronaca, una sorta di borsino della popolarità in continua oscillazione.
Dopo Bassolino fu il turno dei 'pastori dalle mani pulite' a far risuonare tra la grotta e la taverna l'eco di Tangentopoli. Fu allora che il pool milanese, con in testa Antonio Di Pietro, fece il suo ingresso in scena, accanto alle figure di sempre, come Benino il dormiente e i Re Magi, la Sacra Famiglia e il pastore della meraviglia.
Con fulmineo tempismo nel 1994 comparve un'attonita statuetta di Berlusconi con in mano un foglio recante l'avviso di garanzia, esposto insieme a Umberto Bossi in canottiera che inalberava un cartello esaltante la virilità leghista in termini crudamente anatomici. Era solo il primo atto di quel teatrino della politica che da allora non ha più abbandonato il presepe. [...]
Ai politici fecero seguito i personaggi dello spettacolo, dello sport e perfino del gossip. E il presepe uscì dai suoi confini per farsi sempre più glocal.
Qualcuno gridò al sacrilegio vedendo in questa contaminazione la fine del presepe. Ma in realtà questo turn over iconografico, che associa i tempi lunghi di una tradizione immemoriale e quelli corti di una storia in cui risuona l'eco immediata della cronaca, hanno sempre caratterizzato il presepe napoletano, facendone una teatrale miniatura del tempo. O meglio dei tempi, sottratti al fluire lineare degli eventi e acronicamente coesistenti"
.

Inoltre: "A Napoli la nascita di Gesù Bambino ha come sfondo il Vesuvio, le montagne appenniniche e le rovine di Pompei. Insomma il presepe è un plastico del dogma teologico della Natività. Ma è anche arte, tradizione, colore locale. Ethos e phatos, sentimento e passione, rito e teatro. Di fatto, il Vangelo in dialetto".

Il sovrappopolamento urbano si trasferisce sulla cartapesta e diventa folla animata e concitata. E' la vita quotidiana sorpresa in un fermo immagine che la consegna all'eternità.
#617
Ultimo libro letto / Il presepe
03 Gennaio 2023, 12:53:13 PM
E' "fresco di stampa" il libro  titolato "Il presepe" (edito da Il Mulino)  scritto dagli antropologi Marino Niola ed Elisabetta Moro.

All'università "Suor Orsola Benincasa" di Napoli il prof. Niola insegna "Antropologia dei simboli" e "Antropologia della contemporaneità", la professoressa Moro è docente di "Antropologia culturale". 

E' interessante il loro libro sul presepe perché considerato dal punto di vista antropologico.

I due autori hanno come riferimento iniziale il cosiddetto "presepe vivente" organizzato da Francesco d'Assisi  con i suoi confratelli la sera del 24 dicembre nel 1223 in una grotta usata come stalla a circa due chilometri da Greccio, in provincia di Rieti, per rappresentare la nascita di Gesù; poi Niola e Moro argomentano sul "presepio napoletano", del quale parlerò in un altro post.

Ma a Francesco quell'idea non venne  come illuminazione dallo Spirito Santo...

Da mie ricerche in  passato sul teatro medievale risulta che antecedente a Greccio nel periodo natalizio in numerose chiese la nascita di Gesù e l'Epifania venivano ricordate con i tropi (brevi dialoghi cantati dai religiosi), poi  dalla mistione dei tropi con i testi canonici derivarono  i  drammi liturgici in lingua volgare (dialogo, musica, elementi scenografici) interpretati da alcuni chierici che recitavano sul sagrato o all'interno della chiesa, con folta partecipazione di persone quasi tutte analfabete che comprendevano ciò che  ascoltavano e vedevano.

La nascita del Bambino Gesù veniva celebrata con le due processioni del cosiddetto "Officium stellae" (i Magi che attraversavano tutta la chiesa fino all'altare dove depositavano i doni) e dell'Officium  pastorum (la processione dei pastori).

L'evoluzione di quella forma liturgica fu poi la rappresentazione della natività da parte di Francesco a Greccio,  ma non c'erano figuranti nel ruolo di Maria,  di Giuseppe e del neonato. Erano presenti solo la mucca e l'asino ai lati di una mangiatoia nella quale era stato messo del fieno e venne celebrata la Messa davanti la grotta- stalla con la partecipazione  di numerose persone.

Si lo so Cono e Rachele, dicendovi queste cose vi faccio crollare un mito, ma così avvenne.

Stando alla tradizione, Francesco e i suoi confratelli in quel periodo erano nella zona di Greccio per il ritiro spirituale sul monte Lacerone, ad un'altezza di oltre mille metri, abitando tra i boschi in una modesta capanna. Spesso Francesco  scendeva in paese, dove predicava il Vangelo. Le sue parole suscitarono l'ammirazione del feudatario  del luogo, Giovanni Velita, che lo esortò a rimanere in quell'ameno luogo.

Il frate Tommaso da Celano (prov. L'Aquila), compagno e primo biografo di Francesco, scrisse che "C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni (Velita, il feudatario) di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme" ("Vita prima", cap. XXX, 468 - 469).
#618
Ultimo libro letto / Re: Luce dalle stelle morte
28 Dicembre 2022, 17:45:51 PM
 
/2
 
Come già detto nel precedente post, gli astrofisici spiegano che la luce stellare arriva a noi con molti anni di ritardo, forse milioni di anni, anche da una stella già morta, scomparsa nel buio dell'universo. In tal caso guardiamo nel cielo notturno una presenza che è assenza, o un'assenza che è presente, come avviene  quando si è coinvolti dal sentimento della nostalgia per un passato che  non è più tra noi, ma anziché diventare oggetto di rimpianto regressivo ci illumina, pur nella sua assenza, ci raggiunge come una visitazione inattesa. E la nostalgia per ciò che non c'è più diventa viatico per il futuro.
 
Massimo Recalcati nel suo ultimo libro "La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia" evidenzia il rapporto della vita con l'esperienza traumatica della perdita di una persona ( ma anche un animale o una cosa) che dava significato alla propria vita.
 
Cosa  ci accade quando perdiamo chi abbiamo profondamente amato? Quale vuoto si spalanca?
 
La vita di ognuno è  segnata dalle perdite, non solo le morti delle persone care, ma anche da altri eventi: la separazione, l'abbandono, il tradimento, la perdita di ideali che si sono rivelati fallimentari. Ogni esperienza di sconfitta o di perdita, fa vacillare il significato del proprio  mondo.
 
Quale   reazione emotiva ed elaborazione psicologica del lutto ci attende per ritornare a vivere?
Secondo Recalcati si reagisce al lutto con due diverse modalità nostalgiche.
La  prima modalità è la nostalgia-rimpianto, che  cronicizza il lutto,  idealizza la perdita, inchioda al ricordo:  "può essere un amore,  può essere una persona cara scomparsa, può essere anche la nostra stessa giovinezza o la vigoria del nostro corpo che negli anni non è più la stessa".
Sono ricordi indelebili, parole indimenticabili, profumi inconfondibili, tempi di gioia e di dolore, ma anche gesti quotidiani che restano scolpiti nella nostra memoria.
Questo tipo di atteggiamento nostalgico induce a pensare al passato ma blocca  il divenire.  "Il passato diventa una calamita che ci sequestra, che ci trattiene, e allora viene meno l'orizzonte dell'avvenire. La nostra vita è tutta all'indietro".
Il  lutto e la nostalgia sono due esempi di come possiamo restare vicini  con il ricordo a ciò che abbiamo perduto senza però farci  sopraffare dal dolore, ma devono  diventare risorsa  per avere la volontà di ricominciare.
 
La seconda modalità è la nostalgia-gratitudine:  necessita di tempo e  dolore per la lenta separazione dall'oggetto perduto,  che non è mai completa. Portiamo sempre con noi i nostri innumerevoli morti per  quello che ci hanno dato:  gli insegnamenti, le parole e i gesti che ci hanno lasciato.
 Questa forma di nostalgia somiglia al fenomeno astrofisico della stella morta, ma la sua luce ci raggiunge dal passato.  Metaforicamente quella luce può essere il ricordo del primo bacio adolescenziale, il gesto di un insegnante, l'abbraccio della madre. Sono piccoli dettagli che abitano nella nostra memoria, non sono necessariamente grandi lezioni, e riescono ugualmente ad illuminare il nostro cammino durante la vita.
#619
Ultimo libro letto / La luce delle stelle morte
28 Dicembre 2022, 17:41:19 PM
Massimo Recalcati, psicoanalista,  ha pubblicato recentemente un suo saggio titolato "La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia", edito da Feltrinelli.

La prima parte del titolo mi ha incuriosito, perciò prima di argomentare su questo libro, reputo opportuno un ripasso "ad alta voce" di alcune nozioni di astrofisica.

Guardando il cielo nelle notti  senza nubi, vediamo  le stelle che brillano di propria luce visibile. Quella luce è suscitata dalla fusione nucleare nel proprio nucleo che  genera energia e viene irradiata nello spazio come  luminosità,  ma ci arriva dal passato. Infatti, se un astro è a mille anni luce, la sua radiazione elettromagnetica, che viaggia alla velocità di 300 mila km al secondo, noi la vediamo com'era mille anni fa.

Tanto più una stella è lontana da noi, tanto  più indietro nel passato fu emessa la luce che vediamo.

Quella luce proviene anche da  stelle che sono morte da migliaia di anni, ma continuiamo a vederla anche se esse non ci sono più.


Galassia della "Via Lattea", formata circa 13 miliardi di anni fa. E'  costituita  da  quasi 300 miliardi di stelle e  da ammassi di nebulose. E' soltanto una delle molte galassie – oltre cento miliardi – che popolano l'Universo. 

La Via Lattea, visibile di notte come una striscia biancastra,  è la galassia che ospita in periferia il nostro sistema solare. 


galassia a spirale, denominata "M 101".

Il Sole è la stella più vicina alla Terra. La sua "luce" impiega  circa otto minuti per raggiungere il nostro pianeta.

La distanza Terra – Sole varia da un minimo di circa 147,1 milioni di km a un massimo di circa 152,1 milioni di km.

La distanza media Terra – Sole è di 149,6  milioni  di km.

La minima e la massima distanza sono determinate dal movimento di rivoluzione che compie la Terra intorno al Sole descrivendo un'orbita ellittica.

Ma cos'è una stella ? In breve,  è un'enorme palla di plasma, gas  bollente, e altri materiali.

Le stelle fondono l'idrogeno del proprio nucleo in elio a temperatura e pressione elevate; le stelle trascorrono in questa fase circa il 90% della propria esistenza.



La sequenza principale termina  quando l'idrogeno, contenuto nel nucleo della stella viene completamente convertito in elio dalla fusione nucleare. 

Le stelle più sono lontane da noi, più vediamo fievole la loro luce.

Le radioonde attraversano con facilità il pulviscolo e  permettono ai radioastronomi di elaborare una mappa della Via Lattea anche per le zone da cui non proviene luce.

Segue
#620
Storia / Re: Storia della "chiocciola"@
27 Dicembre 2022, 21:01:01 PM
Buonasera Eutidemo, 

se ti può essere utile integro quanto hai scritto riguardo la lettera A. 

Tutti i sistemi di scrittura di tipo alfabetico cominciano con la lettera A, dal suo nome greco "alpha", ma la denominazione è di origine semitica (ancora in uso: 'alef in ebraico, 'alif in arabo) e anticamente aveva il significato della nostra parola "bue", che si ottiene in forma stilizzata rovesciando la lettera di 180 gradi, e si può riconoscere la testa di un bovino con le corna vista di fronte.
 
Quando i Greci ricevettero l'alfabeto dai Fenici, la prima lettera era adagiata con le corna verso destra. Furono i Greci a ruotarla portando le corna verso il basso.

Si ignora il motivo di queste rotazioni. Comunque la connessione con la figura che la lettera rappresentava in origine non era più rilevante. Infatti adagiata o completamente rovesciata, la lettera A non rappresentava più il bue, ma utilizzata per rappresentare un fonema, un particolare suono della voce.
Questo segno il valore di bue/toro o bestiame lo aveva avuto  da un geroglifico egizio.
 
La lettera "Alpha" essendo la prima dell'alfabeto era anche usata come cifra per indicare il numero 1 in uno dei due sistemi di numerazione che i Greci utilizzarono nell'antichità.
 
L'alfabeto latino è rimasto immutato dall'epoca della Roma imperiale ai giorni nostri, ma, come detto, ha origini e legami che lo collegano con altri sistemi di scrittura.
 
I Latini, mutuando le lettere dall'alfabeto greco (attorno all'VIII sec. a.C.,  forse tramite gli Etruschi), presero solo quelle necessarie a rappresentare i suoni in uso nella loro lingua corrente.
 
Per esempio la lettera G  fu aggiunta nel III sec. a.C., mentre Y e Z vennero introdotte in epoca repubblicana, in concomitanza con l'aumento dell'influenza culturale greca su Roma, e dunque per la necessità di trascrivere alcune parole greche nel sistema di scrittura latino.
 
La W e la J sono introduzioni medievali atte alla trascrizione di altre lingue (ad esempio quelle anglo-sassoni).
 
Una curiosità riguarda le lettere U e V: esse non vennero distinte fino all'epoca rinascimentale.
I Latini infatti non distinguevano graficamente i due suoni, ed anche la loro pronuncia, nel latino classico, era molto più simile di quanto sia in italiano. In scrittura il segno V rappresentava entrambi i suoni, e in ambito epigrafico la lettera V è stata preferita alla U fino al XXI secolo.

Non  è chiaro come si pronunciasse la V (alcuni glottologi ritengono che stesse a indicare semplicemente il suono della U breve, come in uomo. Il fonema V non esisteva neanche nella lingua greca. 

Dalle epigrafi  si desume che il dittongo vu veniva pronunciato uo. VULT = Uolt.

Cicerone (si pronunciava KIKERO) se ci sentisse leggere oggi un suo testo, stenterebbe a capire che stiamo leggendo un brano in latino.

Recentemente  Alessandro Magrini  ha pubblicato un suo saggio titolato  "Il dono di Cadmo. L'incredibile storia dell'alfabeto", edito da "Ponte alle Grazie". In questo libro ci sono notizie interessanti riguardo ad ogni lettera dell'alfabeto. 
#621
A Milano, per le festività natalizie, c'è la  tradizionale  e gratuita mostra "Natale a Palazzo Marino", fino  al 15 gennaio.
 
L'esposizione di quest'anno, titolata "La carità e la bellezza", è nella Sala Alessi (piazza della Scala 2). Patrocinata dal Comune di Milano in collaborazione con il Comune di Firenze e con la Città metropolitana di Firenze, è un progetto ideato da Palazzo Reale in collaborazione con Gallerie d'Italia, l'Area Biblioteche del Comune di Milano e i municipi. L'iniziativa è resa possibile grazie al contributo di Intesa Sanpaolo, partner istituzionale, che da anni, insieme al sostegno di Rinascente, affianca l'amministrazione nel donare questo appuntamento culturale alla città.
 
Quest'anno la rassegna d'arte propone ai visitatori  quattro capolavori dell'arte toscana provenienti dai musei di Firenze.
 
Uno spettacolare allestimento fa da palcoscenico alla scultura e ai tre dipinti, ricreando in chiave contemporanea l'atmosfera di una basilica.
I tendaggi in seta calano dall'alto per esaltare la preziosità delle opere ed evocare gli interni di una cattedrale.
 
Queste sono le opere d'arte esposte:
 
1."Madonna col Bambino", di Sandro Botticelli;
 
2."Adorazione dei Magi", del Beato Angelico;
 
3."Madonna col Bambino", di Filippo Lippi;
 
4."Carità", di Tino di Camaino.
 
La mostra si estende anche agli altri otto Municipi della città. Dal 13 dicembre le biblioteche di quartiere ospitano importanti opere  d'arte inerenti la carità e della bellezza: quattro tele del Seicento e quattro dell'Otto/Novecento.
 

Tino di Camaino, Carità, 1320 circa, scultura marmorea a tutto tondo, Firenze, Museo Bardini
 
"Carità": questa  scultura realizzata da Tino di Camaino, rimase per circa due secoli all'ingresso del Battistero del Duomo di Firenze, monumento-simbolo dell'identità fiorentina, e successivamente ospitata presso il Museo dell'Opera del Duomo.
Lo stile dello scultore, allievo di Giovanni Pisano, predilige forme semplici, mpostate su volumi geometrici, ed è del tutto paragonabile a quello utilizzato, nello stesso periodo, da Giotto. La figura allegorica della Carità è una donna che si occupa di due bambini, allattandoli al seno.
 
 

Filippo Lippi, Madonna col bambino, 1466-69, tempera su tavola, Firenze, Palazzo Medici Riccardi.
 
Il dipinto fu uno degli ultimi realizzato su tavola dal pittore. Poi si trasferì a Spoleto per affrescare l'abside del duomo.
 
 
 

Beato Angelico, tabernacolo con Annunciazione, Adorazione dei Magi e Sante, 1434 circa, tempera su tavola, Firenze, Museo di San Marco.
 
Per questo tabernacolo il Beato Angelico usò una tecnica tra pittura, miniatura, oreficeria e intaglio. Oltre a offrire un tema  natalizio come l'Adorazione dei Magi, il tabernacolo offre un saggio della sensibilità di Beato Angelico verso i colori che dominano sull'oro del fondo.
 
Quest'opera arriverà in Sala Alessi il 20 dicembre, perché attualmenteè  in prestito alla mostra a San Giovanni Valdarno dedicata  "Masaccio e Angelico. Dialogo sulla verità nella pittura".
 

Sandro Botticelli, Madonna col Bambino, 1490 circa, tempera e tempera grassa su tavola, Firenze, Museo Stibbert
 
Dopo aver raggiunto l'apice della fama e della carriera al tempo di Lorenzo il Magnifico, negli anni che seguono la morte del suo mecenate (1492) Botticelli,
rimase impressionato dalle predicazioni apocalittiche di Gerolamo Savonarola, e il suo turbamento spirituale si riflette sulla sua produzione artistica.
#622
"In tristitia hilaris, in hilaritate tristis"  ("ilare nella tristezza, triste nell'ilarità"): è l'epigrafe che Giordano Bruno volle sul frontespizio della sua commedia titolata "Candelaio". 

La tristezza è frequente anche in persone non affette da depressione.

Quando ci si sente tristi (e non si è depressi), a volte basta il sorriso di una persona per rispondere con un sorriso,  o ascoltare una barzelletta che fa ridere. 

Invece la depressione è una psicopatologia che coinvolge il corpo, i pensieri, il modo di percepire sé stessi e il mondo, gli eventi della vita. La depressione non è una tristezza passeggera e non è modificabile con un atto di volontà.

A volte hai la certezza che chiunque se la passi meglio di te, per esempio la collega con la famiglia perfetta, l'amica in forma smagliante, ecc.. E lo sconforto ti coinvolge perché la tua percezione sbaglia, ti crea  equivoci cognitivi.

La vita di ognuno ha luci ed ombre. Non ci sono persone immuni da problemi e difficoltà di varia natura. Ma in molti individui scatta la "sindrome del brutto anatroccolo",  essenzialmente per due motivi:

il primo motivo: si tende a fare paragoni solo con coloro che per carattere e scelta relazionale comunicano "cose belle", soddisfazioni e successi, tacendo i propri crucci. Frequentando questo tipo di persone è facile sentirsi sfortunati.

Il secondo motivo: in periodi di solitudine, frustrazione, sofferenza, avviene il "confronto diretto" con gli altri, per capire se stiamo meglio o peggio, se valiamo o piacciamo di più o di meno. In questo caso la mente trae in inganno l'individuo, perché mostra  situazioni che confermano la propria insoddisfazione anziché presentarci la situazione nella sua generalità. Un esempio tipico, l'ex compagno di scuola che ha fatto carriera.

La prima cosa da fare quando si è coinvolti in questo fenomeno psicologico è ricordare che la nostra visione del prossimo è sempre soggettiva e parziale.

La seconda cosa è chiedersi perché sentiamo il bisogno di fare paragoni: ci servono conferme sul nostro valore, sulla nostra posizione sociale, sul nostro aspetto fisico, ecc..
#623
Storia / Re: I cardinali con il colore sbagliato!
13 Dicembre 2022, 18:13:57 PM
Buonasera Eutidemo,

l'abito talare dei cardinali è di colore "rosso ponsò": colore tra il carminio e l'arancio. Tecnicamente si chiama "rosso ponsò" e così è definito  dalle sartorie ecclesiastiche.

Ti segnalo come lettura l'Istruzione della Segreteria di Stato "Ut sive sollicite", circa le vesti, i titoli e le insegne di Cardinali, Vescovi e Prelati minori, firmata dal cardinale Amleto Giovanni Cicognani il 31 marzo 1969, ed entrata in vigore la Domenica in albis dello stesso anno. Il documento fu ratificato dal papa Paolo VI.

Per farti sorridere ti mostro alcune foto di cardinali in cappa magna, ancora non abolita dal Vaticano.

La cappa magna è a forma di campana con strascico posteriore lungo alcuni metri, che viene tenuto dalle braccia del caudatario: questo sostantivo deriva dal latino "cauda" (= coda).

Il 30 novembre 1952 con il motu proprio "Valde solliciti"  il pontefice Pio XII accorciò di metà lo strascico delle cappe dei cardinali (prima 12 metri, oggi 6).


Pare esagerare il cardinale Antonio Canizares, spagnolo, che nel  dicembre 2008 fu nominato  dal papa "Prefetto della Congregazione del Culto Divino".
 

Cardinale George Pell, australiano.
È uno dei cardinali che "per protesta"  celebrarono la messa tridentina dopo la riforma liturgica, ed è  il prelato coinvolto in Australia in casi di pedofilia.
 

 
 

Il cardinale Giuseppe Siri in cappa magna, sopra di essa la mozzetta con la pelliccia di ermellino.
#624
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Il dono di Toth
07 Dicembre 2022, 18:33:55 PM
/5

Nel I millennio a. C. dalla scrittura ieratica derivò una forma semplificata, detta "demotica".
 
Questo tipo di scrittura, a differenza di quella  ieratica e quella geroglifica, non era utilizzato nei testi letterari o nelle iscrizioni funebri, ma nei documenti per scopi commerciali e letterari,  mentre la ieratica veniva riservata per la redazione di testi religiosi.
 
Scrittura "demotica", dal greco dēmotikós (= popolare, derivato da "démos" = popolo): questo nome le fu attribuito  dall'antico storico greco Erodoto (484 a. C. – 425 a. C.) per designare la forma popolare di scrittura accanto a quella ieratica e a quella geroglifica.
 
Dagli Egiziani  la demotica veniva denominata  "sekh shat": significa "scrittura per documenti, ma foneticamente evoca il nome della dea Seshat, divinità protettrice della scrittura.
 
La fase finale della lingua egizia fu l'alfabeto copto, basato sull'alfabeto greco, con l'aggiunta di 7 grafemi derivanti dal demotico per trascrivere altrettanti fonemi non esistenti nella lingua greca.
 
Con l'utilizzo dell'alfabeto greco, per la prima volta nella storia della lingua egizia furono trascritte anche le vocali, non esistenti nei precedenti sistemi di scrittura della lingua; la scrittura va da sinistra verso destra, in linee orizzontali, senza separazione fra le parole, seguendo l'uso greco da cui era stata derivata.
 
the end
#625
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Il dono di Toth
07 Dicembre 2022, 18:32:37 PM
/4

Il termine "geroglifico" deriva dal latino hieroglyphicus, parola composta dall'aggettivo hieròs (= sacro)  + il verbo glýphō (= incidere): [segni] sacri incisi. Infatti i geroglifici venivano incisi su pietra, utilizzati come sistema di scrittura  riservata, come già detto nel precedente post, ai templi, ai monumenti, alle tombe dei sovrani, ecc..


Obelisco con geroglifici in piazza San Giovanni in Laterano, Roma


la tomba di Ramses IV è una delle meglio conservate della Valle dei Re. All'interno ci sono delle iscrizioni con dei testi funerari mirati a facilitare il viaggio del faraone nell'aldilà

Ogni glifo  della scrittura geroglifica corrisponde a un segno della scrittura ieratica.

Il rapporto fra i geroglifici e lo ieratico è confrontabile con quello attuale fra lo  stampatello e il corsivo.

La scrittura geroglifica si può leggere in entrambe le direzioni: da sinistra a destra oppure da destra a sinistra, a seconda dell'orientamento dei segni.
Invece la ieratica si legge soltanto da destra a sinistra. Inizialmente poteva essere scritta sia in righe sia in colonne, come i geroglifici, ma dopo la XII dinastia  venne standardizzata la scrittura orizzontale.

La parola "ieratica", da hieròs,  significa (scrittura) sacra, deriva dalla lingua greca antica. Per secoli erroneamente si credette  che la scrittura ieratica  fosse utilizzata soltanto dai sacerdoti egizi.  Il fraintendimento derivò dal fatto che nell'epoca in cui i Greci arrivarono in Egitto essi notarono che i documenti conservati negli archivi dei templi  erano scritti in ieratico e credettero che questa scrittura fosse tipica dei testi religiosi. In realtà gli archivi dei templi non contenevano solo testi religiosi, ma anche opere letterarie, scientifiche e militari, dal momento che nei templi avveniva anche l'istruzione dei futuri professionisti dello Stato.

A far entrare l'Egitto nell'orbita della Grecia furono le conquiste di Alessandro Magno nel IV sec. a. C.. Dopo la sua morte l'impero macedone fu diviso tra i generali che lo avevano accompagnato nelle spedizioni militari. Vennero costituiti i cosiddetti "regni ellenistici", tra i quali quello tolemaico in Egitto, iniziato con Tolomeo I e concluso con la morte per suicidio di Cleopatra VII e la conquista romana nel 30 a. C..

La cultura ellenistica continuò a prosperare in Egitto durante i periodi romano e bizantino, fino alla conquista islamica dell'Egitto tra il 639 e il 642.
#626
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Il dono di Toth
07 Dicembre 2022, 18:29:33 PM
/3
 
In occasione del secondo centenario dell'interpretazione dei geroglifici da parte di Champollion, il Museo Egizio  di Torino celebra quell'evento con una mostra titolata: "Il dono di Toth: leggere l'antico Egitto", da oggi, 7 dicembre 2022, al 7 settembre 2023.
 
Fra gli oggetti presenti, c'è il "Papiro dei re": l'unica lista reale di epoca faraonica scritta a mano su papiro (non con i  segni geroglifici, il cui uso era riservato ai templi, alle tombe dei faraoni, ai monumenti alle stele,  agli obelischi,  statue)  con la scrittura ieratica, in corsivo, di uso quotidiano,  che veniva tracciata  dagli scribi sul papiro con il calamo tinto nell'inchiostro.
 

scriba seduto, statua in pietra calcarea dipinta raffigurante uno scriba al lavoro, rinvenuta a nord del "Corridoio delle Sfingi" del Serapeo di Saqqara, datata tra il 2620 e il 2350 a.C. circa. Museo del Louvre, Parigi.
 
In alcuni testi letterari rinvenuti c'è l'invito ai giovani egiziani di diventare scribi, per poter avere possibilità di lavoro e carriera nell'amministrazione statale.
Soltanto poche persone erano capaci di scrivere e leggere i geroglifici: scolpiti o dipinti. Sono formati da figure che rappresentano persone,  animali, piante, manufatti.
 
La scrittura geroglifica (che letteralmente significa "segni sacri incisi") degli Egizi era un sistema molto complesso, che contemplava caratteristiche principalmente logografiche ma anche fonetiche: un simbolo poteva rappresentare una parola, una sillaba o una lettera.
 
Considerando tutte le possibili varianti, il sistema geroglifico comprendeva diverse migliaia di glifi, rendendo quello dello scriba un mestiere per pochi.
 
Si credeva che  quei segni avessero una forza particolare, fossero abitati dal divino.
 

 scrittura ieratica su papiro
#627
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Il dono di Toth
07 Dicembre 2022, 18:25:53 PM
/2

Le prime testimonianze sulla  scrittura nell'antico Egitto  risalgono all'incirca al  3.200 a. C..
 
Le iscrizioni furono rinvenute nel 1988 nella cosiddetta "tomba U-j", sepoltura proto-regale nell'Alto Egitto.
 
La tomba è suddivisa in dodici camere. Sebbene depredata nel lontano passato, fu  trovato molto arredo funebre: manufatti in avorio e osso, differenti tipi di ceramica, più di 200 giare di vino,  circa 150 tavolette di argilla con brevi iscrizioni.
 
Le piccole tavolette, incise ognuna con segni geroglifici, in numero variabile da uno a quattro, indicano come la scrittura fosse già ad un certo livello di sviluppo. Alcune delle iscrizioni sono leggibili (con valore fonetico) e menzionano istituzioni amministrative, proprietà agricole del sovrano,  alcune località nel delta del Nilo. 
 
Anche molte ceramiche sono iscritte con uno o due ampi segni tracciati con inchiostro nero.
 
E' noto che i geroglifici, scolpiti o dipinti,  compongono  un sistema di scrittura formato da logogrammi sillabici e alfabetici, decodificati nel 1822 dall'archeologo ed egittologo francese  Jean-François Champollion (1790 – 1832).
 
L'antico sistema di scrittura egizio era un misto di:
 
logogrammi, segni utilizzati per indicare una parola intera;
 
tassogrammi (o determinativi), segni usati per indicare l'ambito semantico di una parola;
 
fonogrammi, segni che rappresentano il suono di una parola indicandone le sole consonanti.
 
Le tre tipologie potevano coesistere in uno stesso segno.
 
#628
Tematiche Culturali e Sociali / Il dono di Toth
07 Dicembre 2022, 18:24:26 PM
Toth, divinità appartenente alla religione dell'antico Egitto.
 
Veniva rappresentato in due modi:
 
come una scimmia del tipo babbuino

scimmia del tipo babbuino
 

il dio Thot raffigurato come un  babbuino , Museo del louvre, Parigi
 
oppure  con corpo umano e testa di un volatile, l'Ibis sacro.
 


 
Al dio Toth furono attribuite numerose  funzioni e ruoli.

Creduto l'ideatore della scrittura, fu  patrono degli scribi, degli archivi e delle biblioteche.
 

il dio Thot in forma di babbuino protegge lo scriba reale Nebmertouf, XVIII dinastia
 
Thoth  aveva come  moglie oppure sorella o paredra la dea Seshat, divinità protettrice della scrittura, dell'aritmetica, delle progettazioni architettoniche di templi ed edifici reali.


la dea Seshat (il suo nome significa "la scriba"), indossa la pelle sacerdotale di leopardo e un emblema sul capo, costituito da una rosa stellata. 

Il culto verso questa divinità  è molto antico. Fu venerata dagli scribi e dalla famiglia reale egizia fino al periodo tolemaico (323 a. C. – 30 a. C.). 
#629
Ultimo libro letto / Re: Il dono di Cadmo
07 Dicembre 2022, 16:41:04 PM
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Nel III millennio a.C. fu sviluppato un sistema geroglifico semplificato, con caratteristiche fonetiche. Ciascuno dei 22 segni rappresentati corrispondeva ad una consonante. Essa era la lettera iniziale della parola rappresentata nel simbolo. È il cosiddetto proto-sinaitico.
 

alfabeto proto-sinaitico

I Fenici presero questi simboli, semplificandoli ed associandoli ai suoni della loro lingua.

Ad esempio il pittogramma della testa di un toro venne associato alla parola Aleph (bue), e da esso, come già detto, discenderà, attraverso una progressiva semplificazione grafica ed evoluzione fonetica, la moderna lettera A.

Dall'alfabeto fenicio, oltre a quello greco e romano, derivano anche l'alfabeto ebraico e quello arabo.

La lingua dei Fenici faceva infatti parte della famiglia delle lingue semitiche.

Furono i Greci che nel IX sec. a.C. fecero proprie le consonanti fenicie e vi aggiunsero le vocali, spesso riadattando simboli che non avevano un corrispettivo fonetico nel greco.

Vennero introdotte anche ulteriori consonanti per ovviare alla mancanza di alcuni fonemi necessari alla pronuncia della lingua.


alfabeto fenicio

Nel passaggio tra il sistema di scrittura fenicio e quello greco ci fu l'introduzione della notazione dei suoni vocalici. Alcune lettere dell'alfabeto fenicio che rappresentano suoni superflui per il greco, furono utilizzate per rappresentare non delle consonanti, come in fenicio, ma delle vocali.

L'alfabeto che esportarono i fenici, infatti, era un alfabeto consonantico: del discorso orale segnalava la sola presenza delle consonanti e non quella delle vocali, che andavano integrate nella lettura.
 

alfabeto greco arcaico

Il nostro alfabeto deriva da quello greco tramite l'alfabeto etrusco, introdotto nell'Italia meridionale dai coloni Greci e poi diffusosi in tutta la penisola, fino all'arco alpino.

Il più antico sistema di scrittura etrusco era bustrofedico: alla fine di ogni riga il testo cambiava direzione, da sinistra a destra, da destra a sinistra.

In epoca successiva si affermò la scrittura con andamento da destra a sinistra ed è per questo che spesso i caratteri etruschi, seppur simili a quelli latini, appaiono riflessi.

Inizialmente l'alfabeto latino veniva usato nella scrittura interamente maiuscola, come quella nelle epigrafi. Tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C, venne elaborata anche la scrittura corsiva.

the end
#630
Ultimo libro letto / Re: Il dono di Cadmo
07 Dicembre 2022, 16:34:09 PM
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L'alfabeto latino, tecnicamente detto "sistema di scrittura latino", è un insieme di grafemi usato dalla maggior parte dei sistemi di scrittura del mondo. È formato da 26 lettere, ma in origine ne aveva solo 20.


alfabeto latino

Tutti gli alfabeti cominciano con la lettera A, dal suo nome greco "alpha", ma la denominazione è di origine semitica (ancora in uso: 'alef in ebraico, 'alif in arabo) e anticamente aveva il significato della nostra parola "bue", che si ottiene in forma stilizzata rovesciando la lettera di 180 gradi, e si può riconoscere la testa di un bovino con le corna vista di fronte.

Quando i Greci ricevettero l'alfabeto dai Fenici, la prima lettera era adagiata con le corna verso destra. Furono i Greci a ruotarla portando le corna verso il basso.

Si ignora il motivo di queste rotazioni. Comunque la connessione con la figura che la lettera rappresentava in origine non era più rilevante. Infatti adagiata o completamente rovesciata, la lettera A non rappresentava più il bue, ma utilizzata per rappresentare un fonema, un particolare suono della voce.
Questo segno il valore di bue/toro o bestiame lo aveva avuto  da un geroglifico egizio.

La lettera "Alpha" essendo la prima dell'alfabeto era anche usata come cifra per indicare il numero 1 in uno dei due sistemi di numerazione che i Greci utilizzarono nell'antichità.

L'alfabeto latino è rimasto immutato dall'epoca della Roma imperiale ai giorni nostri, ma, come detto, ha origini e legami che lo collegano con altri sistemi di scrittura.

I Latini, mutuando le lettere dall'alfabeto greco (attorno all'VIII sec. a.C.,  forse tramite gli Etruschi), presero solo quelle necessarie a rappresentare i suoni in uso nella loro lingua corrente.

Per esempio la lettera G è un'aggiunta nel III sec. a.C., mentre Y e Z vennero introdotte in epoca repubblicana, in concomitanza con l'aumento dell'influenza culturale greca su Roma, e dunque per la necessità di trascrivere alcune parole greche nel sistema di scrittura latino.

La W e la J sono introduzioni medievali atte alla trascrizione di altre lingue (ad esempio quelle anglo-sassoni).

Una curiosità riguarda le lettere U e V: esse non vennero distinte fino all'epoca rinascimentale.
I Latini infatti non distinguevano graficamente i due suoni, ed anche la loro pronuncia, nel latino classico, era molto più simile di quanto sia in italiano. In scrittura il segno V rappresentava entrambi i suoni, e in ambito epigrafico la lettera V è stata preferita alla U fino al XXI secolo.