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Messaggi - doxa

#616
Riflessioni sull'Arte / Cristo in gloria
22 Settembre 2022, 19:44:46 PM

Paolo Veronese, Cristo in gloria, 1585

Una sola figura si staglia al centro, su fondo chiaro e luce intensa nell'empireo.  Cristo in gloria è circondato da angeli (solo in parte visibili: la testa e le ali), come nelle visioni di Isaia ed Ezechiele.

La Gloria di Cristo è il momento della sua ultima apparizione agli apostoli e della sua Ascensione al cielo,  raccontato negli Atti degli Apostoli e nei Vangeli di Marco  e Luca.

"E avendo detto queste cose, guardando essi (gli apostoli) fu sollevato ed una nube lo sottrasse dai loro occhi. E poiché erano aventi lo sguardo fisso al cielo andandosene lui, ed ecco due uomini stavano accanto ad essi in bianche vesti, che poi dissero: Uomini di Galilea perché state fissando verso il cielo? Questo Gesù che è stato sollevato di tra voi al cielo verrà così nel modo in cui lo vedeste andare al cielo.
Allora tornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme, avente il cammino di un sabato"
(Atti degli Apostoli 1, 9 – 12).

L'evangelista Luca negli Atti degli Apostoli indica  l'Ascensione di Gesù dal Monte degli Ulivi nel quarantesimo giorno dopo la Pasqua (1, 11). 

il numero 40   ricorre spesso negli avvenimenti del popolo ebraico errante, ma anche con Gesù, che digiunò nel deserto per 40 giorni.

L'evangelista Marco aggiunge che  "Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro (gli apostoli),  fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio" (Mc  16, 19).

Ancora Luca: "Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio" (Lc 24, 50 – 52).

L'Ascensione è l'ultimo episodio della presenza terrena di Gesù. Ritornerà solo alla fine dei tempi per il giudizio finale, la parusia, dalla parola greca "parousìa" (= presenza); Nel Nuovo Testamento fa riferimento alla venuta di Gesù alla fine dei tempi, per instaurare il Regno di Dio.

Nel Credo degli Apostoli  la parusia viene menzionata con queste parole: "Gesù è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine".
#617
Ultimo libro letto / Il corvo. Una storia culturale
24 Agosto 2022, 18:06:38 PM
Il francese Michel Pastoureau, docente di storia della simbologia medievale, nel suo libro titolato:  "Il corvo. Una storia culturale", evidenzia che questo uccello è presente nei miti di tutta Europa.



Nella mitologia greco-romana è considerato messaggero degli dei, elogiato per l'intelligenza, la memoria e il dono della profezia.

Particolare importanza ha il corvo nella mitologia  norrena e germanica. Tra i Germani i corvi sono sacri a Wotan-Odino, e i suoi due corvi Huginn e Muninn ("pensiero" e "memoria") volano nel mondo a raccogliere ogni informazione, per poi tornare a riferirla al dio sovrano.

Il corvo è presente  anche in alcune pagine bibliche.

Nella Genesi, quando il livello delle acque del diluvio universale decrescono "Noè aprì la finestra che aveva fatta nell'arca e fece uscire un corvo per vedere se le acque si fossero ritirate. Esso uscì andando e tornando finché si prosciugarono le acque sulla terra" (8, 6 – 7).

Preoccupato solo di trovare cibo, poi scompare, a differenza della bianca colomba, che torna nell'arca recando "nel becco una tenera foglia d'ulivo" (8, 11).

Agli esordi della vita pubblica al profeta Elia, in ritiro spirituale in Transgiordania lungo il torrente Cherit: "I corvi gli portavano pane e carne al mattino, e pane e carne alla sera" (1Re 17, 6). Come "camerieri" erano dediti alla mensa del profeta solitario.

Nel Salmo 147,9 il Salmista dedica a questo volatile un solo verso: il Creatore "provvede cibo al bestiame, ai piccoli del corvo che gridano".

Anche Gesù cita i corvi. Rivolto ai suoi discepoli: "Guardate ai corvi: non seminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre" (dal Vangelo di Luca 12, 24).

Il cristianesimo medievale considera il corvo un uccello empio, intermediario fra il cielo e la terra, fra la vita e la morte.

Il simbolismo negativo assegnato al corvo lo ha emarginato per secoli, anche a causa del suo nero piumaggio, la voce sgraziata e la  sua voracità.

I  "Padri della Chiesa" l'hanno relegato nel bestiario del demonio. Infatti per loro il corvo rappresenta sia il peccatore, reso nero dal fango delle proprie colpe,  sia l'incarnazione del diavolo e di tutte le forze del male.

Agostino d'Ippona detestava i corvi; considerava diabolico il loro gracchiare.

Un autore cristiano contemporaneo di Agostino, Paolino di Nola, distingue tra corvo buono e cattivo: "Questo uccello, nelle Scritture, a volte significa il peccato, a volte invece rappresenta la grazia".

In epoca moderna la cattiva fama del corvo prende forma nelle favole, nei proverbi, nella lingua e nel lessico: animale dal grido luttuoso, uccello del malaugurio, delatore, personificazione della malvagità, è temuto perché associato all'inverno, alla desolazione e alla morte.

In epoca contemporanea viene detto "corvo" la persona che, nascondendosi dietro l'anonimato, diffonde ad arte calunnie e mezze verità per gettare discredito su qualcuno.

Come "nunzio di morte" il corvo evoca  il funereo thriller "Gli uccelli" (The Birds), un film del 1963, diretto dal regista britannico (naturalizzato statunitense) Alfred Hitchcock.

Un saccente corvo è invece protagonista nel film "Uccellacci e uccellini", diretto da Pier Paolo Pasolini, nelle sale cinematografiche nel 1966.

Nel nostro tempo il corvo si sta prendendo la rivincita: le più recenti indagini sull'intelligenza animale dimostrano che è un uccello astuto e intelligente, con un sistema di comunicazione complesso: gracchia in diversi modi e tonalità. E'  capace di adattare il verso a seconda di ciò che vuole comunicare o esprimere.
#618
Riflessioni sull'Arte / Re: Amore passionale
07 Agosto 2022, 08:37:49 AM
"L'amore è tutto"

"Che l'amore sia tutto è tutto quello che sappiamo dell'amore", declamava la poetessa americana Emily Dickinson. "E questo perché l'amore è un mistero, il più fitto dei misteri, il più conturbante e chimerico. Quando meno te lo aspetti l'arcano squarcia la routine della tua esistenza e quasi si materializza.

Vedi un altro o un'altra e la scintilla, la divina, la segreta scintilla scocca e si sprigionano le fiamme, l'incendio divampa. Io non vedo che lei, che vede solo me. Un fluido magnetico emana dal nostro cuore palpitante, ansioso di assistere all'ineffabile prodigio.
Stavamo lontano e non ci eravamo mai visti. Ma ora, ora che ci siamo conosciuti, la vicinanza è il nostro ossigeno, il nostro balsamo. Ci parliamo con gli sguardi e i nostri occhi sono tutti per noi, solo per noi. Non vediamo gli altri e non c'interessa vederli. Un sovrano egoismo a due, indissolubilmente ci lega, o ce ne dà l'illusione.
Invadiamo, e ci invade, la sua anima.  Quello che prima del fatale approccio non suscitava in noi alcuna curiosità, al fianco di una donna che ci era indifferente, che desideravamo senza amare, ora ci desta un interesse morboso. Soli in mezzo alla folla eravamo ancora più soli. Ora, soli, mano nella mano, lontano dalla folla, assaporiamo finalmente la compagnia. La più completa, la più coinvolgente.
Siamo felici di essere felici senza sapere perché. Ci promettiamo l'impossibile e reciprocamente ci giuriamo che mai tradiremo le reciproche promesse. Si dissolvono i mezzi toni, sopraffatti dai più imperiosi "mai" e "sempre". Il telefono squilla e il cuore accelera i battiti. Il campanello suona e noi ci precipitiamo ad aprire, con le coronarie in subbuglio. E' lei. La vediamo, le buttiamo le braccia al collo, ma lei ci ha già preceduto. Affondiamo nella squisita voluttà del sentimento e ne godiamo i brividi più forti. I nostri corpi si fondono e le nostre fantasie si confondono e ci confondono. Ma i protagonisti siamo sempre noi. Noi due soli. Soli con l'immensità di cui ci sentiamo faville creatrici.
Questo stato di grazia dura, ma non si perpetua in eterno. A un certo punto, per le stesse imperscrutabili ragioni che l'hanno fatto nascere, l'amore comincia ad affievolirsi.
Impercettibilmente, senza traumi. Ma fremiti intimi lo scuotono, inesorabilmente ne stemperano il vigore. Il sogno non è più tale e le prime ombre  lo avvolgono nelle loro implacabili spire, inoculandoci il pestifero virus, prima della ritrosia, poi dell'indifferenza. Finché un giorno, un giorno funesto (la coppia non è più all'unisono: uno è saturo, l'altro o l'altra non si rassegna) il colpo di cenere, la consapevolezza che l'incanto si è spezzato e nulla può rianimarlo, restituirgli la potenza e la fragranza.
Ci si vede e non ci si vorrebbe più vedere: o per risentimento e rancore o perché nulla più fermenta in noi. La beatitudine reciproca è svanita. Non resta più nulla. In lei o in lui solo sconforto e odio. In lui o in lei, sospiri di liberazione, non scevri nei più sensibili, di transeunti rimorsi; nei più aridi e cinici, nessun senso di colpa, di cui l'amore successivo, propizierà l'oblio"
.

Aforisma: "L'amore non tollera nemmeno i fantasmi immaginari e infondati del tradimento".
(Roberto Gervaso, riproposizione del testo dal quotidiano "Il Messaggero", 7 agosto 2022, pag. 18)
#619
Riflessioni sull'Arte / Re: Amore passionale
05 Agosto 2022, 23:06:51 PM
Grazie Ipazia per il tuo suggerimento delle "mezze mele platoniche ricongiunte".  
Per favore dimmi se ho capito bene questo mito platonico e dove ho sbagliato.



Jean Delville, "La scuola di Platone", 1898, olio su tela, Parigi, Musée d'Orsay
 
E' un dipinto simbolista di difficile comprensione. Al centro è raffigurato il filosofo Platone con la mano destra sollevata. Intorno a lui ci sono i suoi studenti, nudi o seminudi. Sono 12, come gli apostoli seguaci di Jesus.  I colori, la fauna e la flora circostanti  alludono a dei simboli. Per esempio il pavone, prefigura la resurrezione di Cristo. Tale animale  era già simbolo di immortalità in epoca pagana.
 
Nella rappresentazione pittorica le simmetrie e le armonie dei nudi evocano forme ideali, spirituali e richiamano l'androgino,  cioè la fusione e la sintesi di maschile e femminile.  
 
Secondo il mito degli androgini all'origine dei tempi gli esseri umani non erano suddivisi per genere, e ciascuno di essi aveva quattro braccia, quattro gambe e due teste. Col tempo gli ermafroditi cominciarono ad essere insolenti nei confronti degli dei e questi, per punizione, li separarono in due parti con un fulmine, creando da ogni essere umano primordiale un uomo e una donna. Come conseguenza, ogni essere umano cerca di ritrovare la propria iniziale completezza cercando la propria metà perduta. Secondo il mito però, gli esseri umani erano una coppia che poteva essere formata da un uomo e una donna.
 
E' il mito delle due metà descritto nel Simposio di Platone.
 
Da qui la nascita del mito delle anime gemelle, due persone  affini spiritualmente e sentimentalmente.
 
"...Se questo stato è il più perfetto, allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l'anima a noi più affine, e innamorarcene. Se dunque vogliamo elogiare con un inno il dio che ci può far felici, è ad Eros che dobbiamo elevare il nostro canto: ad Eros, che nella nostra infelicità attuale ci viene in aiuto facendoci innamorare della persona che ci è più affine; ad Eros, che per l'avvenire può aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se seguiremo gli dèi, ci riporterà alla nostra natura d'un tempo: egli promette di guarire la nostra ferita, di darci gioia e felicità."
(Platone, Simposio)
 
Nel linguaggio comune, lo stesso concetto viene comunemente espresso facendo riferimento alla metafora della "mezza mela".
 
Le due anime gemelle sono complementari come le due parti ottenute tagliando una mela a metà.
il nucleo di questo mito  è presente nel modo in cui la maggior parte di noi pensa all'amore e alla ricerca di un/a partner con  cui condividere la propria vita.
#620
Riflessioni sull'Arte / Re: Amore passionale
05 Agosto 2022, 11:01:57 AM
Ma cos'è l'amore passionale ?

E' il vero amore secondo lo psicoterapeuta Nicola Ghezzani, al quale ha dedicato un libro, titolato: "L'amore passionale" pubblicato nel 2010. Egli considera l'amore un sentimento naturale, spontaneo, coinvolgente, che amalgama la vita e l'anima di due esseri umani, li fonde e li trasforma in un'unica entità.

L'amore passionale è un'esperienza totalitaria e chi ne è coinvolto crede che sia eterno, perciò disperante in caso di separazione.

Per l'amante la persona idealizzata è unica, ne diventa dipendente. Capita con gli amori "adulterini", gli amori "a distanza".

Il paradosso dell'amour-passion è la vicinanza: questa nell'amante affievolisce le psicologiche proiezioni, e la miglior conoscenza del/la partner nella sua limitatezza può indurre la delusione.

L'amore passionale dà la sensazione di essere finalmente e veramente vivi. Sentirsi "trascinati" in una esaltante "folie à deux", in una follia a due, dominati dall'urgenza e dal piacere dei sensi, invece che dal rigido controllore cognitivo che regge molta della nostra vita, può essere liberatorio.

La passione amorosa può nascere dall'infelicità. Chi non si è sentito amato nel passato considera salvifico l'amore passionale.

Il filosofo Umberto Galimberti  nel suo libro "Sulle cose dell'amore" dice che "la passione non ubbidisce a regole, ignora il governo di sé, risponde a un'attrazione violenta che non conosce il limite...", e una tensione incessante che non trova un modo per soddisfarsi.

La passione trasfigura e vive di fantasia. Infatti per Stendhal la passione non è cieca, ma visionaria.  Nel suo libro titolato "De l'amour" dice che "Tutto comincia con l'ammirazione per una persona. L'ammirazione mette in moto l'immaginazione che adorna l'essere amato di tutte le possibili perfezioni, e così attiva nell'amante l'aspettativa e la speranza non tanto di essere ricambiato come avviene nelle vicende d'amore, quanto di fondersi con quella perfezione immaginaria che ha trovato nell'amato la sua incarnazione".

L'amore-passione, scrisse Stendhal, è quello della monaca portoghese Eloisa per Abelardo.

La passione dà energia vitale e non patimento o rassegnata  sopportazione.
#621
Riflessioni sull'Arte / Amore passionale
05 Agosto 2022, 08:59:21 AM

Pietro Canonica: "L'abisso", 1909, Roma, Museo Pietro Canonica a Villa Borghese

Questo gruppo scultoreo  raffigura l'abbraccio  di due amanti come rappresentazione dell'amore passionale che trascina in un vortice fatale, nell'abisso, ed evoca l'amore di "Paolo e Francesca", citati da Dante Alighieri nel Canto V dell'Inferno. Il poeta li colloca fra i lussuriosi del II Cerchio.

Nell'episodio è Francesca la sola a parlare, mentre Paolo tace e piange alla fine del racconto della donna, la quale tra l'altro dice:

"Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona". 


Le due figure sono rappresentate in ginocchio davanti a un immaginario baratro. 

Braccia, mani e capelli si uniscono, i loro abiti si confondono nelle pieghe dei vestiti.

I volti sono affiancati e gli sguardi rivolti verso l'invisibile voragine che sta per inghiottirli.

In molti vedono nell'opera la celebrazione dell'esaltazione della giovinezza e della vita.
#622
Percorsi ed Esperienze / Simulare, dissimulare
04 Agosto 2022, 11:02:21 AM
Il letterato Torquato Accetto (1590 circa – 1640), è noto per il suo libello titolato "Della dissimulazione onesta", pubblicato nel 1641.

Il trattato consiglia  il cortigiano, in particolare il "secretario" di chi ha potere, come essere abile nelle relazioni sociali fra le istanze poste dalla sua coscienza civile e cristiana e la necessità di sottrarsi alla censura e alla repressione imposta dalla legge per i dissidenti.

Diverse strategie si possono adottare per evitare di manifestare in modo palese il proprio pensiero, i propri sentimenti o propositi e frequentemente ci si trova a scegliere fra simulazione e dissimulazione.

La dissimulazione, che fu al centro dei dibattiti all'epoca, non è per Accetto sinonimo di menzogna ma invito alla cautela. Egli differenzia la simulazione, moralmente riprovevole perché viziata da cattive intenzioni, dalla dissimulazione, che invece pareva al poeta l'unico rimedio per difendersi dai simulatori.

Così descrive i due non opposti atteggiamenti: "Io tratterei pur della simulazione e spiegherei appieno l'arte del fingere in cose che per necessità par che la ricerchino; ma tanto è di mal nome che stimo maggior necessità il farne di meno, e, benché molti dicono: "Qui nescit fingere nescit vivere", anche da molti altri si afferma che sia meglio morire che viver con questa condizione [...] Basterà dunque il discorrer della dissimulazione in modo che sia appresa nel suo sincero significato, non essendo altro il dissimulare che un velo composto di tenebre oneste e di rispetti violenti, da che non si forma il falso, ma si dà qualche riposo al vero, per dimostrarlo a tempo".

I verbi "simulare" e dissimulare" derivano  dall'aggettivo  in  lingua latina "similis" (= rendere simile).

Per traslato il verbo simulare venne ampliato di significato e passò ad indicare "fare finta", fingere" e tale significato ha ancora oggi nella lingua italiana

Ovviamente dissimulare deriva da simulare, con l'aggiunta del prefisso "dis-", che si usa per indicare l'opposto, di "rendere dissimile.  Anche da questa accezione, come nel caso precedente, se ne sviluppa, per traslato, una seconda, nella quale il verbo assume il valore di fingere, celare, nascondere i propri sentimenti o il proprio pensiero.

"O segredo do sucesso, nos negócios como no amor, é a dissimulação. É preciso dissimular o desejo que se sente, é preciso simular o desejo que não se sente. É preciso mentir".
René Girard (filosofo francese, 1923 - 2015)
#623


Gruppo scultoreo di Natal'ja Filatova, raffigura Anna Sergeevna, col cagnolino, e Dmitrij Gurov,  Jalta (Crimea)
#624
Anche a  messer Niccolò Machiavelli piaceva recarsi "in villa". Lo dice in una sua lettera a Francesco Vettori. Cliccare sul link

https://it.m.wikisource.org/wiki/Lettere_(Machiavelli)/Lettera_XI_a_Francesco_Vettori

Piacevole lettura è anche "Marcovaldo, ovvero le stagioni in città", sono venti novelle scritte da Italo Calvino. Questo è il link con il sunto dei 20 racconti

https://it.wikipedia.org/wiki/Marcovaldo_ovvero_Le_stagioni_in_citt%C3%A0

Un altro celebre racconto è "La signora con il cagnolino", dello scrittore e drammaturgo russo Anton Cechov.

"Dmitrij Gurov è un banchiere moscovita è sposato ed ha tre figli. Considera le donne inferiori agli uomini e il suo non è un matrimonio felice. Un giorno, durante una vacanza a  Jalta incontra in un ristorante Anna Sergeevna che sta pranzando in compagnia del suo cagnolino.
Tra Dmitrij ed Anna inizia una relazione che induce i due protagonisti ad un coinvolgimento profondo  e inatteso.
Inatteso da parte di Dmitrij, un maschilista che ha avuto molte relazioni e non è incline al sentimentalismo; inatteso da parte di Anna, che è una donna timida, con un'aria da 'collegiale', la cui educazione e cultura avrebbero dovuto scoraggiarla dal vivere un rapporto extraconiugale.
In entrambi sboccia un amore intenso e tenero, e i due iniziano ad avere l'uno per l'altra sentimenti mai provati prima".

#625
Grazie Ipazia per il tuo interessante contributo riguardo l'otium come componente estetica del vivere. 
Vorrei saperne di più. 

Ma cosa intendi con la frase
CitazioneNel poco otium residuale che ci rimane possiamo esprimere il nostro essere estetico.?
#626
Riflessioni sul Viaggio e in Viaggio / Villeggiare
31 Luglio 2022, 16:17:50 PM
Villeggiare: questo verbo evoca tempi lontani, abitudini  della nobiltà e  parte della borghesia, che durante l'estate dalla città si trasferivano nella villa rurale: si andava e si stava in villa, o nella residenza padronale di campagna, con radi e scelti incontri: persone che avevano opinioni simili.


Evariste Carpentier, "In villeggiatura", olio su tela, 1902 circa, Musée Fabre, Montpellier.

La villeggiatura richiama alla mente anche le tre  commedie che Carlo Goldoni scrisse nel 1761:
"Le smanie della villeggiatura", "Le avventure della villeggiatura", Il ritorno dalla villeggiatura"; esse costituiscono la cosiddetta «trilogia della villeggiatura», rappresentate per la prima volta al teatro San Luca di Venezia nell'autunno del 1761.

Le tre esilaranti rappresentazioni teatrali puntano gli strali contro la moda del villeggiare da parte di numerose famiglie della borghesia contemporanea al commediografo: volevano un tenore di vita dispendioso, non adeguato ai propri mezzi finanziari.

Tra cicisbei, gelosie, amori passionali, sprechi e dissipazioni,  Goldoni  descrive tre diversi momenti del villeggiare borghese.

I personaggi principali di queste tre commedie  sono "persone che ho voluto prendere precisamente di mira; cioè di un rango civile, non nobile e non ricco; poiché i nobili e ricchi sono autorizzati dal grado e dalla fortuna a fare qualche cosa di più degli altri. L'ambizione de' piccioli vuol figurare coi grandi, e questo è il ridicolo ch'io ho cercato di porre in veduta, per correggerlo, se fia possibile".

Nel nostro tempo anziché villeggiatura usiamo il sostantivo "vacanza", ma questo ha diversa capacità evocativa. C'è l'eco di qualcosa a cui ci sottraiamo e che ci tiene "legati", per esempio il lavoro.

Andare in vacanza significa sciogliersi dai "lacci", ma non denota "verso dove" (in villa) come indica il verbo villeggiare, che fa presumere il possesso di un'ampia abitazione con giardino o parco.

Oggi tutti si scambiano domande sulle ferie, fanno programmi di come trascorrerle, cosa fare.

Andare in ferie non è né villeggiare né andare in vacanza: non evoca esclusività e possesso dell'uno, e non la spigliatezza liberatrice dell'altro. Le ferie alludono al riposo dopo mesi di lavoro, al servizio del quale sono concepite e utilizzate.

La villeggiatura e la vacanza fanno pensare alla decisione soggettiva, invece le ferie appartengono alla razionalità delle aziende: ripartiscono individui, determinano i tempi, prevedono le sostituzioni, fissa le presenze. Ferie irregolari e arbitrarie romperebbero il ciclo produttivo dell'impresa.

Il nostro tempo poco conosce  la "civiltà del villeggiare" o l'estrosità della vacanza, perché chiuso nella "gabbia" rigida e razionale delle ferie, nelle soste organizzate.  Ma pur in esse ci sono varchi di libertà, di spensieratezza, senza vincoli di luogo o di classi sociali.

Villeggiatura, vacanza e ferie: queste tre specie sono comunque raccolte nel cerchio magico dell'otium, e significano tutte la lontananza dall'impegno.
#627
Tematiche Culturali e Sociali / Ghosting
20 Luglio 2022, 08:40:22 AM


E' dal 2014 che si parla del sostantivo maschile invariabile inglese "ghosting" (sparire come un fantasma),  deriva dal verbo inglese (to) ghost (= fantasma) con l'aggiunta del suffisso "-ing" del gerundio.
Molte persone hanno imparato a fare "ghosting": comportamento di chi decide di interrompere bruscamente, senza spiegazioni, una relazione d'amore o di amicizia. Scompare dalla vita della persona rendendosi irreperibile.

Spesso è un metodo rapido per chiudere una relazione iniziata da poco tempo.
Molte persone hanno  subìto il ghosting, in particolare nell'ambito dei social. Sono relazioni che si aprono e si chiudono online, perciò sparire è facile.

La "ghostatrice" o il "ghostatore" chiude improvvisamente una relazione sparendo, senza dare spiegazioni, lascia le cose in sospeso.

E' meglio ricevere un duro ma chiaro "non mi piaci, chiudiamola qui", piuttosto che pensare che vada tutto bene  ?
La mancanza di chiusura è ciò che rende il ghosting difficile da accettare:  l'incertezza suscita dubbi, problemi di autostima, significa non meritare una risposta.

Studi psicologici hanno evidenziato in numerosi "ghostatori" tratti caratteriali di tipo machiavellico o narcisista.
Un sondaggio statistico effettuato nel 2020 ha  rilevato che il 16% di chi sparisce lo fa per non ferire la persona che sta rifiutando, mentre l'8% lo fa per timore che la persona rifiutata reagisca con violenza.

Si dice che  il ghosting è una pratica da evitare: piuttosto che sparire, meglio chiudere anche in malo modo.

"Malo modo" ? Meglio di no !
#628
 
Socrate ha scritto:
Citazionese amiamo veramente, noi vogliamo sempre il bene dell'altro senza aspettarci e chiedere nulla in cambio, quindi dovremmo essere felici se l'altra persona è più felice stando con un altro invece che con noi!
Scusa Socrate, ma chi afferma ciò che hai scritto ?

Un chierico in sacris in "odore di castità" ? o di "santità" ?

Nell'ambito della psicologia  l'amore  non è unilaterale ma consiste in un rapporto  tra due persone basato su uno scambio emotivo generato dal bisogno fisiologico della gratificazione sessuale e dal bisogno psicologico dello scambio affettivo.

L'amore è contatto continuo, è ascoltare l'altro, guardarlo. L'amore è condividere...
#629
Estratti di Poesie d'Autore / "Quando ci separammo"
01 Giugno 2022, 12:19:37 PM
George Gordon Byron

Quando ci separammo

Quando ci separammo
In lacrime e in silenzio,
Coi nostri cuori infranti,
Per anni abbandonandoci,
La tua guancia divenne fredda e pallida;
Piú gelido il tuo bacio;
In verità quell'ora ci predisse
Di questa il gran dolore!

La rugiada del mattino
Fredda mi si posò sul ciglio;
Mi apparve come il segno
Di ciò che provo ora.
Ogni tuo giuramento s'è spezzato,
La tua reputazione è fragile :
Pronunciano il tuo nome
Enumerandone tutte le vergogne.

Avanti a me pronunciano il tuo nome,
Come un rintocco funebre ai miei orecchi;
E mi percorre un fremito —
Perché tu mi fosti sí cara?
Essi non sanno che un tempo ti conobbi,
Che ti conobbi bene :
A lungo, a lungo ti dovrò rimproverare,
Ed è troppo difficile parlarti.

Segretamente noi ci incontravamo:
Ora in silenzio mi affliggo
Che il tuo cuore abbia già dimenticato,
Che il tuo spirito m'abbia ormai ingannato.

Se io ti dovessi incontrare
Dopo un lungo periodo di anni,
Come potrei donarti il mio saluto? —
Con silenzio e lacrime
#630
Paolo Vineis e Luca Savarino hanno elaborato e pubblicato il testo titolato "La salute del mondo. Ambiente, società, pandemie", edito da Feltrinelli.

Il suddetto libro è stato recensito sul quotidiano "Il Sole 24 Ore" del 17 aprile scorso dal prof. Mauro Ceruti, filosofo teorico del pensiero complesso.

Nel suo articolo il prof. Ceruti evidenzia  che basta un minuscolo virus, come il "Corona virus 19"  per farci comprendere che viviamo in un mondo complesso: tutto è interdipendente, e insieme causa ed effetto. L'intreccio di tante concause conduce all'imprevedibile.

La complessità è formata da eventi contingenti e singolari, di grande impatto, la cui imprevedibilità è dovuta non semplicemente a un'imperfezione provvisoria ma alla natura dei problemi in questione.

I sistemi complessi sono estremamente sensibili alle perturbazioni che incontrano nelle varie fasi del loro sviluppo, e reagiscono in maniera non correlata alla loro intensità: un evento microscopico  e locale può innescare rapidi processi di amplificazione, fino a produrre effetti macroscopici e globali e fino a trasformare radicalmente il comportamento di tutto il sistema. Così i sistemi complessi possono cambiare in modi improvvisi, imprevedibili.

La pandemia ci costringe a cambiare il nostro sguardo sul mondo, di essere capaci di guardare la complessità del mondo, di evitare tutte le forme di semplificazione che pretenderebbero di determinare la causa unica di un evento.

La pandemia ha reso evidente quanto siano fra loro intrecciati i fili della globalizzazione biologica, antropologica, economica, politica, e come la responsabilità umana si sia estesa verso la natura e verso nuovi ambiti: le specie viventi, gli ecosistemi, il pianeta Terra nella sua interezza, la possibilità stessa della sopravvivenza della nostra specie.

L'inedito contesto rende obsoleto il tradizionale approccio  antropocentrico alla salute, che privilegia in modo  esclusivo il benessere degli umani a scapito di tutte le altre forme di vita sul pianeta.

La pandemia e la crisi ambientale hanno per la prima volta posto il problema dell'immunità come fenomeno urgente e globale, comune all'intera umanità, che chiede di essere affrontato non solo da un punto di vista individuale e biologico, ma anche sociale e comunitario.

I problemi dell'umanità non conoscono i confini delle singole nazioni: la cura della salute, la stabilizzazione del clima, il mantenimento della biodiversità animale e vegetale, , la transizione alle energie rinnovabili, la lotta contro la povertà, il rispetto e la valorizzazione della dignità umana.

La complessità, cioè la molteplicità di dimensioni intrecciate di questi problemi chiede di non frazionare, di non separare, ma di stabilire legami fra saperi, fra culture. Si continuano infatti a disgiungere conoscenze  che dovrebbero essere interconnesse. Così le soluzioni cercate e proposte sono il più delle volte, esse stesse, parte e causa del problema.

I modi di pensare che sono utilizzati per trovare soluzioni ai problemi più gravi nella nostra epoca globale, come la pandemia ha mostrato, costituiscono essi stessi uno dei problemi più gravi da affrontare. Ciò motiva l'impotenza degli esperti, l'inadeguatezza della politica che si riduce a braccio decisionale fondato su dati scientifici o economici.

Siamo accomunati da uno stesso destino, dagli stessi pericoli, dagli stessi problemi di vita e di morte. E' un destino che accomuna fra loro tutti i popoli della Terra. Nessuno si può salvare da solo.