Citazione di: SariputraUn simile "Essere" non è concepibile né dalla ragione, né dal sentimento, né dall'intuizione. La domanda allora diventa: Cosa ce ne facciamo?Nulla, l'ente non può fare alcuna cosa dell'Essere, non può utilizzarlo in alcun modo. L'Essere in quanto tale non è qualcosa a disposizione dell'ente.
CitazioneLeviamo il calice e godiamo di quella poca gioia che la vita ci riserva?...Non sarebbe una cattiva idea, come diceva Socrate sapere di non sapere è il massimo sapere che ci è concesso, cerchiamo solo di vivere come meglio possiamo, per quello che siamo e non possiamo non essere: l'altrettanto famoso "conosci te stesso" scritto sul tempio di Apollo (e Dioniso) a Delfi.
Citazione di: PhilSecondo me, l'Essere non necessita di maiuscola, ma è semplicemente la forma sostantivata del verbo "essere", ovvero è come "l'amare" o "l'udire" o "l'imparare"... l'essere è principalmente la predicazione dell'esistenza, sia essa empirica, concettuale o soltanto (inevitabilmente) linguistica; lo dimostra il fatto che ogni "essere" deve essere logicamente riferito a un soggetto: "x è", per dire che "x" esiste; oppure "x è y" per dire qualcosa ("y") riguardo "x".Anche dire che l'Essere è solo la forma sostantivata del verbo essere significa ridurlo a un ente (come tanti altri enti: l'amare, l'udire, l'imparare ecc., che comunque sono aspetti dell'Essere esistenzialmente inteso). Certo, l'essere implica l'esistenza, ma implicandola ne implica anche la negazione. Dicendo che x è (l'ente è) non dico altro che x è x (che non equivale a dire che x esiste, se per esistere intendiamo si manifesta, appare a qualcuno), ossia con x è si afferma la perfetta tautologia di x che genera un non x e quindi già lo pone come ente anche se di x non sto predicando nulla. Dicendo invece che x è y affermo che c'è qualcosa di x che trovo anche in y, ma per vedere questa somiglianza devo comunque in qualche modo avere (a priori) x e y come generalità. Non posso cioè predicare che questa mela è rossa, senza già sapere cosa in generale è la mela e cosa in generale è il rosso (per quanto sia mela che rosso si possano a loro volta dire nella loro particolare universalità di significato in molti modi linguisticamente diversi, basta intendersi).
In merito alla diversità dei linguaggi che tuttavia pare far riferimento a una fonetica espressiva originaria non arbitraria mi sembra interessante il richiamo a questa ricerca: http://www.repubblica.it/scienze/2016/09/13/news/studio_con_lo_stesso_suono_gli_umani_esprimono_la_stessa_idea_anche_in_lingue_diverse-147714389/?ref=HRLV-22
@Paul, sei d'accordo che dell'Essere nulla si può dire? Se sei d'accordo come puoi dire (o come può dire Hegel) che l'Essere è lo Spirito da cui discende tutto il resto. Certo, dell'Essere si può dire anche qualsiasi cosa, si può dire che è Spirito, Materia, basta non pretendere che sia solo questo o quest'altro, perché pure quest'altro è, nel modo in cui viene a essere. Dire che l'Essere è lo Spirito è equivalente a dire che l'Essere è la Materia, dato che nell'Essere ci stanno entrambe le cose.
Mi dispiace deluderti nelle tue speranze, ma a mio avviso non può esistere una filosofia che "comprenda interamente il processo fra l'essere e le contraddizioni del conoscere nell'esistenza", giacché questo implicherebbe poter comprendere l'essere in cui invece ci troviamo sempre compresi come enti esistenti (e dunque contraddittori), ma non per questo la filosofia è morta, perché non è morta e non morirà mai la tentazione di fare di un modo di concepire e vedere il mondo un assoluto (ossia di fare di una filosofia una superstizione) e la filosofia può continuare a vivere proprio combattendo contro questa tentazione. Può quindi vivere di un compito continuamente decostruttivo per consentire una dimensione vivibile anziché assoluta e dunque invivibile come la follia. E questo, per quanto l'assoluto resti sempre sommamente desiderabile, non è a mio avviso per nulla uno scopo secondario, perché se le vecchie metafisiche sono decedute, ce ne sono sempre di nuove, ben più potenti e suggestive che vogliono prenderne il posto per costruirsi come assoluto.