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Messaggi - Apeiron

#631
Il problema si pone solo se Dio (o gli Dei) è (sono) Persona(e) - giainismo, buddismo, daoismo e alcune forme di induismo non hanno questo problema. Nella Bibbia invece il Libro di Giobbe esplora questa tematica. Questo è il problema della Teodicea e Schopenhuer ha raggiunto le tue stesse conclusioni. Ci sono però due cose da notare:
1) "Dio è buono". L'aggettivo "buono" potrebbe non voler dire la stessa cosa a livello umano e divino. Ossia "Dio è buono" nel senso che è "simile" ad una persona buona.
2) Ti consiglio la lettura di Simone Weil. In sostanza secondo lei, il male nasce dal fatto che Dio si è volontariamente "ritratto" per lasciare vivere gli esseri https://en.wikipedia.org/wiki/Simone_Weil. In questo caso, che ricorda la posizione neo-platonica (con la differenza che l'allontanamento è volontario mentre l'Uno neoplatonico non possiede volontà). Ma ovviamente questo non "risolve" il problema del male. Purtroppo credo che rimarrà un Mistero per sempre (asserire invece che il Male è il fondamento della realtà toglie invece ogni speranza. Per questo io ritengo che sia falso, anche se ovviamente non sono in grado di dimostrarlo).
#632
Tematiche Filosofiche / Re:L'inutile Popper.
02 Ottobre 2017, 19:29:29 PM
Carlo, è un po' difficile argomentare con te a volte, sei troppo veemente. Posso capire che Popper abbia dato una definizione un po' troppo "semplicistica" di scienza ma una critica così veemente ti oscura anche il "buono" della stessa, secondo me. D'altronde se ritieni "puttanate" le sue affermazioni a che ti serve aprire un argomento per discuterle? E questa non è la prima volta che ti imponi in questo modo? Lo fai per convincerci? Beh auguri...

In ogni caso nemmeno a me soddisfa completamente il Principio di Falsificazione ma lo ritengo comunque un buon passo in avanti rispetto ad altri. E sinceramente mi piace la sua metafora della palafitta, immagine di una scienza che è in continua evoluzione. In ogni caso mi pare che lo stesso Popper ammette la possibilità che concetti di vecchie teorie possano essere ri-utilizzati anche se la teoria è stata falsificata. Per esempio se per assurdo in futuro si scoprisse un mondo "sub-quantum" dove si possono applicare i concetti della fisica classica, Popper non sarebbe contrario a ciò anche se a livello quantistico la fisica classica oggi non vale più. Tu dici poi che gli scienziati non usano più il falsificazionismo (in qualche sua forma) ma questo è falso e tra l'altro proprio sul falsificazionismo si fonda la critica sulla teoria dei multiversi, per esempio. Così come è falso che la selezione naturale almeno così come è intesa dai biologi non è "falsificabile". Sì lo è: se per assurdo un giorno si scoprisse qualcosa che la confuta, si dovrà scrivere una nuova teoria che spiega i successi della teoria odierna dell'evoluzione più il motivo del fallimento della stessa.

Quanto agli archetipi: non è una teoria scientifica. Per esserlo dovresti pensare ad un modo per misurare qualcosa che riesca a chiarire se essi sono una buona teoria della mente umana o no. Ma in ogni caso non vedo alcun male che una teoria non sia scientifica. Platonismo, buddhismo, cristianesimo, la filosofia di Spinoza, Schopenahuer, Cusano ecc non possono essere "teorie scientifiche". Sinceramente non ci vedo alcun problema. Ma se per te la psicoanalisi e la metafisica sono scienze (la scienza segue il metodo sperimentale!!!!!!!!!!!!!) allora trovami esperimenti che confutino/vericfichino le tue teorie. Ripeto: una teoria non deve essere per forza "scientifica" per avere valore.

Oppure fai una proposta su "come si demarca la scienza da ciò che non lo è", prima qui e ascolta le obiezioni. Se non sei soddisfatto vai nelle università a parlarne.
#633
Tematiche Filosofiche / Re:L'inutile Popper.
02 Ottobre 2017, 13:22:58 PM
Carlo, ti serve un principio "pratico" per demarcare la scienza dalla pseudoscienza. Il principio falsificazionista per esempio è un ottimo modo per "smascherare" le pseudo-scienze... se usassimo il principio di verificazione (e basta) non saremmo mai in grado di affermare che gli astrologi non sono scienziati. Motivo per cui, nella filosofia della scienza, Popper è stato molto utile   ;)
#634
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
02 Ottobre 2017, 13:19:09 PM
Chiudendo il discorso del messaggio di prima (ossia se il buddista è un filosofo "puro" - qui concordo col il primo paragrafo del Sari, se Nibbana= Nulla ecc) vorrei però fare una domanda sull'etica buddhista (ma ovviamente se qualcuno vuole riaprirlo può farlo).

Nel pensiero "occidentale" in genere si sente dire la frase (con cui ovviamente concordo) "si deve fare il giusto perchè è giusto, indipendentemente dalle conseguenze" - motivo per cui come ho citato prima Socrate (o il Platone dell'Apologia) non era davvero interessato alle conseguenze nella vita dopo la morte, seguiva la convinzione che "fare il giusto ha valore intrinseco". Nel caso del buddhismo invece una frase come "si deve fare il giusto perchè è giusto" è vista come "vera" o no? Voglio dire l'azione si definisce "giusta" per le sue conseguenze? O più precisamente ci sono filosofi buddhisti - non necessariamente antichi - che hanno esplorato questa tematica in modo analogo ai filosofi "occidentali"?  ;)

N.B. Per me l'etica consequenzialista è un "passo indietro" rispetto all'etica che contempla il comportarsi secondo "il giusto perchè è giusto". Ovviamente per definizione l'Arhat si comporta in questo modo visto che è "disinteressato", ma ero curioso nel sentire se c'è una letteratura buddista sul tema... anche se non credo visto che per loro è "papanca"

Edit: Sull' infallibilità del Buddha ossia incapacità di errore etico e dottrinale segnalo questp https://dhammawheel.com/viewtopic.php?t=22342
#635
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
02 Ottobre 2017, 10:22:14 AM
Sì concordo il Canone Pali è durissimo, un percorso letteralmente senza compromessi. Qualsiasi "opinione" che si discosta viene definita "pericolosa", "erronea", "eretica" ecc. Si afferma poi che tutti i problemi nascono dalla "visione errata", ossia dall'avere un'opinione diversa da quella del Buddha. Su cosa? su sé stessi e il mondo. Infatti come era da tradizione nell'India il comportamento discende dalla propria "concezione" del mondo. Quindi se uno ha una concezione sbagliata, i suoi comportamenti sono sbagliati. Buddha dice rinuncia a tutto. E "tutto" significa: dubbio, incertezza, curiosità all'infuori del Dhamma, brame, attaccamenti, avversioni... E cosa rimane dopo aver rinunciato a tutto? Beh Niente  ;D o come diceva Schopenhauer "niente" in relazione al "tutto". Ma la cosa che a me sorprende molto è il successo del Buddhismo nell'occidente quando filosofie come quella di Schopenhauer vengono "bollate" come "pessimiste". Per certi versi il Buddhismo del Canone Pali è anche peggio perchè mentre Schopenhauer lascia intendere che il "nulla della non-volontà non è il nulla assoluto", questo "contentino" non è nemmeno lasciato dal Buddha, anzi il buon "numero due" Sariputra dice: "l'assenza di sensazioni è la felicità". In sostanza la cura non corrisponderebbe alla morte solo perchè l'io è illusorio. Ma di fatto sì! E anzi: chiunque la pensa in modo diverso è destinato a un lunghissimo cammino di sofferenza visto che il meglio che può aspirare è una rinascita nei "paradisi" ma ciò che sta in alto nella ruota finisce in basso. Ma è davvero questo l'obbiettivo? Perchè se è così allora il buddhista ha lo stesso obbiettivo dei suicidi: dire che niente ha valore intrinseco e che l'io è illusorio finisce - se preso con zelo e rigore - per voler dire "la mia cura che ti sto dando non è un'eutanasia solo perchè in fin dei conti tu non esisti"  ;D  Bastava una frase, un solo sutta, un verso che dicesse "Nibbana è trascendenza" o "Nibbana non è il Nulla" e queste perplessità che in fin dei conti allontanano dal Dhamma sparirebbero, almeno in parte, e sarebbe più facile "conquistare" un po' tutti (in realtà volendo ci sono ma sono completamente fumose, come ad esempio "il Tathagatha non può essere classificato" - se non è trascendenza questa ;)... ma nuovamente anche l'Oblio non può essere classificato con "definizioni positive" quindi si ritorna al punto di partenza). E invece no... in sostanza è come se Buddha dicesse "tutto è futile e tu non esisti ma hai la testa in fiamme, quindi cosa aspetti a porre fine a questa farsa? ma attento non te la cavi nemmeno con la morte perchè poi rinasci in una vita vana e illusoria in cui soffri anche se tu sei illusorio. Se vuoi evitarti questa perdita di tempo he chiamiamo "vita" ti offro la morte definitiva perchè tutto è futile e tu sei illusorio." - ahimé il Canone Pali può essere accostato anche a questo e mi sconvolge l'assoluta facilità con cui tanti monaci si "bevono" il Dhamma senza porsi questo problema - d'altronde quello che sinceramente mi da più "fastidio" non è l'assenza dell'"immortalità" bensì l'asssenza di qualcosa che possieda valore intrinseco. Ma allo stesso tempo c'è una luce in fondo al Tunnel... ossia il riconoscere che "la vita più autentica" è proprio di quelli che sono "privi di sé" e in tal caso la "morte definitiva" in ultima analisi è "l'espressione più alta della vita" e in tal modo quel "Niente" in realtà sarebbe il Vero Tutto, un qualcosa degno di essere enormemente grande. Ma qual è il problema: l'onestà intellettuale. Davvero, dico io, un monaco deve accettare di "buon grado" una filosofia che può significare "tutto è futile e anche tu sei illusorio ma hai la testa in fiamme, quindi cosa aspetti a porre fine a questa farsa?". Secondo me - personalissima opinione - tanti monaci, specie occidentali, sono anche molto ingenui dal punto di vista filosofico, altrimenti non mi spiego questa "felicità" che hanno quando si mettono a parlare del Dhamma senza ammettere che il Nirvana potrebbe essere un "tipo di mente". Poi eh... sarà la mia follia o la mia brama o il mio orgoglio a farmi dire queste cose, ma sinceramente il tutto mi lascia perplesso. Posso capire ad esempio uno che si sacrifica anche senza speranza speranze ultraterrene ma lo fa per "amore" ritenendo che l'amore sia una cosa con valore intrinseco, non riesco a capacitarmi della motivazione che possa portare un uomo a rinunciare a tutto in cambio di niente, nemmeno una convinzione di dire "cerco ciò che ha Valore Intrinseco". Mi scuso per il messaggio ma mi pare evidente o che noi "comuni mortali dubbiosi" siamo dei semplici folli accecati da quel simpaticone di Mara che parlano senza cognizione di causa, oppure mi pare altrettanto evidente come la motivazione che spinge un buon numero di monaci sia una delle seguenti: o non è molto diversa da quella del "nichilista" che cerca la morte oppure per una irrazionale fede nell'essere sicuro che le espressioni "positive" riferite al Nirvana non siano semplicemente dei palliativi e che i "nichilisti" in realtà hanno ragione.

Questa riflessione mi fa capire perchè in fin dei conti, a parte i Sautantrika, siano stati "costretti" a "postulare" una certa metafisica del Nirvana. Per i Sarvastivadins il Nibbana era una "cosa esistente", per i Theravada non è da intendersi come "semplicemente non-esistente" ma è "una realtà", i Pudgavaladins e erano più o meno eternalisti e molti Mahayani in fin dei conti dicono che "non è la non-esistenza". Ma ahimé nulla è più coerente dell'interpretazione "logica" dei Sautantrika e nulla è più coerente ad una geniuna perplessità rispetto a tale interpretazione ;)

Ma ormai mi sono accorto di essere divenuto fin troppo ossessionato dalla questione  :( un buddhista Zen "per compassione" mi starebbe bastonando (e non avrebbe tutti i torti) per calmare la mia "mente di scimmia"  ;D . Con questo discorso volevo mostrare tre cose: 1) il voler essere "privo di desideri" non siginifica l'essere convinti che ad esempio l'io non esiste - ossia è ben pensabile vedere qualcuno con un "io" ma senza (o quasi) alcuna preoccupazione individuale (un santo) e in genere un "santo" di una tradizione non buddhista sarà più vicino al "santo buddhista" di quanto lo sarà mai un "sempliciotto" come me 2) che una interpretazione "completamente negativa" delle parole del Buddha (o dei suttas) è ben plausibile e secondo me non è così attraente, non mi "smuove" per nulla se non per dare un po' di "terrorismo psicologico" 3) interpretazioni diverse dalla (2) non sono più plausibili della (2) se si ascolta solo "il cervello" ma anche "il cuore" quando si leggono i discorsi dei suttas. Si deve per così dire ascoltare anche il "cuore", ma il "cuore" è molto legato alle brame quindi... boh.


Finire un mega-discorso con un "boh" ormai mi succede in continuazione, probabilmente non ha nemmeno senso quello che dico  ;D anche perchè questo mio discorso apparentemente "anti-Buddha" non aveva alcuna intenzione di essere tale, perchè chi può essere contro qualcuno a cui è attribuito il Metta Sutta? Maledetto e allo stesso tempo benedetto Logos umano, che ci (non uso "mi" ma "ci" perchè di certo non sono l'unico  ;D ) fai combinare?  :o

Aggiunta: So benissimo che non ha senso discutere su cose già dette dopo che si è stabilito che sono cose oltre ogni discussione... "So" benissimo che la Cessazione non è quella cosa. Ma come dici tu, Sari, una cura senza anestetico può dare l'impressione di una tortura. Ad ogni non ritengo nemmeno che il buddismo non abbia una "prospettiva" eterna e ritengo he Il Supremo Obbiettivo sembri il Nulla ma in realtà è...  Per dirla alla Schopenhauer: "Noi vogliamo piuttosto liberamente dichiarare: quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà è invero, per tutti coloro che della volontà ancora son pieni, il nulla. Ma viceversa per gli altri, in cui la volontà si è rivolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, è – il nulla.". D'altronde come già ho accennato più uno è meno preoccupato per sé, più vive di più anche se sembra che viva di meno. Se uno non ha più una prospettiva individuale e a differenza dei sassi l'ha trascesa a questo punto vive al massimo anche se sembra che non viva più. In questo modo, per certi versi, il Parinibbana sembra la morte ma in realtà è in un senso importante la Vita... ad ogni modo le mie perplessità di vedere alcuni monaci sempre sorridenti rimangono, secondo me non si sono ancora resi conto di quanto il Nibbana somigli al Nulla e di quanto sia errato avere riverenza per il Nulla. Socrate per esempio non aveva molti problemi con l'annientamento alla morte dell'io ma riteneva che in ogni caso bisognasse seguire il Bene e la Giustizia anche se questo poteva significare molta sofferenza... ma il Bene e la Giustizia erano valori "eterni" o più precisamente che trascendevano l'esistenza individuale e aveva senso spendere la propria vita per essi. Ritengo un peccato che nel buddismo non si parli dell'assiologia, ossia lo studio dei valori. Altrimenti se il "nibbana è solo la cessazione della sofferenza" il Nobile Ottuplice Sentiero sembra semplicemente una ricerca della propria "cessazione della sofferenza", una sorta di edonismo mascherato. Ritengo ben più "alto" accettare la propria sofferenza di un obbiettivo simile. Ma come ho già detto questo deriva da una lettura troppo "letterale" del Canone Pali. Questo approccio letterale confonde il simile con l'uguale ;)
#636
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
01 Ottobre 2017, 19:21:49 PM
Grazie della chiarezza e della risposta istruttiva, come sempre Sari  ;)

Volevo però fare una precisazione. La teoria meta-fisica della realtà della Coproduzione Condizionata afferma che non esistono entità separate. Questa è la "filosofia" buddhista. Il problema è che non ci sono "prove" di una tale "teoria", è un dogma da accettare o rifiutare per fede. Il problema è che se io mi metto a dibattere con un filosofo "buddhista" e chiedo: "come fai a essere sicuro della validità della teoria?" all'inizio mi dirà "caro Apeiron, guarda anche che i buchi neri prima o poi seguono la legge dell'impermanenza...". Io a questo punto dico "sì amico mio ma non hai dimostrato la teoria anche se riconosco la sua ragionevolezza"... a questo punto per sostenere le parole del Buddha mi viene detto "ehm, le parole del Risvegliato sono confermate perfino dai buchi neri, allora è certamente vero"- il problema è che dal punto di vista filosofico non si può procedere così, è ancora un "ipse dixit". E si ritorna a quello che dicevo pagine e pagine fa, se la Coproduzione Condizionata la prendiamo come teoria della Realtà allora ovviamente dobbiamo ammettere che il Buddha ha peodotto una "teoria infallibile" della Realtà.

Ma il mio post (e anche il tuo) mostrano che c'è un'altra possibilità. Ossia che il Buddha non ha prodotto alcun dogma ma ha solo insegnato "la sofferenza e la cessazione della sofferenza"! Infatti quello che dicevo io era che il Buddha era unicamente interessato al "curare" la relazione che noi abbiamo con la realtà, non a fornirci una "teoria a supporto". In questo caso anche se in realtà ognuno possiede un "atman" il buddismo rimarrebbe potenzialmente "vero", perchè alla fine della fiera sarebbe una terapia dell'atman stesso, rendendolo "puro" - ossia senza la continua sete di "io/mio". Ad ogni modo, onestamente non riesco a capire perchè mai la presenza di un atman condurrebbe all'attaccamento-avversione quando a mio giudizio è possibile pensare ad "atman" senza attaccamento-avversione e perfino liberi da io/mio.
Per esempio Meister Eckhart scrisse: "tutto sarebbe donato a chi rinunciasse a sé stesso anche solo per un istante". Ok che il cristianesimo crede nell'esistenza di un "io separato" ma una frase del genere è molto "buddhista". D'altronde la rinuncia "a sé stesso" è quella di chi non pensa più in termini di "io/mio". In questi termini secondo me Eckhart ha espresso un pensiero compatibile con il buddhismo ma non con la "teoria metafisica della vacuità/coproduzione condizionata". Ovviamente un buddhista potrebbe ritenere di avere il diritto di dirmi: "no Apeiron, perchè Eckhart è un eternalista, quindi tu che li metti in relazione dichiari un falso Dhamma. Questo ti conduce solo ad accumulare sofferenza nel lungo termine sia a te stesso che agli altri perchè chi ti ascolta ovviamente apprende un falso Dhamma e potresti commettere "Anantarika-karma" se crei uno scisma....". Me lo può dire solo se non ammette la possibilità che la Liberazione sia possibile anche se la Coproduzione Condizionata non è una "teoria metafisica".
Questo in genere è il motivo per cui non potrei mai seguire le orme di Ajahn Brahm (a meno di cambiare idea...) ;D. Non riuscirei mai ad impormi la convinzione che un principio come la "Coproduzione Condizionata" debba essere letta in un modo anziché in un altro. Come ho già detto sono più un misto tra Platone e Pirrone. Nella mia "visione" dell'anatta il Nirvana potrebbe essere, in linea di principio, ottenuto anche da persone che hanno fedi diverse dal buddhismo e che non seguono il Nobile Ottuplice Sentiero. Ma questo contraddice la Maha-Parinibbana Sutta.

Ragion per cui per certi versi preferisco il Daodejing e lo Zhuangzi, libri i cui autori anche se hanno formulato una teoria sulla Realtà non hanno mai dichiarato (da quanto ne so io) di essere infallibili. Tutta la questione dello "scisma" a mio giudizio nasce proprio dalla convinzione che il Dhamma non è "solo" una "terapia" bensì una descrizione infallibile della Realtà. Se fosse come solo una "terapia" tutti potrebbero essere "buddhisti", non solo quelli che "hanno fede nel Buddha (o più precisamente coloro che ritengono che le suttas dicano la "verità")"  ;) L'approccio dei due testi daoisti è molto meno "aggressivo" contro le altre culture e visioni, almeno per quanto sono riuscito a vedere.

P.S. Se i buddhisti ritenessero che il buddhismo è solo una terapia di certo si vedrebbero dibattiti di questo tipo nei monasteri. Invece questi dibattiti sono impossibili nei monasteri stessi, così come ad un monaco cattolico non può venire in mente di negare la Trinità. Un filosofo invece riconosce certamente la sua "ignoranza" (ossia la "saggezza socratica") ma allo stesso tempo può apprezzare le dottrine delle varie religioni. Un filosofo cerca il Bene e la Verità indipendentemente dalle dottrine lette, conosciute ecc. Con ciò non voglio "attaccare" chi si affida ad una dottrina o l'altra ma non si può nemmeno dire che chi si affida a tali dottrine sia solo "filosofo" - è un filosofo religioso. Però ecco questo è ciò che ha distanziato il "Siddharta" personaggio dell'ononimo romanzo di Hesse dalla dottrina di Gotama (nel racconto del romanzo ovviamente) - non a caso dal punto di vista esperienziale mi ritrovo molto nella vicenda umana di Hesse anche se a differenza sua non sono cristiano.
Ma se ci sono "altri sentieri" allora quel passo del Maha-parinibbana sutta dimostra o che il Buddha non era infallibile oppure che è stata una aggiunta successiva oppure che la nostra interpretazione è errata ;)
#637
Riflessioni sul Viaggio e in Viaggio / Re:Hotel Logos
01 Ottobre 2017, 15:39:53 PM
ALTMAREA
la sezione filosofia è frequentata da alcuni assidui che come si suol dire "se la suonano e se la cantano", con frequenti dissonanze, andando spesso fuori tema rispetto al titolo del topic. In questa sezione molti post sono noiosissimi, chi li scrive pensa  solo a manifestare la propria cultura filosofica.

APEIRON
Altamarea a volte l'impressione è quella. Ma siamo sicuri che questo sia solo un male? Non mostra che certi argomenti in realtà sono molto più vasti di quello che si pensa?

ALTMAREA
Gli estensori di tali post non potrebbero lavorare nei mass media, come giornali, riviste, radio, televisione. Tali mezzi di comunicazione di massa hanno l'esigenza di farsi leggere o ascoltare da tutti, ed attrarre l'attenzione dei lettori o degli ascoltatori.

APEIRON
Ecco, qui invece ritengo che sia un bene di questo Forum.  Non si può per esempio parlare della "metafisica" senza fare discorsi seri e anche pedanti, altrimenti si arriva al parlare del nulla.

ALTAMAREA
Ci sono anche due sezioni del forum che potrebbero ospitare argomenti sociologici o psicologici che penso siano più interessanti di quelli filosofici, ma  vengono ignorati.

APEIRON
Ecco a me interessa la psicologia e ogni tanto intervengo su tali questioni. A riguardo per esempio della politica e della sociologia invece evito di farlo perchè "so di non sapere". Alcuni interventi mi danno l'impressione che tu hai per quelli della "sezione filosofia" ma nuovamente ritengo che ciò sia anche un bene perchè si vede che la gente approfondisce.

Ad ogni modo ritengo che la possibile causa dell'inattività di alcuni è il motivo per cui @Angelo Cannata ci ha lasciati (spero temporaneamente  :'( ): ossia certe discussioni effettivamente hanno toni a mio giudizio esagerati. Questo può allontanare alcuni utenti. Per questo motivo faccio del mio meglio a mantenere toni pacati quando discuto.
#638
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
30 Settembre 2017, 13:12:54 PM
http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/thanissaro/notself2.html

Il buddhismo come ormai è stato ripetuto ad infinitum è una religione e una filosofia curiosamente molto sistematica ed empirica. Sistematica perchè il sistema filosofico è estremamente rigoroso; empirico perchè - per quanto viene affermato - si fonda sull'esperienza del momento presente. Ora per comunicare tra di noi utilizziamo il linguaggio e nel linguaggio utilizziamo nomi. Il fatto che noi usiamo il linguaggio si fonda sull'assunzione che per certi versi il mondo sia "mappabile" con i nostri concetti. La coppia più elementare di concetti è quella, se vogliamo, di "io" e "non-io", la primissima divisione concettuale che distingue "me" dal "resto". Ora il mondo "esterno" a sua volta viene mappato in varie "parti" e questo mi rende possibile il relativo controllo su di esso.

La cosa curiosa del buddhismo è che si fonda sulla dottrina dell'anatman. L'anatman è una posizione secondo la quale non esiste un "io" separato (attenzione: "separato" non "eterno" fra poco spiego perchè). Secondo il buddhismo una volta stabilita l'esistenza dell'io tutti i filosofi prima di lui si dividevano in due "categorie". Da una parte c'erano gli "eternalisti" secondo i quali vi era un "io" che sopravviveva alla morte del corpo. Dall'altra gli "annichilazionisti" ossia coloro che asserivano che alla morte oltre al corpo "cessa" anche l'"io". In ambo i casi si nota che le filosofie su fondano sull'assunzione dell'esistenza di un "io" separato, distingubile. Un giorno Siddhartha però disse: "ciò che voi credete atman in realtà non lo è, quindi eternalismo e annichilazionismo sono entrambe "concezioni errate"". Da questa fulminea intuzione alcuni buddhisti sono convinti che il "Buddha ha negato l'esistenza dell'io tout court" e/o che "l'unica differenza tra un annichilazionista e il buddhista è che il primo ritiene che alla morte qualcosa venga distrutto, mentre il secondo ritiene che niente viene distrutto" (interpretazione sostenuta da chi dice Nibbana=Oblio). Ebbene sapete già come la penso sulla seconda posizione che a mio giudizio è completamente errata perchè il buddhismo mira alla "trascendenza" e non all'oblio - altrimenti è nichilismo (i sassi sarebbero più saggi perfino del Buddha  e il Nulla ancora più dei sassi ;D ). Per quanto riguarda la prima posizione vorrei però fare una riflessione.

Ora se accettiamo che il Buddha ha creato una teoria metafisica allora noi esseri umani non abbiamo un "io" perchè non abbiamo una "sostanza". E questa è la dottrina della vacuità che è ovviamente compatibile con il canone Pali e le filosofie successive. Tuttavia leggendo l'articolo nel "link" mi è venuto in mente che anche "anatman" potrebbe riferirsi ad una condizione della mente, una particolare "esperienza". Ossia anziché essere una affermazione metafisica sulla realtà e quindi portare all'inevitabile "sunyata" di Nagarjuna potrebbe essere una affermazione epistemologica, ossia una radicale trasformazione della mente. Una mente che a questo punto ha trasceso ogni distinzione perfino quella tra "io" e "non-io", diventando quindi "ineffabile", "incommensurabile" ecc. Con questa interpretazione allora Buddha sarebbe interessato solo alla "sofferenza e alla cessazione della sofferenza" e non a formulare una teoria metafisica della realtà. Questa interpretazione dell'anatman come "strategia meditativa" da un lato (per stabilire che "questo non sono io, non è mio...") e come "esperienza" dall'altro "funzionerebbe" sia con la posizione secondo cui ci sono "sostanze" sia con la posizione secondo cui "non ci sono sostanze". Questo spiegherebbe il motivo per cui Buddha non ha voluto rispondere per esempio se il cosmo era eterno o meno e domande simili. In sostanza il buddhismo in questo approccio non conterrebbe una teoria della realtà bensì sarebbe una sorta di tecnica, una "via" per raggiungere una "mente liberata". Personalmente appoggio questa seconda opzione perchè evita le difficoltà dell'affermare la teoria metafisica della vacuità. In genere ritengo che Buddha volesse "spazzare via" anche le posizioni come "io sono un tutt'uno come l'universo" (che dopotutto non riesco a distinguere dalla teoria della "vacuità") perchè è una teoria metafisica a cui ci si può (erroneamente ?)"attaccare".

Ossia il buddhismo non porterebbe a negare l'io bensì a raggiungere uno stato in cui non si ha più la concezione di essere una entità separata e distinta. Questo spiegherebbe la forte affinità (che non significa "uguaglianza" !) dal punto di vista filosofico con le filosofie daoiste e advaita.
#639
Scienza e Tecnologia / Re:Bob e Alice che stanno dicendo?
29 Settembre 2017, 19:23:55 PM
MARIO BARBELLA
Il solo ipotizzare che una IA (int. artif.), cioè un computer, possa, non dico raggiungere, ma solo avvicinarsi troppo all'intelligenza dell'Osservatore (ovvero, all'intelligenza umana) vuol dire che non si è capito niente del mondo e della vita

APEIRON
Ossia: "finiamo qui la discussione perchè non hai capito nulla", invece se non ti dispiace vorrei farla partire dall'inizio. Probabilmente non ho capito niente del mondo e della vita (e qui dentro sembra che non sia l'unico...) motivo per cui voglio sapere cosa secondo te rende diversi:
1)L'uomo e l'animale;
2)l'animale e i calcolatore;
Se mi dici la "auto-coscienza" ci può anche stare. Ma dire che non ci sarà mai un uomo che non sia quello "biologico" mi pare una conclusione un po' azzardata. Perchè mai la vita dovrebbe essere solo "basata" su composti organici? E anche: perchè il cervello umano non può avere un equivalente in silicio?

Curiosità: tu non credi nella possibilità mind uploading? 
#640
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
29 Settembre 2017, 13:16:52 PM
SARIPUTRA
Il dottor David Bohm era anche molto vicino, simpatizzante direi, al pensiero di Jiddu Krishnamurti. Comunque anche il buddhismo attrae i fisici...Lo stesso Ajahn Brahm che ho citato , inglese d'origine, è laureato in fisica teorica a Cambridge e si è fatto bhikkhu theravada nel 1974. Adesso è l'eminente abate del più grande monastero dell'emisfero australe, a Perth mi sembra di ricordare.,,allievo del grande maestro della foresta Ajahn Chah.

APEIRON
Sì ecco ho confuso "advaita" con "vedanta"  ;D Krishnamurti d'altronde non è vedantin ma solo advaitin a quanto pare ;D Ecco Ajahn Brahm oltre ad essersi laureato in fisica ha anche insegnato per un anno... pensa che ormai ho "quasi" deciso di fare il prof al liceo visto che insegnare mi è sempre piaciuto. Poi a quanto pare il mio destino mi farà andare in Thailandia  ;D 



Tornando più serio. Volevo commentare due cose: per quanto mi riguarda la "non-separabilità" accomuna Bohm, Krishnamurti, Advaita, Daoismo e anche Buddhismo sia Mahayana che Theravada. Quindi non mi sorprende che ci siano fisici attratti dal buddhismo. Inoltre l'approccio del Buddha del Canone Pali sembra quasi quello di un matematico visto il suo impegno a chiarificare i suoi insegnamenti, a riformulare le domande che gli vengono poste e così via. In sostanza la "pecca" del buddhismo è che forse è troppo "introspettivo". Motivo per cui il "Logos dell'Universo" non entra nella filosofia buddhista anche se per certi versi la "paṭiccasamuppāda" è una sorta di "Legge della Natura". Il "vantaggio" se vogliamo della filosofia vedanta (ma anche occidentale) è che ha il coraggio di esporsi anche a parlare della natura, del mondo "esteriore".


SARIPUTRA
Poi c'è il famoso fisico Apeiron...    


Ahahah. E magari fossi un bravo fisico  ;D  ;D  ;D  alla fine sono solo un po' "pazzo" (ma Zhuangzi diceva che i pazzi... va beh dai la finisco con l'autoesaltazione  ;D )
#641
Per come la interpreto io il "tradimento" si riferisce al sapere che "qualcosa non va" ma non sapere nemmno cosa (concordo su questo con l'analisi del Sari). In genere è proprio forse per questa Caduta che abbiamo il "concetto" e il "desiderio" dell'Infinito: d'altronde se ne avessimo "esperienza diretta" probabilmente tali concetti e desideri non ci sarebbero nemmeno. Ma d'altronde chi parlerebbe di Dio, Infinito, Immortalità, Nirvana, Dao, Brahman, Eternità, Pace se non vedessimo nella nostra vita l'Impermanenza, la Morte, la Paura, il Flusso Inarrestabile del Tempo, il "Dao sbagliato", il Conflitto? Eraclito: "Morte è quanto vediamo stando svegli" ;) . Ma viceversa ci sarebbe d'altro canto così tanta preoccupazione con la Morte, l'Impermanenza ecc se non ci fosse alcunché che trascende queste "cose che non vanno"?
#642
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
29 Settembre 2017, 10:11:03 AM
Purtroppo seguire il Nibbida è la classica cosa che "dovremmo fare" ma non facciamo  ;D  comunque hai colto perfettamente il segno: il problema è che vogliamo controllare il mondo cosa che è chiaramente impossibile. Stiamo per prendere un regionale e... inaspettatamente vediamo una fila lunghissima alle macchinette della biglietteria. Ci infuriamo perchè con ogni probabilità non riusciremo a prendere il treno. Eppure ciò è chiaramente fuori dal nostro controllo. Imprechiamo contro la gestione della biglietteria ma poi scopriamo che lo abbiamo fatto a torto perchè il flusso di persone era eccezionale. A questo punto imprechiamo contro il "sistema che non va", ma a vuoto. Imprechiamo infine contro noi stessi, ma in realtà di errori non ne abbiamo davvero fatti, visto che non potevamo sapere nulla di tutto ciò. A questo punto imprechiamo contro il samsara perchè è un brutto "processo" (samsara e nirvana sono d'altronde prima di tutto verbi  ;D ). E nulla alla fine la nostra rabbia finisce per buttarci a terra l'umore perchè in ultima analisi siamo peggio di Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento. Il nemico non c'è, eppure abbiamo un bisogno profondo di "far guerra" per avere il controllo. Proprio questa pretesa di controllo ci pervade e la continuiamo a voler giustificare razionalmente. Poi vai in oriente e vedi i buddisti che ti consigliano di tirar via ogni tentativo di controllo, i daoisti che ti dicono di agire senza agire ;D  Ma solo quando, dopo molte sofferenze, uno capisce che questa "fissa" di controllare le cose che abbiamo porta ancora a sofferenza nosra e altrui allora cominciamo a "risvegliarci" (alla risposta alla domanda se le filosofie orientali condannino la sofferenza direi proprio di no: anzi soffrire è necessario per "risvegliarci"). Ma noi belli "risvegliati" dobbiamo comunque lavorare, pagare le tasse, competere nei concorsi, pensare alla nostra carriera, cercare di tenere una faccia sempre "sorridente" anche quando il nostro umore è a terra, dobbiamo combattere per rispettare le deadlines ecc. In sostanza Eraclito diceva: "Polemos - il conflitto - è il padre di tutte le cose" (frammento 51). Ma mentre FORSE Eraclito ci voleva belligeranti e coraggiosi (interpretazione mia, ma gli stoici la pensavano in modo diverso  ;) ) Buddha e Laozi ci vogliono far "trascendere" da questa condizione di conflitto. Perchè mentre Eraclito (ma anche Hegel e Nietzsche) tuonava(no) che "bisogna essere consapevoli che il conflitto è comune a tutti, la giustizia è contesa e tutte le cose nascono dalla contesa..." (frammento 80)*.  Laozi e Buddha (per esempio ma ovviamente non solo) invece pur vedendo ovviamente "il conflitto" ci volevano proprio aiutare a "salvarci" da tale realtà proprio perchè la "giustizia non è la contesa". Ma come possiamo noi raggiungere la "non-azione" dove riunciamo a controllare le cose (e quindi in ultima analisi rinunciamo alla "contesa") quando dobbiamo per mangiare e vivere nella società combattere? Perchè se magari quel regionale era importante perchè avevo un appuntamento di lavoro in un'azienda alla fine rischio di perdere l'opportunità! Come faccio a non arrabbiarmi per queste piccole cose quando praticamente tutto mi impone di farlo?  ;)  Questo è il motivo per cui "le mie parole sono facili da comprendere, facili da mettere in pratica ma nessuno le comprende, nessuno le mette in pratica" (citazione Daodejing ma probabilmente anche Gotama il Buddha era d'accordo).


http://enlight.lib.ntu.edu.tw/FULLTEXT/JR-PHIL/thomas.htm qui c'è uno studio che compara la filosofia "neoplatonica" di Plotino con la filosofia della scuola Yogacara (e in realtà anche della scuola Hua-yan).

*Nota a piè di pagina: La cosa interesante è che Eraclito (e Nietzsche) ritenevano che "il tempo è un bimbo che gioca ad un gioco di tessere (=quindi il "gioco" segue regole, il logos): di un bambino è il regno" (quindi "innocente"). Inoltre Eraclito e Nietzsche erano polemici con i propri contemporanei... quindi questa "interpretazione" che sto usando è molto probabilmente semplicistica anche se a mio giudizio per entrambi davvero "la giustizia è contesa" (ergo per loro non ci può essere una vita senza guerra, ergo...). Per quanto riguarda Hegel invece i conflitti erano necessari per un "fine superiore". In ogni caso mi sembra assurdo come gli stoici e i cristiani antichi (che preferivano la pace alla guerra) riuscivano a tollerare certe massime del filosofo efesino. Forse sono stati stregati dall'aspetto della sua filosofia che metteva in luce da un lato il flusso degli eventi e l'impermanenza mentre dall'altro il logos come "ordine delle cose". Per certi versi il "difetto" del buddimo è che in esso è quasi assente la riflessione sul "logos" della natura. Da questo punto di vista la filosofia vedanta è molto più sviluppata secondo me - non a caso eminenti fisici come Bohm e Schroedinger erano molto attratti dalla filosofia vedanta.
#643
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
28 Settembre 2017, 22:50:55 PM
Rispondo ad entrambi i messaggi di Sariputra ;)

Sulla "semplicità". Allora ritengo che nella spiritualità debba essere sempre presente un linguaggio bivalente. Da una parte questo linguaggio deve riflettere il fatto che ci si debba aspettare un "progresso", un "miglioramento" nella consapevolezza, nel carattere, nella prospettiva di vita. Ossia quello che si deve mettere in luce è che dobbiamo "risollevarci" da uno stato "difettoso", o se vogliamo, di "caduta" o di "impurità". Questo approccio ovviamente è "duro", non lascia spazio a molti compromessi, radicale. Questo da un'idea di perfezione come almeno ideale da raggiungere che deve essere per così dire sempre "presente" nelle nostre azioni (almeno intenzionali, il "kamma" buddista - nello giainismo addirittura il "karma negativo" è dato anche da "peccati" non intenzionali. Il giainismo mi sembra eccessivo e preferisco di molto il buddhismo da questo punto di vista). Ora questa perfezione però a sua volta è un ideale e uno stato collegato con quello nostro naturale - o più precisamente uno stato che è "nel nostro potenziale". Infatti se tale perfezione non avesse niente in comune con la nostra natura più profonda, quello che si avrebbe sarebbe una filosofia della disperazione. La cosa interessante è che il daoismo come obbiettivo ha la "semplicità senza desideri (o pretese?)", il nirvana buddista è raggiunto da una mente "senza desideri personali (o pretese personali?)", volendo tale obbiettivo è simile a quello del cristianesimo. Ora è evidente che tale "perfezione" in realtà è uno stato semplicissimo (il Daodejing addirittura dice: Le mie parole sono semplici da capire, molto semplici da mettere in pratica. Ma nessuno riesce a capirle, non nessuno riesce a metterle in pratica. - capitolo 70) ma per motivi vari, perchè abbiamo "altro da pensare e da fare" è addirittura impossibile, anche se tale perfezione è la cosa più "ovvia" che ci sia. E questa è una direzione della spiritualità. L'altra in generale è che bisogna essere in un certo senso tolleranti (vedi l'importanza data dal perdono) con i "peccatori" e con le nostre debolezze (Attenzione: "tolleranza" però non vuol dire non vederle come problematiche o essere permessivi...). Questa seconda parte rende il cammino più "umano" e più "accessibile". Personalmente trovo altamente difficile essere per esempio sempre disposti al perdono, lo riconosco come un "peccato"/difetto/debolezza/mancanza ma non mi "fustigo" per questo, anche perchè se lo facessi non potrei mai progredire (da qui l'idea della "Via di Mezzo" di Siddharta, un vero colpo di genio.). Il problema però è che la società ti fa "avere altro da pensare". Esempio (stupido ma rende): se ho una bolletta da pagare e dobbiamo fare una fila di ore alla posta o un (noioso) problema con la burocrazia (e in Italia da questo punto di vista sappiamo come siamo messi) abbiamo "altro da pensare": diventiamo infastiditi, irritati ecc. Certamente l'essere infastiditi è "dukkha" però è quasi inevitabile visto che la società stessa ci "distoglie". Un altro problema nel cammino potrebbe essere anche l'imporsi regole che ci fanno soffrire e basta e così via. Ergo: quando leggo "le mie parole sono semplici da capire, semplici da mettere in pratica. Ma nessuno riesce a capirle, nessuno riesce a metterle in pratica" mi viene in mente proprio questo. Una semplicità che all'atto pratico è impossibile. Perchè? semplicemente perchè a nessuno viene insegnato di "liberarsi dall'avidità, dall'odio e dal dell'illusione" per dirla con termini buddisti. Per esempio nella società di oggi si predica il valore della "produttività". E se uno non è d'accordo o non è capace di esserlo? Risposta semplice: direi che nemmeno rispondo, mi pare evidente la risposta :( . E uno può seguire il buddhismo ed essere "produttivo"? Volendo sì, visto che il buddhismo vuole purificare l'intenzionalità ma è molto difficile. Causa molti problemi e la notte non si dorme. Si è incompresi e si ha paura di "farsi capire" perchè in fin dei conti quando siamo in preda al dubbio non confidiamo nemmeno che quello che diciamo sia "utile per l'altro" e preferiamo tacere. D'altronde Zhuangzi mette in bocca ad un matto (che però un po' di saggezza per Zhuangzi la possiede  ;) ) queste parole, nel capitolo 4: "tutti capiscono l'utilità dell'utile. Nessuno capisce l'utilità dell'inutile". Ma in una società in cui solo l'utile è apprezzato? E se "nessuno capisce l'utilità dell'inutile" che vita potrà mai avere nella società un "inutile"?  ::) felice?  ::) sì se fosse "perfetto" e "semplice", ma siamo "deboli, imperfetti e complicati" e quindi la nostra aspirazione all'essere inutili, pacifici, all'avere una "mente luminosa, senza avidità, odio e illusione" veramente ci da pace nella nostra vita o è come una croce? La responsabilità di "accollarsi i mali del regno" (capitolo 78, Daodejing) davvero ci rende pacifici e felici oppure nuovamente è un "dukkha" necessario per arrivare a quel senso di "pace" promesso e sperato? Sì concordo che dobbiamo sentire un senso di pace nella nostra pratica. Ma ahimé allo stesso tempo significa anche prendersi sulle spalle "croci" di varia natura...

E qui rispondo al secondo messaggio, visto che le "croci" di cui ho parlato sono i simboli principali di una religione, il cristianesimo. A me non sorprende per nulla che i mistici cristiani, daoisti, indù, buddisti ecc descrivano le loro esperienze in modo simile. Esempio sull'amore. Metta sutta (buddismo): "Come una madre protegge con la sua vita suo figlio, il suo unico figlio così, con cuore aperto, si abbia cura di ogni essere, irradiando amore sull'universo intero". Daodejing (daoismo): "il bene supremo è come l'acqua...[l'acqua] fluisce in luoghi che gli altri disdegnano ed è vicina al Dao" (cap. 8 ), "il saggio nutre le creature senza tenerle come sue, lavora per esse ma non pretende di essere riconosciuto" (cap. 2). Nel cristianesimo ci sono i temi del "dono della propria vita al prossimo che a sua volta è un dono di Dio", della "Croce", l'inno all'amore (inteso come agape) della prima lettera ai Corinzi (capitolo 13) di Paolo ecc. Ora un indiano non è molto diverso da un europeo, un cinese non è molto diverso da un americano, un africano non è molto diverso da un eschimese ecc. Abbiamo diverse culture, molto differenti tra loro ma con molte cose in comune. Non mi sorprende che quindi le esperienze dei mistici siano analoghe: d'altronde un "santo dell'agape" e un sato del metta ritengo che si comporteranno in modo simile  ;) Cos'è "L'eternità si manifestava alla luce del giorno e qualcosa d'infinito appariva dietro a ogni cosa" (citazione del testo citato da Sariputra) se non qualcosa di molto simile a "il Dao è universale" o "ogni essere ha la natura di Buddha"? Se la Pace e l'Amore "semplici ma al tempo stesso perfetti" sono anche incondizionati davvero ci sorprende che si senta come un'esaltazione interiore anche nelle cose più semplici, "insignificanti" e inutili? D'altronde: "il bene supremo è come l'acqua...[l'acqua] fluisce in luoghi che gli altri disdegnano ed è vicina al Dao".

Personalmente ho avuto momenti in cui mi è sembrato di aver "toccato" qualcosa di simile a questa "pace incondizionata" ma sono durati pochissimi secondi (o forse anche "attimi" molto intensi magari durati meno di un secondo). Li ho certamente "toccati" (o semplicemente ho smesso di "agire" - wu wei  ;D - e li ho accolti? ) ma nella maggior parte del tempo sono l'uomo (oppure il "giovane", il "ragazzo"...) "difettoso", "indaguato" di sempre  :(
#644
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
26 Settembre 2017, 23:09:21 PM
Caro Sari,
Dalla foga che avevo stamani mi sono dimenticato di dire che in effetti come "equilibrio" tra Theravada e Mahayana ci sta quello che c'è scritto nel documento ecumenico sulla questione del Bodhisattva. Anche perchè è un buon accordo visto che si parte da differenze molto profonde.
Sulla questione daoismo-buddismo, concordo sul fatto che uno è più poetico e l'altro più sistematico. Motivo per cui parlavo qualche post fa di una "differenza di espressione" ma che è forse una differenza di approccio sulla filosofia e spiritualità. Per certi versi il buddismo sino-giapponese delle scuole Chan e Huayan d'altronde mi affascinano parecchio proprio perchè sembra anche influenzato dal daoismo e non mi sorprenderebbe se qualcuno in futuro dimostrasse che il daoismo ha origini indiane (o nepalesi  ;D... invertendo così la storia secondo cui Laozi era il maestro di Siddharta  ;D  ). Il "bello" del daoismo è in un certo senso proprio il fatto che è molto adattabile alla persona, viene molto incontro all'esigenza individuale visto che dottrinariamente è molto "povero". Affascina molto anche perchè, oltre all'influenza sui movimenti artistici, è una filosofia da "outcasts", da persone "particolari" (vedi Zhuangzi/Chuang-tze col suo utilizzo di "pazzi", "mutilati" ecc come portatori della verità.). Inoltre frasi presenti nel Dadejing come "il bene supremo è come l'acqua...fluisce nei posti che la gente odia e quindi è simile al Dao", "il re è colui che si prende i mali del regno" oltre che la già menzionata enfasi dello Zhuangzi che la saggezza si trova anche tra "pazzi", "mutilati" (ossia "peccatori contro la legge" dell'impero) ricordano più che vagamente certe tematiche cristiane, quindi per un occidentale in cerca di una strada (dao  ;D ) personale è perfetto. Il problema è che l'assenza di sistematicità lo fa andare in secondo piano rispetto al buddismo, il quale è ben sistematico su ciò che forse conta di più, ossia la pratica (oltre al fatto che l'Immortalità promessa dalla parte "religiosa" del daoismo lascia molto perplessi  ;) ). Ma l'aderenza ad una dottrina per chi è curioso e scientifico è difficile e ritengo che un forte merito del daoismo e del buddismo sino-giapponese sia proprio questo "affrancamento" dalle dottrine. Ovviamente ciò non deve essere interpretato come una negligenza nella ricerca del Bene e della Verità, bensì come un'impostazione più adattabile alla persona (per esempio seguire alcune delle regole del Vinaya mi sembra assurdo, non ne capisco proprio il senso  ;) ma ovviamente questo perchè sono fatto così io, non ho assolutamente nulla con chi pensa che esse siano sensate  ;) ). Motivo per cui dottrine "radicali" come sunyata per me sono difficili da apprezzare quando ad esempio trovi insegnameni meravigliosi che richiedono un assoluto "metafisico" oltre che "epistemologico" - il principio dell'interpenetrazione della scuola Huayan da questo punto di vista sembra essere una "espressione positiva" ma equivalente della dottrina del sunyata e ricorda la "poesia" del daoismo. Motivo per cui l'ho segnalata. Credo che sia una cosa che vari da persona a persona: chi è più portato ad aderire a dottrine preferirà le scuole più rigorose, chi invece è più portato alla creatività e alla ricerca personale della realtà e del significato della vita (come ritengo siamo entrambi) preferirà scuole più "flessibili" sia nella pratica che nella dottrina (e forse più "umane" per certi aspetti). Nel mio caso ritengo che la mia "tendenza a filosofare" per fortuna o purtroppo mi rimarrà tutta la vita e impormi una qualsiasi dottrina in modo rigido per me è impossibile. Motivo per cui dottrine diverse per me sono ugualmente apprezzate, anche perchè ritengo che la rigidità nella storia avrà magari "liberato" molte persone ma è stata anche causa di molti guai sia in oriente che in occidente...

SARIPUTRA
P.S.  Vorrei ora porti una domanda un pò personale ( sei ovviamente padrone di ignorarla...): Cosa ritieni che sia cambiato , nella tua visione della vita, nel tuo rapporto con gli altri, con la tua weltanshauung (ho scritto corretto?...) personale da quando hai avvicinato e ti sei interessato a queste forme di spirtualità/filosofia? Come vedi le cose "concrete" dell'esistenza adesso?
Ti faccio questa domanda per uscire un pò dalla parte teorica che abbiamo abbondantemente sviluppato. Penso che qualche cristo che ci legge potrebbe essere interessato anche a questo. Altrimenti: "Sì, bello interessante...ma poi?"...

APEIRON
All'inizio non volevo rispondere - non perchè non voglio o perchè ho paura di "espormi", ma proprio perchè non voglio allontanare le persone da questo tipo di filosofia, visto che personalmente non sono né buddista, ne daoista, né indù... Poi però ho cambiato idea e ritengo che invece anche la mia esperienza può essere importante (anche perchè forse è utile sentire l'esperienza dei pochi che un po' studiano e un po' praticano). Farò una risposta forse troppo breve, ma vorrei cercare di rendere l'idea con la minima quantità di parole. Inoltre la risposta sarà molto "sistematica" (leggendo si capisce cosa intendo). Anticipo fin da subito che più che un Alan Watts sono uno Schopenhauer, ossia troppo attento alla weltanshauung  (ok hai scritto bene  ;) ) e alla "teoria" e non me ne vanto per niente (visto che so che la pratica è più importante della teoria).

1) visione della vita: qui in effetti sono cambiato molto. Adesso ho una percezione molto più "vissuta" della transitorietà delle cose e questo mi porta da un lato a vedere oltre "il mio orticello" ma dall'altro mi causa molta nostalgia (i giapponesi direbbero mono no aware). Inoltre cosa assurda è che mi sento al contempo al "centro di tutto" e insignificante e questo ovviamente causa a volte problemi di varia natura come ogni trasformazione comporta. Tendo poi ad essere molto passivo, a non voler controllare niente ecc

2) rapporto con gli altri: da un punto di vista cognitivo sono più consapevole delle sofferenze altrui e più aperto alla diversità, ma ciò ahimé è solo a livello di "consapevolezza". Sono anche più volenteroso a aiutare gli altri utilizzando consigli (a volte cito, senza dirlo, alcune parole delle suttas). Rimango però eccessivamente "egocentrico" e la conoscenza di queste tradizioni mi rende consapevole dei miei problemi (e delle mie inadeguatezze ;)) con il "metta" e la "rinuncia" (o con l'agape e la "kenosi" cristiana, o con il "sommo bene" daoista ecc... ci siamo capiti  ;) ). Schopenhauer - e gli si può dare dell'ipocrita ma almeno a volte era anche onesto - dal canto suo ci teneva a precisare come il "filosofo non è il santo" (ma solitamente lo ammira), motivo per cui io se proprio devo definirmi mi definisco come "pensatore". Tant'è che ad esempio in questi giorni mi chiedo se ho "troppi amici" - vorrei essere più selettivo - ma al contempo vorrei anche "essere in buoni rapporti con tutti". Edit: sulla questa dell'avere "troppi amici", non voglio essere frainteso come se il buddismo &co mi avessero insegnato di essere asociale... in sostanza mi hanno reso consapevole che certe attività che usualmente si praticano "per divertimento" finiscono per essere anche dannose a lungo termine - ossia sono divertenti per un po' ma poi sono cose da abbandonare. Tuttavia l'assurdo è che essere troppo "inseriti" nella società certamente diminuisce la sofferenza dovuta alla solitudine ma allo stesso tempo finisce per mettere talvolta catene. E poi ho anche l'impressione che chi non ha fatto un po' di percorso spirituale in genere troverà un discorso simile quasi come "offensivo", anche perchè d'altronde sono viste come provocazioni.

3) Per quanto riguarda le cose "concrete". Sono come ho detto molto più passivo e molto più consapevole ai problemi che nascono a causa dell'incontrollabilità della vita ordinaria, pur rendendomi conto che questo tipo di visione delle cose "concrete" non mi da molte possibilità di successo. Per certi versi sono diventato ancora più critico di quello che ero sulla società e sulla sua incapacità di accettare valori che sono contrari a quelli moderni. Anzi a volte le cose "concrete" le vedo come una seccatura proprio perchè ho una volontà di libertà ancora maggiore di quando non conoscevo questo tipo di filosofie/spiritualità - più precisamente non le "disprezzo" ma vedendole per quello che sono in fin dei conti mi pare che la società odierna sia troppo "attaccata" ad esse.

Ma è anche vero che vorrei anche "trasmettere" questo mio punto di vista a più persone possibili, vorrei vedere un "sommovimento" dello spirito quando parlo di queste cose... ma a quanto pare non sono bravo a trasmettere.
Che dire? Certamente il Dhamma &co mi hanno aperto gli occhi e mi hanno reso consapevole su molte cose. Mi hanno reso consapevole di quanti comportamenti ritenuti "sani" in realtà non lo sono per niente e di quanto sia "vera" la verità dell'impermenenza. Mi hanno reso consapevole della virtù del non-attaccamento (che è diverso dall'essere "distaccati"). Tuttavia per ora il mio egocentrismo è ancora lì, le mie paure ridicole sono ancora lì, il mio carattere difficile è ancora lì (anzi a volte proprio la conoscenza della saggezza - che è diversa dalla vera saggezza - di quei maestri mi rende iper-critico) e le mie difficoltà sono ancora lì. Quindi per ora non mi hanno reso "un campione dal punto di vista etico" ma hanno accentuato certi tratti già presenti nella mia persona (per quanto illusoria essa sia  ;D ). Ma ahimé i problemi sono ancora gli stessi e sempre presenti  ;) ne vale la pensa quindi? Io credo di sì, ritengo che la consapevolezza sia importantissima.  


P.S. A quanto pare le persone interessate alla spiritualità sono spesso insonni... probabilmente un collegamento c'è...
#645
Scienza e Tecnologia / Re:Le dimensioni dei buchi neri
26 Settembre 2017, 10:12:24 AM
Citazione di: Essere Immortale il 25 Settembre 2017, 19:07:16 PMOk tutto chiaro ( si fa per dire) In realtà ho più domande di prima...Ma cerco per ora di fermarmi qui e approfondire ciò che mi avete spiegato....

Non che per me sia molto più chiaro  ;D  però ecco il fatto che a te non sia chiara la questione è anche perchè secondo me a nessuno è davvero chiara  ;)