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Messaggi - Ipazia

#6376
Tematiche Filosofiche / Re:Così è se vi pare!
29 Novembre 2019, 09:18:01 AM
Citazione di: Phil il 28 Novembre 2019, 22:34:16 PM
Citazione di: Eutidemo il 28 Novembre 2019, 13:08:17 PM
L'assunto di Pirandello, in sostanza, somiglia moltissimo a quello di Protagora, il quale, almeno nella versione riportata da Platone nel "Teeteto" ( 151e-152a), sosteneva che: "L'uomo è la misura di tutte le cose; di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono" (Panton chrematon metron anthropon, einai. Ton men onton hos esti, ton de ne onton hos ouk estin).
Nel suddetto motto mi piace mettere l'accento sulla «misura» (metron), di conseguenza l'espressione «l'uomo è la misura di tutte le cose [...] di quelle che non sono in quanto non sono» non lo ridurrei (onto)logicamente al non-essere parmenideo (@Ipazia), per nulla "a misura umana", quanto ambiziosamente a misura universale.

Lo so che Parmenide è metafisica del Tutto, ma il suo monito sul non-essere può essere relativizzato (metodo)logicamente a misura protagorica aiutandoci a sgombrare il campo dalla miriade di fantasmi che lo popolano. Fantasmi che agiscono non sul legittimo campo esterno del non conosciuto, come nel prosieguo ottimamente esponi, ma nel campo interno del pseudoconosciuto, inaugurando quel periglioso dualismo da cui mette in guardia, a modo suo (Tutto)logicamente, Parmenide.

In sintesi: il non essere può essere postulato solo dopo la sua conversione in essere, attraverso una doppia negazione (il non più non-essere alfine è) - solidamente fondata sui fatti - del suo status metafisico di inesistenza originario.
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#6377
Tematiche Filosofiche / Re:Così è se vi pare!
29 Novembre 2019, 08:33:56 AM
Citazione di: Eutidemo il 29 Novembre 2019, 07:17:12 AM
Ciao Ipazia :)
Stando al "Teeteto", almeno secondo Platone, la concezione di Protagora non ha affatto un carattere epistemologico che postuli un tratto comune nel carattere soggettivo di approccio al mondo da parte della specie umana, e non dei singoli individui.
Ed infatti, nel "Teeteto", sembra proprio che Protagora si riferisca all'"uomo" in quanto "singolo individuo", e non all'uomo come "specie umana".
Ed infatti Socrate dice:  "...talvolta, quando soffia lo stesso vento, l'uno di noi ha freddo e l'altro no, e  l'uno poco e l'altro molto...Allora diremo dunque che questo vento, di per se stesso, è freddo o non freddo? O daremo ascolto a Protagora, per cui, per chi ha freddo è freddo, e per chi non ha freddo, non lo è?"

Il riduzionismo del Socrate platonico è abbastanza comprensibile perchè l'antropomorfismo di Protagora confligge con il paradigma platonico delle idee universali. Qui si fa un'analisi filologica approfondita dell'aforisma (peraltro leggermente differente dal tuo: anthropos) e a metà di pg 119 si confuta proprio l'interpretazione "Teetiana"

Citazione***
Quanto al "Rasoio di Ockam", sintetizzabile nel motto:"Entia non sunt multiplicanda sine necessitate", sinceramente non ci vedo alcun nesso con la concezione di Protagora; a mio parere, infatti, si tratta di un discorso completamente diverso!

***
Un saluto!  :)


Diverso e complementare: nella misura va scartato tutto ciò che è ridondante, non necessario. In tale disciplina critica, tagliente, si affina il giudizio rendendolo intersoggettivo e si supera ogni rischio di interpretazione individualistica posta nel Teeteto. Arrivando all'odierno ethos epistemologico: superamento dell'oggettivismo metafisico in oggettivismo contestuale/ponderato (capace di resistere al soggettivismo) e sobrietà nelle ipotesi via via da asseverare.
#6378
Citazione di: viator il 28 Novembre 2019, 21:32:12 PM

Abbiamo una Ipazia che si esprime restando nell'ambito material-positivistico ed ignorando (non ammettendolo) un ambito ad esso esterno.


Non è esattamente così. Io non ignoro lo spirituale umano e nemmeno l'aria fritta che lo avvolge. Anzi, mi inoltro allegramente in ogni ariafrittologia alla ricerca della sostanza, materiale o immateriale, che l'ha prodotta. Sostanza da cui c'è sempre qualcosa da imparare, inclusa l'ariafritta che avvolge il mio pensiero. Ciò che non ammetto è il condimento supponente dell'ariafrittologo che toglie ogni piacere alla scoperta.
#6379
Non credo che in questo forum siano accettabili risposte di questo tipo. O si entra nel merito e si argomenta o si ignora. Come solitamente faccio io quando sento supercazzole tipo "coscienza cosmica" che non hanno nemmeno la dignità di essere sostenute da antiche dottrine.
#6380
L'Assoluto illude se stesso nel momento in cui postula il noumeno e causa la nevrosi del disvelamento. La fisica funziona benissimo pur non sapendo che cos'è la sua "materia prima": l'energia, ma sapendo gestire sempre meglio i suoi effetti con discipline teoriche e pratiche ed unità di misura pertinenti alle "condizioni del sistema".

Allo stesso modo noi non sappiamo che cos'è la mente/coscienza/ātman ma ne vediamo gli effetti, le eruzioni. Su questa fenomenologia possiamo attuare la nostra ricerca scientifica e filosofica e produrre tecniche di gestione etica (ethos techne) comprensive delle loro condivise unità di misura valoriali e delle condizioni di sistema socioesistenziali conseguenti.

Il sistema antropologico è più complicato del sistema fisico perchè: 1) dipende dal sistema fisico 2) gode nel suo ambito peculiare di un grado di libertà superiore al sistema fisico, al limite dell'indeterminatezza o comunque dell'incontrollabilità (ben più difficile controllare e programmare il cogito che le barre di uranio di una centrale). E' questo il motivo per cui il metodo scientifico, coi suoi determinismi, non basta, e rimane attuale la ricerca filosofica pura e applicata (etica).
#6381
Tematiche Filosofiche / Re:Così è se vi pare!
28 Novembre 2019, 15:58:23 PM
Anthropon rimanda ad essere umano, non a Tizio o Caio. Il frammento di Protagora ha un carattere epistemologico che postula un tratto comune nel carattere soggettivo di approccio al mondo da parte della specie umana, non dei singoli individui. Essendo una caratteristica comune permette il dialogo intersoggettivo di unificazione della misura delle cose (chrematon metron). Il carattere metafisico dell'affermazione ne accentua il significato generale che trova conferma nella assolutamente geniale intuizione finale: delle cose che non sono in quanto non sono.

La quale intuizione trova una eco nel monito di Parmenide sul non-essere che "è necessario che non sia, [perchè] è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo"

Direi che con questi due principi, aggiungendoci il rasoio di Ockham, abbiamo già i fondamenti dell'episteme ed epistemologia moderna.
#6382
Sulle molteplici sfumature dell'amor proprio ci vorrebbe una discussione a parte. Ma giustamente InVerno riporta al topic ...

Citazione di: InVerno il 27 Novembre 2019, 20:34:36 PM
Citazione di: Sariputra il 27 Novembre 2019, 16:27:24 PMIl poeta e drammaturgo russo Majakovskij non era molto tenero con la specie degli intellettuali :
"In una nave che affonda gl'intellettuali sono i primi a fuggire, subito dopo i topi e molto prima delle puttane."
Effettivamente il suddetto si suicidò sulla affondante barca sovietica, il che lo inserisce totalmente nella sua descrizione ma non lo salva dalla propria ipocrisia. Egli stesso era un intellettuale, sempre che intellettuale sia qualcuno che sbarca il lunario solamente attraverso il suo intelletto, in quanto non mi risulta che abbia mai zappato un acro. Alla fine dell'ottocento e agli inizi del novecento di anti-intellettualisti pullulava sopratutto tra gli intellettuali, quale sarebbe la soluzione di questo cortocircuito? Chi stabilisce quali siano gli intellettuali a favore dello status quo, e quali no? Majakovskij avrà avuto più di una ragione di prendersela con gli intellettuali conservatori, salvo egli stesso trasformarsi in uno di essi subito dopo la rivoluzione. Morto un intellettuale se ne fa un altro, uno nuovo magari, è per questo che l'anti intellettualismo ha a che fare con la lotta di classe, è un pretesto per una sostituzione all'apice gerarchico, è antielitismo filosofico, populismo letterario. Una società sana e dinamica muta da se, non aspetta di incancrenirsi ed arroccarsi finchè la violenza dell' "anti-intellettualismo" non la travolge. Nel conformismo odierno, quello pruriginoso del politically correct, molti vedono un intellettualismo facile da sfondare. Ma cosa sono disposti a portare, coloro che li vogliono sostituire? C'è stata una società priva di intellettuali, si chiamava america, almeno finchè era composta solo di ex galeotti e poveracci in cerca d'oro..

...e lo fa con indicazioni assai feconde che potrebbero portare al cuore della questione:

nell'epoca contemporanea ha ancora senso, e a che profondità sociale, questa supposta antitesi ?

Per rispondere bisogna andare ben più indietro del far west, prima che comparisse lo strumento che ha permesso il nascere di una casta intellettuale, la scrittura. Assenza largamente presente anche nel far west. Ma nelle primissime civiltà monumentali provviste di scrittura essa divenne l'ascensore sociale che permise ad una casta privilegiate di passare dal sudore della fronte al sudore del cervello.

Il tutto dominato da una casta aristocratica e guerriera che non necessariamente era incolta come quella cristiana medioevale, ma tanto in Grecia che a Roma esprimeva essa stessa i suoi intellettuali: filosofi e, più demi monde, artisti.

Fin dall'inizio scribi e farisei, cortigiani/funzionari e preti, si divisero il lavoro intellettuale che nelle teocrazie ebraiche, cristiane e musulmane finì con l'unificarsi intorno al Libro Unico della religione dominante che svolgeva anche le funzioni di sussidiario scolastico. Le donne escluse per definizione.

In tale contesto storico la figura dell'anti-intellettuale coincide con quella dell'analfabeta il che escluderebbe una contrapposizione di tipo ideologico, ma puramente sociologica.

Le cose iniziano a mutare con il rinascimento e l'emergere di una nobiltà borghese di estrazione mercantile; la trasformazione si completa con la rivoluzione industriale che, attraverso l'applicazione della scienza alla produzione, costringe il potere ad acculturare le masse operaie almeno al livello elementare di comprendere un'istruzione scritta e fare misure e conteggi elementari. Tale necessità si è dilatata con il progresso tecnoscientifico fino al momento fatale, denunciato nei ruggenti anni '60 da Paolo Pietrangeli in cui "oggi anche l'operaio vuole il figlio dottore...non c'è più morale, Contessa"

Che è la mia storia, combinatasi, per fortuite circostanze storiche, con la diversa morale predicata da D.Fo e don Milani: "l'operaio sa 100 parole, il padrone 1000. Per questo è lui il padrone". La qual cosa spinse me, e buona parte della mia generazione, ad approfondire oltre alle letture scolastiche dell'ascensore sociale anche una marea di titoli e fonti atte a colmare il "master gap". Facendo di noi, morale della favola, degli intellettuali. Ma intellettuali/anti-intellettuali di quel partito/non-partito che dava l'assalto al cielo (salvo scoprire poi di che materia fosse fatto il cielo della supremazia politica ineluttabilmente capitalistica).

Tutte le epoche rivoluzionarie producono questa figura di intellettuale-anti (tipo Majakovskij), che è l'unica figura capace di contrapporsi all'intellettuale organico al potere (capitalista o sovietico che sia). Oggi l'antagonista - depositario dell'alfabeto del potere - è l'hacker, l'intellettuale-anti per eccellenza. Lo scoperchiatore wikileaks delle tombe comuni della democrazia: perseguitato più che mai.

Nel frattempo il polverone di quei media che l'hacker sventra si espande nella preconfezionata contrapposizione tra funzionari del potere e curva sud, teorema ottimo per riconfermare, tautologicamente, l'asfittico cerchio ermeneutico del sempre risorto apologo di Menenio Agrippa incentrato sulla "competenza".

Temo che: "Una società sana e dinamica muta da se, non aspetta di incancrenirsi ed arroccarsi finchè la violenza dell' "anti-intellettualismo" non la travolge" sia di là da venire e non possa nemmeno rimandare ad un "arcadico", purtroppo incolto, far west, ma possa realizzarsi solo in una inedita società che superi la contrapposizione tra sudore della fronte e sudore del cervello. Una società senza classi, ma con molto intelletto. Che permetta a ciascuno di essere, come raccomandava Engels, un po' architetto e un po' carrettiere, nell'arco della sua unica e irripetibile vita.
#6383
François de La Rochefoucauld era un nobile maschio il cui amor proprio era garantito da servi e dame senza che lui se ne dovesse minimamente occupare e sul quale poteva limitarsi a sermoneggiare nella sua smisurata autostima. Per una donna, sprovvista di servitù, costretta a lavorare in un mondo ancora sostanziamente misurato sul maschile, l'amor proprio e l'autostima sono il ricettario minimo della sopravvivenza materiale, intellettuale e affettiva. Varie pillole in rete.
#6384
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2019, 16:03:40 PM
Citazione di: Ipazia
Infine, è proprio perchè tengo conto dell'uomo così com'è - col suo indissociabile io - che trovo impraticabile l'entrata nell'inferno, sia quella materiale del chandala o spirituale di Kierkegaard, in cambio della Verità.

Non tieni ancora conto dell'uomo così com'è.
La tua sofferenza lo dimostra.

Quando ciò avverrà, ogni giudizio su di lui si rivelerà inopportuno, e proverai solo compassione.

Prima, però, occorre andare all'inferno.
E all'inferno si va, non tanto per il nostro giudizio sugli altri, ma per aver constatato ciò che noi stessi siamo.

Mah. Ti dirò che il primo uomo così com'è di cui tengo conto è una donna, per cui provo certamente compassione, ma sulla quale, superato l'amor dei, e assai più dell'amor fati, esercito la nobile e salutare arte dell'amor proprio e dell'autostima ad esso connessa.

Quella stessa donna che, tra l'inferno sopra menzionato e la morte, si concede un tertium che oltrepassa la sofferenza godendosi pacatamente, come insegna Lucrezio, lo spettacolo stratificato di pensiero umano di cui parla Sini, grande teatro del mondo nelle sue molteplici intersezioni col grande spettacolo della natura.
#6385
Ho trattato la dimensione sociale dell'ipocrisia perchè è in questa dimensione che si può rispondere alla giusta invettiva di Sariputra, cercando di approfondirne la meccanica nei suoi aspetti cinici da un lato e opportunistici dall'altro.

Sul piano individuale, soggettivo, anche il mafioso più efferato avrà coltivato la dose di bias (o falsa coscienza usando una prospettiva etica) necessaria a giustificare il suo operato senza sentirsi un ipocrita. Su questo concordo con te.

Infine, è proprio perchè tengo conto dell'uomo così com'è - col suo indissociabile io - che trovo impraticabile l'entrata nell'inferno, sia quella materiale del chandala o spirituale di Kierkegaard, in cambio della Verità. Se poi l'unica alternativa è il Nulla/morte, è come andar di notte. L'uomo va cercato nella sua immanenza (con tutta la compassione o empatia umanamente possibile). E' l'unico luogo in cui si ha qualche probabilità di trovarlo. La lanterna di Diogene.
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#6386
Citazione di: bobmax il 27 Novembre 2019, 09:57:38 AM
Ma l'ipocrisia non sta forse proprio in quel labile confine tra consapevolezza e inconsapevolezza ?

Non solo e non prevalentemente. Vi è un'ipocrisia del potere consapevole e un'ipocrisia, che sarebbe più corretto definire opportunismo, più o meno pavido e pigro, di chi lo subisce. Sul confine - non proprio labile - vi sta il cortigiano ("vil razza dannata") che ha un posto privilegiato nei confronti del potere della cui ipocrisia è altrettanto consapevole, in simbiosi con un evidente opportunismo nel supportarlo. L'intelligentsia, insomma, di cui parla Sariputra.

CitazionePosso essere davvero ipocrita se ne sono del tutto consapevole?

Certamente. E Machiavelli ha fatto lezione in materia. Ad uno dei massimi gerarchi nazisti è attribuito il postulato fondamentale di tale consapevolezza: "ripetete una menzogna milioni di volte e diventerà una verità". Superfluo osservare come su questo principio si fondino anche le fortune millenarie di molte e variegate ideologie e dei media contemporanei.

CitazioneE se non ne sono per nulla consapevole, come posso essere ipocrita?

Infatti si tratta per lo più di pavido e pigro opportunismo, conformismo, tartufismo. La stessa scommessa di Pascal non ne è immune.

CitazioneQuando sono consapevole, per davvero... non è più una questione di "sapere" ma di "essere".
Non so di comportarmi male, sono io stesso il male.

Sapere l'ipocrisia è conditio sine qua non di essere potere. La coppia è indissolubile. Se vuoi, chiamalo male.  Machiavelli lo chiamava "arte di governo". Giuseppe Conte è perfetto interprete di ciò. Continuiamo a morire democristiani.
#6387
Il problema non è l'ipocrisia consapevole, ma quella inconsapevole dell'ignoranza indottrinata, addomesticata, omologata. E' questa il terreno su cui germoglia e prospera l'ipocrisia consapevole.
#6388
Scagli la prima pietra chi è senza peccato, cominciando dalla filosofia che ha inventato gli intoccabili, ma salva le formiche. Non è una critica ad personam filosofica, ma è la constatazione che la coerenza manca in qualsiasi visione del mondo fin qui formulata e che la questione non è dovuta ad una certa innata imperfezione umana, ma alla oggettiva difficoltà di trovare il filo di arianna che congiunga in un logos soddisfacente la santissima trinità dell'universo antropologico: physis, ethos e nomos. Quando ci riusciremo, la filosofia diventerà scienza. E i comportamenti umani diventeranno più razionali e responsabili. Soprattutto meno ipocriti, a loro insaputa.
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#6389
Tematiche Filosofiche / Re:La morte
27 Novembre 2019, 07:52:54 AM
L'induzione contiene anche la memoria del cigno nero e ne deduce l'impossibilità di un sapere assoluto. Ma finché non compare il cigno nero quel sapere lo é a tutti gli effetti statisticamente asseverati. Su cui è possibile prevedere il futuro. Tutto il nostro agire (e sapere) é strutturato così. Il cigno nero immortalità da tempi immemorabili é apparso solo nei sogni e nelle leggende,  per cui la morte assume uno status di verità deducibile pressoché incontrovertibilmente a partire dall'esperienza induttiva.

Le difficoltà in filosofia nascono dalla difficoltà di unificazione dei paradigmi: non esiste una comunità filosofica paragonabile alla comunità scientifica. Anche se una certa "convergenza parallela" si sente nell'aria.
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#6390
Tematiche Filosofiche / Re:La morte
26 Novembre 2019, 11:22:23 AM
Il disegnino l'hai già fatto nella polemica con bobmax sull' etica: buio pesto.