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Messaggi - Carlo Pierini

#646
Citazione di: Apeiron il 05 Agosto 2018, 21:48:16 PM
Grazie per la risposta e le citazioni.

CitazioneCARLO
Certo, ma non ci troviamo di fronte a due realtà separate e indipendenti. I fenomeni non sono altro che le manifestazioni della "realtà-così-com'è", le modalità attraverso le quali essa si offre alla conoscenza. Quindi non vedo alcuna ragione per sentenziarne l'inconoscibilità. Solo ciò che non si mostra all'esperienza è inconoscibile.

APEIRON
Come dicevo in risposta a @sgiombo, nemmeno io le considero separate ed indipendenti. In realtà, il fenomeno è il noumeno.

CARLO
Come già ti dissi l'anno scorso, Kant ha manipolato, rovesciandolo (secolarizzandolo), il significato di noumeno , rispetto alla sua valenza originaria che Platone faceva coincidere essenzialmente con quella di "archetipo",  di "modello originario della cosa fisica sensibile" esistente in sé metafisicamente come "idea divina". Quindi non c'è identità tra noumeno e "cosa", ma solo una corrispondenza analogica; per intenderci, lo stesso tipo di corrispondenza che Tommaso concepiva tra Principio e mondo, tra Dio e creato (il creato inteso come imago Dèi). E quella che Kant chiama la "cosa in sé" non è altro che la cosa corredata di tutte le proprietà-qualità-verità che la riguardano e che la relazionano col resto del mondo; quindi si tratta di un'entità conoscibile dall'osservazione delle sue manifestazioni fenomeniche. Ribadisco che è lecito considerare inconoscibile SOLO ciò che non si manifesta fenomenicamente all'esperienza.

APEIRON
...quello che sto dicendo io è che, in realtà, noi effettivamente vediamo le "cose esterne" ma è il modo in cui le vediamo che dipende dalla struttura della nostra mente. Se non si tiene conto di ciò, si sbaglia secondo me.
In sostanza è come se avessi sempre agli occhi degli occhiali da sole non riesci a "dimostrarlo". Perchè? perchè guardi sempre al mondo fenomenico e non analizzi lo strumento con cui cerchi di conoscere il mondo fenomenico. Credo che tu hai familiarità col concetto di "errore sistematico". Uno strumento di misura con errore sistematico sbaglierà sempre le misure. L'unico modo che hai per dimostrare che c'è un errore di quel tipo è confrontare le misure effettuate usando quello strumento con i risultati ottenuti usando gli altri. Ma usando solo quello strumento non ti puoi accorgere che c'è l'errore sistematico (o meglio, te ne puoi accorgere utilizzando le tue facoltà mentali. Ma in tal caso stai eseguendo un confronto).


CARLO
L'idea di "errore sistematico" è totalmente immaginaria e infondata. Se la nostra conoscenza fosse falsata da uno o più "errori sistematici", le decine di migliaia di scoperte e di realizzazioni tecnologiche della scienza sarebbero state assolutamente impossibili e non si sarebbe mai realizzata quella rivoluzione del pensiero che chiamiamo rivoluzione scientifica.
Ed è proprio questo immenso successo interpretativo della scienza che inclina a pensare ci sia una analogia/corrispondenza/complementarità ontologica tra la struttura della mente e la struttura della realtà; che esista, cioè, un principio ultimo da cui discendonosia il soggetto che gli oggetti del sapere e, quindi, in quanto ontologicamente simili/affini/analoghi, possono rispecchiarsi l'uno nell'altro.  Infatti, la concezione di "conoscenza" assolutamente prevalente nella storia del pensiero si configura come un confronto analogico di principio tra due realtà simili: il soggetto e l'oggetto.

APEIRON
Dunque l'immagine che noi abbiamo del mondo è il fenomeno. Tale immagine del mondo, secondo me, è veramente "distorta". Perchè? perchè lo "strumento" è imperfetto. Nota che questo tipo di riflessione è presente in molti scritti dell'antichità. Nei testi indiani si dice che quasi tutti gli uomini sono in uno stato di "ignoranza" (avidya) che impedisce di far "comprendere" la natura della realtà. Simili idee si trovano in Platone e nel Cristianesimo (esempio: in 1Corinzi 13:12 San Paolo: "Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto."


CARLO
La dicitura esatta è:
<<La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto>>.

Qui Paolo dice: <<quando verrà ciò che è perfetto>> alludendo alla futura venuta del "secondo Adamo", cioè del Cristo-Logos di cui Giovanni dice:"In principio era il Logos, il Logos era presso Dio e il Logos era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste". (Giovanni, 1:1-4)
Leggi i miei due threads seguenti, nei quali ho approfondito il significato del Logos-Principio:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/il-simbolo-della-conoscenza-sulla-banconota-da-1-dollaro/

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-il-mito-biblico-dell'eden/

Cit. APEIRON
Ad ogni modo, ti ripeto che apprezzo molti aspetti del tuo pensiero. Tuttavia, non cambio idea sul fatto che sono teorie indimostrabili.  

Cit. CARLO
Non è dimostrabile che ...siano teorie indimostrabili.  :)   Anzi, io ho raccolto un numero di osservazioni convergenti all'idea di universalità della Complementarità più che sufficiente a dimostrarne la fondatezza.

APEIRON
Il fatto che ci siano opinioni di eminenti filosofi a sostegno di una tesi fornisce indizi e non prove.


CARLO
Lo so. Infatti non alludevo alle citazioni dei filosofi, ma alle circa duemila pagine di osservazioni oggettive che ho raccolto in questi 25 anni di ricerca, tra cui le osservazioni di Jung nel campo della psicologia, quelle di Eccles in neurobiologia, quelle di una ampia schiera di storici delle idee religiose (che mostrano l'esistenza degli archetipi), e moltissime altre in diversi campi della ricerca.
E, comunque, se non ho pubblicato quegli scritti è solo perché considererò conclusa la mia ricerca solo quando avrò dimostrato (se ci riuscirò) la validità del Principio nel campo della Fisica. Solo allora il Principio potrà considerarsi definitivamente e inoppugnabilmente dimostrato.

APEIRON
E temo che per dimostrare veramente la tua (interessante) teoria servirebbe una "illuminazione". Cosa che, però, è prima di tutto un'"esperienza" privata    :)

CARLO
Le varie "illuminazioni" di cui parlo in alcuni threads, non sono solo "esperienze private", ma contengono importanti elementi di oggettività che puoi cogliere facilmente se leggi i miei resoconti. Se non li hai letti, te li linko qui per comodità:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/un'altra-'visione'-archetipica/

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/un-sogno-archetipico/

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/gli-archetipi-esistono-io-li-ho-'visti'!/
#647
Citazione di: Phil il 05 Agosto 2018, 00:07:47 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
Non ho mica proposto di mettere fuori legge o di mandare al rogo i filosofi che sparano cazzate. Voglio semplicemente dire che, così come la Scienza ha cancellato un gran numero di superstizioni e di teorie palesemente false, altrettanto succederà alla filosofia quando anch'essa, grazie alla scoperta di un proprio criterio di verità, sarà in grado di mandare in pensione delle filosofie infondate, superstiziose o palesemente false.

PHIL
Profezia antica... ma all'epoca avevano l'attenuante, come già dicevo, di non aver vissuto il '900  ;)
CARLO
Se le scienze si occupano delle conoscenze particolari, l'unico scopo della filosofia è quella di cercare il fondamento comune di tutte le scienze. E il '900 non ha scoperto NULLA che vanifichi la sua (della filosofia) unica ragione di esistere. Il '900 è semplicemente il secolo in cui la filosofia ha rinnegato sé stessa trasformandosi in anti-filosofia, cioè, in una malattia dell'intelletto che tende, non più a edificare, ma a distruggere le basi della conoscenza e della civiltà umana.

Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PMCOSA si oppone a questa possibilità, al di là dei tuoi rigidi dogmi personali?
PHIL
La sua storia e la sua direzione attuale, sempre "per adesso e fino a prova contraria"... la mia interpretazione ha certamente i suoi dogmi (come tutte?), anche se qui direi che forse si tratta quasi di dati di fatto: come la vedi la filosofia contemporanea? Riesci a interpretarla come orientata al raggiungimento del principio unico, e quindi siamo più "avanti" di un secolo fa? Possiamo essere ottimisti, i risultati raggiunti finora fanno ben sperare? Non ho proprio alcun motivo di essere scettico mentre mi trastullo con i miei dogmi pluralisti?

CARLO
Come ho già detto tempo fa, per un filosofo la fede in un criterio ultimo di verità è come la fede in Dio per un sacerdote. E chi perde la fede dovrebbe avere l'onestà di dismettere l'abito del filosofo e dedicarsi ad altro, invece di "cantare messa" ipocritamente nei "circoli filosofici" o di pubblicare libri di "filosofia".

CitazioneCARLO
Sei talmente poco filosofo (come quasi tutti i filosofi di questo ultimo secolo) che dimentichi sempre la possibilità (affermata in tutto l'arco della storia del pensiero) di un Principio-Dio-Tao che governa OGNI aspetto dell'essere.
PHIL
Possibilità a cui non credo, perché alle fiduciose affermazioni, dopo più di duemila anni, mi pare non siano ancora seguiti minimi indizi concreti (magari sbaglio) (...) per adesso e fino a prova contraria, per me resta un'utopia...

CARLO
Appunto, i filosofi <<del '900>> sono tutti come te: invece di cercare quegli indizi per trasformarli in prove, rifiutano a priori qualsiasi indizio in attesa che qualcun altro (chi?) serva loro le prove su un piatto d'argento! Perché loro sono troppo impegnati a distruggere tutti i fondamenti del sapere e della convivenza civile, ...fino a prova contraria!
#648
Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
Cit. CARLO
Certo, ma un giorno dovremo pur distinguere la Storia della filosofia - che è un labirinto infernale in cui si dice tutto e il contrario di tutto - dalLA Filosofia, che sarà, invece, una vera e propria scienza rigorosa (Husserl), cioè, una visione unitaria e coerente del mondo costituita da tutte le idee filosofiche vere e reciprocamente complementari.

 PHIL
 (sorvolo sull'ovvietà che il buon Husserl non ha potuto fare i conti con il '900, mentre noi ne abbiamo la possibilità) La filosofia comprende l'etica, l'estetica e persino la metafisica e la teologia, tutte discipline costitutivamente incompatibili con il concetto di idea definitivamente vera (non sono falsificabili, si diceva) o necessariamente complementare alle altre (per fortuna, secondo me).

CARLO
Sei talmente poco filosofo (come quasi tutti i filosofi di questo ultimo secolo) che dimentichi sempre la possibilità (affermata in tutto l'arco della storia del pensiero) di un Principio-Dio-Tao che governa OGNI aspetto dell'essere. SU COSA si fonda la tua certezza che etica, estetica e teologia siano incompatibili con un Principio ultimo, il quale, OLTRECHE' principio di verità, sia ANCHE principio di armonia tra tutti gli enti e, quindi, ANCHE principio etico ed estetico? Perché l'etica e l'estetica non dovrebbero contenere in sé alcun ordine oggettivo di carattere universale?
Qualche esempio:

"[Nella cultura Incaica] il principio di complementarità si manifesta ad ogni livello e in tutti gli ambiti della vita, tanto nelle dimensioni cosmica e antropologica quanto in quelle etica e sociale. L'ideale andino non è l'estremo, uno dei due opposti, ma l'integrazione armoniosa dei due. (...) E' opportuno, quindi, vedere più da vicino la familiarità della filosofia andina col pensiero dialettico occidentale. Ci sono molti indizi che permettono di qualificare la razionalità andina come 'dialettica', sia nella struttura sotterranea di concepire la realtà sia nell'abbondanza di indicazioni fenomenologiche".   [J. ESTERMANN: Filosofia andina - pg.129]

P.S.

"La parte formale della Dialettica di Schleiermacher considera il pensiero del suo divenire, il pensiero in movimento, cioè in quanto si avvale dell'idea del mondo e di Dio come di un principio costruttivo del sapere. (...) L'attivítà etica è quella che tende a superare l'opposizione e a realizzare l'unità. Essa è l'azione della ragione, diretta a produrre l'unità di natura e spirito che senza questa azione non ci sarebbe ".  [N. ABBAGNANO - Storia della filosfia , vol. V - pp 38-40]
 
"Putnam individua una sorta di radice comune di etica e conoscenza, con la precisazione del carattere in qualche modo «fondativo» dell'etica rispetto alla conoscenza, del bene rispetto al vero". [N. ABBAGNANO: Storia della filosofia, vol. IX - pg. 330]
 
"Il grado più alto di evoluzione dell'etica comincia quando il pensiero si preoccupa della morale  e cerca il principio fondamentale che comprende tutte le virtù e tutti i doveri".  [A. SCHWEITZER: Il pensiero dell'India – pg. 109]
 
"È colpa di una concezione troppo stretta dell'etica il fatto che il pensiero non abbia potuto fin qui presentare una visione etica del mondo convincente. Questa è possibile solo quando l'etica comprende tutto l'Universo. La vera etica è universale". [A. SCHWEITZER: Il pensiero dell'India – pg. 227]
 
"L'essere in universale deve essere sicuramente quella nozione della quale ci serviamo per produrre tutti i giudizi morali, e quindi deve essere la prima legge morale. (...) L'idea dell'ente in universale costituisce il lume della ragione. (...) Questo lume che illumina lo spirito (...) è di una assoluta immobilità, è eterno, necessario, è la verità stessa in una parola".   [A. ROSMINI: Principi della scienza morale – pp. 7/10]
#649
Cit. CARLO
Certo, ma un giorno dovremo pur distinguere la Storia della filosofia - che è un labirinto infernale in cui si dice tutto e il contrario di tutto - dalLA Filosofia, che sarà, invece, una vera e propria scienza rigorosa (Husserl), cioè, una visione unitaria e coerente del mondo costituita da tutte le idee filosofiche vere e reciprocamente complementari.

 PHIL
 (sorvolo sull'ovvietà che il buon Husserl non ha potuto fare i conti con il '900, mentre noi ne abbiamo la possibilità) La filosofia comprende l'etica, l'estetica e persino la metafisica e la teologia, tutte discipline costitutivamente incompatibili con il concetto di idea definitivamente vera (non sono falsificabili, si diceva) o necessariamente complementare alle altre (per fortuna, secondo me).

CARLO
Sei talmente poco filosofo (come quasi tutti i filosofi di questo ultimo secolo) che dimentichi sempre la possibilità (affermata in tutto l'arco della storia del pensiero) di un Principio-Dio-Tao che governa OGNI aspetto dell'essere. SU COSA si fonda la tua certezza che etica, estetica e teologia siano incompatibili con un Principio ultimo, il quale, OLTRECHE' principio di verità, sia ANCHE principio di armonia tra tutti gli enti e, quindi, ANCHE principio etico ed estetico? Perché l'etica e l'estetica non dovrebbero contenere in sé alcun ordine oggettivo di carattere universale?
Qualche esempio:

"[Nella cultura Incaica] il principio di complementarità si manifesta ad ogni livello e in tutti gli ambiti della vita, tanto nelle dimensioni cosmica e antropologica quanto in quelle etica e sociale. L'ideale andino non è l'estremo, uno dei due opposti, ma l'integrazione armoniosa dei due. (...) E' opportuno, quindi, vedere più da vicino la familiarità della filosofia andina col pensiero dialettico occidentale. Ci sono molti indizi che permettono di qualificare la razionalità andina come 'dialettica', sia nella struttura sotterranea di concepire la realtà sia nell'abbondanza di indicazioni fenomenologiche".   [J. ESTERMANN: Filosofia andina - pg.129]

<<Che cosa significa questa galleria delle figure che troviamo dispiegate nel mito, nel linguaggio e nell'arte? Dobbiamo pensare che non si tratti d'altro che di un passatempo con cui la mente umana intrattiene se stessa?  Oppure questo gioco possiede un tema generale e un compito universale?>>.   [E. CASSIRER: Simbolo, mito e cultura – pg. 90]

<<Il mito, la religione, l'arte, il linguaggio e la stessa scienza oggi vengono considerate come tante variazioni di un comune tema - ed è compito della filosofia indicare e render comprensibile  tale tema>>.  [E. CASSIRER: Saggio sull'uomo - pg.148]

<<La equivocità dell'esperienza mitica, che si esprime sia nella religione che nell'arte, realizza corrispondenze e correlazioni sufficienti per organizzare profonde configurazioni di senso. Queste configurazioni o cristallizzazioni di senso sono gli archetipi, strutture soggettive o vissute che, tuttavia, raggiungono una oggettività specifica (o della specie umana), sintetizzando modelli fondamentali e motivi universali di apercezione e apprendimento del mondo>>.    [A. ORTIZ-OSÉS: Ermeneutica simbolica, in Archetipi e simboli collettivi (Circolo Erano 1) - pg. 303]

<<Il pensiero moderno, afferma M. Foucault, spesso comprende entrambi i tipi opposti di investigazione: empirica e trascendentale, ed entrambi i tipi di disposizione: materialista e idealista. Nondimeno, questa tensione è sentita come una contraddizione non solo nell'arte modernista, ma anche nella cultura moderna in generale, e suggerisce una ragione per cui questa cultura ha privilegiato artisti che, come Mondrian, sanno tenere insieme i due poli, che offrono soluzioni estetiche a questa contraddizione apparente". [FOSTER-KRAUSS-BOIS-BUCHLOH: Arte dal 1900 - pg. 124]

PHIL
In questo scenario il pluralismo è la tutela della libertà di interpretazione e di costruire visioni del mondo soggettive; se togliamo questo, possiamo anche smettere di parlare di filosofia, sbattere fuori dalla porta ciò che non è epistemico e fare solo scienza (come la farebbero degli automi), anche se temo che quei problemi (etici, etc.) rientrerebbero subito prepotentemente dalla finestra... valli a capire questi umani che non vivono di sola scienza                    

CARLO
Non ho mica proposto di mettere fuori legge o di mandare al rogo i filosofi che sparano cazzate. Voglio semplicemente dire che, così come la Scienza ha cancellato un gran numero di superstizioni e di teorie palesemente false, altrettanto succederà alla filosofia quando anch'essa, grazie alla scoperta di un proprio criterio di verità, sarà in grado di mandare in pensione delle filosofie infondate, superstiziose o palesemente false.
COSA si oppone a questa possibilità, al di là dei tuoi rigidi dogmi personali?

<<Secondo Luis Vives, alla dialettica (...) spetta l'indagine sui fondamenti di ogni disciplina, facendone una sorta di sinonimo della filosofia vista come ricerca del fondamento del sapere>>.  [M. SACCHETTO: Dialettica, pp. 37/39].
#650
Citazione di: viator il 04 Agosto 2018, 13:35:38 PM
Materialismo viatoriano . Variante materialistica che prevede tranquillamente l'esistenza di una sfera spiritualistica imprescindibile e perfettamente necessaria all'esistenza della materialità, poichè si basa sul presupposto che la materia, fondata sulla sostanzialità, possieda necessariamente anche una propria forma intrinseca (la forma data dalla relazione reciproca dei componenti-ingredienti del corpo materiale). Quindi tale componente non sostanziale ma appunto formale dell'esistente - dotato di caratterstiche IMMATERIALI) è quella che ha generato, all'interno delle nostre convinzioni, culture e tradizioni, tutte le categorie immateriali e spiritualistiche tradizionali.
CARLO
Mi sembra una concezione piuttosto superficiale. Anche gli scimpanzè sono fatti di materia che <<possiede necessariamente una propria forma intrinseca>>, ma non mi pare che essi si pongano problemi etici o che la domenica mattina vadano a messa. Infatti, la <<forma>> del loro corpo materiale si chiama ISTINTO BIOLOGICO che noi umani abbiamo in comune con loro. Ma la spiritualità è ALTRO dall'istinto; qualcosa che non è presente in nessun'altra specie biologica.

"Spirito e istinto formano i massimi opposti pensabili, e lo si può constatare facilmente mettendo a confronto un uomo dominato dall'istinto con un uomo in preda allo spirito". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.223]
#651
Citazione di: Phil il 04 Agosto 2018, 10:27:57 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 03 Agosto 2018, 20:54:21 PM
Non cambia nulla. Anche intere posizioni filosofiche possono contenere aspetti che contraddicono certi aspetti di altre intere posizioni filosofiche; il pdnc vale anche per essi.

PHIL
Per fortuna, in filosofia, ci sono posizioni ed orientamenti contraddittori... e il pdnc ci dice solo che non possiamo essere contemporaneamente ferventi seguaci di (esempio) materialismo e spiritualismo;

CARLO
Certo, ma un giorno dovremo pur distinguere la Storia della filosofia - che è un labirinto infernale in cui si dice tutto e il contrario di tutto - dalLA Filosofia, che sarà, invece, una vera e propria scienza rigorosa (Husserl), cioè, una visione unitaria e coerente del mondo costituita da tutte le idee filosofiche vere e reciprocamente complementari. 
E' un po' quello che ha fatto la Scienza e quello che sto facendo io. Io, infatti, non mi considero un filosofo, ma un assemblatore di idee filosofiche. In 2.500 anni di filosofia è stato detto essenzialmente tutto (o quasi); adesso si tratta di ordinare ciò che si è detto in un paradigma unico e coerente, in una vera e illuminante concezione del mondo e di noi stessi, eliminando le idee fasulle e ingannevoli (pdnc).
#652
Cit. CARLO
C'è poco da discutere: il pdnc vale SIA per le teorie scientifiche che per qualunque proposizione (o coppia di proposizioni). Se in relazione ad un certo argomento l'una contraddice l'altra, una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità.

PHIL
Non parlavo, come specificato, di singole proposizioni logiche, ma di "intere" posizioni filosofiche,

CARLO
Non cambia nulla. Anche intere posizioni filosofiche possono contenere aspetti che contraddicono certi aspetti di altre intere posizioni filosofiche; il pdnc vale anche per essi.

PHIL
di paradigmi, di interpretazioni ermeneutiche, a cui dare un singolo valore di verità comporta (oltre che snaturarle drasticamente) i disastrosi (solo filosoficamente   ;) ) effetti collaterali di cui sopra,

CARLO
Io non ho parlato di singolo valore di verità.

Cit. CARLO
...Ma come? Prima mi dai dell'approssimativo, e poi non ti prendi la responsabilità di giustificare il tuo epiteto? ...Lo so io perché non ti prendi questa responsabilità: perché lo scritto da te citato (l'ho trovato on-line: https://archive.org/stream/ScienzaDellaLogicaVol2#page/n68/mode/1up ) da ragione a me: Hegel non distingue l'opposizione contraddittoria dall'opposizione dialettica tesi-antitesi.

PHIL
Si diceva che confrontarsi con i filosofi è anche comprendere il loro "vocabolario": mi sembra che Hegel intenda con la parola "opposizione" la contraddizione logica ("a" e "non-a") con il termine "contraddizione" il momento negativo della dialettica (antitesi)... prova a usarli come legenda interpretativa  

CARLO
Si diceva anche che attribuire a un medesimo termine dei significati tra loro incompatibili significa mettere l'intelletto "fuori servizio" e ridurre il linguaggio a un rumore molesto.
Un popperiano come te dovrebbe sapere che sono proprio questi i motivi per cui Popper rifiutava sdegnosamente la dialettica hegeliana!

https://digilander.libero.it/moses/poppol1.html
#653
Cit. CARLO
Quando due teorie sono reciprocamente contraddittorie, una cosa è certa: una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità. Quindi il tuo discorso dei "sostenitori" può andare bene per dei divi della canzone, non per delle teorie antagoniste.

PHIL
Non parlo di esperimenti di chimica o di fisica dall'esito univoco, ma di filosofia... il fatto che l'idealismo e il materialismo abbiano i rispettivi sostenitori, non comporta che una delle due schiere sia necessariamente nel torto, ma solo che hanno letture del mondo differenti (e non ce n'è una giusta perché probabilmente, in fondo, come direbbe lo zen, "non c'è niente da leggere", ma questa è un'altra storia                     ). Applicare le categorie di "vero" o "falso" a modelli di interpretazione filosofica del mondo è un errore logico, tanto quanto sarebbe applicare le regole del sillogismo alla poesia, o criticare un quadro cubista perché non rappresenta fedelmente la realtà: la filosofia mette in gioco il senso, mentre la scienza mette in gioco la funzionalità (se salta questa non-complementarietà, salta anche la differenza fra teoresi e ricerca sperimentale).


CARLO
C'è poco da discutere: il pdnc vale SIA per le teorie scientifiche che per qualunque proposizione (o coppia di proposizioni). Se in relazione ad un certo argomento l'una contraddice l'altra, una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità.
Così recita il pdnc: << E impossibile che a un medesimo oggetto possano convenire, nello stesso tempo e nel medesimo rispetto, due attributi reciprocamente contraddittori>>.

Cit. CARLO
Cosa scrive, esattamente, Hegel nella Scienza della Logica, Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C?

PHIL
Ti piace vincere facile  :)   t'ho segnalato che ne parla in quel punto (basta leggere il titolo dei capitoli), se vuoi affrontarlo, adesso hai le coordinate, ma non mi prendo certo la responsabilità di spiegarti Hegel (non si dica mai che ho dato lezioni di storia della filosofia a qualcuno, tantomeno su Hegel!).

CARLO
...Ma come? Prima mi dai dell'approssimativo, e poi non ti prendi la responsabilità di giustificare il tuo epiteto? ...Lo so io perché non ti prendi questa responsabilità: perché lo scritto da te citato (l'ho trovato on-line: https://archive.org/stream/ScienzaDellaLogicaVol2#page/n68/mode/1up ) da ragione a me: Hegel non distingue l'opposizione contraddittoria dall'opposizione dialettica tesi-antitesi. Infatti, scrive:

<<Qualcosa è dunque vitale solo in quanto contiene in sé la contraddizione ed è propriamente questa forza di comprendere e sostenere in sé la contraddizione. Quando invece un esistente non può nella sua determinazione positiva estendersi fino ad abbracciare in sé, in pari tempo, anche la determinazione negativa e tener ferma l'una nell'altra, non può cioè avere in lui stesso la contraddizione, allora esso non è l'unità vivente, non è fondamento o principio, ma soccombe nella contraddizione.
Il pensare speculativo consiste solo in ciò che il pensiero tien ferma la contraddizione e nella contraddizione sé stesso>>.   [HEGEL: Scienza della Logica - pg. 71]

Se sostituiamo al termine "contraddizione" quello di "opposti dialettici" possiamo notare una stretta somiglianza tra il brano di Hegel e ciò che scrive Jung:

<<Chi percepisce contemporaneamente la propria ombra e la propria luce, vede se stesso da due lati opposti e, in tal modo, raggiunge il centro. È questo il segreto dell'atteggiamento orientale. (...) Il veramente reale si trova negli opposti; esso vede e abbraccia l'intero>>. [JUNG: Psicologia e religione - pg.475]

<<Posso dominare un opposto solo in quanto, attraverso la percezione di entrambi, me ne libero giungendo così al centro. Là soltanto non sono sottoposto agli opposti>>.  [JUNG: Psicologia e religione - pg.477]

<<Fino a quando questi opposti sono mantenuti estranei l'uno all'altro - allo scopo naturalmente di evitare conflitti - non funzionano, e ne consegue un morto ristagno>>. [ JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.105]

Torno a ribadire che la con-fusione che fa Hegel tra i due concetti è estremamente grave da un punto di vista logico, poiché, mentre in una contraddizione uno dei due termini è falso e quindi DEVE essere eliminato (pdnc), in una opposizione dialettica i due termini sono entrambi veri e devono essere unificati. Ed è proprio questo errore che ha degradato la Dialettica dal rango di Principio universale a quello di "arte delle chiacchiere".
#654
Cit. CARLO
Certo, una volta che un determinato oggetto di fede è confermato dalla ragione, la fede stessa diventa superflua; ma proprio in ciò consiste la sua complementarità con la ragione: nel credere vero un oggetto prima che esso sia pienamente contemplato anche dalla ragione.

PHIL
Complementarietà piuttosto disfunzionale: prima che arrivi la convalida della ragione, tale fede è irragionevole, e infatti potrebbe arrivare anche la smentita da parte della ragione... credere vero qualcosa prima che la ragione lo confermi è fede pura, non vedo come sia complementare alla ragione; e quando poi la ragione lo conferma, è ragione pura, non vedo a cosa serva allora la fede... direi che la loro compresenza collaborativa sia piuttosto improbabile.

CARLO
Perché credi che si parli di opposti complementari? Perché una fede ignara della ragione può opporsi alla ragione e una ragione ignara dei motivi autentici della fede può opporsi alla fede. E solo un corretto processo di confronto dialettico tra le due istanze può trasformare l'opposizione in una complementarità nella quale ciò che è autentico nella fede trova il proprio accordo con ciò che è autentico nella ragione.
E' un po' come la coppia di opposti uomo-donna: la loro relazione può oscillare tra la massima opposizione e la massima complementarità-unità in quel famoso "tertium" chiamato "amore" (unione in Dio). Ma ci vuole una gran ...fede nel PCO per impegnarsi in un confronto dialettico che trasformi l'opposizione-odio di una coppia sull'orlo del divorzio in una complementarità-unità-amore! :)

Cit. CARLO
la logica e la matematica sono prodotti dello spirito

Cit. PHIL
...intendi in senso hegeliano? Eppure, oggi tale affermazione ha ancora senso? Se "si", intendi per "spirito" lo stesso della "spiritualità" (di cui stavo parlando)?

Cit. CARLO
Nel senso che la logica e la matematica sono creazioni della mente umana.

PHIL
La mente non è lo spirito, giusto? Dire che "la logica e la matematica sono prodotti dello spirito", significa altro, qualcosa che non rende giustizia alla non-complementarietà fra visione spirituale e materialista.

CARLO
In una accezione generale lo spirito si può considerare come un aspetto della mente e, reciprocamente, la mente come un aspetto dello spirito. Entrambi i termini - insieme ad "anima" e "psiche" - si riferiscono alla polarità metafisica dell'uomo, così come i termini "corpo" e "organismo", si riferiscono alla polarità fisica.

Cit. CARLO
se vuoi giudicare errata una certa interpretazione riguardante un dominio di eventi non riproducibili sperimentalmente, non puoi farlo a priori, ma devi entrare nel merito e indicare QUALI sono gli errori

PHIL
Mai detto che sia "errata", ma nemmeno l'unica oggettivamente giusta (tendenzialmente sono pluralista),

CARLO
E' legittimo il pluralismo quando si ha a che fare con interpretazioni non reciprocamente contraddittorie; altrimenti non si tratta di pluralismo, ma di violazione del pdnc, cioè di assenso a ...tutto e al contrario di tutto.

PHIL
finché parliamo pur sempre di interpretazioni, non di verità assolute... d'altronde, in questo ambito, non c'è solo una risposta giusta: è giusto l'olismo o il riduzionismo? Nessuno dei due, ognuna delle due prospettive ha le sue ragioni, i suoi sostenitori, etc. partendo da approcci differenti derivano logiche e interpretazioni differenti e in filosofia non sempre è possibile testarle con un esperimento che metta tutti d'accordo (e non è un caso che sia proprio la Fisica a crearti problemi).

CARLO
Quando due teorie sono reciprocamente contraddittorie, una cosa è certa: una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità. Quindi il tuo discorso dei "sostenitori" può andare bene per dei divi della canzone, non per delle teorie antagoniste.

PHIL
Nel tuo caso, ad esempio, ti ho già fatto notare che l'"ordo et connexio rerurm et idearum" è sbilanciato verso il soggetto: l'"ordo" è infatti già un'idea, applicarlo prima alle "rerum" e poi alle "idearum" (ovvero a se stesso!), significa dover fare i conti con la soggettività molto più che con la fantomatica oggettività, etc.

CARLO
L'equazione E=mc^2 è una creazione soggettiva (ordo et connexio idearum), ma esprime l'ordine oggettivo che lega le grandezze "energia", "massa" e "velocità della luce" (ordo et connexio rerum). Non si tratta di una tassonomia, ma di una legge della fisica.

Cit. CARLO
Insomma, non basta che "esistano altre interpretazioni" per mettere fuori gioco a priori una certa interpretazione, ma ti devi sporcare le manine, entrare nel merito e mostrare le ragioni per le quali, secondo te, quelle "altre interpretazioni" devono essere considerate più legittime, o più fondate delle mie.

PHIL
Nel tuo caso, potrei obiettare che la conoscenza è fatta di divisioni e discriminazioni oltre che di complementarietà: tutta la tua impalcatura può essere persino rovesciata e letta per contrasto (come si faceva con il "negativo" di una foto) alla luce di un possibile "principio di non-complementarietà"

CARLO
Bravo. Vedo che cominci a capire perché non si chiama solo "principio di complementarietà", ma "Principio di complementarietà degli opposti": perché, se scrivessi E=mc (invece che E=mc^2), la complementarità tra "ordo et connexio idearum" e "ordo et connexio rerum" si rovescerebbe in una opposizione, cioè, in una "non-complementarità".
Tutte queste cosucce Hegel non ce le spiega, per questo mi permetto di affermare che la mia interpretazione della dialettica è più attendibile della sua: perché la mia è una dialettica applicata alla conoscenza reale e coerente con essa.

PHIL
Mi permetto di segnalarti che la "dubbiosità" sui tuoi giudizi riguardo ciò che gli altri filosofi non avrebbero spiegato, sembra riscontrare una loro conoscenza un po' approssimativa (Hegel non s'è forse occupato del principio di non contraddizione e della dialettica nella Scienza della Logica? Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C), che rischia purtroppo di screditare il valore di quanto proponi... non sono il primo a fartelo notare quindi non indugio in merito, qui il focus è bene resti sulla tua filosofia  

CARLO
Da quello che ho letto di Hegel e su Hegel (Abbagnano, Gadamer, ecc.), non mi risulta che abbia affrontato il problema della necessità di una distinzione tra opposizioni contraddittorie e opposizioni dialettiche. A te risulta il contrario? Cosa scrive, esattamente, nella Scienza della Logica, Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C? :)
#655
Tematiche Filosofiche / Re:cosa intendeva Gurdgeff
02 Agosto 2018, 18:20:11 PM
Citazione di: bobmax il 01 Agosto 2018, 18:33:44 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 31 Luglio 2018, 23:34:02 PM
Citazione di: bobmax il 31 Luglio 2018, 21:18:29 PM
x Carlo
Libera è soltanto l'Origine Incondizionata:
Origine di un serie di eventi, che dipendono solo da questa Origine.
La volontà è libera perciò solo se manifestazione di un'origine incondizionata.
Non mi pare che nel mondo esista alcuna origine incondizionata.
CARLO
Quindi, ciò che scrivi e ciò che pensi è coattivamente-deterministicamente dettato da questa Origine incondizionata?
Insomma, sei un automa già programmato fin dall'Origine?

La volontà è libera soltanto se è manifestazione di un'origine incondizionata.

La mancanza del libero arbitrio non implica necessariamente il determinismo.
Sostanzialmente per due ordini di ragioni:

1) Perché la legge della Necessità prescinde da esso. La Necessità stabilisce infatti soltanto che ciò che avviene sia causato da altro. Questo evento poi può essere determinabile oppure è indeterminabile. Ciò che conta è che avviene a causa di altro. Questo altro ha reso necessario l'evento. Che potrebbe però benissimo non essere determinabile.

2) Il Caso non può essere mai escluso del tutto. Se infatti lo escludiamo nel presente ritorna all'origine del Tutto: non siamo forse qui per caso?

L'automa è secondo me un esempio fuorviante.

Sia per il discorso fatto sopra (non è detto che ogni evento sia determinato).

Sia perché sottintende che vi sia qualcosa, di altro rispetto allo stesso automa, che lo programma/controlla. Ma questo "altro", questa centrale di controllo, ha un "perché" per la sua attività oppure no?
Se lo ha ricade anch'essa sotto la legge della Necessità e perciò non è libera.
Se non lo ha parrebbe dipendere dal Caso e quindi è soggetta al Caos!

L'idea dell'automa risente del convincimento, dato per scontato, che esista l'oggettività in sé.
Ma quando incominciamo a mettere in discussione il libero arbitrio... anche l'oggettività in sé deve essere messa in dubbio.

L'Origine del Tutto si situa oltre ogni dicotomia Caso/Necessità.
Si potrebbe pensarla come un'origine incondizionata, ma probabilmente queste categorie perdono qui ogni significato.

CARLO
I tuoi sono solo giochi di parole.
Io, invece, ti faccio notare una questione estremamente elementare: se non fossimo liberi di disporre delle nostre azioni, non potremmo prevedere cosa faremo tra un minuto o tra cinque minuti o tra mezz'ora. Al contrario, io ci riesco benissimo. Sono forse un indovino?
#656
Cit. PHIL
- i grandi filosofi che non avrebbero tematizzato adeguatamente la dialettica (l'averlo fatto con una precisione analitica che li rende incompatibili fra loro, per me non è un difetto; semmai lo è il contrario). ;)

Cit. CARLO
Il linguaggio diventa un rumore molesto se ciascuno attribuisce dei significati diversi e reciprocamente incompatibili alle medesime parole.

PHIL
Eppure confrontarsi con i filosofi significa proprio cercare di comprendere il "vocabolario" che soggiace alla loro impalcatura teoretica; altrimenti si ricade in un generalismo sterile in cui, ad esempio "dialettica significa solo x e non bisogna né approfondire né darne una lettura personale!", un imperativo metodologico che avrebbe castrato la filosofia.

CARLO
Infatti, sono state determinanti per la mia ricerca sulla Complementarità le grandi intuizioni sulla dialettica di molti filosofi del passato, da Eraclito a Hegel.  Senza di esse, forse la mia avventura non sarebbe mai iniziata.

PHIL
Considera come, ad esempio, per approcciare il tuo punto di vista bisogna capire cosa intendi esattamente con alcuni termini (per questo tutte quelle domande   ) e non ha senso rimproverarti di non usare le definizioni già proposte da altri, perché l'obiettivo è entrare nella tua ottica personale e nel tuo vocabolario che la identifica.

CARLO
Il problema è che nessuno dei filosofi del passato ha dato una definizione precisa della dialettica e, soprattutto, che nessuno di loro ha chiarito quale sia la relazione tra dialettica e pdnc. E questa omissione è stata alla base del discredito della dialettica, considerata da molti come una legittimazione della contraddizione, cioè come una inaccettabile violazione del pdnc.

Cit. CARLO
Non necessariamente: dipende da QUAL E' l'oggetto della fede. Per esempio, si può avere fede nella ragione. O si può avere fede in qualcosa che non contraddice la ragione, ma anzi, ne conferma i fondamenti.

PHIL
Come punto di partenza, se uso la fede la ragione sfuma, se uso la ragione la fede non è necessaria (salvo sia la fede nei suoi stessi assiomi, e a quel punto è la ragione a essere "fuorigioco"). Una volta fatta una scelta di fede, posso usare la ragione, ma questa risulta drasticamente subordinata alla fede (non direi complementare); se compio invece un ragionamento razionale, la fede non è un complemento, ma una falla che indebolisce proprio la struttura logica del discorso.

CARLO
Certo, una volta che un determinato oggetto di fede è confermato dalla ragione, la fede stessa diventa superflua; ma proprio in ciò consiste la sua complementarità con la ragione: nel credere vero un oggetto prima che esso sia pienamente contemplato anche dalla ragione. Come dice Popper, la fede nella ragione è un fatto irrazionale.

Cit. CARLO
la logica e la matematica sono prodotti dello spirito

PHIL
...intendi in senso hegeliano? Eppure, oggi tale affermazione ha ancora senso? Se "si", intendi per "spirito" lo stesso della "spiritualità" (di cui stavo parlando)?

CARLO
Nel senso che la logica e la matematica sono creazioni della mente umana.

Cit. CARLO
Se la complementarità tra tutti gli enti è il principio supremo, la non-complementarità non-esiste.

PHIL
Si tratta, secondo me, di indagare proprio su quel "se", che ci preclude a priori di considerare la non-complementarietà... forse conviene lasciarlo un po' "socchiuso"    

CARLO
Infatti, l'ho lasciato completamente "aperto" finché non ho accumulato un numero di osservazioni confermative tali da poter considerare l'ipotesi della sua universalità sufficientemente fondata. Ma, ribadisco, una dimostrazione conclusiva (da "con-chiudere") può essere realizzata solo nel campo della Fisica.

Cit. CARLO
Le regole del Principio non le ho stabilite a priori, ma le ho desunte a posteriori dall'osservazione delle dinamiche dialettiche in diversi campi della ricerca, nello stesso modo in cui le leggi della fisica sono desunte a posteriori dallo studio dei fenomeni naturali.

PHIL
Fenomeni naturali e fenomeni culturali non sono paragonabili, né per metodo di studio, né per contenuto (concorderai che studiare soggetti non è studiare oggetti, le scienze umane non sono le scienze della natura, etc.). "Desumere a posteriori" è un'interpretazione che ha valenza e verificabilità ben differente se parliamo di un fenomeno fisico o di un rapporto fra campi del sapere.

CARLO
Questo lo so anch'io. Ma se vuoi giudicare errata una certa interpretazione riguardante un dominio di eventi non riproducibili sperimentalmente, non puoi farlo a priori, ma devi entrare nel merito e indicare QUALI sono gli errori. Per esempio, nei  seguenti thread...:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-una-complementarita-di-opposti-e-i-numeri-sono-archeti-1117/

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/mente-e-cervello-una-complementarita-di-opposti/

...ho interpretato, rispettivamente, la Conoscenza e la relazione mente-cervello come casi di complementarità di opposti. Perché dovrei considerarle delle interpretazioni illegittime?
Insomma, non basta che "esistano altre interpretazioni" per mettere fuori gioco a priori una certa interpretazione, ma ti devi sporcare le manine, entrare nel merito e mostrare le ragioni per le quali, secondo te, quelle "altre interpretazioni" devono essere considerate più legittime, o più fondate delle mie.

Cit. CARLO

Quindi non si tratta di un "ordine tassonomico" ma di un ordine oggettivo delle cose.

PHIL
Che sia un ordine tassonomico, lo dimostra il fatto che sono possibili altre interpretazioni in merito (vedi la sistematizzazione del suddetto Hegel o più in generale la "storia della filosofia"   ), se fosse ordine oggettivo, avrebbe confutato tutte le altre posizioni differenti.


CARLO
Come ho già scritto, né Hegel né altri dialettici hanno mai sistematizzato la dialettica né l'hanno mai applicata a- (o desunta da-) casi dell'esperienza reale. Gli unici che io conosca ad aver fatto qualcosa del genere sono Jung (che ha scritto parecchi volumi di osservazioni che mostrano gli innumerevoli aspetti della dinamica psichica che sono conformi al PCO) nonché un certo Pierini.  :)
Quindi, per stabilire se è Hegel oppure Jung-Pierini ad aver fatto della "tassonomia" non c'è altro modo che mettere a confronto le argomentazioni-osservazioni specifiche che supportano la tesi dell'uno con quelle che supportano la tesi degli altri. E, se lo facessi, ti accorgeresti che quelle di Hegel sono solo argomentazioni, intuizioni pure, prive di supporto osservativo-applicativo, quindi già in partenza meno attendibili di quelle di Jung-Pierini.

PHIL

Mi auguro che queste osservazioni critiche ti aiutino a collaudare meglio la solidità della tua ricerca, non prenderle come critiche fine a se stesse  

CARLO
Naturalmente! Anche se, a queste critiche generiche e astratte, preferirei di gran lunga delle critiche ai post (come quelli appena linkati) nei quali la Complementarità non è solo predicata, ma è applicata a questioni concrete. E' troppo facile, altrimenti, muovere delle critiche e troppo difficile rispondere, quando non si hanno punti reali di riferimento: si rischia continuamente di disquisire noiosamente e infruttuosamente sul "sesso degli angeli". Per questo i post suddetti sono disertati in massa dai listanti: perché di fronte ad applicazioni reali della Complementarità diventa assai più difficile divagare a ruota libera, come tanto amano fare i filosofi.
#657
Citazione di: Apeiron il 01 Agosto 2018, 23:38:09 PM
CitazioneE' proprio questo l'errore fondamentale della concezione kantiana-humiana e, quindi, dell'epistemologia che ad essa si ispira. E' profondamente ambiguo sostenere che <<il fondamento della verità è dato dalla "realtà-così-come-è>>, perché, di fatto, nessuna delle verità con cui la Scienza ha rivoluzionato il pensiero e la vita materiale dell'uomo coincide rigorosamente con la "realtà-così-com'è", ma esse fanno parte di un processo progressivo che TENDE A descrivere la "realtà-così-com'è" attraverso l'acquisizione di un numero via via  crescente di tante piccole verità indubitabili riguardanti sia i fenomeni (la Terra è rotonda, i pianeti girano intorno al Sole, ecc.), sia le leggi che governano le relazioni tra i fenomeni (legge di gravità, leggi della dinamica, dell'elettricità, della termodinamica, ecc.).
Infatti, la verità non si definisce come "la realtà così com'è" (verità = oggetto assoluto) ma come la concordanza rigorosa tra i fenomeni oggettivi osservati e la descrizione soggettiva di essi, cioè, come sosteneva Spinoza: <<ordo et connexio rerum idem est ac ordo et connexio idearum>>. Ed è con QUESTO concetto di verità che si è costruita la forma di conoscenza più feconda e rivoluzionaria che l'uomo abbia mai concepito (è per questo che nessuno risponde alle domande che ho formulato nel post di apertura).
Pertanto, è assolutamente infondata l'idea secondo cui la conoscenza della "realtà-così-com'è" presupporrebbe una somma infinita di verità indubitabili e, quindi, irrealizzabile. Una volta accertato che *esistono* verità indubitabili (riguardanti i fenomeni), nessuno ha motivi validi per sostenere che la "realtà-così-com'è" sia accessibile solo parzialmente. Perché "solo parzialmente"? Perché la "cosa in sé" dovrebbe essere inconoscibile? Per quale ragione dovrebbe essere impossibile risalire dalla "cosa fenomenica" alla "cosa in sé", se Keplero osservando dei moti geocentrici soggettivi (fenomenici) è riuscito a risalire ai moti eliocentrici oggettivi (osservabili da una mente "inerrante" posta idealmente sul Sole)? ...Solo perché "ipse (Kant) dixit"

APEIRON
Concordo che le "verità scientifiche" date dallo studio dei fenomeni sono verità nel senso vero della parola.  Non ho mai sostenuto che servono una somma infinità di verità indubitabili. Quello che sostengo io è che per comprendere la "realtà-così-come-è" è necessario cambiare qualitativamente la mente, una sorta di "metanoia" Platonica (una "seconda" metanoia, visto che la prima nasce dalla contemplazione delle verità del mondo fenomenico). Il discorso è che, anche se avessimo una teoria scientifica perfetta essa riguarderebbe solo la realtà fenomenica e non la "realtà-così-come-è".
CARLO
Certo, ma non ci troviamo di fronte a due realtà separate e indipendenti. I fenomeni non sono altro che le manifestazioni della "realtà-così-com'è", le modalità attraverso le quali essa si offre alla conoscenza. Quindi non vedo alcuna ragione per sentenziarne l'inconoscibilità. Solo ciò che non si mostra all'esperienza è inconoscibile.

APEIRON
Perchè? Perchè sarebbe pur sempre una conoscenza basata su una struttura della mente che per sua natura non percepisce "le cose come sono" ma le "rappresenta", le "distorce".

CARLO
E chi l'ha detto che non ci sia una analogia/corrispondenza/complementarità ontologica tra la struttura della mente e la struttura della realtà?
Se esiste un principio ultimo (come ormai è certo) il soggetto e gli oggetti del sapere discendono tutti da esso, quindi, in quanto ontologicamente simili/affini/analoghi, possono rispecchiarsi l'uno nell'altro. Infatti, la concezione di "conoscenza" assolutamente prevalente nella storia del pensiero si configura come un confronto analogico di principio tra due realtà simili: il soggetto e l'oggetto. "Il simile conosce il simile" scriveva Empedocle in ossequio al principio di analogia; "l'anima conosce il contrario" gli faceva eco Anassagora in ossequio al principio di opposizione; "...l'anima si unisce all'oggetto", rispondeva Plotino in ossequio al principio di unità degli opposti (analogia/similitudine, opposizione e unità dei termini dialettici sono i tre caratteri fondamentali del "trinitario" Principio di Complementarità).
E poi:

"Per Schelling, una pura attività soggettiva non potrebbe spiegare la nascita del mondo naturale, e un principio puramente oggettivo non potrebbe spiegare l'origine dell'intelligenza, della ragione e dell'io. Il principio supremo dev'essere quindi un Assoluto o Dio che sia insieme principio del soggetto e principio dell'oggetto, della ragione e della natura. Cioè che sia l'unità di entrambi. (...) La natura deve avere in sé un principio autonomo che la spieghi in tutti i suoi aspetti. E questo principio dev'essere identico con quello che spiega il mondo della ragione, dell'io, quindi la storia".   [N. ABBAGNANO - Storia della Filosofia, vol. V - pp. 77-78]

"Per M. Ficino, il principio dell'affinità si fa valere dapprima nella dottrina ontologica del pensiero, come abbiamo visto sopra. Poiché il soggetto del pensiero appartiene anch'esso all'ordine oggettivo dell'essere, anche l'atto del pensiero dovrà presentarsi come un rapporto reale del pensante e del pensato. Perciò ogni possibilità del conoscere si fonda su un'affinità originaria della mente con i suoi oggetti. E viceversa l'intelletto e il suo oggetto, appunto mediante la conoscenza, sono congiunti in un'unità concreta da cui risulta immediatamente la verità del pensiero".   [P.O. KRISTELLER: Il pensiero filosofico di M. Ficino - pg.105]

"La visione ermetica si fonda sull'analogia fra l'universo (macrocosmo) e l'uomo (microcosmo). [...] L'universo e l'uomo si rispecchiano l'uno nell'altro: tutto ciò che si trova nel primo deve trovarsi, in un modo o nell'altro, anche nel secondo. Tale corrispondenza potrà essere meglio intuita riconducendola alla relazione soggetto-oggetto, conoscente-conosciuto: il mondo, in quanto oggetto, si riflette a tal punto nello specchio del soggetto umano che non ci sarebbe possibile percepirlo al di fuori di quest'ultimo. [...] Queste due polarità possono anche essere distinte, ma in nessun caso separate. [...]
Se il soggetto, in quanto polarità interiore della conoscenza, non fosse che un puro  centro di sensibilità individuale legato alle vicende del corpo e sottomesso alle sue leggi, non sarebbe evidentemente «all'altezza» del suo oggetto; la conoscenza oggettiva del mondo sarebbe impossibile, non esisterebbe anzi nessun livello oggettivo di conoscenza". [TITUS BURCKHARDT: Alchimia - pg.35]

"L'incontro del simile col simile, l'omogeneità, sono i concetti di cui Platone si serve per spiegare i processi conoscitivi: conoscere significa rendere simile il pensante al pensato. (...)
Secondo S. Agostino, l'uomo può conoscere Dio in quanto egli stesso è immagine di Dio" (...)
Tommaso, pur sanzionando esplicitamente il principio che ogni conoscenza avviene per assimilationem o per unionem della cosa conosciuta e del soggetto conoscente, afferma che "l'oggetto conosciuto è nel conoscente secondo la natura del conoscente stesso" (...)
Cusano dice esplicitamente che l'intelletto non intende se non si assimila all'oggetto; e Ficino dice che la conoscenza è l'unione spirituale con qualche forma spirituale". (...)
Campanella afferma: "Noi conosciamo ciò che è, perché ci rendiamo simili ad esso". (...)
Shelling affermava: "Nello stesso fatto del sapere, l'oggetto e il soggetto sono così uniti che non si può dire a quale dei due tocchi la priorità". (...)
Il concetto del conoscere come processo di unificazione di soggetto e oggetto nell'idea domina da un capo all'altro la filosofia di Hegel". (...)
Secondo Wittgenstein "ci dev'essere qualcosa di identico nell'immagine conoscitiva e nell'oggetto raffigurato, affinché quella possa essere l'immagine di questo". [N. ABBAGNANO: Dizionario di Filosofia - da p. 157 a p. 164]

APEIRON
Per quanto riguarda Kant e Jung, ok! vedo la differenza. Ad ogni modo, ti ripeto che apprezzo molti aspetti del tuo pensiero. Tuttavia, non cambio idea sul fatto che sono teorie indimostrabili.

CARLO
Non è dimostrabile che ...siano teorie indimostrabili. :)  Anzi, io ho raccolto un numero di osservazioni convergenti all'idea di universalità della Complementarità più che sufficiente a dimostrarne la fondatezza.
#658
Citazione di: Phil il 01 Agosto 2018, 22:31:36 PM
Grazie, adesso credo di potermi orientare meglio nella tua proposta... sebbene rimanga un po' perplesso su alcune questioni:
- i grandi filosofi che non avrebbero tematizzato adeguatamente la dialettica (l'averlo fatto con una precisione analitica che li rende incompatibili fra loro, per me non è un difetto; semmai lo è il contrario ;) );


CARLO
Il linguaggio diventa un rumore molesto se ciascuno attribuisce dei significati diversi e reciprocamente incompatibili alle medesime parole.

PHIL
- la distinzione molto classificatoria e poco pragmatica fra coppie dialettiche e contraddittorie (ad esempio, "fede e ragione" sono di fatto contraddittorie: non c'è mediazione dialettica coerentemente percorribile, con buona pace delle "petitio principii" del medioevo;
la fede della ragione non è la ragione della fede...

CARLO
Non necessariamente: dipende da QUAL E' l'oggetto della fede. Per esempio, si può avere fede nella ragione. O si può avere fede in qualcosa che non contraddice la ragione, ma anzi, ne conferma i fondamenti.

PHIL
idem per "spirito e materia": spiegare la vita con lo spirito, non è compatibile con lo spiegare la vita con la materia, salvo sottomettere drasticamente l'uno o l'altra, o lasciarli ben separati, in una complementarietà molto sbilanciata, del tipo, banalizzando in malo modo  ;D : "la scintilla della vita è autenticamente spirituale, il resto è mera biologia combinatoria", oppure "la vita è solo biologica, lo spirito è solo una funzione individuale psicologica");

CARLO
Non necessariamente. Per esempio, la logica e la matematica sono prodotti dello spirito; e la Fisica non è altro che una spiegazione della materia attraverso paradigmi logico-matematici.

PHIL
- la non-complementarietà sacrificata
a priori (disinnescata tramite una generalizzazione/astrazione che cancella le rilevanti differenze specifiche che altrimenti la fonderebbero, di diritto e di fatto) in favore del monopolio della complementarietà (complementarietà che è quindi "assolutizzata, ritenuta fondamentale mentre l'altra solo apparente", rivelandosi combaciante con la tua definizione di monismo... non che avere fede in un principio monista sia uno scandalo, soprattutto se ben radicato in una tradizione :) ).


CARLO
Se la complementarità tra tutti gli enti è il principio supremo, la non-complementarità non-esiste.

PHIL
Non resta dunque che attendere che il confronto con la Fisica, sblocchi il potenziale performativo di quella che, ad oggi, mi sembra una sistematizzazione tassonomica (che non propone, piuttosto ordina), una mappatura "a coppie" dei differenti approcci insiti nei vari domini.

CARLO
Le regole del Principio non le ho stabilite a priori, ma le ho desunte a posteriori dall'osservazione delle dinamiche dialettiche in diversi campi della ricerca, nello stesso modo in cui le leggi della fisica sono desunte a posteriori dallo studio dei fenomeni naturali. Quindi non si tratta di un "ordine tassonomico" ma di un ordine oggettivo delle cose.
#659
L'uomo ideale, a mio avviso, non è rappresentato dal modello cristiano del "santo" che, in nome di un perentorio "porgi l'altra guancia", rinuncia alle proprie prerogative di coraggio, di nobiltà e di dignità individuale che confina spesso con la passività (ignavia) e col martirio. E' invece molto più prossimo alla figura del Samurai, cioè al sacerdote-guerriero che coltiva, sì, le virtù dell'umiltà e della mitezza, ma anche le virtù opposte-complementari del coraggio, del valore, della forza attiva. ...Che è devoto al Primo degli esseri, Dio, ma anche all'ultimo dei fratelli, il debole, il perseguitato; ...che coltiva ed obbedisce alla giustizia, ma che ha l'ardire di disobbedire e di opporsi con la massima fermezza all'ingiusto e al prevaricatore, invece di lasciarsene martirizzare ignobilmente; ...che coltiva la fede, ma che non sacrifica ad essa la ragione e la conoscenza.
In sintesi, l'umiltà che non è bilanciata dal senso della dignità e della sacralità della propria persona sconfina nel martirio; l'orgoglio e l'amore di sé non temperati dall'umiltà sconfinano nell'egocentrismo e nella prepotenza; la fede senza la ragione e la conoscenza si degrada in superstizione, mentre la ragione e la conoscenza prive del senso della grandezza della "Sapientia Dei" sfociano nella saccenteria e nella presunzione intellettuale.
In definitiva, anche la santità o la Virtù - così come la Conoscenza - è una Complementarità di opposti.

"La completa unione degli opposti è la summa medicina, che non sana soltanto i corpi, ma anche gli spiriti. [...] [Con essa] si tende a una condizione che gli indiani definiscono "nirdvandva", cioè "libera dagli opposti", concezione questa che è estranea, perlomeno in questa forma, all'Occidente cristiano. Si tratta infatti di una relativizzazione degli opposti che dovrebbe mitigare, se non addirittura risolvere, l'insanabile conflitto caratteristico dell'atteggiamento militante cristiano". [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.66]

«Chi si è affrancato progressivamente da tutti i legami e da tutte le coppie di opposti riposa in Brahman».  [Manava-Dhar-masastra VI, 80 sg.]

«Dalla più profonda concentrazione (samadhi) consegue la non ostruzione da parte dei contrari»". [Yogasutra del Patanjali]
#660
PHIL
Trovo interessante la domanda che intitola il topic: perché ridurre tutto al monismo di un principio unico e omniesplicativo (assecondando il datato monismo teleologico della filosofia classica occidentale)?

CARLO
Non si tratta di monismo, ma di unità. In termini dialettici si parla di monismo quando, tra due opposti, si assolutizza l'uno e si dichiara l'altro apparente, come ti accennavo nel thread: "Dopo la morte del soggetto la realtà continua ad esistere?" (Risp. #21). Scrivevo:

<<La storia della filosofia è lastricata di operazioni ingenue come la tua, cioè di paradigmi che di fronte ad una coppia di entità opposte dichiarano (squilibratamente) fondamentale l'una e apparente l'altra. Si è dichiarata apparente la Materia in nome dello Spirito (manicheismo) e lo Spirito - o la mente - in nome della Materia - o del cervello - (scientismo); la Ragione in nome della Fede (mistici) e la Fede in nome della Ragione (atei); l'Essere in nome del Divenire (Eraclito) e il Divenire in nome dell'Essere (Parmenide); la Legge in nome della Libertà (anarchia) la Libertà in nome della Legge (dittatura); la fedeltà in amore in nome dell'emancipazione (libertinismo) e l'emancipazione in nome della fedeltà (cattolicesimo); l'Etica in nome della Natura (Nietzsche) e la Natura in nome dell'Etica (spiritualisti), ecc.. Tu invece sacrifichi l'Oggetto sull'altare del Soggetto, mentre gli scienziati classici ritengono fondamentale l'Oggetto e lasciano il Soggetto fuori dalla Scienza>>.

PHIL
Magari sarebbe bello se ci fosse (da "scoprire"), tuttavia se non c'è e impostiamo un'interpretazione tale da crearlo, finiamo per ottenere una "chiave di lettura" di fatto non utilizzabile (poiché mancherebbe "la porta" da aprire), e allora dopo aver fatto "la chiave", dobbiamo costruire anche "la serratura" per poterla usare (in questo caso, "la serratura" è un contesto di citazioni scelte per "assonanza linguistica", accostando "dialettiche" differenti fra loro, "complementarietà" differenti fra loro, etc. accomunate solo dalla ricorrenza della medesima parola: ad esempio, "dialettica" non significa esattamente lo stesso in Platone, Aristotele, Hegel e Gadamer, anche se tutti e quattro usano la stessa parola... chiedo inoltre: la "complementarietà" andina è la stessa di cui parla Bohr?).

CARLO
Hai ragione: se "dialettica" oggi significa poco più che "l'arte delle chiacchiere", o "l'arte di far apparire vero anche il falso", ciò dipende proprio dal fatto che nessuno dei grandi pensatori da te accennati si è maipreso la briga, come ho fatto io, di sintetizzare le regole che la costituiscono e di darle così uno statuto ben riconoscibile e sempre uguale a se stesso.

PHIL
Il "principio di complementarietà" ("principio" in senso interpretativo, per essere onto-metafisico dovrebbe avere requisiti che non possiamo verificare e che non sarebbero applicabili alle contingenti attività culturali umane)

CARLO
Potremo verificare sperimentalmente la validità del PCO (Principio di Complementarità degli Opposti) solo quando lo avremo applicato alla- (o desunto dalla-) Fisica. Nel campo della metafisica, invece, la verifica della sua validità non può che essere di tipo osservativo-argomentativo-induttivo, in analogia con le regole della logica (per esempio, col principio di non-contraddizione). Trovi un esempio di ciò in:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-una-complementarita-di-opposti-e-i-numeri-sono-archeti-1117/

PHIL
...non è forse una rivisitazione interdisciplinare dell'"omnis affirmatio est negatio"? Possiamo rilevare che ogni affermazione comporti una negazione (e viceversa), per cui dato "a" subito poniamo anche "non-a", e quindi c'è comunque una relazione dialogica fra i due.

CARLO
"Omnis affirmatio est negatio" è legato al principio di non-contraddizione (pdnc), non alla dialettica. Infatti, una delle premesse fondamentali della dialettica è la distinzione tra opposizioni contraddittorie - che ricadono sotto la giurisdizione del pdnc - e opposizioni dialettiche, che soggiacciono alle regole del PCO. In altre parole, mentre in una contraddizione uno dei due termini nega l'altro (omnis affirmatio est negatio) e quindi il termine falso deve essere eliminato, in una opposizione dialettica i due termini sono entrambi veri e complementari, sebbene apparentemente contraddittori.
Per intenderci: giustizia/ingiustizia, salute/malattia, verità/menzogna, sì/no, teismo/ateismo, ecc., NON sono opposti complementari, ma delle coppie di significati contraddittori nelle quali la realizzazione del primo significa l'eliminazione, la negazione, l'annullamento del secondo. Mentre sono opposizioni dialettiche, per esempio, fisica/metafisica, legge/libertà, diritto/dovere, spirito/materia, fede/ragione, umiltà/dignità, ecc., sempreché i termini opposti non vengano intesi nel loro significato assoluto-primitivo, ...ma questo discorso è da approfondire a parte.

PHIL
Tuttavia, all'atto pratico, materialismo e misticismo si escludono, olismo e riduzionismo si escludono (non si possono tenere i piedi in entrambe le staffe ;) ), due paradigmi epistemologici contrari si escludono (partendo da assiomi incompatibili), etc. al punto che definirli "complementari" significa affermare che se non si propende da una parte, si propenderà dall'altra, ma in fondo qual'è la conseguenza "spendibile" di tale constatazione?
Ad esempio, rilevare la complementarietà fra teismo e ateismo, cosa comporta, se non una tassonomia dicotomica (in stile platonico)?

CARLO
Appunto: lupus in fabula! QUESTO è l'errore in cui cadono pressoché tutti i dialettici della storia (compresi il taoismo, Eraclito e persino Hegel): quello di fare di tutta l'erba un fascio mettendo su uno stesso piano opposizioni dialettiche e contraddizioni.

PHIL
Inoltre: la non-complementarietà che ruolo gioca (se lo gioca)? Anch'essa è complementare alla complementarietà o le due sono non complementari? C'è qualcosa di non-complementare che resta fuori dal "principio di complementarietà"?

CARLO
L'ipotesi è che l'intera realtà sia costituita da coppie di opposti complementari e che la sua comprensione sia legata alla nostra capacità di ricondurre ogni suo aspetto agli opposti che ne sono alla base e di unificarli. Un po' come in campo scientifico si ipotizza che la realtà materiale è conoscibile nella misura in cui riusciamo a ricondurla alle entità fisiche che la costituiscono e a rivelare le leggi sulle quali si fonda la loro relazione. Anche alla scienza potremmo porre la tua domanda: <<Tutta la realtà fisica è riconducibile a delle entità fisiche ben determinate?>> Beh, se la scienza si è evoluta seguendo questa ipotesi, non potrebbe che rispondere "sì", per quanto si tratti di un "sì" indimostrabile a priori.