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Messaggi - Sariputra

#646
Percorsi ed Esperienze / Re:La tragicità greca
25 Settembre 2018, 14:38:37 PM
Citazione di: Kobayashi il 25 Settembre 2018, 14:01:46 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 17:15:18 PM"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij. Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive? :-\ La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...
Il discorso sta in piedi solo partendo dal presupposto che tutto è bene e quindi l'amore è il tipo di relazione tra soggetto e mondo che consente di coglierne la verità (presupposto metafisico ormai piuttosto logoro...), in caso contrario se si ama, molto più semplicemente, si vive un tipo di esperienza che pur essendo piacevole non può presupporre alcun valore conoscitivo. Anzi, a me pare piuttosto uno dei più profondi (e benedetti) autoinganni... Dostoesvkij evidentemente in quella frase parlava da cristiano. E un cristiano sceglie di fare proprio il messaggio evangelico che Dio e il prossimo vanno amati (e conosciuti attraverso l'amore) perché entrambi sono costituiti essenzialmente di amore (il secondo portando con se' l'immagine del primo).

Perchè, per te, l'amore è  solamente un'esperienza "piacevole"? Permettimi di dissentire da questa semplicistica affermazione. Chiunque ama sa che questo è solo un aspetto e per di più il termine piacevole, più che all'amore, è preferibile utilizzarlo, a parer mio, per le soddisfazioni sensoriali che generano attaccamento.
Anche nel Cristianesimo, e certamente Dostoevskij partiva dalla sua concezione cristiana dell'esistenza, non "tutto è bene" ma bensì tutto concorre  al bene. Che è un'altra cosa...
Chiaramente se per conoscenza intendi una bella formula verbale, o matematica, ovviamente l'amore non te la può dare. Stiamo semmai parlando di una conoscenza di tipo prajna (trad. visione intuitiva) che investe l'essere nel suo complesso e non la sola ragione. E che non la si può comunicare verbalmente...il linguaggio non è fatto per questo genere di "cose"...anche Yeoshwa stesso lo poteva solo indicare attraverso parabole... :)
Ovviamente la possibilità dell'autoinganno esiste sempre. Fa parte della nostra condizione umana. Per questo bisogna comprendere bene che "non esiste rosa senza spina". Se una cosa non fa un pò male è più probabile che ci si autoinganni, secondo me. E l'amore fa molto male...
Il mio intervento voleva in definitiva mettere un pò in guardia dal pericolo di compiacersi ( e compiangersi) nella disperazione...finendo per attaccarsi al piacere che questa sensazione tragica può dare alla mente. Tutto concorre a solidificare l'io/mio ("Io sono uno che soffre l'ingiustizia della vita"...). Come bisogna osservare i limiti del piacevole, allo stesso modo vanno osservati i limiti dello spiacevole (essendo impermanenti ambedue...). Con equanimità... :)
Sul fatto che lo ritieni un  "presupposto metafisico ormai piuttosto logoro" è notorio che io non vado molto dietro all'ultima "moda" (qual'è? Boh!......) ;D
Namaste
#647
Percorsi ed Esperienze / Re:La tragicità greca
25 Settembre 2018, 12:12:19 PM
quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...

Ovviamente si tratta della lettera al padre del poeta, Monaldo, non all'amico...mi sono accorto dell'errore. Probelmi con la memoria... :(
#648
Percorsi ed Esperienze / Re:La tragicità greca
24 Settembre 2018, 17:15:18 PM
"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij.

Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive?  :-\
La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...
#649
Percorsi ed Esperienze / Re:La tragicità greca
24 Settembre 2018, 08:52:40 AM
Citazione di: sileno il 21 Settembre 2018, 18:44:11 PM
Citazione di: Lou il 21 Settembre 2018, 17:17:34 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PMLa tragicità greca Sileno Richiesto Sileno sul meglio perl'uomo svelò una verità amara come veleno: non esistere, non nascere,essere niente ma il meglio è morire presto Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante. solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità. Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta. Può salvare la filosofia?
Se per salvarsi intendi il tentativo di eternizzarsi, no non ritengo la filosofia atta a questo compito, le forze eternizzanti semmai sono l'arte e la religione. La sapienza tragica che riporti nel detto del Sileno trovo sia emblematica nell'essenza stessa del filosofare: la capacità di guardare in faccia al dolore, la morte e la sua ineluttabilità, senza sottrarsi con autoinganni e favole di salvezze, al più, semmai, una consolazione nell'eroicità di non lasciarsi andare a pessimismi, nella capacità di accettare il carattere costitutivo della esistenza, il tramonto. Nella consapevolezza di una staffetta che ritorna, dopo tre giorni o dopo secoli, nelle mani delle generazioni future che potranno rinnovarla e ripeterla in un ciclo dove sul bordo del l'abisso tragico si tenta e ritenta un equilibrio.
Come risulta dal proseguire del dibattito sono stato travisato con il "può salvare la filosofia"? Pensavo bastasse affermare che la cultura greca accettava l'ineluttabile per autorealizzarsi nel mondo terreno. Così hanno ribattuto che solo Dio può salvare. Poi abbiamo chiarito alcune cose. Ispirarsi alla grecita per vincere paure, ansie,ineluttabili eventi esistenziali. Tu hai compreso. I greci , attraverso il mitico Sileno vedevano la morte precoce come evitamento dei disagi come vecchiaia, malattia, ecc. "Muore giovane chi è caro agli dei "(Menandro). Saluti

I greci erano sostanzialmente guerrieri con il mito del coraggio e della forza. Era una società guerriera. La peggior cosa che un guerriero può immaginare è "perdere  la forza" (vecchiaia). Ecco perché la frase "Muore giovane chi è caro agli dei" . Dei che immaginavano come sostenitori dei vari guerrieri e parteggianti ora per l'uno o per l'altro.
Ma se prendiamo, per esempio, la società ebraica del tempo vediamo invece che la fortuna di un uomo era considerata al contrario avere una lunga vita, una folta discendenza e molti capi di bestiame. Questo significava la benevolenza del dio che iniziava ad essere inteso come unico per Israele, anche se non ancora come unico in senso assoluto. Questo perché era una società basata sulla pastorizia.
Nella nostra società attuale è considerata somma "sfiga" morire giovani. La peggior cosa che ci possa capitare. Guardate le folle ai funerali di una persona che muore giovane e viceversa i quattro gatti per una che muore anziana... Morendo giovani non si può godere della vita. Godere nel significato principale di godere di cose materiali e mentali, sostanzialmente "acquistandole". Questo perché viviamo in una società dedita al consumo continuo di "piaceri" e in cui è la ricerca della 'soddisfazione' la molla principale. Se poi, per ottenere questa 'soddisfazione', ci dobbiamo imbottire. per esempio, di ansiolitici (chimici o naturali) per reggere il ritmo che si fa , anno dopo anno, più veloce e frenetico...beh! Questa è un'altra cosa.
#650
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
23 Settembre 2018, 17:13:42 PM
TRA ME E ME
Eccomi di nuovo qui, in questo ultimo giorno d'estate 2018, nello stesso luogo e seduto sulla stessa panchina dov'era iniziata questa sfolgorante stagione.
Stagione ballerina come quella del 'paròn' che se ne sta al centro del petto...
Ora, osservandola al declino, ho come la sensazione che, al suo finire, si apprezzino e si godano di più tutte le sue malìe e le sue seduzioni.
Più che nel passato questo lo avverto in modo  limpido, forse perché è iniziata con la morte di papà...
E adesso mi par quasi di capire meglio quel che mi soleva dire nei suoi ultimi anni, condivisi insieme: "Non ho mai assaporato la dolcezza della vita come in questi miei ultimi giorni..."
E tutto nonostante gli infiniti acciacchi e dolori!
Che buffa questa vita...sembra amarti di più proprio quando deve lasciarti...o sei tu che l'ami di più...

Adesso è rispuntato il sole da uno squarcio tra le nuvole e...cos'è?.. Cosè questo frastuono di campanacci?...Una marea di vacche sta scendendo dagli alti pascoli. E' la transumanza...la transumanza!..Corro sul bordo della strada. Ci sono già appostati i bimbi pronti con gli smartphone per fotografare...e le ragazze che ridono per un selfie con le vacche che non riescono a fare. Troppa paura per avvicinarsi...Persino due attempati signorotti sono arrivati per fare scudo con il corpo alla mercedes nera parcheggiata, un pò preoccupati.
Mi sono dimenticato che oggi inizia il ritorno a casa delle vacche dall'alpeggio nelle malghe. Mi sono dimenticato...di tante cose lette ed amate...dimenticato, nonostante vi abbia aiutati a tirare avanti per sette lunghi anni di sofferenza, di dirvi quanto vi ho voluto bene...
E sempre per quella forma di timidezza che mi assale, quando invece...

Questa mattina...la passeggiata per quel sentiero mi ha veramente ristorato. Era da tanto che non mi sentivo così bene fisicamente. Quando sono entrato nell'ombra degli abeti, lasciando la luce accecante dei prati, e la frescura dell'umidità mi ha toccato gentilmente, mi son quasi sentito al sicuro, al riparo.
Avevo bisogno di questa solitudine. Che poi solitudine completa non è mai. C'è sempre quel chiacchericcio di sottofondo nella testa...c'è sempre qualche incontro .
Una donna sola sta scendendo lesta il cammino. buongiorno! Bongiorno!!..
Mi sembra ci sia sempre un pò d'imbarazzo quando un uomo e una donna, soli, estranei l'uno all'altra, s'incontrano lunga una via solitaria, silenziosa.
Perché? Paura e nello stesso tempo attrazione naturale? E allora ci si scruta già da lontano, chiedendosi magari quale tono di voce usare per salutare. Come ci si sente umani...e mendicanti, in quei momenti. Come allora la donna devia leggermente dal sentiero, gira un attimo alla larga, con finta noncuranza, per un pò di timore senz'altro...
Beh! Son alto e  abbastanza grosso, dopo tutto...posso capirla. Ma perché 'sta cosa mi colpisce? E' così spaventosa la vita che non ci si fida mai veramente? E magari si ha solo il desiderio di una parola...

Poi arriva il Silenzio, spezzato solo, a sprazzi, dal gracchiare di una cornacchia.
Non son mai riuscito a vedere un urogallo...ma esistono sul serio gli urogalli?..
Solo in questo silenzio posso cercare una presenza che mi oltrepassi. C'è questa necessità, non si sa da dove viene, forse da quella profondità insondabile della mente, profondità che risale dalla notte dei tempi...questa necessità di cercare l'Altro.
Son sempre più convinto che abbiamo un disperato bisogno dell'Altro. Ma perché lo cerco?
Lo posso cercare se, in qualche modo che non riesco ad afferrare, ma che c'è, là in fondo da qualche parte, non l'ho già conosciuto?

Solo qualcosa di Totalmente Altro permette di uscire dalla casa...
Anche se questa casa, a volte, mi pare confortevole e addirittura bella...e lo è...è bella di una bellezza sconvolgente. Lo stesso proviamo un'inesprimibile nostalgia...per cosa?..
Mi immagino questa nostalgia prendere forma, diventare questa luce che filtra tra due silenziosi abeti rossi. Infatti l'ho conosciuta così, da piccolo, in quell'estate che mi pareva infinita; passata sul lago di Baselga di Pinè. E per me Dio era diventato, nelle mie fantasie di bambino, proprio quella luce dolce che avevo visto...
Non poteva esserci altro Dio che quello, per me. Se sei stato per venti giorni bendato e cieco,e poi...poi vedi quella luce...beh! Quello per te non può essere che Dio...

Non è possibile uscire da questa casa di dolore se non c'è questo Totalmente Altro. Non è semplicemente possibile...
E proprio questa impossibilità d'uscire non fa che parlarmi di Esso.
Ma se la casa è tutto quel che posso sperare, perché mi sento chiamato a questo bisogno d'uscirne? Di respirare aria fresca e pulita? Da quale profondità viene questo bisogno di salvezza?
Guardando ora, di nuovo, dopo tanti anni, quella luce tra gli alberi mi viene quasi da ripetere la preghiera che fece Carlo De Foucauld, fratel Carlo, ateo, nel deserto magrebino, turbato dalla preghiera silenziosa, assurda, dei muslim: "Dio, se ci sei, fa che io possa conoscerti."
Ed è proprio questa passione di conoscere l'Altro, che è vera passione, e sofferenza, e molto altro ancora, che ridà alla casa un senso. Senso che non può essere nascosto al suo interno, proprio perché questa Luce non ha casa, non ha nessuna dimora confortevole. E' una luce mendicante...
Non c'è alcun modo di uscire da questa gabbia di dolore che continuamente costruiamo. Non se non c'è l'Altro, posto  di fronte a me...

C'è questa fatica del vivere: "Ti guadagnerai il pane con il sudore della fronte". E quale sforzo infatti per uscire da questa fatica dell'esistenza. Cos'è in definitiva questo pane di cui abbiamo bisogno e che ci dobbiamo guadagnare?..

Pranzo in malga. Sono solo: "Solo piatto freddo: affettati, formaggio e polenta" mi spiega la giovane cameriera bianca e rossa. A fine mese chiudono.
Mai assaggiato una sopressa simile: si scioglie in bocca! Ne acquisto un paio d'etti da portar giù in Villa, da far assaggiare...
Quando esco un vecchio cane mi segue per un pò. Poi mi morde! Leggermente, quasi con gentilezza, ad un polpaccio. Senza ringhiare, nel Silenzio. Non è niente di che, ha solo stretto un pò...
Sento un pò di fastidio alla gamba.
Anche nel mezzo di una giornata meravigliosa c'è sempre quel pò di dolore...tanto o poco che sia. Niente di strano...è la nostra condizione. Il cane sta lì a ricordarmelo, nel caso mi fossi troppo smarrito nel bosco...
Grazie vecchio! Sei stato il mio guru, per oggi...
Sorrido tra me e me.
#651
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
22 Settembre 2018, 01:34:52 AM
cit.Phil
Anche ciò che non esiste è... indefinibile, no? Allora, o usiamo le definizioni, magari personalizzandole, oppure la chiamiamo "jolly"   

Perchè? Che problemi hai se la chiamiamo "mente"? E' indefinibile  perché non ne conosciamo i limiti, i confini ma non perché non esiste...

Se non sappiamo cosa le innesca (direi gli input esterni, ma non ti fidare   ), questo potrebbe essere un problema... servirebbe una risposta, ma non vogliamo aspettare... giochiamo il jolly!    Scherzo! (ormai la storia del circolo vizioso non la ripeto più, tranquillo...).

In questo caso mi sembra che il problema non sia l'aspettare (che cosa? Sempre la risposta "scientifica" presumo tu intenda? Quindi già orienti la ricerca e accetti solo una risposta che sia scientifica riduzionista a cui sola conferisci il valore di possibile risposta..) ma il confrontarsi di  visioni filosofiche diverse sulla realtà. Ci sta che ci siano visioni diverse, o no? La riposta non sappiamo se ci sarà, e in che modo, di che tipo, ecc. Personalmente non credo molto alle "risposte"; preferisco le domande...

La definizione di monista materialista mi calza a pennello, ne ho declamato più volte la mia affinità e non ne sono affatto allergico   ; l'importante è che non comprometta tutto ciò che scrivo secondo pregiudizi che non mi appartengono: se scrivo, "sospendiamo la mente e vediamo cosa troviamo", non vorrei che qualcuno leggesse "sospendiamo la mante, così dimostriamo che alla fine è tutta materia!". 

Allo stesso modo, caro Phil, capita che quando scrivo io compromettano ciò che scrivo secondo pregiudizi del genere: la spiritualità è solo una favola,o sarcasmi vari attribuendomi pregiudizi che non mi appartengono affatto...preferisco in ogni modo esser "trasparente" e mettere un bel verso del Dhammapada  come testo in basso dei miei post ... ;D 

Bingo! Ecco qui che, nonostante abbia consumato una tastiera per affermare tutt'altro: "il vecchio Phil è monista materialista, quindi sta probabilmente insinuando che la ricerca deve sotto sotto essere guidata in partenza dal pregiudizio materialista"... lo vedi perché le etichette sono dannose? 

Ma non è pregiudizio in questo caso! Sei tu stesso che hai abdicato al cercare risposta nella filosofia e ti affidi alla scienza empirica. E di cosa si occupa la scienza empirica ?
Sei una persona molto intelligente e stimo tantissimo la tua apertura su altre questioni ,ma su questa registro una chiusura completa...il tasto, quasi un mantra ossessivo, è: "aspettiamo la risposta scientifica". A questo punto diventa inutile continuare se non finendo per battibeccarsi... :)

L'utilità, la praticità e la funzionalità linguistica del concetto di "mente" è fuori discussione (non costringermi a sfoderare altre autocitazioni   ); quello che è dentro la discussione è se esista solo come concetto (per il fegato la questione è stata già risolta).

Ma perché allora anche la materia non può esistere solo come concetto? Se abbiamo evidenza dell'esistenza della materia, nello stesso istante ne abbiamo anche della mente che la percepisce. E qui tu neghi che esista questa evidenza, ma per negarlo devi usare proprio la mente. Non ha senso a parer mio...

Sospendere un concetto è facile, basta non usarlo! Nel caso della mente, ciò comporterebbe il parlare delle differenti presunte attività (pensiero, etc.) senza unificarle (faticoso, ma senza impegno non si ottiene quasi nulla!), poi la ricerca dovrebbe andare avanti, tuttavia... forse sono pastore, di sicuro non sono ricercatore! 

Ma si può benissimo parlare delle varie attività mentali (presunte?), stati mentali, ecc. e la ricerca scientifica può benissimo andare avanti (non credo che si fermerà, visti gli interessi economici...) senza alcun bisogno di sospendere un concetto utile, visto che sembra ci sia una certa diversità di opinioni, legittime, su cos'è 'sta roba' che chiamiamo "mente"...
#652
Citazione di: Donalduck il 21 Settembre 2018, 23:52:59 PMOaxdeadbeef dalla discussione "Scienza e scientismo":
CitazioneLa miglior definizione di "scienza" è, a mio parere, quella del Dizionario Filosofico di N.Abbagnano che già citavo in un altro post: "una conoscenza che includa, in modo o misura qualsiasi, una garanzia della propria validità".
Una garanzia che consiste in un qualche grado di dimostrabilità, ossia di argomenti dotati di una forza di convincimento che faccia presa su almeno la maggioranza degli individui (che naturalmente abbiano la capacità e la volontà di comprendere la disciplina in questione). Le domande riguardo alla "scientificità" o meno di qualcosa, come se si trattasse di una qualità che si ha del tutto o non si ha, derivano da una malintesa concezione della scienza, identificata con le scienze fisiche e naturali escludendo quelle umane (o umanistiche). In realtà, se si accetta la definizione sopra citata, questa contrapposizione non esiste, esistono solo diversi gradi di dimostrabilità, e nessuna scienza è totalmente "scientifica". Quindi la risposta alla domanda è: la psicologia e la psichiatria, così come sono adesso, hanno un basso grado di scientificità e un alto grado di arbitrarietà, anche se questo non significa che siano necessariamente destinate a restare tali. Ma c'è anche un altro aspetto da considerare: in genere si considerano "scientifiche" solo le discipline che si occupano di ciò che è misurabile, limitando fortemente il campo d'indagine (e rendendo ancora più inverosimile la pretesa di onnicomprensione della scienza intesa in questo senso). D'altra parte, esistono esempi di indagini del non misurabile condotte con autentico spirito scientifico (ossia sistematico e sperimantale) che hanno portato a sistemi di conoscenza di grande valore sia cognitivo che pratico come lo yoga o le arti marziali. Le culture orientali sono da sempre più avanti di quelle occidentali nelle scienze dell'interiorità, e le trattazioni della psicologia umana di stampo filosofico-introspettivo le trovo molto più convincenti e verificabili di quelle della maggior parte della psicologia occidentale (almeno le correnti più diffuse). Il vantaggio è dovuto dal ricorso all'introspezione diretta (meditazione) piuttosto che alla misurazione delle tracce esterne dell'attività interiore, o a teorizzazioni astratte sviluppate a partire da chiavi di interpretazioni unilaterali, ossia prendendo in esame solo alcuni aspetti della fenomenologia psichica e ignorandone altri. Bisogna comunque precisare che ha poco senso parlare "della psicologia", dato che nel suo ambito si trova di tutto, teorie e impostazioni metodologiche che non sono neppure lontane parenti tra loro e anche le contaminazioni della filosofia in generale e del pensiero orientale sono piuttosto diffuse.

Sono molto d'accordo con quanto scrivi. Basta farsi fare, per esempio, un ciclo di  massaggi shiatsu da un operatore in gamba ( e io ne conosco una davvero in gamba, che mi preme ben bene... :-[ ) per verificare di persona che funziona meglio di 10 gocce di En o di altro sonnifero, senza alcun effetto collaterale.  Ma uno psicologo o uno psichiatra ti mandano dall'operatrice shiatsu? O ti fanno la prescrizione del farmaco  che agisce solo sui sintomi e che non riesce a riequilibrare i flussi fisiologici? Qualcuno , rari, inizia a farlo, ma di solito dopo aver constatato che magari il farmaco non dà gli effetti sperati.
#653
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
21 Settembre 2018, 23:43:43 PM
Probabilmente non sai che esiste una concezione per così dire materialista dell'inconscio (Freud, Adler, ecc.) e la concezione junghiana che lo configura come trait-d'union con la dimensione Trascendente. Infatti Jung vede nel "Sé" il centro della totalità psico-corporale negli stessi termini in cui le Upanishad considerano il Sé come l'atman personale e come immagine originaria del Brahman sovrapersonale:[/font]
"L'ipotesi dell'esistenza di un Dio assoluto, al di là di ogni esperienza umana, mi lascia indifferente; né io agisco su di lui, né lui su di me. Se invece so che Egli è un possente impulso nella mia anima, me ne devo interessare". [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.59]

"Nel definire Dio o il Tao come un impulso dell'anima o uno stato psichico, ci si limita a compiere una asserzione su ciò che è conoscibile, e non invece su quanto è inconoscibile, intorno al quale non potremmo affermare assolutamente nulla". [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.63]

Per sottolineare il parallelismo tra il suo concetto di Sé e quello orientale, cita il seguente passo in "Tipi psicologici" (pg. 218):
«Quel lume celeste che splende al di sopra di noi, che brilla di là di tutte le cose, di là dall'universo, nei mondi superiori oltre ai quali non v'è più nulla, questa luce è senza dubbio quella stessa luce che irraggia dentro l'uomo. (...) Esso è il Sé nell'intimo, è la mia anima; in esso, in quest'anima, io penetrerò al momento del trapasso». (Satapatha-Brahmanam, 10,6,3) [/quote]

Purtroppo conosco poco e male le teorie sull'inconscio. Ho letto qualcosa, tanti anni fa, sulla relazione tra inconscio ed esperienze 'limite' come l'estasi mistica e gli stati di assorbimento meditativo, di un autore, psicologo e psichiatra italiano di cui non ricordo il nome, edito dalla Ubaldini di Roma che, se lo trovo, te lo mando. Forse ti potrebbe interessare...
Anche per questo leggo con interesse i tuoi post che riportano citazioni di Jung e altri... :)
#654
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
21 Settembre 2018, 23:27:47 PM
cit. Phil:
Non volevo certo ridurre la mente a mero pensiero (infatti scrissi "esempio:..." per non dover fare la lista di ciò che è associato alla "mente").
La mente è tutte queste cose, o siamo noi a definirla così? Mi fido dei vocabolari e della Treccani, per carità, ma non tutto ciò che è definito esiste realmente, giusto?


Allora concordi con me che è indefinibile.

Se non erro (non sono esperto di neuroestetica), ciò che viene identificato come "bello" innesca alcune aree del cervello, il cui attivarsi viene vissuto in prima persona dal soggetto come esperienza del sentimento del bello (sgiombo avrà le sue precisazioni da fare qui, tuttavia lo invito a mandare una mail a coloro che studiano neuroestetica, io sono l'ultimo che può dargli spiegazioni in merito   ).

O è la mente che innesca queste aree del cervello e le attiva?...

Perché il tramonto e la musica armonica sono generalmente "belli"? Da profano: il tramonto è una questione di colori e campo visivo, la musica, appunto, di precisi rapporti armonici fra suoni; ma se qualcuno dice che sono doni del signore, o briciole di magia, o echi del nostro pianeta natale su un altro sistema solare, non lo biasimo a priori (e non sono sarcastico, perché nel mio piccolo non saprei dimostrare il contrario...).

Se non lo si può dimostrare non è il caso di'disprezzare' altrui interpretazioni (seppur con classe...). Tu non vuoi essere definito, come monista materialista o in altro modo, ma tutti i tuoi ragionamenti fanno intendere che sempre in quella direzione vuoi andare...e' come se un pastore rifiutasse di esser definito pastore...mentre, dietro di lui, tutto il gregge lo sta seguendo  ;D  

Ho solo proposto di darle l'incarico e, ripeto, ciò che si troverà alla fine della ricerca, se si trova qualcosa, non deve essere, secondo me, per forza materia, pur partendo dalla materia.

Purchè tutta la ricerca non sia svolta partendo da un pregiudizio materialista ( e da qui solitamente si parte...). Sai, di solito la "mente" mente quando vuol trovare conferme a ciò in cui crede a prescindere...

propongo (nei post con te e sgiombo) solo di sospendere il concetto di "mente", non di ridurla a materia (la testiera inizia a guardarmi male... ormai anche lei l'ha quasi capito, pur non avendo una mente

ma il concetto di "mente" è funzionale al parlarne, non implica la definizione esatta di cos'è o  non è la mente. Se lo uso non significa affatto che ho già dato una definizione esatta, definitiva e neppure che ho invocato Dio o il mago Zurlì a sostegno della mia tesi...
Posso parlare del fegato sospendendo il concetto di "fegato"? Verrebbe troppo lungo e noioso cominciare a definirlo:sai quella cosa che secerne succhi che poi passano nello stomaco, che sembrano verdi,ecc. Similmente dovrei dire: sai quella che pensa e a volte non pensa, che si emoziona, che sogna, che ha paura...
Come faccio a sospendere il concetto di "mente" che è un'"insieme" di proprietà e qualità?
E' questo il punto che non hai chiarito ed è per questo che la tastiera sta cominciando a guardarti male... :)

A proposito, solo l''uomo ha una mente? La mente è propria dell'uomo in quanto creatura prescelta dagli dei?
Se invece è una questione "laica" di specie e livello evolutivo, attenzione, perché a sconfinare nel materialismo è un attimo...


Non posso dire, e credo nessuno possa dirlo con sicurezza, che forme-non forme la "mente" assuma negli altri esseri senzienti. Sparerei solamente a casaccio, in base al sentimento interiore. Se vado a "empatia", per esempio, mi viene spontaneo dire che la mente è presente in tutti gli esseri senzienti e che soffrono e questo lo sostiene anche il Dharma buddhista ( che io , non essendo pastore, affermo senza problemi di seguire, nei miei limiti...).
Non credo che l'elemento coscienza, nella mente, segua dei livelli evolutivi. Tieni sempre presente la precedente precisazione del come intendo il termine "coscienza", cioè pura consapevolezza non discorsiva.
#655
Tematiche Filosofiche / Re:Mazzarò è malvagio?
21 Settembre 2018, 22:13:42 PM
Penso che Verga intendesse che, se uno ha molte cose, soffre di più nel lasciarle. E' evidente che, se uno non ha niente, non è che gli passa la paura della morte, ma  almeno per questa ragione non avrà da soffrirne ancora di più. In realtà penso che si possa soffrire anche solo per dover lasciare la propria "ciotola per le elemosine" e viceversa andarsene serenamente anche se ricchi di beni materiali. Per me la differenza sta tutta nel grado di attaccamento alle cose che si posseggono e soprattutto su come si è arrivati ad accumularle. Se sei diventato ricco rubando, truffando, sfruttando gli altri in modo gretto e meschino, nonché profondamente egoista, non ti aspetta certo un sereno passaggio ( ma chi diventa ricco senza fare un pò tutto questo? Mah!...).
(Qui ovviamente non inserisco la convinzione hindu che , visto il karma negativo accumulato, il ricco deve pure temere la rinascita come zecca, cozza o pidocchio. Tutte le forme di vita che si "aggrappano" sono le destinazioni di un simile karma...ma questa è un'altra cosa :)).
#656
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
21 Settembre 2018, 21:12:54 PM
Esempio: definisco la mente come ciò che pensa, constato il pensiero, concludo che la mente esiste. Tuttavia ciò di cui ho evidenza (e di cui non posso dubitare) è il pensiero, non la mente.

Mi sembra che stai dimenticando che la "mente" è anche l'osservatrice del pensiero, ossia la consapevolezza del pensare, che non è un altro pensiero. E' un'evidenza degli stati meditativi profondi, quando si osserva il pensiero sorgere e svanire in continuazione mentre la consapevolezza resta salda...Pertanto non si può 'ridurre' la mente al pensiero, nè alla sola coscienza ( qui uso il termine coscienza nell'accezione classica della filosofia indiana, cioè come semplice consapevolezza non discorsiva...), né agli stati mentali, né al solo inconscio, né come semplice organo di senso (ciò che "sente"). E' anche tutto questo, ma è anche di più di questo (spazio , vacuità,accumulatore, serbatoio di immagini senza fine, ecc.).

Per questo all'inizio ho definito "mente" come semplice termine convenzionale. E' una convenzione per definire qualcosa di indefinibile ma che ci è più "prossimo" di qualunque altra cosa e certamente più della materia, che la 'mente' usa per costruire i suoi "mondi" dentro i quali tutti noi viviamo, e discorriamo, e disputiamo, e verifichiamo, e creiamo e  dimostriamo, ecc... tutto passa attraverso la "mente". La Bellezza di un tramonto la vede solo la mente, l'armonia di una musica la percepisce solo la mente e così via..."là fuori" non c'è nulla di tutto questo, per questo si dice che la mente precede le cose, le domina e le crea...

Ora tu obietterai che non è dimostrabile che la bellezza, l'armonia, ecc. non siano solo effetti della materia. E qui torna il discorso sull'incommensurabilità e sulla diversità costitutiva...e certo non potrai negare che , con simili obiezioni, non puoi certo stupirti se rientri ( o ti ci facciamo rientrare...) a pieno diritto nei monisti materialisti... :)
A questo punto però si profila, come ha già giustamente rilevato A.Pierini, l'aspetto di una fede. Infatti tu proponi sostanzialmente di aspettare che la scienza sicuramente lo dimostrerà...ma anche un testimone di Geova (solo per esempio non si offenda nessuno...) ti propone di aspettare che sicuramente vedrai l'avvento del Regno... ;)

A proposito: vista la mia poca o nulla passione per le materie scientifiche e la mia non sempre assoluta fiducia a riguardo, temo che finiremmo solo per litigare, sulla riva di quel fiume... ;D  ;D
#657
Citazione di: bobmax il 21 Settembre 2018, 11:10:22 AM@Sariputra Quei contadini avevano fede nella Verità. Mentre oggi questa fede si è rarefatta. A causa, ne sono convinto, del nichilismo, che sta riemergendo e soffoca i nostri cuori. Come spugne, molti giovani assorbono l'idea nichilista, mai esplicita ma onnipresente nella società, e finiscono con il farla propria.

E' chiaro, almeno a parer mio, che una società sostanzialmente nichilista non può certo coltivare la speranza...dove la trovi? Sulla punta dell'organo sessuale?
#658
Percorsi ed Esperienze / Re:La tragicità greca
21 Settembre 2018, 10:46:54 AM
cit.Sileno:
Si sappia anche farsi ascoltare, interpretare la comunicazione non verbale, il tono di voce. Il rischio è apparire inautentici, consolatori in modo convenzionale.

E' importantissimo questo passo! Concordo al cento per cento. La più grande fatica, soprattutto quando si è stanchi e non ce la si fa più, è proprio il rischio di cadere nella frase consolatoria rituale, spiccia... apparendo così "inautentici e convenzionali". E il sofferente lo percepisce subito...è causa di sconforto per lui , ma anche per l'operatore, il volontario o il famigliare che, ripensandoci a freddo, arrivano a provare rabbia verso se stessi per essere stati "falsi"... :(
Ecco, qui il percorso critico dato da una passione per la filosofia ma anche, questo lo aggiungo io, da un'autentica ricerca spirituale personale può aiutare molto per sviluppare questa forma di 'empatia' verso l'altro.
#659
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
21 Settembre 2018, 09:35:34 AM
cit.Phil:
per verificarlo, vogliamo dare l'incarico alla scienza, magari aspettando i suoi tempi, o abbiamo fretta e andiamo a pescare subito una risposta preconfezionata e à la page nell'affollato emporio della tradizione?

Vorrà dire che, nell'attesa che la scienza mi dia questa risposta, me ne starò seduto sulla riva del fiume , aspettando di veder passare la coscienza, opportunamente vivisezionata dagli scienziati  ( o dagli scientisti?... :-\), chiedendomi nel frattempo, giusto per passare il tempo: ma io...chi sono e che sto a fare qui seduto, in attesa ?  :)
#660
Citazione di: sgiombo il 21 Settembre 2018, 09:00:56 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 12:05:50 PM
Citazione di: InVerno il 20 Settembre 2018, 09:36:32 AM
Citazione di: Sariputra il 19 Settembre 2018, 15:00:54 PMMi sembra vagamente sarcastico... ;D Però si potrebbe ammettere che alcune cose del passato erano migliori e alcune peggiori? O tutto era peggiore (come qualità del vivere...)? O tutto migliore? Per es. le "lunghe discussione edificanti nel prato " le trovo veramente interessanti, in una società come quella attuale che non trova più il tempo per parlarsi. Le "lezioni di scherma e portamento" decisamente meno... ;)
In risposta ad entrambi... Si ero vagamente sarcastico.. ma neanche più di tanto. Voglio dire nutro sincera ammirazione per alcune cose del passato, compresi alcuni usi e costumi del 700 cosi come di altri secoli, non ci vedo niente di strano. Attenzione che però io ho fatto esempi per la vita di un aristocratico del 700, non di un poveraccio o di uno schiavo che probabilmente permetteva questo stile di vita con il suo lavoro.. Questo perchè ovviamente si tende a tenere a mente sempre il buono del passato e difficilmente invece dei problemi.. E' una cosa perfettamente "naturale" per un uomo, non a caso uno dei primi documenti scritti a nostra disposizione racconta di uno scriba egizio che si lamenta degli studenti, a suo dire, "non più quelli di una volta". Insomma, a me pare che ci sia una tendenza intrinseca all'essere umani a fare queste "operazioni nostalgia" (o "miti del paradiso perduto" etc), e secondo me bisorebbe stare attenti quando si ragiona e tenerne conto, che comunque vada la nostra mente tenderà a indorare la pillola delle memorie, e se si vuole essere onesti con se stessi bisorebbe riconoscerlo e cercare di mitigarlo ove lo si ritiene necessario. Mi sembra comunque un ottimo modo per segnare l' "anno zero" della propria concezione culturale, non uno strumento inutile anzi molto interessante, ma da utilizzarsi essendo coscienti che si tratta di uno strumento non della realtà.
Sì, è vero, i ricordi hanno un sapore così dolce che, a volte, si è tentati di abbellirli e indorarli troppo. Cercavo infatti di vedere, in questa ipotetica futura chiusura domenicale, non un ritorno a cose passate (non sono poi così "passatista"... :) ) ma una possibilità di riappropriarsi di spazi da condividere insieme, all'infuori della solita martellante e inculcante necessità consumistica di partecipare collettivamente al rito della domenica passata a bighellonare nel centro comm... Era come dire. "Guardate che si può fare anche dell'altro!" lasciando così uno spazio di libertà anche per quelli che, quasi mai per scelta, sono costretti a lavorare nei giorni festivi. Poi questo tempo ognuno se lo può trascorrere naturalmente come meglio preferisce (o come di solito meglio preferiscono la moglie e figli... ;D :( ).
In quest considerazioni c' é certamente del vero. Ma ciò non toglie a mio parere che é anche vero che stiamo vivendo una frase di regresso civile a dir poco terribile. Anche facendo abbondantemente "la tara" del diverso sentire proprio in prima persona rispetto a quanto osservato negli altri, da ragazzo (ai tempi della prima repubblica, quando il muretto di Berlino era ancora saldamente in piedi) non ricordo nei vecchi che conoscevo (i miei insegnanti, vicini di casa e parenti anziani, mio padre e i miei zii; moltissimi dei quali, a cominciare da questi ultimi, erano democristiani e non sognavano alcun socialistico "sol dell' avvenire", e fra l' altro a livello "personale" deprecavano i capelli lunghi "alla Beatles" rimpiangendo "fisiologicamente" i tagli di capelli corti e i waltzer della loro gioventù) una nostalgia del passato così forte e diffusa e sopratutto così nera, rassegnata, a tratti disperatacome quella che avverto oggi un po' dovunque. P.S.: mi scuso per lo sgradevole abuso delle virgolette.

Mi colpisce sempre un fatto, che credo abbia ben poco a che fare con il rimpianto del passato: qualche tempo fa la gente sorrideva molto di più che oggigiorno. Adesso i musi lunghi si sprecano. Mi sembra sia una cosa osservabile da tutti, se ci soffermiamo, come faccio io spesso, proprio ad osservare i volti della gente. Quel che , un pò alla volta, sta morendo in noi è la speranza. Credo di aver letto proprio poco tempo fa un'indagine effettuata su questo e ne è venuto fuori che, la maggior parte dei giovani, ma anche degli adulti, non ha speranze per il futuro e vive cercando di "godersi" la giornata , chiuso nell'ambito ristretto dei propri cari, di qualche finto (e pochi veri...) amico, con una continua connessione ad un mondo virtuale... finché dura. C'è quasi nell'aria un sentore di qualcosa di cupo all'orizzonte, a cui è meglio non pensarci troppo "Che tanto non si può cambiare il mondo"...

A volte mi chiedo se non sia solo una mia 'proiezione', un mio rifiuto ad accettare che il cambiamento della società non vada incontro a quel che "io" giudicherei come positivo...non so...c'è sempre questo rischio.  Quando ci si trova a parlarne tra amici, o ascoltando ( se si vuole davvero ascoltarli...) qualche giovane, però viene sempre fuori questa sorta di 'disagio' nel vivere la quotidianità. Si finisce sempre per parlar di problemi...è quasi un mantra ossessivo degli incontri. Raramente ci si sofferma a discuter d'altro, quasi mai, per esempio, di quel poco di bellezza naturale che ancora ci circonda. Il rapporto con la natura, nella maggior parte dei giovani soprattutto, mi appare ormai compromesso. C'è ormai così tanta apatia e disinteresse per questa che...vorrei prenderli e scuoterli!!! Trovo che l'alienazione cresce con il crescere del distacco dal contatto con la natura. E allora mi chiedo: come facevano i miei vecchi contadini, che crepavano di fatica sotto il sole, a passar la sera, seduti sotto le code delle vacche, ridendo e scherzando su quello che non avevano? Forse questa accettazione della tragedia/farsa del vivere nasceva dal fatto che continuamente vivevano in simbiosi con la natura? Forse era così...non so... :(