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Messaggi - Jacopus

#646
Tematiche Spirituali / Re: Quale padre?
19 Dicembre 2023, 18:23:22 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Dicembre 2023, 09:52:26 AM

Fai bene a notare che in Cina si sono sviluppate, oltretutto in anticipo rispetto all'occidente, più o meno le stesse tappe tecnologiche. Hanno scoperto la stampa a caratteri mobili secoli prima di noi, stesso dicasi per le tecnologie di navigazione oceanica, eppure di queste cose non ne hanno fatto niente, mentre l'occidente con le stesse cose ha conquistato il mondo, ed oggi la gran parte del mondo vorrebbe essere occidentale, solo che non può perché qualche signorotto locale dice "no grazie" per non perdere il suo potere.
Chissà Qual'é la ragione di questa differenza tra questi due mondi. Quello cinese che evolve una cultura dell'ordine, dello stato di origine fortemente laica, una cultura che é molto più normativa ed impositiva di quelle che si sono evolute nei paesi occidentali nei quali l'idea di stato nasce più tardi ed il primo elemento di aggregazione é stato, dopo la caduta dell'impero romano d'occidente, la comune identità cristiana.
Lo stato e la Chiesa sono due istituzioni piuttosto lontane. Forse agli antipodi. La Chiesa nutre un sogno imperiale, katholikos (universale), nel quale vi è una separazione netta fra il politico, la riproduzione materiale e la riproduzione culturale, la cui egemonia è tutelata dall'assenza di alternative e dalla dichiarazione di una verità unica. Gli stati moderni nascono dal deterioramento della società medioevale europea fondata sull'idea imperiale che trasmette il potere attraverso i meccanismi feudali gestiti dall'aristocrazia. Gli Stati nascono quando si iniziano ad intravedere alternative. Il mondo si sta allargando geograficamente e culturalmente. Alla noblesse d'epee si aggiunge la noblesse de robe. La borghesia ha avuto un ruolo fondamentale nel mutare quel mondo che permetteva ai vari Marchesi del Grillo di enunciare "perché io so io e voi non siete un caxxo". Anche il liberalismo c'entra con la Chiesa veramente poco.  Basta leggere tutti gli scrittori cattolici tra il XVI e il XIX secolo. Per avere una chiesa che si affaccia timidamente al mondo liberale bisogna aspettare Croce, anche perché nel frattempo erano nati mostri molto più temibili del mostro addomesticabile del liberalismo.
Il liberalismo è invece connesso profondamente con il Calvinismo e con il luteranesimo, che professano la necessità di un rapporto diretto fra l'uomo e là divinità, senza alcuna intermediazione, sempre fonte di rendite parassitarie e violenza, come insegna la mafia ( che è invece un modello storpiato dell'antica aristocrazia).
Sul fatto che la Cina non abbia ottenuto gli stessi strabilianti successi deriva anch'esso da un fondamento religioso. Per la cultura orientale è importante un modello dove ognuno ed ogni cosa è collegata l'uno all'altra e dove si ripete il corso della storia come in un percorso determinato. La storia è un cerchio. La cultura occidentale attraverso il pensiero elleno-giudaico ha creato le premesse per pensare alla storia come ad una freccia, rompendo l'equilibrio delle risorse terrestri per alimentare quella freccia, che sta ancora correndo. Questo attraverso due meccanismi che hanno operato sinergicamente: la volontà di conoscere (Grecia), la sicurezza della verità in un mondo creato per l'uomo (Israele).

#647
Tematiche Spirituali / Re: Quale padre?
19 Dicembre 2023, 09:33:49 AM
Il liberalismo nasce molto di più dalla matrice luterana e calvinista che da quella
cattolica.
#648
Citazione di: Ipazia il 18 Dicembre 2023, 18:03:55 PMDal dibattito, pare che le due vie della filosofia occidentale siano: teismo e ateismo.

Ateismo perseguitato e negletto, ma resistente a tutte le avversità fin dai tempi dei presocratici, Eraclito, Epicuro, Lucrezio,... emerso con forza inarginabile dall'illuminismo in poi.
Si, questa può essere una chiave di lettura ma, scendendo di livello, possiamo anche dichiarare che un certo ateismo è stato ugualmente soggiogato dalla filosofia dell'Uno. La filosofia dell'Uno è il pensiero paranoide che taglia in modo netto il bene e il male e gli atei non sembrano immuni a questo tipo di pensiero. Ugualmente la filosofia del Molteplice, come giustamente fa osservare Phyrosphera, è presente in molte costruzioni religiose, compreso il cristianesimo. Anzi il cristianesimo ha probabilmente elementi più forti di ambivalenza rispetto agli altri monoteismi. Gli stessi greci antichi avevano comunque un pantheon di divinità e Socrate fu condannato perché se ne infischiava. Anche lì non mancavano gli zeloti. Lo sforzo è probabilmente quello di conciliare l'Uno e il Molteplice, poiché senza l'Uno l'azione umana (la cara praxis) diventa evanescente o nichilista e senza il Molteplice diventa irriflessiva, rigida ed eventualmente sanguinaria.
Un'ulteriore suggestione: l'Uno e il Molteplice sono in fondo espressione di una storica dicotomia Cultura/Natura. Nello storico duello fra queste due misure dell'homo sapiens, che non può prescindere da nessuna delle due, occorrerebbe trovare una nuova interpretazione del loro nesso. Inteso nel senso di un reciproco riconoscimento e reciproco rispetto. Forse dovrei riprendere in mano "il principio Responsabilità", per chiarirmi le idee.
#649
CitazioneSembra che in questo forum "l'arte di ottenere ragione" sia applicata alla grande.
Complimenti. Apri un topic, fai poi un intervento abbastanza banale a metà via e giungi infine a sentenza dicendo delle inesattezze sul cristianesimo e sulla mancanza di un filosofo che riesca a risolvere le ambizioni sottese nel tema. Io sono un filosofo e se tu lo fossi pure, ma negherai senz'altro questo status che ti conferisco, potresti opporti al mio post nr. 42 prima di entrare inopinatamente a gamba tesa nel bel mezzo di un dialogo ancora in corso. E sei pure un moderatore tra l'altro. Ricordandoti quello che ha già detto Ipazia sull'uomo faber aggiungo che se c'è una stortura nel cristianesimo di sicuro una è quella di essersi dimenticato di mettere tra i vizi capitali pure l'umiltà, cosa che contagia pure gli atei. Più semplice sarebbe togliere la superbia, dato che superbo significa pure magnifico; più corretto sarebbe quindi parlare di arroganza, ma allora io dico che l'umiltà, intesa come falsa modestia, forse sarebbe ancora più perniciosa che l'arroganza proprio perché offre potere all'arrogante
Mi dispiace, Daniele, dare l'impressione di essere così gesuita come mi descrivi, ma chissà, forse un pò di gesuitismo lo abbiamo tutti noi italiani a forza di vivere accanto a gesuiti, anche quando crediamo di essercene allontanati.
Però non credo di aver violato alcuna regola del forum. Ho tralasciato di impelagarmi nella discussione su Marx e ho cercato una nuova via per rinforzare quello che avevo detto. Il tutto perchè stimolato dalla lettura domenicale di un testo di Galimberti sul cristianesimo. Non credo per questo di poter essere dichiarato falso umile o superbo recondito. Vi sono migliaia di post dove non si risponde in modo puntuale agli interventi precedenti.
Ad ogni modo:
Citazione".... Quando sarete nella luce cosa farete? Un giorno eravate uno è diventaste due. Ma quando diventerete due cosa farete?" (Cit. Vangelo di Tommaso, presumibilmente log 11)
Tralascio il pensiero che conduce alla domanda altrimenti dovrei parlare di 💰 e qui non c'entra molto. L'unica conoscenza certa sembra essere quella del proprio piacere e del proprio dolore. Per me sarebbe il luogo da cui irradia tutta la nostra conoscenza, pertanto il suo fondamento. Conoscenza quindi come emanazione naturale in funzione del proprio benessere, almeno in prima istanza. C'è chi si accontenta e chi no. Per quest'ultimo si prospettano due vie estreme. Una volta al fuori di sé e l'altra al dentro di sé. Entrambe queste vie si concentrano sull'uno, ma se non sono state percorse correttamente, quest'uno risulta ineffabile solo perché non si vuol riconoscere che è un due ... il piacere e il dolore appunto. Ciò che appare molteplice deriva quindi dalla gestione della conflittualità tra piacere e dolore all'interno di chi pensa di essere uno e, fondamentale, di essere nel giusto. Egli rigetta il due perché lo mette in crisi. Nel caso della ricerca interiore, il pericolo maggiore è quello di comportamenti mentali troppo severi nei confronti di sé stessi. Nel caso della ricerca verso il fuori di sé, il pericolo maggiore è quello dei feticci e dell'azione da invasati.
In realtà non ho risposto anche perchè non mi è tuttora molto chiaro il tuo pensiero. Se ho capito il molteplice è la presenza contemporanea del dolore e del piacere e l'Uno è il tentativo, la difesa per non riconoscere questa dualità e perseverare nella ricerca del piacere, dimenticandosi che esso è sempre collegato al dolore. E' una prospettiva interessante, ma che mi sembra più vicina ad una visione psicologica che filosofica del tema. Il discorso che fai è molto vicino a quello che presenta l'ultimo Freud, nel Disagio della civiltà, quando riprende una sua tematica giovanile poi abbandonata, a seguito dell'importanza attribuita alla sessualità, e cioè il dissidio apparentemente eterno fra Eros e Thanathos.
Se proprio vogliamo collegare il discorso, si potrebbe dire che Freud, proprio a partire da questa sua tarda distinzione, si è iscritto al partito del molteplice, al partito della tragedia. Ovviamente vorrei anche dire, e qui rispondo un pò a tutti, che questi definizioni intanto sono dei giochi per riflettere e ragionare, senza avere la pretesa di avere ragione (ecco il gesuita che ritorna) nè di assolutizzare alcunchè. So benissimo che vi sono mille fili che collegano ellenismo e cristianesimo, ma ve ne sono altrettanti che lo disgiungono. Compito della cultura e della filosofia è tener presente queste differenze, senza fare di "tutta un'erba un Fascio."
#650
Pensarbene. La filosofia si occupa di cultura, di simboli e di come evolve il pensiero umano e come questo condiziona le società dove si sviluppa. Per questo occorrono indagini concettuali che sappiano scovare gli indizi di ciò che vogliamo mettere a fuoco. Con la consapevolezza che la Physis è materica. Ma la filosofia è amore della conoscenza e l'essere umano, non è solo un botanico o un agrimensore del tabacco. Questi simboli con cui sto trasmettendo il mio pensiero sono il distillato di una storia che dura da millenni, da quando le popolazioni indoeuropee sono arrivate qui. Il fiore può anche essere un fiore ma le sue rappresentazioni possono anche portare a condanne a morte, a rivoluzioni a messaggi messianici a viaggi e a gerarchie sociali e creano la nostra stessa architettura cerebrale, i nostri riti e le nostre abitudini. Farsi delle domande e dare delle risposte non banali: è questo il compito della filosofia.
#651
CitazioneLa vicenda che hai descritto non riguarda propriamente la Grecia ma un'idea di essa attraverso i secoli. Propriamente anche la Grecia fu cristiana. Non esiste un dissidio tra una concezione greca della natura e una cristiana, se non legato al permanere di un contrasto tra paganesimo greco e cristianesimo non greco... Ma, appunto, il cristianesimo greco esistette dai primi se non primissimi tempi della cristianità e la possibile controversia è soltanto relativa, limitata.
Sei sicuro di quello che dici? Fra  800 AC e 200 DC si sviluppó la cultura greco-ellenistica, quella stessa cultura che probabilmente influenzò la nascita del cristianesimo. Vi sono ovviamente delle assonanze, ma anche delle differenze fondamentali ed una è proprio il diverso approccio alla natura.
Ho già scritto nel precedente post la differenza, che tra l'altro è il presupposto della scienza moderna. Senza cristianesimo non vi sarebbe scienza moderna, nonostante il processo a Galileo Galilei.
In ogni caso non si tratta di dramma ma di direzioni del pensiero che attraversano i secoli.
Se vi sono interpretazioni varie di Dio più recenti fino a renderlo evanescente (Heidegger), non so, ma in ogni caso mi sembra un ulteriore prova della attuale crisi della via filosofica dell'Uno.
Le differenze fra le due correnti principali del pensiero occidentale sono importanti, perché nella physis esiste lo spazio del tragico, espresso in modo magistrale dai drammaturghi classici (Sofocle). La Physis si svolge su un piano unitario e senza finalismi. È una trama di collegamenti e connessioni fra sacro e profano. L'uomo si metamorfizza facilmente come gli Dei, in piante ed animali. Non esiste una gerarchia. Sopra ogni vivente ed ogni Dio, impera esclusivamente la Physis e la sua legge universale, l'Ananke. Ogni essere vivente deve adattarsi alla Physis.
 Il cristianesimo si volge con un altro occhio alla Natura, che diventa spazio da consumare, perché dominio dell'uomo, fatta da Dio per l'uomo, che è quindi legittimato ad usarla e consumarla. La Natura si piega all'uomo, diventato per lei, divinità. Una bella differenza. E si perde inoltre, il senso dell'ambivalenza e del tragico. L'opera letteraria più importante del Cristianesimo è infatti una Commedia, non una tragedia. In questo modo però il Cristianesimo acquisisce un rischio, quello del pensiero paranoico, che attraversa tutta la storia del pensiero filosofico occidentale, almeno fino al romanticismo.
#652
Tornando al mio primo intervento che suddivideva la filosofia con filosofia dell'Uno e filosofia del Molteplice, oggi dopo alcune suggestioni e pensieri vari, connetto quella prima distinzione ad un'altra, parzialmente sovrapponibile. Ovvero quella fra il concetto greco di Physis e il concetto Cristiano di Natura. La Physis per i greci è una cornice superiore, a cui devono sottostare uomini, animali, piante e persino gli dei. La Physis è correlata al Molteplice, all'umiltà dell'uomo di riconoscere i suoi limiti tragici. È l'accettazione del ciclo della vita e della morte. La Physis non può pertanto essere dominata. Il pensiero Cristiano invece parte dal concetto di Natura come creazione divina, del Dio che la consegna all'uomo come suo gestore. Scompare così l'equilibrio del molteplice. Il cerchio diventa freccia e l'Uno diventa il mondo attuale, anche se desacralizzato. Solo dal Cristianesimo poteva nascere la scienza moderna e la sua pretesa di dominio sulla Natura. Ciò che mi continuo a domandare è se sia possibile una visione del mondo in grado di conciliare l'Uno e il Molteplice, il nostro Ego (Io-Dio) e il Deus Sive Natura di Spinoza. Da Agostino a Schopenhauer, pur alla presenza di sinistri scriccholii, l'Uno ha dominato, sia nella sua dimensione fattuale dell'homo laborator, sia nella dimensione culturale, dell'homo orator. Dopo Schopenhauer il mondo ha perso la sua unità culturale. È riapparso il Molteplice e la sua vestale "il Tragico". Ma il mondo continua, come per inerzia, ad agire secondo la filosofia dell'Uno. L'homo laborator compie l'Uno, senza più esserne legittimato dall'homo orator,  e vedendo sempre di più le conseguenze che la Natura gli mostra. Per superare il dissidio, subentra il concetto dì nichilismo, che serve per raschiare il barile, in assenza di nuovi assetti. In mancanza di nuovi profeti, possiamo solo attendere il medioevo prossimo venturo.
#653
CitazioneAnche i fascisti possono essere simpatici. Ma sempre topi di fogna rimangono.
Questa, Niko è esattamente la dimostrazione di quello che penso, quando dico che il comunismo, spesso, applica gli stessi schemi di pensiero del fascismo. La deumanizzazione è un processo tipico di prevaricazione e subordinazione e chi è progressista non se lo può permettere. Un fascista si, lo può fare, perché fa parte dell'ideologia prevaricatrice del fascismo. Ma chi la pensa diversamente deve marcare questa diversità per non diventare mimetico con quel tipo di pensiero.
#654
Il marxismo ci guadagnerebbe a riscoprire Hegel, che essendo maggiormente condizionato dal romanticismo, è più attuale del marxismo, che è invece ingessato nel modello oggettivo/determinista.
P.S. Esistono già correnti di pensiero marxista che tendono a rivalutare Hegel, proprio per la necessità di rielaborare quel determinismo millenarista del marxismo che non si è avverato.
#655
Citazione di: Ipazia il 10 Dicembre 2023, 21:17:11 PMIl comunismo è antropologicamente una visione della società umana egualitaria ed in quanto tale si contrappone a tutte le forme di società classiste di cui il capitalismo è il punto d'arrivo attuale e il fascismo un suo mero accidente, quando la dittatura del capitale trova eccessiva resistenza da parte dei sottomessi.

Tale visione antropologica egualitaria può assumere varie connotazioni politiche, ma rimane sempre il perno su cui valutare tale ideologia, evitando riduzionismi di tipo escatologico parareligioso che spostano il punto di gravità su aspetti accidentali della concretizzazione storica del socialismo reale.

Per fare un discorso minimamente serio sul comunismo bisogna conoscerne l'evoluzione e la teoresi, economica e politica, sviluppatasi dopo la rivoluzione francese e la sconfitta delle prime esperienze egualitarie anticapitalistiche, fino a Marx che dette una visione d'insieme filosofica, storica, economica e politica, fondamentale per lo sviluppo teorico e pratico del progetto di emancipazione delle classi subalterne.

Tutti i discorsi sul totalitarismo di ispirazione capitalistica tendono a sottovalutare gli aspetti totalitari della dittatura del capitale.


Mi piacerebbe Ipazia, avere le tue certezze, ma non le ho. Ritengo il comunismo un'ideale impossibile e quando anche fosse possibile sarebbe semplicemente un incubo. Ha funzionato, e bene, come Super-Io del capitalismo. E, bada bene, parliamo di un ipotetico comunismo "ben temperato", non di quelli storici. Il perchè è presto detto. Diffido di tutte le costruzioni assolute e come hai ben constatato, di quelle ideologie che assolutizzando, somigliano molto a "religioni". Il dilemma resta però a monte, ovvero "che fare".
L'attuale situazione è la seguente: Dio è morto (salvo resurrezioni nel terzo mondo in grado di radicarsi anche nel primo), il Comunismo è morto, il Capitalismo è vivo e vegeto ma è impresentabile. Inoltre mi sembra che nessuno scalpiti chiedendo di "morire per delle idee" e questo chiude il cerchio. Pensare ad un ritorno allo stato sociale sembra anche a me un pio desiderio. Continueremo mestamente a passeggiare su questo viale del tramonto oppure possiamo trovare energie per contrastare questo andazzo? Non basta certo un loggionista per scongiurare il rischio di rigurgiti maccheronici di "passo dell'oca".
Seguendo il filo dei pensieri, mi ritrovo a credere che la soluzione sia nello riscoprire il senso della società come relazioni che ci collegano tutti l'uno all'altro. Senza per questo dover credere di essere tutti uguali ma neppure tutti diversi. Insomma il partito dei posapiano, per dirla alla Niko.
#656
La risposta Doxa è semplice. Essere antifascisti significa essere contro l'ingiustizia e la violenza professata espressamente come "giusta". E' come gridare "sono contro gli assassini" oppure "sono contro i razzisti". Perchè il fascismo è semplicemente l'adozione della legge del più forte nell'arena del darwinisimo sociale, con supporto di idee assurde sulla difesa della razza o sulla sostituzione etnica. Un insieme di idee strampalate e violente che fanno breccia, tanto più le condizioni dell'umanità sono degradate sia a livello economico che culturale.

Il Comunismo invece nasce da un pensiero filosofico, il marxismo, che non è tanto facile da smontare, visto che continua ad avere una sua attualità, anche dopo 150 anni dalla morte del suo fondatore. Il marxismo è una lente esplicativa della modernità molto potente e ancora corretta, che ha influenzato scienza economica, psicologia, sociologia, antropologia, psichiatria. Il fascismo si rifa a una tradizione culturale patetica.

Altra cosa è invece come il comunismo è stato applicato (male), ma non è certo il comunismo come ideologia in sè ad essere equiparabile al fascismo.

Anzi a livello ideologico, comunismo e nazionalsocialismo hanno un tratto in comune (lasciamo perdere il fascismo, in questo confronto, perchè il fascismo ha avuto un approccio molto più da "res romana" che da opera tragica teutonica). Sono entrambe teorie millenaristiche, che fondano la necessità della violenza per giungere un giorno alla pace e alla felicità terrena. La differenza sta nel fatto che il nazionalsocialismo prevedeva, in questo mondo perfetto del futuro, la distinzione fra spartiati ed iloti, cioè fra padroni e servi (fino alla creazione di una categoria ancora più in basso - gli untermensch ebraici, che svolgeva anche l'utile funzione di far credere ai servi di essere dei privilegiati). Nel comunismo invece si sarebbe raggiunta una situazione come quella che si può ammirare nei giornalini dei testimoni di Geova, dove tutti sono felici e contenti.
Già a partire da queste considerazioni spicciole puoi valutare anche tu che essere antifascisti è una necessità, essere anticomunisti no, poichè il comunismo in sè è portatore di tanti rami successivi fruttuosi e importanti. Il comunismo/marxismo ha, in altri termini, una configurazione tragica, nella quale è complesso separare il buono dal cattivo. Una configurazione tipica di quasi tutte le ideologie o religioni. Con il fascismo e il nazionalsocialismo è davvero difficile riuscire a constatare questa tragicità, ed è forse proprio per questo che riscuote il suo fascino. Proprio per la sua struttura pura paranoide, dove il male e il bene sono separati in modo netto. Cosa che accade anche nei regimi comunisti, beninteso, ma per le ragioni che ho confusamente espresso, non mi sembra giusto porli allo stesso livello. Mi sembra un esercizio necessario quello di distinguerli, pur tenendo conto delle loro innegabili similitudini.
#657
Altra differenza di non poco conto. Un fascista è inevitabilmente un opportunista o un violento o una persona educata secondo principi geneticamente ingiusti, che andrebbe o rieducato o messo nella condizione di non nuocere. Un comunista potrebbe anche essere animato da idee politiche eticamente valide, al di là di come queste idee sono state applicate.
Detto questo, aggiungo che il comunismo si sconfigge grazie ad uno stato sociale, che sia in grado di ridurre le sacche di disagio e di rimettere in moto il passaggio individuale fra classi sociali. Se si considera lo stato sociale come una forma edulcorata del comunismo (come quelli che pensano al Pd come al partito maoista), si polarizzerá ancor di più il conflitto, secondo (tra le altre cose) la teoria marxista classica.
Tutto ciò in attesa dell'Armageddon climatico, che probabilmente renderà vane tutte queste discussioni.
#658
Penso che a questo punto sia utile una chiarificazione, che vi propongo. Il fascismo è già "ideologicamente", il manifesto del sopruso e della violenza e del "vinca il più forte". Il marxismo invece, a livello "ideologico" è una dichiarazione di egualitarismo e di "fine dei soprusi".
Quindi a livello "teorico" fascismo e marxismo sono agli antipodi. A livello "pratico", il socialismo reale è invece stato un esperimento mal riuscito di quella dottrina marxista. Non mi addentro sui motivi di questo fallimento, ma bisogna pur saper distinguere i fenomeni umani. Di fatto "il totalitarismo" è quella categoria che unifica i sistemi dittatoriali "pratici" del XX secolo.
Ma scendendo di un livello di profondità, occorre anche riflettere sul significato di eguaglianza teorica. Siamo davvero tutti uguali? E davvero vorremmo un mondo di uguali? Non assomiglierebbe quel mondo ad un mondo terribile, piuttosto che ad un mondo felice. L'uguaglianza non è anche un freno alla libertà e alla espressività dell'uomo? Non si rischia così di creare delle classi dove si è più uguali degli altri (Orwell)?
A mio parere ci troviamo così di fronte a un incrocio con tre vie. Da un lato le dittature totalitarie che rivendicano il potere assoluto della loro ideologia (con relative sottoviuzze). La seconda via è quella attualmente vincente del capitalismo rampante con altrettante sottoviuzze, ma comunque totalitario anch'esso, anche se il suo idolo non è più il potere ma qualcosa di più astratto e contemporaneamente quantificabile: il denaro. Infine vi è la terza via di una società liberale con forti ammortizzatori sociali e istituti vicini alla socializzazione delle risorse, modello che è stato sviluppato fra il dopoguerra e la fine dell'Unione Sovietica (welfare state o stato sociale). Ora che i ricchi hanno vinto la guerra contro i poveri, quel modello è stato abbandonato ma è l'unico modello che non ha un principio assolutistico e totalitario, come invece accade a capitalismo, marxismo e fascismo.
#659
"Dio patria e famiglia" era il motto scritto ovunque durante il fascismo, molto caro a Mussolini. Dio come monopolio della verità, patria come difesa dei confini e famiglia come unico luogo dell'affettivitá, sono speculari nella loro manifestazione esplicitamente paranoide. Vorrei precisare che non sono contrario nè a Dio, nè alla patria, nè alla famiglia, ma al loro uso univoco e assolutizzante che ne fece il fascismo (a differenza del significato emancipativo che gli attribuiva Mazzini, creatore effettivo dello slogan).
#660
Si prega di restare o.t. Grazie.