Citazione di: Phil il 01 Settembre 2016, 21:49:04 PME chi lo ha insegnato cosa significano "bello" e "duplice" e "astratto" a chi te lo ha insegnato? Dove sono stati trovati originariamente quei termini? Certamente questi significati, come ogni significato, è dato dalla cultura in cui si cresce, ma ogni cultura come lo ottiene? Dove lo trova?
Dal mio punto di vista, il ruolo del linguaggio e della sua acquisizione viene spesso sottovalutato: se è vero che è il linguaggio a strutturare l'orizzonte di senso in cui ciascuno vive, le idee-ops!-astrazioni concettuali vengono prima apprese dalla cultura in cui si cresce (o costruite per "induzione linguistica" come suggerisce Sgiombo con l'esempio della bellezza), poi, esperendo e riflettendo, possono essere personalizzate... se riconosco e definisco qualcosa come "bello" o "duplice" o "astratto" è perché mi è stato precedentemente insegnato e spiegato cosa significa "bello" e "duplice" e "astratto", e come individuare queste caratteristiche nell'esperienza (oppure, in alternativa, creerò dei neologismi...).
CitazioneL'astrazione per eccellenza è quella del linguaggio, e proprio il linguaggio (con la sua logica) è l'unico paradigma imprescindibile per il ragionamento (idealista o materialista che sia), ma già nel riconoscerne il funzionamento si ha qualche indizio per risolvere le sue apparenti aporie: se non mi fosse stato insegnato che esiste "il bello", o meglio, che si può parlare di un'esperienza/percezione come "bella", non mi si potrebbe porre la dialettica viziosa fra percezione-del-bello/criterio-della-bellezza.Io non penso che, pur essendo fondamentale per l'essere umano l'esperienza del linguaggio e che solo in questa dimensione linguistica comunicativa (intesa nel senso più ampio possibile) la questione può avere significato, ma nessuno insegna che esiste il bello o che una certa esperienza delle cose è bella come una diversa esperienza. Al massimo si insegna un vocabolo con cui poter comunicare il proprio sentire e non il sentire né il modo di sentire in esso la qualità. Questa mi pare piuttosto una disposizione originaria che potrà anche essere rimossa, ma che non si apprende e non si ricava per semplice induzione, ma semmai rende possibile ogni induzione.
Quindi, per me, tutto parte dal linguaggio, dall'acquisizione "eteronoma" delle sue parole-definizioni-concetti, per poi proseguire il laborioso tentativo di "calibrazione" del proprio vocabolario basandosi sull'esperienza.
P.s. In questa constatazione dell'egemonia della linguisticità, non scorgo traccia nè della metafisica, nè di paradossi...