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Messaggi - Apeiron

#646
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
26 Settembre 2017, 10:06:41 AM
@Sariputra, probabilmente avevo dormito male ieri, ti giuro che non ho proprio letto la parola "anatta" (e dire che la cosa mi aveva pure un po' sconvolto)  ;D  ;D  ;D  c'erano le tre caratteristiche scritte chiaro e tendo, che figura di m.... ;D  ;D ;D

Sì ok forse ho capito (finalmente) perchè si dice che "Nibbana è anatta" anche se ritengo la cosa non così evidente come sembra e nemmeno così "unica" come sembra - anche se il Dhamma come ben ti sforzi a far notare "trascende" ciò che hanno insegnato gli stessi Buddha, Sari ecc  ;D  Sulla questione dell'assolutismo "epistemologico" direi che è una conclusione necessaria e che risponde proprio alle mie domande sull'"infallibilità del Buddha", ossia che il Buddha è colui che oltre ad avere una conoscenza perfetta della Verità, è anche perfetto nel saperla insegnare (e più passa il tempo, più l'imperfezione dell'uomo fa in modo che quindi non si capisca più nulla del Dhamma ;) ). Poi il Dhamma non è realmente "relativo" come sostieni Sari, proprio perchè come si è detto secondo i buddisti la paticcasamuppada è universale. Ergo dire che la paticcasamuppada è relativa mi pare che sia un (mal) celato sofismo, completamente inutile (dire che il Dhamma insegnato dal Buddha è relativo al tempo in cui è stato esposto non è di certo una "prova" che la verità del paticcasamuppada sia relativa, anzi mi pare una conferma della sua assolutezza). A livello esperienziale, poi, come ben dici tu ovviamente è assolutismo.



La cosa interessante è se davvero l'anatta esclude ogni tipo di "assolutismo"... A mio giudizio NO. Per esempio non riesco sinceramente a ben distinguere la differenza tra la filosofia del Dao a quella buddista a parte che il Dao talvolta viene pensato come "principio". Ma se il Dao non viene pensato come "principio" non mi pare così diverso (non fraintendermi, so che è diverso ma credo che la diversità sia compatibile con il fatto che due saggi possono descrivere la medesima cosa in modo diverso).

O almeno rimane comunque un assolutismo metafisico nel senso di quel meraviglioso e particolare assolutismo del "tutte le cose sono in una e una cosa è in tutte le cose" o dell'interpenetrazione, come sostiene l'Avatamsaka sutra (che perarltro devo ancora leggere e probabilmente non riuscirò mai a leggere) e della filosofia Huayan - motivo per cui la "dissoluzione" dell'io non è solo dissoluzione ma anche "trascendenza" ;)

Inoltre secondo la mia interpretazione il buddismo ha come obbiettivo quello di "purificare" la mente, ossia togliere tutte le "cose in più" per ottenere una mente "perfetta", proprio come dicono i rappresentanti della Tradizione della Foresta Thailandese. E questa "mente" si è raffreddata perchè non fa più attività, non crea più nulla perchè non è più stabilita. Ma forse dire che il Parinibbana è un tipo di "mente" è troppo, ma è l'unico modo per cui io posso apprezzare il buddismo, perchè continuare a non "dire nulla sul Nibbana perchè è trascendente" mi pare che sia un ostacolo alla concretezza stessa del buddismo. E poi un certo supporto questa mia "teoria" la prende anche dal fatto che nella filosofia Mahayana l'idea torna con la "Natura di Buddha", presente in ogni essere senziente.



Per @Carlo "tutto è relativo" in senso metafisico, ossia che non puoi trovare una "cosa" che è ontologicamente separata dal "resto". Ma non è un relativismo (vedi la mia risposta al Sari)... il Dhamma è la Verità. O più precisamente se vuoi la parte "verbale" del Dhamma, l'assoluto "verbale" è a mio giudizio la teoria del paticcasamuppada, dell'originazione dipendente - se vuoi è la "mappa perfetta" con cui il Buddha ha descritto il territorio. E qui è presente l'infallibilità del Buddha (altro assolutismo, se vuoi) in quanto è solo per fede che posso accettare (a meno che non ne abbia avuto esperienza io stesso) la verità che "tutte le cose condizionate sono impermanenti" (per esempio) o la verità del paticcasamuppada - posso fare argomenti di natura scettica su tale principio ma ciò non toglie che in ultima analisi per coloro che non hanno ancora avuto tale esperienza, tutto ciò è da prendersi per fede (per quanto ragionevole o meno sia).

@Per quanto riguarda l'ecumenismo... sì sarebbe bello vedere una cosa con una simile chiarezza anche nel cristianesimo. Però c'è da dire che il Secondo Concilio forse ha ispirato quello buddista visto che quello buddista mi pare posteriore. Ma il problema di fondo è che per come è stato impostato il cristianesimo, con la rigida aderenza alla dottrina, la vedo dura. Per esempio nella pratica di tutti i cristiani potrebbe esserci la coltivazione dell'agape ma è utopia, secondo me.
#647
Scienza e Tecnologia / Re:Bob e Alice che stanno dicendo?
26 Settembre 2017, 09:36:36 AM
MARIO BARBELLA
Colgo l'occasione di questo post solo per ribadire la mia negazione nei confronti di chi solo osi supporre che l'IA possa agire sulla società oltre le conseguenze connesse al suo utilizzo, per esempio, se lavorassi con un martello automatico, da me realizzato, dovrei solo temere di  farmi del male per averlo costruito trascurando i principi tecnici di sicurezza in aggiunta  alle mie personali disattenzione ai rischi tecnologici.  Posso anche temere gli effetti socio/economici sempre più o meno indotti dagli sviluppi tecnologici, cosa che avviene ed avvenne sin dai tempi dell'invenzione della ruota, punto e basta, ma gia questo non è poco ma è diverso da  ciò cui alludono certe fregnacce che si sentono e si leggono, per esempio, sui media e anche nei discorsi tra amici. 


APEIRON
Anche se posso essere d'accordo sul fatto che noi non possiamo creare "qualcosa" più intelligente di noi, ritengo però doveroso precisare che se lasciati a sé stessi i computer potrebbero seguire le leggi dell'evoluzione (lo so è una speculazione ma credo che sia legittima). Motivo per cui ritengo che avere un monitoraggio su questi sistemi di IA non sia sbagliato, così come ritengo sia sbagliato volerli creare sempre più simili a noi.
Perciò pur essendo d'accordo con te che le nostre creazioni possano arrivare ad un certo livello di complessità, ritengo che se lasciate a sé stesse potrebbero evolversi e migliorarsi (ovviamente come hai ben capito non è il caso di Alice e Bob  ;D ).
Non vorrei arrivare ad un futuro alla "Balde Runner" o alla "Ghost in the Shell", che ritengo scenari possibili, seppur ancora lontanissimi.
#648
Più che altro @epicurus di "certezze" veramente "assolute" ce ne sono troppo poche per vivere solo di quelle  ;)
#649
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
25 Settembre 2017, 15:06:50 PM
Bel post sull'"ecumenismo" Sari  ;)
leggendo però mi sono accorto di tre cose che non mi tornano, seppur minori.

La prima è questa:
"Accettiamo la legge universale di causa ed effetto insegnata nel paticcasamuppada (origine interdipendente o genesi condizionata) e, in accordo con questo, affermiamo che tutto è relativo, interdipendente e interrelato e che niente nell'universo è assoluto, permanente e duraturo."
Trovo la cosa in genere molto interessante e non a caso il Buddha se non erro arrivò ad eguagliare la Verità del paticcasamuppada con la verità del Dhamma stesso, ossia che il "cuore" della dottrina è proprio quello. L'unico "Assoluto", si potrebbe dire, è proprio la paticcasamuppada (ritengo infatti la "vacuità della vacuità" un sofismo) in quanto una volta appresa tale nozione chiaramente uno "lascia andare tutto" e ottiene la resa che è una vittoria. Questo in realtà in un certo senso era implicito con quanto dicevo nella mia "spiegazione mitologica", ossia che per "sconfiggere Mara bisogna arrendersi". Ma anche questo a mio giudizio mostra come la filosofia greca e il buddismo sia diversi: ossia un greco (e anche io) avrebbe detto che v'è una cosa non "interidpendente", ossia che "tutto è interdipendente" - chi infatti capisce fino in fondo questa verità dopotutto per così dire ha una prospettiva su una Verità Assoluta. Ma nel buddismo l'ontologia dei concetti e delle verità non è mai stata sviluppata, a differenza per esempio della filosofia vedanta (motivo per cui ritengo la filosofia greca e indù per certi versi più "ricca"). In ogni caso nuovamente non mi è chiaro la differenza tra l'affermare che "tutto è interdipendente" con l'affermare che "tutto è uno e uno è in tutto" (come tra l'altro a ragione secondo me la scuola Huayan mahayana ha espresso chiaramente https://en.wikipedia.org/wiki/Huayan), verità che per un occidentale che cerca di comprendere la "teoria" non è così diversa dalle affini scuole vedanta e daoiste (non tutte ovviamente). Ossia in sostanza che "qualcosa" (che non è un vero "qualcosa"  ;D ) di assoluto (metafisico) c'è anche nel buddismo. Ma ritengo che tutto questo mio appunto sia una noiosa riflessione semantica.
In ogni caso è ben evidente come il buddismo anche se probabilmente non è un assolutismo metafisico (perchè nulla viene proclamato come "entità sostanziale assoluta") è comunque un assolutismo per quanto concerne l'esistenza di una Verità "assoluta", ossia è un "assolutismo epistemologico"


La seconda (e più importante) è quella sull'ideale Bodhisattva. Qui invece ritengo che le differenze tra le scuole siano abbastanza grosse. Il "giuramento del Bodhisattva" se non erro è una cosa molto comune nel buddismo mahayana mentre in quello theravada non c'è. Anzi i Thera mi paiono abbastanza critici per chi crede di essere capace di "salvare il prossimo" senza essere lui stesso "(quasi) salvo". Non a caso il buddismo mahayana è molto più incline ad ammettere "bodhisattva laici" mentre quello theravada l'insegnamento è quasi sempre fatto da monaci.

La terza: non vedo nominato il trittico anicca-dukkha-anatta, nella forma delle tre caratteristiche dell'esistenza  :o  forse perchè anche per qualcun altro - oltre a me -  questo passo del Dhammapada:
277: "tutte le cose condizionate (sankhara) sono impermanenti..."
278: "tutte le cose condizionate (sankhara) di per sé insoddisfacenti..."
279: "tutte le cose (dhamma) sono prive di sé..." (condizionate e non)
risulta problematico. Ossia che quel "dhamma" è un po' ingiustificato o comunque è un non-sequitor rispetto alla patticcasamuppada? :o
#650
Scienza e Tecnologia / Re:Le dimensioni dei buchi neri
25 Settembre 2017, 14:35:24 PM
Caro Essere Immortale ( complimenti per il nick ;D ):
hai ragione che le leggi della fisica nucleare non possono spiegare lo stato della materia nel buco nero. Il buco nero è previsto ogniqualvolta l'interazione gravitazionale è così forte da rendere instabile i gas quantistici, come il gas di neutroni. Si è tentato di usare modelli nuovi, per esempio  in teoria delle stringhe, ma è ancora tutto al livello di speculazione.

Per quanto riguarda l'informazione: la meccanica quantistica ha come postulato l'unitarietà (ma anche qui gente del calibro di Penrose dissente) e quindi l'informazione si DEVE preservare. Perciò visto che la radiazione di Hawking sembra disordinata si è teorizzato che ad esempio l'intera informazione degli oggetti che "cadono" nel buco rimane incollata alla superficie dell'orizzonte ma come dicevo prima sono tutte speculazioni...
#651
Scienza e Tecnologia / Re:Le dimensioni dei buchi neri
24 Settembre 2017, 19:51:41 PM
La nana bianca e la stella di neutroni sono formate da un gas (degenere) quantistico. Ergo essendo in uno stato di materia definito (e "conosciuto") sono influenzate dalle leggi della termodinamica note.

Il buco nero risente anch'esso della termodinamica e del fenomeno dell'evaporazione stando ad Hawking. Ma non c'è nessun modello teorico che descrive l'eventuale "stato della materia" di un buco nero, quindi ci si deve accontentare delle descrizione approssimate che si sono fatte da Hawkin in poi. Anzi per la relatività generale il buco nero è addirittura una singolarità e quindi andrebbe oltre ogni limite (personalmente non sono d'accordo con questo perchè non ritengo che nel mondo fisico ci siano davvero infiniti). Diciamo che le tue domande non hanno risposta anche perchè dei buchi neri non si sa quasi nulla di concreto, si hanno in genere solo speculazioni...
#652
Ammirevole il Post di Phil. Avrei voluto esprimere gli stessi concetti ma fortunatamente ci ha pensato qualcun altro più bravo di me 8)  riguardo al "ritratto" che fa Angelo del "filosofo" concordo con esso, ovviamente fino a quando avrò la Perfetta Realizzazione della Realtà (cioè mai  ;D )


@Carlo. Sul tuo primo paragrafo credo stavolta di essermi spiegato da cani io  ;D sì è vero, logicamente non serve una "mente perfetta" (=sempre infallibile) né tantomeno onnisciente per "svelare" gli arcani. Ma se scopro una "verità assoluta" (oltre ogni dubbio, valido per ogni osservatore ecc) allora la mia conoscenza di tale particolare verità sarà sì "perfetta/infallibile" altrimenti non avrei scoperto la "verità". Su questo posso ritenermi d'accordo con te, ossia che è logicamente possibile che una mente imperfetta (ossia non sempre infallibile) possa avere in certi ambiti una conoscenza chiara.


Sul tuo secondo paragrafo... beh diciamo che ci sono varie interpretazioni. Minkowski (e più tardi Einstein) riteneva che lo "spazio-tempo" era reale, altri no (io per quanto possa valere l'opinione di uno studente qualunque concordo con la seconda "scuola"). Anche perchè non c'è nessuna ragione per cui si può considerare la Relatività Generale una teoria "completa" e l'affermare l'esistenza ontologica dello spazio-tempo mi sembra tanto ragionevole quanto lo era nell'ottocento pensare all'esistenza dell'etere (ossia non poco, ma sappiamo poi come sono andate le cose...)  ;)  Riguardo al versetto biblico... sì credo che tale speranza sia in un certo senso condivisibile (e di fatto condivisa) anche da molti non-cristiani. La consapevolezza della propria ignoranza, ossia il senso del Mistero è certamente qualcosa di grande. Ma non nego di certo che anche io vorrei qualcosa in più  ;)
#653
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
24 Settembre 2017, 19:24:25 PM
Sari credo che il "mio vero sé" che trovo tra alcuni vedantini e alcuni daoisti (almeno a quanto mi pare di leggere nel Laozi e Zhuangzi) sia praticamente identico a quello che tu chiami "regno di consapevolezza non egoistica"  ;D concedo però che in ultima analisi da questo punto di vista il buddismo è mille volte più coerente delle tradizioni "affini" proprio perchè si fonda sulla dottrina dell'anatta/anatman/non-sé. Perchè se io chiamo "sé" ciò che rimane dopo aver tolto le "impurità" è una mia scelta arbitraria. Posso chiamare quel "regno" anche "sedia", "cavallo", "ragno" o "realtà ultima" ecc, la sostanza non cambia  ;D mi immagino che un advaitin (o qualcosa di simile) nel suo percorso spirituale del Neti-Neti faccia così: "queste forme sono impermanenti, quindi non sono il Sé; queste sensazioni sono impermanenti, quindi non sono il Sé; queste percezioni sono impermanenti, quindi non sono il Sé; queste fabbricazioni mentali sono impermanenti, quindi non sono il Sé; questa coscienza è impermanente, quindi non è il Sé". A livello del non-sé dei cinque aggregati ritengo che non ci sia davvero differenza tra i due approcci. Quello che cambia è questo.


Questo è quello che penso: ai tempi del Buddha sia in India che in Cina (ma anche altrove) andava di moda la ricerca dell'Immortalità, ossia andava di moda cercare una Via per la Liberazione da sofferenza, vecchiaia, avversioni, ignoranza (più precisamente direi "delirio")... E andava di moda l'idea che la Liberazione era ottenuta tramite un "Risveglio" in cui si capiva la "vera natura di sé stessi e della realtà". Così si sono formati in India i Sramana, la tradizione di asceti che appunto cercava la Realizzazione. E da questi asceti (o simili) sono nati il giainismo, molta filosofia indù e il buddismo. Ora quello che è bene notare è che in tutti questi casi la "salvezza" dalla Morte (nel buddismo Mara https://en.wikipedia.org/wiki/Mara_(demon) descrizione in inglese) arrivava grazie a questo "lampo", questa "chiara realizzazione" che toglieva tutto le catene del "delirio". Ottenuta questa Realizzazione quello che si arrivava ad avere era una Mente Libera. Ma mentre nel caso delle altre tradizioni i "presunti realizzati" parlavano di un Io (ossia quello che interpreto io è che c'è ancora un senso di "io-mio"), il nostro Buddha (=Risvegliato) ha ritenuto che questa Realtà, questa "Vera Natura" era "senza-io", ossia senza OGNI senso di "Io/Mio" e il risultato era che si aveva una Perfezione oltre che conoscitiva della Realtà Ultima anche etica e di compassione (invito a leggere https://www.piandeiciliegi.it/it/testi-e-documenti/52-metta-sutta). Buddha ovviamente - stando ovviamente al buddismo - era un "Risvegliato" perchè ha conosciuto questa Realtà e quindi anche la Verità (Dhamma). Ma la "specialità" del Buddha è che oltre ad essere riuscito a trovare la "Via" giusta è riuscito anche nel suo intento di insegnare la Via/Cammino/Sentiero ad altri esseri senzienti (per lo meno umani e deva che potevano capirlo). L'"unicità" del Buddismo è che appunto la Destinazione è quella "dimensione" dove non v'è più senso di "io" e di "mio" ossia di "distinzioni" e inoltre da questo punto di vista il Dhamma così come è tramandato oggi mi pare coerente.


Analizziamo ora ad esempio il Daoismo. Secondo Zhuangzi (parafraso la citazione di qualche post fa) "gli antichi non conoscevano distinzioni tra le cose", secondo Laozi bisognava essere come il Supremo Dao (Via) ossia "indistinto, senza desideri, semplice...". Ma vi è un'incoerenza se vogliamo. Infatti mentre il buddismo rigetta ogni distinzione (ogni "io/mio") parte della filosofia daoista e della filosofia vedanta invece sembra promettere una "immortalità" personale, ossia intesa come un "vero io" che sopravvive con ancora il senso di "io e mio". Ma un'analisi più precisa a mio giudizio mette in luce più analogie che differenze. In tutti e tre i casi in realtà l'io/mio viene trasceso. Questo "processo" di trascendenza ci "nasconde" dalla Morte:
"Così se ci fosse una casa con un tetto o una sala con un tetto che abbia finestre a nord, a sud o ad est. Quando il sole sorge, ed un raggio entra dalla finestra, dove si stabilisce? "
"Sul muro di ponente, signore."

"E se non c'è muro di ponente, dove si stabilisce? "

"Sul pavimento, signore."

"E se non c'è pavimento, dove si stabilisce? "

"Sull'acqua, signore."

"E se non c'è acqua, dove si stabilisce? "

"Non si stabilisce, signore."

"Allo stesso modo, dove non c'è desiderio per il nutrimento di cibo fisico, dove non c'è piacere, nessuna brama, allora la coscienza non si stabilisce e non cresce. Dove la coscienza non si stabilisce, il nome e la forma non si sviluppano. Dove il nome e la forma non si sviluppano, non c'è nessuna crescita delle predisposizioni karmiche. Dove non c'è crescita delle predisposizioni karmiche, non si genera il divenire per una nuova rinascita. Dove non si genera il divenire per una nuova rinascita, non c'è nascita , vecchiaia e morte. Quindi, vi dico, nessun dolore, afflizione o disperazione." (Atthi Raga Sutta, Samyutta Nikaya http://www.canonepali.net/sn-12-64-atthi-raga-sutta-dove-ce-avidita/)
La Morte ci trova fino a quando ci "stabiliamo" su qualcosa, fino a quando decretiamo che qualcosa è "mio" (o "io"). Ora: il buddismo ci sta dicendo anche che metafisicamente non c'è una realtà "eterna"? A mio giudizio NO. Perchè? Anzitutto c'è la "Verità Eterna" del Dhamma che usa il concetto di "eternità" per dire che "nulla è eterno"  ;D e inoltre alla domanda se "il cosmo è eterno" il Buddha non rispose né sì né no perchè il Dhamma "vale" in entrambi i casi. L'importante è arrivare alla Mente Libera, che come il raggio di luce "non si stabilisce".
Ma è davvero così diverso questo insegnamento da quello affine di certa filosofia indù e certa filosofia cinese? A mio giudizio no. Ma ciò non toglie che sulla descrizione del buddismo mi pare che il Sari sia corretto  ;)



Per Carlo. La differenza con la "bhakti", il sentiero "devozionale", è che la relazione con l'Assoluto in questi casi non è più una reazione tra due persone distinte. Quando una persona è devota ad un Dio Personale c'è una devozione tra l'"io" e il "Tu", l'"Altro". Volendo per certi versi la bhakti è anche più ricca visto che sia chi ha un Dio Impersonale, sia chi è vedantin, daoista o buddista in fin dei conti non può né inginocchiarsi a Qualcuno ma soprattuto non può ringraziare Qualcuno o servire Qualcuno (dando così se volgiamo significato alla propria vita). L'obbiettivo delle tradizioni devozionali (cristianesimo compreso) è una relazione con la Persona e quindi c'è ancora necessariamente un "io". Nelle tradizioni come il buddismo invece non si ha la fede che un Dio Personale possa salvare (ancora volendo dalla "Morte", vedi Paolo che dice: "l'ultimo nemico è la Morte"). La salvezza in questi casi è data dalla Realizzazione. Tuttavia ciò non toglie che tradizioni come il buddismo non contemplino una sorta di "storia universale" (vedi i Buddha passati e futuri che insegnano il Dhamma per salvare gli esseri senzienti), realtà "oltre i nostri sensi", entità infallibili (Arhat), Verità Assolute ecc. Una prospettiva "razionalistica" anche se può comprendere a livello concettuale la realtà dell'anatta non riuscirà mai ad essere come il buddismo proprio perchè manca tutta questa "storia" in più... Ritengo che il Pierinismo sia più vicino alla "bhakti"  ;)


P.S.

Per quanto riguarda le esperienze... anche io a volte mi sono sentito come se il "mio io si dissolvesse" o come se "tutto è collegato". Ma è anche vero che io sono strano e ho anche seriamente avuto la sensazione che "viviamo un po' come in un Libro che si sta scrivendo e ognuno di noi è un personaggio che può dare un contributo nella Storia" o "un po' come un nodo (non apparente come nel buddismo) nella Rete di relazioni della realtà" ecc. Ancora quindi non ho deciso quale "verità" fa per me: se per me è meglio un approccio "bhakti", simil-buddista, simil-vedantin ecc. Tutti mi sembrano che abbiano il loro valore. Tra le mie esperienze che ho citato solo la prima è geniunamente "compatibile con il (la dottrina del) buddismo". Il resto NO.

P.S.P.S Sari aggiungo due cosette. Primo concordo col maestro di meditazione che hai citato (e dice cose attribuite al Buddha stesso e anche al suo braccio destro, il Generale del Dhamma Sari ;) ). Secondo: il problema dell'epicureismo è che il buddismo è molto più ricco, non è materialista, il suo scopo va oltre la sola "ataraxia" perchè "promette" anche la perfezione etica oltre che quella del risveglio (e della conoscenza del Dhamma). Motivo per cui ritengo paradossalmente il buddismo più simile a Platone rispetto all'epicureismo (tranne ovviamente che sull'esistenza dell'anima)
#654
@Carlo grazie della risposta sulla relatività con la quale bene o male concordo. Ecco la "fallibilità di ogni fallibilismo" è proprio quello che con il mio esempio volevo evitare: nella relatività ristretta c'è una "realtà" di base (quella empirica) su cui ci si confronta, una verità concettuale (la "veritas") che fa da "assoluto" "epistemologico" e infine una realtà metafisica (lo spazio-tempo) "assoluta" sulla quale si può discutere se davvero "ci sia" o "no" (ossia se è "reale" o solo una concettualizzazione).  Un fallibilista respira, corre ecc come ogni altro uomo  ;D quindi negare una realtà empirica condivisa è ovviamente completamente errato. Un fallibilista inoltre arriva certamente a dire che "esiste la verità" (altrimenti non si potrebbe nemmeno dire quando uno sbaglia  ;) ) ma rimane il problema sulla terza "componente" metafisica: davvero posso dire che lo "spazio-tempo" è fisico? A mio giudizio no, è qualcosa che non posso sapere, non ho una mente sufficientemente "perfetta" per stabilire una cosa del genere. Ovviamente oggi la relatività ristretta è superata e quindi anche il concetto di "assoluto epistemologico" e di "realtà metafisica" della relatività ristretta sono datati ecc Ergo: l'assolutismo ha vari livelli. Alcuni sembrano "relativismo" ma non lo sono. Sembra che uno dichiari la "fallibilità di ogni fallibilismo". Ma non lo fa.

Riguardo al tono delle discussioni vorrei dire la mia. Va bene la vivacità e anche a volte l'irruenza nelle discussioni. Sarei ipocrita a dire che io non sono mai stato eccessivamente irruente. Come ho detto capita. Ma quello che a noi può sembrare una battuta piacevole o un confronto molto vivace ma allo stesso tempo costruttivo può veramente dare fastidio a qualcuno. E sinceramente se uno rende manifesto il fatto che non sopporta certe espressioni, credo che abbia tutto il diritto di farlo. Se uno manifesta questo, secondo me è giusto rispettare la sua volontà e cambiare il tono di discussione. Su questo concordo più con @Sariputra che con @sgiombo e @Carlo perchè se anche è vero che la Verità "trascende" i nostri post e da "filosofi" dovremmo metterla al primo posto rispetto alla "verità" che esponiamo, ritengo però che questo non giustifichi un'ecccessiva "animosità" delle discussioni. Se uno non vuole discutere in modo troppo "irruente" ha tutto il diritto per farlo ed escluderlo solo per quello secondo me è eccessivo. Anche se concordo che nella stra-grande maggioranza dei casi tali irruenza venga interpretata in modo errato, attribuendole una "malizia" che non c'è. Non sono favorevole al buonismo - perchè col buonismo non si fanno nemmeno le discussioni e non si può criticare nulla - ma ho cercato di dare consigli pratici per fare in modo di discutere con persone diverse. Quello che a me sembra essere una battutina ad un altro può sembrare un insulto. Se leggo "secondo me hai scritto una scemenza..." è ben diverso da leggere "scrivi scemenze..." oppure ancora peggio "sei scemo se credi che..." (ovviamente questi sono solo esempi, non sto citando frasi effettivamente apparse in queste discussioni, ma servono per far capire...): si può offendere anche se il termine "scemo" era inteso scherzosamente.

SGIOMBO
Personalmente se però dovessi scegliere quale rischio correre maggiormente, preferirei quello di essere troppo poco, piuttosto che troppo diplomatico; credo infatti che ci si possa comunque intendere "a posteriori", riconoscere di avere esagerato nell' urtare la sensibilità dell' interlocutore (e se é il caso chiedere scusa), mentre se ci si autocensura per "eccesso di delicatezza" possibili interessanti argomenti potrebbero "restare nel cassetto" e non é detto si presentino nuove occasioni di "tirarli fuori".
APEIRON
Anzitutto le emoticon sono le faccine  ;D  ;D  ;D va bene magari correre il rischio di "essere troppo poco diplomatici" ma questo non deve togliere la consapevolezza che ci può far "riconoscere di avere esagerato nell' urtare la sensibilità dell' interlocutore (e se é il caso chiedere scusa)". In ogni caso siamo su un Forum pubblico visto da, si spera, molti utenti e il "tono" delle discussioni può anche allontare le persone da un sito. Quindi secondo me bisogna sempre cercare di essere moderati nelle discussione. A volte non è possibile e l'eccesso è "umano" ma ritengo che molti "ecccessi" si possano evitare. Tutto ovviamente IMHO ("in my humble opinion"/"secondo la mia umile opinione" come scrivono nei forum americani talvolta anche per non litigare).  

@Angelo comunque secondo me hai molto da donare a questo Forum, il tuo contributo è molto prezioso. Ti prego di ritornare a scrivere. Secondo me hai letto più "violenza" di quella presente nelle intenzioni di Carlo.

P.S. Il mio discorso è a carattere molto generale, vuole essere una riflessione di ampio spazio che può essere utile anche in questo caso particolare. Quello che volevo mettere in evidenza è che l'irruenza talvolta può generare equivoci, come ritengo sia stato questo il caso.
#655
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
22 Settembre 2017, 23:14:01 PM
Concordo sulle distinzioni così come a quanto pare concordava Zhuangzi: "La comprensione degli uomini nei tempi antichi andava davvero lontano! Quanto? Al punto che alcuni di essi credevano che le cose non erano mai esistite - così lontano, verso quel termine, dove niente può essere aggiunto. Quelli al livello subito inferiore pensavano che le cose esistevano ma non avevano confini tra di loro."  ;)  La vacuità come giustamente affermi tu può in effetti "portare" a ciò "che c'è di più alto".

[per dire la somiglianza tra daoismo e buddismo. Di recente ho trovato molto simili l'espressione di "tathagata libero da ogni classificazione" e il concetto daoista "libertà senza nomi e senza desideri" (pu, legno non scolpito).]


Se tutto è perfetto "vuoto" allora è chiaro che non ci sono distinzioni (ossia la Mente non distingue più tra l'io e il non-io) e l'esperienza della realtà diventa immediata, immacolata ecc. Tuttavia quando leggo che Advaita dice "il Vero Sé è Brahman" non mi pare così diverso dal buddismo proprio perchè ci viene detto dalla stessa filosofia advaitin che tale "sé" è senza "senso del sé". Ora visto che al Parinibbana del Buddha l'universo non è "finito" e lo spirito del Buddha non è andato in un altro universo, allora sincertamente non vedo molta differenza -a livello "fenomenico" (so che la parola è sbagliata) - tra "l'unione/riassorbimento con/in Brahman", il Pari-nibbana, e il "ritorno al Dao" o al "Wu" (nulla). Addirittura la filosofia vedanta ci viene a dire che lo stato di "unione" è per così dire "più pacifica di un sonno senza sonni"  ;D  - al che si potrebbe obbiettare che allora Brahman è il Nulla e leggo "Brahman è il Vuoto"  ;D... sarò "eternalista" io ma sinceramente non vedo una vera distinzione tra queste cose a livello ultimo. Ben diverso però - questo te lo concedo - è che la descrizione di tale "processo" è totalmente diversa. Secondo me il rischio delle filosofie "eternalistiche" è proprio quello che non si "cessa" il senso di "Io" e "Mio" e anzi invece di inginocchiarsi e togliere l'"io" individuale si finisce per avere una sorta di "mania di grandezza", ossia per esempio credersi uguali all'universo (e quindi "tutto è mio"), cosa che Buddha esplicitamente nega. Tuttavia il grande equivoco nasce secondo me dal fatto che mentre gli indù in genere descrivono il loro sentiero come "una ricerca del vero io" i buddisti descrivono il loro sentiero come "una ricerca della liberazione dall'io" - nozioni che sono superficialmente contrastanti ma che a mio giudizio non sono poi così distanti: in entrambi i casi l'obbiettivo è rimuovere "il falso io". In genere credo che ci sia un equivoco e che quando Buddha parla di "io" parli veramente di una "mente con senso del sé" mentre un indù ha in mente l'io come "qualcosa". Entrambi usano gli stessi termini ma in modo diverso. Da entrambi differisce di molto il gianismo nel quale è l'anima individuale a liberarsi, anche se forse anche in questo caso "il senso del sé viene elimitato"  ;D  Il punto è che in sostanza per un buddista le dottrine delle altre tradizioni in realtà possono essere anche "vere" ma l'unica che "libera" è quella buddista, proprio perchè mentre nel caso del daoismo uno comunque ha il "concetto del Dao" in mente, nel buddismo la mente è libera sia da oggetto che da soggetto. Schopenhauer intuì questo nella citazione che ho riportato nella risposta #46. Il buddismo perciò potrebbe essere la "retta visione" non perchè "è una teoria" ma perchè è un metodo per raggiungere quel "nulla", quella "cessazione", di cui parlano anche le altre tradizioni. Per quanto mi riguarda il vantaggio del buddismo è che nei millenni ha mantenuto molto bene le pratiche meditative mentre la filosofia vedanta non ha mai raggiunto tale sistematicità e ancora di meno il daoismo. Ma a livello di "dottrina", a livello di "intuizione", probabilmente sono agli stessi livelli e non riesco a preferirne davvero uno rispetto agli altri - da questo punto di vista la storia degli uomini ciechi con l'elefante potrebbe essere illuminante. Oppure è solo "apofenia" e sto accumulando "cattivo karma" ;D però quando uno vede le connessioni tra le idee difficilmente se ne sta zitto... ossia quando uno vede espressioni come "Brahman è il vuoto", "più pacifico del sonno senza sogni", "il Dao in eterno non agisce", "semplicità senza nomi è senza desideri", "il saggio desidera di non desiderare", "attieniti al supremo non-essere, stai nella massima calma", "Cessazione", "Vacuità" ecc non ci vedo questa grande differenza  ;) Dal punto di vista dottrinale "reintrodurre" il Sé mi sembra un "peccato" molto minore di chi ad esempio "toglie" sostanzialità al Nirvana così tanto da rimanere col Nulla inteso come lo intendiamo noi in occidente ;)


P.S. Mi è venuto in mente l'idea che il daoismo sia originato da una qualche filosofia di indiana. Mi pare troppo diverso da tutte le altre tradizioni cinesi ma forse anche questa è "apofenia" ::)
#656
Grazie @Angelo Cannata, per la chiarezza, come sempre  ;)  come dici tu il problema sta nelle definizioni. Per "relativismo" intendo qualcosa di ben preciso io, quello che tu ritieni "relativismo" per me non lo è (per ragioni che ha già ben spiegato il filosofo Sari, quindi non ripeterò le sue argomentazioni  8) ), quindi per me sei salvo  ;D Ritengo tale parola un po' imprecisa e fonte di confusione e per questo critico la letteratura che ci sta dietro


Quello che segue non vuole essere davvero una chiarificazione della mia posizione che c'è già stata nelle risposte #51 e #57 date dall'ottimo Sari. Vorrei però spostare l'attenzione sul come la parola "relativismo" (e quindi "assolutismo") viene utilizzata, in particolar modo da @Carlo visto che bene o male @Angelo ha spiegato come e perchè usa tale parola.  

Forse l'origine novecentesca della parola relativismo quale sarà?... sarà forse legata ad un certo Einstein  ;D ?...sarà forse deriva dalla fisica, in particolare -  voglio fare il simpaticone  ;D - dalla relatività ristretta? Nella relatività ristretta le misure di intervalli di tempo e distanze sono relative ai sistemi di riferimento, tuttavia vi è una ben precisa relazione tra le misure fatte da osservatori diversi data dal formalismo delle Trasformazioni di Lorentz. Quindi sì in un certo senso la teoria della relatività è "relativistica" perchè ogni osservatore (ogni "soggetto") vede la sua (come dice @AngeloCannata bisogna tener conto del soggetto). Ogni osservatore perciò vede la realtà a modo suo, secondo la sua angolazione. Ma allo stesso tempo il relativismo viene "trasceso" quando si passa dalla prospettiva singolare dell'osservatore alle relazioni matematiche tra le misure dei vari osservatori. Infatti mentre ad esempio l'intervallo temporale e l'intervallo spaziale (che sono, si badi bene, le osservabili) l'intervallo spazio-temporale (che è una combinazione matematica di osservabili, ma non è una "vera osservabile") è un invariante tra i sistemi di riferimento. Mentre il relativismo, per come lo intendo io, negherebbe l'esistenza di invarianti con tutti i problemi annessi, il fallibilismo invece non lo fa anche se sostiene che questi invarianti possono essere - anche in eterno - a noi ignoti (nel caso della relatività ristretta nessuno si era mai immaginato di "calcolare" l'intervallo spazio-temporale). Ovviamente da buon fallibilista uno deve anche ritenere che gli invarianti finora scoperti potrebbero in futuro essere smentiti, visto che si deve tener conto del soggetto che fa tali teorie (ovviamente abbiamo limitazioni di vario tipo, non siamo onniscenti, non abbiamo una mente infallibile, abbiamo una certa biologia ecc). Vorrei chiedere in particolare a @Carlo (e a chiunque voglia rispondere, ma specialmente a @Carlo) se ritiene la relatività ristretta una forma di: relativismo? assolutismo? fallibilismo? e perchè.



FUORI TEMA (chiedo perdono in anticipo ai moderatori... ma visto il livello di conflitto che ha raggiunto la discussione vorrei - se mi è concesso - fare una riflessione sul linguaggio utilizzato in questa discussione).

@Carlo ti ripeto che è normale che in un Forum di filosofia avere molte opinioni che contrastano la nostra, motivo per cui talvolta si finisce di discutere anche animatamente su apparenti "ovvietà" per vari motivi, tra cui l'equivoco (ossia utilizzare parole uguali per significati diversi ecc). Ho già avuto modo di discutere con te su un certo aspetto e dopo un periodo di tempo ho realizzato e apprezzato qualche posizione del "Pierinismo" (scusa ma questo termine mi piace troppo  ;D ). Abbiamo avuto anche noi due contrasti accesi ma per quanto mi riguarda qualcosa io ho imparato e spero che i miei messaggi siano stati altrettanto utili per te. Tuttavia certe espressioni che usi possono risultare offensive e ciò rischia di inficiare la "resa" (l'apprezzamento di cui parlavo prima) delle discussioni stesse. Te lo dico senza alcuna malizia (o almeno spero  ;D ) da parte mia. Un consiglio.

@A_Tutti Il problema ovviamente non è solo di @Carlo, ad ognuno di noi può capitare di essere "eccessivo" senza accorgersene, tuttavia è un peccato che discussioni interessanti vengano tagliate per questi motivi. La comunicazione scritta è limitata da questo punto di vista e quindi più sensibile di essere intrepretata in modo diverso dall'intenzione di chi scrive. Una battuta per esempio può essere vista come un insulto (motivo per cui, tra l'altro, esistono le emoticons....), un'osservazione innocente come un'insolenza, un commento un po' irruento come un attacco ad-personam. Ritengo che emoticons o frasi come "non prenderla sul personale", "in amicizia" ecc potrebbero aiutare.
#657
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
21 Settembre 2017, 22:56:06 PM
Grazie ancora Sariputra  ;) 

Il problema in genere degli Assoluti è che essi sono al tempo stesso "conoscibili" e "non conoscibili". Questo è un problema perchè ci costringe al tempo stesso di parlarne ma evidenziare che le nostre parole non sono altro che un "andare a tentoni". Eppure è l'unico modo per "far capire" questi "(psuedo)-concetti" a noi poveri esseri ingabbiati da Mara  :( . Un punto a favore del buddismo potrebbe essere, per assurdo, il fatto che non è per niente comprensibile dall'uomo mentre in genere nelle altre tradizioni l'Assoluto ha sempre una qualche "narrativa" associate: la Sorgente delle Cose, "Dio creò" ecc. Tutto questo nel buddismo non c'è eppure nel buddismo le descrizioni positive del Nibbana sono: "il Rifugio", "l'Oltre", "la Pace" ecc ossia tutti termini presenti anche altrove [E la Pace come tu mi fai notare è la Cessazione, così come quando bevo smetto di avere sete]. Sulla parte destruens il buddismo è qualcosa di estremamente rigoroso e severo: ogni metafisica viene analizzata e rifiutata con una "violenza" (lasciami usare questo termine) unica. L'apofatismo d'altronde è proprio questo: mostrare che i concetti che noi utilizziamo sono dopotutto insufficienti. Tuttavia il problema dell'apofatismo è che rischia di esagerare: non "capirò" mai l'infinito matematico eppure lo uso tutti i giorni nei miei conti - devo per così dire considerarlo come un "numero" anche se come numero è diverso da tutti gli altri. Allo stesso modo il sospetto che mi viene è che utilizzare una "visione" così "rigorista" del Nibbana, ossia rifiutare ogni "concettualizzazione" (ossia ogni "narrativa" - il "Dao" per esempio pur essendo "ineffabile" ci viene detto qualcosa, anche se ovviamente nemmeno quello che ci viene detto esaurisce il Dao...) perchè è una "realtà troppo trascendente" finisce per perdere la concretezza che lo stesso buddismo sostiene di utilizzare. Così ad esempio se uno mi chiede "cos'è il Nibbana?" probabilmente gli risponderò è "la Natura di Buddha, un "qualcosa" che è diverso da ogni "qualcosa"". Se gli rispondo quello che dici tu, credo, l'effetto non sarebbe troppo diverso. Il problema di togliere la "metafisica", la "realtà" dietro ai concetti è che anche il Dhamma, per assurdo, rischia di divenire qualcosa di astratto. Togliere "ogni narrativa" finisce per allontanarci da queste "realtà" trascendenti ancora di più. Motivo per cui sono personalmente convinto che l'anatta sia una "guida per la pratica" più che un'affermazione sulla realtà - ossia un "upaya", un mezzo per progredire nella meditazione, come potrebbero affermare i Mahayana. Perchè dire che "anatta= negazione dell'esistenza del sé" è a mio giudizio non molto diverso che parlare del'atta. Se io chiamo la "Mente del Buddha"  "atta/atman/"vero io"" in fin dei conti finisco per usare una parola "atta" diversa da "Mente del Buddha". Il risultato è però lo stesso - o almeno a me pare così. La veemenza con cui storicamente sono stati malvisti coloro che parlavano di "vero io" secondo me è infondata - così come la veemenza di chi critica il buddismo per l'anatta è infondata. Personalmente ritengo Buddha "più vicino" alla filosofia Vedanta rispetto per esempio all'epicureismo. Mentre per esempio la filosofia Vedanta riesce a darmi l'idea di una filosofia contemplativa (la bellezza, l'ordine, l'armonia delle cose per esempio...) l'epicureismo mi sembra una "filosofia pratica" per chi non è ancora disposto a "contemplare". 

Sul discorso che dici tu sul fatto che il Nibbana è "troppo trascendente": sì il rischio è un allontanamento ancora maggiore, il rischio è quello di non essere più smossi. Ma per esperienza personale mi sembra di vedere che chi più fa introspezione più è consapevole dei propri limiti e quindi è consapevole di quanto sia distante dalla "perfezione". Ora non so dire se è perchè manca l'allenamento, perchè ormai la capacità di recepire il Dhamma è diminuita, se è perchè non siamo inseriti nel mito o se è perchè il Buddha - inteso come essere infallibile e non come "persona storica" - è una leggenda e Siddharta Gotama, l'uomo in carne ed ossa, in realtà è stato preso come "modello". Non lo so. 

Sul rapporto buddismo-scienza qui sinceramente vedo una sorta di "incompatibilità" che mi suggerisce che forse il Buddha storico quando parlava di anatta ecc probabilmente parlava di tecniche meditative più che di vere e proprie "affermazioni sulla realtà". Infatti secondo (per esempio) Einstein:
La cosa più lontana dalla nostra esperienza è ciò che è misterioso. È l'emozione fondamentale accanto alla culla della vera arte e della vera scienza. Chi non lo conosce e non è più in grado di meravigliarsi, e non prova più stupore, è come morto, una candela spenta da un soffio. Fu l'esperienza del mistero – seppure mista alla paura – che generò la religione. Sapere dell'esistenza di qualcosa che non possiamo penetrare, sapere della manifestazione della ragione più profonda e della più radiosa bellezza, accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più elementari

A me basta il mistero dell'eternità della vita e la vaga idea della meravigliosa struttura della realtà, insieme allo sforzo individuale per comprendere un frammento, anche il più piccino, della ragione che si manifesta nella natura.

Potremmo dire che «l'eterno mistero del mondo è la sua comprensibilità»

Ora mentre posso aspettarmi che per esempio un vedantino o un platonista possano essere d'accordo con queste frasi. Non riesco però a immaginarmi come questo tipo di riflessioni possano essere apprezzate in un contesto buddista. A me le suttas sembrano proprio ignorare la questione del fatto che il mondo appare come ordinato, regolare ecc. E almeno io non riesco a notare quel "senso di mistero" che "ci scalda i cuori" di cui anche Einstein parlava. Anche riflessioni come queste personalmente mi rendono difficile l'allontanamento da un qualche tipo di "eternalismo". Maledetto dubbio  ;D  Sari, ti chiedo, conosci se qualche scritto buddista parla della "comprensibilità del mondo"?
#658
@Angelo Cannata: quello che stai descrivendo è molto simile al fallibilismo.
Il relativismo nega l'esistenza di una prospettiva che "include" tutte le prospettive, cosa che mi sembra impossibile. Il relativismo non può essere dimostrato. Ma un fallibilista è ben coscio dell'importanza del soggetto  ;)
#659
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
20 Settembre 2017, 13:10:08 PM
@Carlo: sì in questi ultimi post mi sono messo a sottolineare la componente mitica. Certamente tu da questo punto di vista ne sai più di me e mi sono piaciuti i tuoi contributi (Anche su Maia e Maria - a volte comincio a pensare che l'assonanza linguistica sia per così dire indice di una connessione profonda... il problema è che anche l'apofenia a volte fa brutti scherzi  :P  ovviamente sono d'accordo con te che i miti di base si somigliano e anche parecchio. Pensa che in Cina sono riusciti a ritenere che Laozi era una sorta di incarnazione del Dao stesso, anche se una cosa del genere non è nemmeno accennata nei primi scritti "daoisti", motivi per cui sono scettico dell'esistenza di una religione daoista... ma questo fa notare come una "sorta di incarnazione dell'Assoluto" in realtà è un "archetipo", per usare parole jughiane, molto diffuso). In ogni caso sulla questione del Logos incarnato... sì puoi dire che l'insegnamento "a parole" del Buddha è il "Dhamma nel Logos umano" ma mentre l'idea buddista è quella di "oltre-passare" la condizione umana nel caso del cristianesimo l'idea a mio giudizio è quasi opposta, ossia che la vita "carnale" è molto importante tant'è che Dio stesso si è incarnato. Ovviamente sul fatto che ci sia una somiglianza tra "chi vede il Dhamma vede me (e viceversa)" e "chi vede me vede il Padre" ed espressioni simili trovate nelle scritture su Krsna è innegabile: l'idea è che in qualche modo l'Assoluto sia per così dire "a contatto" col relativo, il Perfetto è a contatto con l'imperfetto ecc. Su queste idee la mia personale filosofia si trova d'accordo proprio perchè ritengo, come scritto più o meno qui https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/ateismo-e-proiezione-umana-di-dio/, che l'Assoluto è qualcosa per cui possiamo avere un qualche tipo di relazione almeno dal punto di vista contemplativo (come oggetto di meditazione o come oggetto di contemplazione "apofatica"). Ti consiglio di leggerti qualcosa sulla scuola Huayen del buddismo cinese (il concetto di "interpenetrazione tra Assoluto e Relativo").

@Sariputra, ti ringrazio della pazienza e del chiaro contributo ma come puoi immaginare la "mia mente di scimmia" (come direbbe un maestro Zen mentre mi bacchetta  ;D ), quella mia tendenza a "mettere in discussione tutto" ovviamente ha qualcosa da dire.  Il problema è che il concetto di "eternalismo" secondo me è riferito al sé, ossia è un concetto non-metafisico. Quando il buddhismo nega l'eternalismo non mi sembra intenzionato a negare una Sostanza "metafisica", ossia il Dhamma mi pare essere uno studio incredibilmente accurato della mente. Ergo: l'anatta non mi pare una negazione dell'esistenza di un Essere quanto invece uno stato della mente, ossia quando smette di "avere un senso del sé" (cosa che fin qui accomuna il buddhismo con altre tradizioni). Leggo "ogni cosa condizionata è anicca, quindi è dukkha, quindi è anatta" e leggo che "le cose condizionate sono formate dagli aggregati" e leggo "chiunque abbia formulato una teoria concernente l'esistenza di un atta ha identificato il sé con uno dei cinque aggregati, ossia con qualcosa di condizionato". Viceversa Buddha cercò e trovò stando alle suttas, sutras e alle scuole l'elemento "incondizionato". Sankhara nella sua Advaita riconobbe che il mondo "relativo" è anicca, dukkha e anatta ma disse che l'incondizionato è "Sé" polemizzando con i buddhisti perchè l'induismo aveva come primo assioma l'esistenza del sé. Ora quando io confronto i due sistemi mi sembra di trovare un equivoco abbastanza assurdo: il Nibbana è incondizionato e "senza sé" mentre Nirguna Brahman è incondizionato ma è "un sé". Gli Advaitin poi affermano che il "saggio" è "senza senso del sé". Zhuangzi ci dice che "l'uomo perfetto (quando si accorda al Dao) è senza sé". Sarà la mia apofenia (la tendenza a riconoscere schemi nelle cose - che può essere anche erronea ovviamente) ma a mio giudizio tutte queste tradizioni puntano ad una analoga (non "uguale" ma "analoga") "verità ultima", seppur per vie differenti.* Ora il rigetto di ogni forma di eternalismo "metafisico" a me sembra fuori tema, anche perchè quando gli fu chiesto a Buddha "il cosmo è perpetuo (più che "eterno", preferirsco "perpetuo")?", lui non rispose. Mentre infatti la dottrina delle rinascite volendo può essere riferita solo ad una verità della mente ben diverso è fare affermazioni su "qualcosa di esterno" e coerentemente non ne ha fatte. Quello che non mi convince in sostanza è che proprio l'uso indiscriminato della "teoria dell'anatta". Stando ad essa gli Sautatrinka hanno ragione (e la cosa per me è inacettabile, come posso ritenere che il Nulla sia qualcosa a cui portare riverenza e dare importanza?): "tutto il contenuto dell'esperienza, una volta abbandonato, diverrà freddo: rimangono solo i resti corporali" - i Sautantrika erano per così dire epicurei proprio perchè negavano l'esistenza di qualcosa di trascendente, oltre i cinque aggregati.  Ma la Sautratrinka mi sembra qualcosa di molto banale (e chi attira se non i devoti del Nulla? Schopenhauer a confronto era un ottimista  ;D ), non posso inginocchiarmi, non posso ritenere l'obbiettivo dei Sautrantrika una "resa che è una vittoria" bensì solo una "resa". E ahimé dal punto di vista logico i Sautratrinka sono impeccabili perchè d'altronde "tutto si raffredda, rimangono solo i resti corporali", loro d'altronde erano ben chiari sul fatto che un Assolutismo fondato solo su una Verità Assoluta (il Dhamma) senza un Assoluto "reale-sostanziale" non può essere nient'altro che un nichilsimo metafisico - ossia se la Realtà Ultima non è "qualcosa" allora è "niente" e dire che è "oltre ogni descrizione" è dire che è "qualcosa" e non una "via di mezzo". I Sautrantrika hanno una filosofia dal punto di vista logico compatibile con la filosofia esposta nelle suttas fintantoché ritieni come "espressioni per rendere il Dhamma invitante" la descrizione positiva del (Pari-)Nibbana. Questo a mio giudizio fu l'errore di tale scuola ma non posso "provare" di aver ragione, purtroppo è solo una questione quasi di "fede" dovuta alla mia personale esperienza di vita. Per il resto sono d'accordo con te e infatti mi rendo conto di non capirci nulla di buddhismo, nonostante i miei studi. L'elemento del Nibbana lo ritengo l'assoluto "reale" più "rigoroso" di ogni altra tradizione proprio perchè Buddha non lo descrive mai, è puro "apofatismo" (su quanta differenza ci sia tra questo apofatismo completo e la posizione Sautratrinka non ne ho idea. Ma piuttosto della filosofia Sautratrinaka preferisco la filosofia dell'"eterna Citta", della "Mente" del Lankavatara e dello Zen ecc o addirittura del "vero Sé" di qualche scuola, ossia piuttosto una descrizione "positiva" del Nibbana non deducibile espressamente dalle parole scritte nel Canone Pali). E inoltre non riesco a dire se il buddhismo è "superiore" alle scuole "simili" indù e a certi "aspetti" del daoismo. Non lo so.

Riguardo al dubbio ritengo che qui come giustamente tu dici della teologia cristiana si rischia di dimenticarsi che si vive  :-[ . Ma proprio per questo quel salto qualitativo mi sembra ahimé impossibile (sarà un problema mio?). Posso essere meno attaccato (ho scritto "più forte" tra virgolette proprio perchè non intendevo "forte". Non mi veniva la parola giusta, ritengo che "più libero" dia ugualmente l'idea) ma essere senza attaccamenti?  :-[  non mi sembra "qualcosa di umano", mi sembra un ideale a cui tendere: la suprema purezza, la suprema perfezione ecc. Mi chiedo: alcuni sono impossibilitati (almeno in questa vita)secondo il buddhismo a raggiungere l'Illuminazione, a realizzare la Terza (Nobile) Verità? Lo chiedo perchè almeno per quanto mi riguarda, mi sembra davvero impossibile (per ragioni che spiego subito) come obbiettivo (ok mi rendo conto che il "pensiero dell'io"  ;D ). Mi sembra come essere convinti che si possa pensare l'infinito. Mi sembra qualcosa di "oltre" (Oracolo di Delfi: "conosci te stesso", "pensa come un mortale" ecc l'essere "senza attaccamenti" mi sembra un salto qualitativo irrealizzabile - o forse lo è solo per i nostri tempi di degradazione del Dhamma ;D ? come la consapevolezza delle proprie debolezze e limitazioni è compatibile con una tale eventualità?)



*[FUORI TEMA: Ben diversi sono gli approcci bhakti (devozionali) - presenti tra l'altro in certe forme di buddhismo - che si fondano sull'esistenza dell'Assoluto Personale con cui puoi avere una relazione "di amore e devozione" (e ci metto anche le tradizioni abramtiche), nelle quali il "senso del sé" non viene "eliminato" bensì "trasformato" (e quindi in un certo senso "eliminato"). D'altronde l'immortalità dell'atman (jiva-atman) individuale sembra "garantita" solo in presenza di un Dio Personale...]
   
P.S. Per definirmi ho fatto un tentativo: ho scritto di essere un misto (ossia né carne né pesce  :( ) tra Pirrone (il "fallibilismo") e Platone (l'esistenza di qualcosa che è il Massimo Valore, simile alla Forma del Bene) - ma so che entrambi si rivoltano nella tomba dopo aver letto questo ;D . Ma anche "ispirato dal Dhamma" (ma non solo) va bene
#660
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
19 Settembre 2017, 18:24:21 PM
@Carlo. Riguardo al primo messaggio ti consiglio di leggere qualcosa sull'advaya, la non-dualità del buddhismo mahayana - in ogni caso anche qui c'è una "trascendenza" degli opposti ma più che unificati qui sono proprio oltrepassati in uno stato in cui essi non riescono a descrivere più nulla. Il fatto della non-separabilità "cancella" le distinzioni e quindi gli opposti vengono trascesi. Un po' come lo Zhuangzi diceva: "i saggi dei tempi antichi dicevano che non esistevano le cose. Dopo di loro altri non mettevano distinzioni fra esse" (traduzione un po' libera del capitolo 2). La "novità" rispetto al daoismo è che questo "stato" non si riferisce né ad un monismo né ad un Principio "creatore" nato prima degli opposti. Nel buddismo gli opposti vengono trattati come "concetti" (ossia mappe) non come "realtà". Il Pierinismo ( ;D ) assomiglia a queste idee ma non posso non fare il puntiglioso e fare una sana distinzione.
Riguardo al Buddha-Dhamma se mastichi un po' l'inglese: http://www.accesstoinsight.org/tipitaka/sn/sn22/sn22.087x.wlsh.html. Non sei il primo che nota la somiglianza  ;D in realtà a mio giudizio mentre Buddha voleva enfatizzare che il Dhamma trascende il Buddha, Gesù al contrario voleva enfatizzare che "il Logos si è fatto carne", ossia mentre Buddha voleva fare in modo che il discepolo osservasse l'aspetto "trascendente" nel concreto Gesù voleva al contrario enfatizzare che il trascendente si è concretizzato e si è fatto "carne" (non a caso nel cristianesimo si da molta importanza all'aspetto "concreto" della vita di Gesù - specie la sua sofferenza nella Crocifissione - mentre nel buddismo si fa per così dire il movimento opposto).


@Sariputra. Sì sono consapevole di aver fatto un "pasticcio" mescolando le mie convinzioni con la filosofia buddista e ci ho fatto una figura magra  ;D . Hai ragione nella tua obiezione. Tralasciando per un momento l'aspetto "mitico" a mio giudizio l'eternalismo non è compatibile col BuddhaDhamma quando si parla dell'atman. Affinché il Dhamma abbia senso è necessario che esso sia "trascendente", non a caso nella Vakkali Sutta Buddha dice: "Cosa c'è da vedere in questo vile corpo? Chi vede il Dhamma vede me; chi vede me vede il Dhamma.". Ossia la Buddhità essendo un "qualcosa" (lo so non è l'atman ma...) che è presente anche quando il Dhamma non è insegnato (vedi i "buddha privati") trascende il Buddha storico stesso, ergo la frase "cosa c'è da vedere in questo corpo?". Ebbene a mio giudizio il buddismo è sia assolutistico (il Dhamma è la Verità) e anche in un senso diverso da ogni altra tradizione (daoismo e induismo compresi) "eternalistico" in quanto siamo invitati a non "attaccarci" nemmeno al Buddha storico (come dicevo a Carlo, il Buddha con questo tipo di frasi che descrivono il Buddha e il Tathagatha vuole attirarci a vedere il "trascendente" nel concreto) ma all'aspetto "trascendente" - e inoltre dopo il Parinibbana non rinasciamo mai più - La Liberazione è eterna. Il grande vantaggio del buddismo è anche la pratica molto chiara e questo ci fa apprezzare l'insegnamento sempre di più il Dhamma stesso. Inoltre anche se non vi è un atman, mi pare molto chiaro che l'universo descritto dal materialista e dal buddista non abbiano molto in comune. E questo è il mio pensiero sul buddhismo. Non è eternalistico nel senso che non c'è nessuna "speranza" di avere un sè eterno. E su questo siamo d'accordo. Ma il come mi viene presentato di solito mi dà un'idea di una sorta di "epicureismo" più ricco, con qualche fenomeno paranormale in più. E invece nel caso buddhista c'è anche qualcosa che ha un valore intrinseco e non solo relativo: il (Pari)Nibbana. Che però è descritto dagli Udana così: "Vi è quella dimensione dove non c'è terra, né acqua, né fuoco, né vento; non vi è la dimensione dell'infinità dello spazio, né la dimensione dell'infinità della coscienza, né la dimensione del nulla, né la dimensione di 'né-percezione-né-non-percezione'; non vi è questo mondo, né un altro mondo, né sole, né luna. E lì, io dico, non vi è giungere, né andare, né rimanere; né scomparire né sorgere: non è fisso, né si evolve, senza sostegno. Questa, solo questa, è la fine della sofferenza." Sembra il Nulla/Oblio proprio perchè non c'è nulla in questo mondo a cui può essere paragonato. E questo a mio giudizio è quanto io ho capito del buddismo. Sul fatto dell'onniscienza...sì hai ragione non è possibile neanche per il Bhavagan conoscere tutto in una volta, errore mio. Ma siamo invitati a credere nella sua infallibilità. Questo è il mio pensiero sul buddhismo del Canone Pali. Se togli la trascendenza del Dhamma e della Buddhità, se togli tutte le descrizione positive del Nirvana... ottieni un nichilismo con la differenza che in questo siamo destinati a "fare più vite". E sinceramente - forse è un limite mio - ma non riesco a cogliere la differenza tra filosofie come quella di Nagarjuna e il nichilismo.

Nel messaggio di prima ho fatto un casino descrivendo anche quello che penso io. Non credo che ci siano stati davvero "uomini perfetti". Ritengo il Buddha un saggio - forse il più grande della storia - ma mi riesce molto difficile credere davvero che fosse "perfetto" sia nella moralità che nella comprensione delle cose. Su questo credo che l'aspetto mitico di cui parlavo sia molto importante. Per la Godhika Sutta:
"16. Il Beato con i monaci raggiunse la Roccia Nera su un lato dell'Isigili. Il Beato vide da lontano il corpo inerme disteso sul giaciglio del venerabile Godhika.

17. In quella circostanza un densa nebbia si muoveva verso est, poi verso ovest, poi di nuovo a sud e a nord, sopra e sotto e in tutte le direzioni.

18. Allora il Beato si rivolse ai monaci: "Monaci, vedete quella densa nebbia che si muove verso est, poi verso ovest, poi di nuovo a sud e a nord, sopra e sotto e in tutte le direzioni?" "Sì, venerabile signore."

19. "Monaci, quello è Mara il Maligno alla ricerca della coscienza di Godhika. Ma la coscienza di Godhika non è da nessuna parte, egli si è estinto." https://suttacentral.net/it/sn4.23
Sinceramente non riesco a convincermi che questo sia possibile. In matematica si ha il concetto di asintoto e di limite che può essere utile a capire queste perplessità. Posso capire che un uomo con meno attaccamenti è "più forte" ma l'uomo senza attaccamenti è qualcosa di qualitativamente diverso dall'uomo. Così come l'infinito è qualcosa di qualitativamente diverso dal finito. Così come credo che nel mondo nulla sia veramente infinito, allo stesso modo nutro forti sospetti sulla possibilità di un uomo di fare veramente un salto qualitativo del genere. Questo è il mio scetticismo, la mia visione delle cose. Così come tra una mente meno fallibile e una infallibile c'è il salto qualitativo. Questo salto qualitativo è quello che mi fa dire che il nirvana è impossibile. E non lo dico con la disperazione, lo dico semplicemente con lo scetticismo maturato negli anni.
Inoltre il buddismo in nessun testo mi ha veramente convinto che "tutte le cose sono prive di un sé (anatta)" (Dhammapada 279) anche perchè è una cosa mai dimostrata nemmeno nelle suttas. Quello che vedo è che "tutte le cose condizionate sono impermanenti "anicca", quindi "dukkha" e quindi "anatta"", ossia che l'"anatta" delle cose condizionate è conseguenza del dukkha dei condizionamenti che a sua volta è conseguenza dell'anicca. Ma "le cose incondizionate sono "anatta"" è una proposizione mai dimostrata, un dogma a mio giudizio necessario solo per dire di non essere "eternalisti" e per definire le eresie. Inoltre non vedo cosa possa c'entrare il BuddhaDhamma col fatto che il monismo sia falso che non ci sia un Principio Generatore ecc (tutte "eresie" rifiutate senza un minimo di argomentazione. Solo perchè sono tacciate con la sigla "papanca", proliferazione concettuale. O forse solo perchè il buddhismo nel tempo "voleva distinguersi"? Perchè ad esempio uno non può credere al Buddha e al Dao... ah giusto il Dao è eterno ma siccome non ci sono cose eterne perchè così è stato stabilito il Dao non esiste  ::)  questo non è spirito filosofico).
A differenza poi della maggioranza dei commentatori moderni ritengo che per essere "buddista" uno debba credere fino ad un certo punto (fino a che punto? non lo so) al mito.
Infine nelle sutras che ho letto non ho mai visto citato l'armonia nei fenomeni naturali che è centrale nella scienza. Quel "mistero" per cui il mondo è "comprensibile" che permette in ultima analisi la scienza. Ma anche questo a quanto pare è solo papanca.


Sul discorso dell'Amitaba credo che è nato proprio per la consapevolezza che la "perfezione" è un'ideale a cui tendere. Motivo per cui sono sorte le "dottrine" del "buddha cosmico". Nell'antichità era molto più comune di quello che pensiamo "agrapparsi" all'idea della possibilità di non solo tendere ad essere perfetti ma anche alla possibilità di diventarlo. Sinceramente ritengo che tendere alla perfezione sia giusto ma non credo che per l'uomo sia veramente possibile divenire perfetto.


Come vedi ci sono troppe cose che non mi permettono di essere buddista ma solo un ammiratore di esso. Purtroppo questo mio aspetto "ribelle" in cui "metto tutto in discussione" potrebbe costarmi parecchio...  ;D