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Messaggi - 0xdeadbeef

#646
Citazione di: paul11 il 29 Ottobre 2018, 01:03:44 AM
il linguaggio è importante e indica il livello di confusione umana e culturale.
in quanti linguaggi possiamo dire sedia: italiano, inglese,francese, cinese............
Quale è l'etimologia di sedia, latino greco............
Puoi utilizzarlo come metafora di stanchezza, puoi farne un aforisma, puoi collocarlo in un sillogismo, inferenza, e farne una
proposizione logica.
L'essenza non è la parola, è ciò che rimane fermo costante  e non in divenire,


Ciao Paul
Il linguaggio, a parer mio, diventerebbe più comprensibile se sempre si tenesse presente l'ammonimento di C.S.Peirce:
"pensarlo già vuol dire inserire l'oggetto pensato all'interno di una precisa catena segnica".
Quindi ben "prima" della parola, già nel pensiero, la "cosa in sè" diventa "fenomeno". Ma noi tutti, con il pensiero e
il successivo "segno" linguistico, fingendo di ignorare questa elementare verità affermiamo l'oggetto come se esso fosse
"in sè", cioè lo affermiamo assolutamente.
La cosa su cui è seduto Whitehead "è" sia una sedia che una danza di elettroni, o non è nessuna di queste cose. Perchè
per sapere veramente cosa essa "è" dovremmo attingere all'"essenza", cioè alla cosa in sè; e questo è impossibile,
dal momento che già nel venirci alla mente essa si è "trasformata" (è cioè diventata "fenomeno"; "interpretato").
Comprendere la struttura necessariamente assoluta (e contraddittoria) del linguaggio ci renderebbe tutti un pò più
tolleranti. Perchè ci farebbe capire che certe "verità" che difendiamo troppo spesso a spada tratta non possono,
necessariamente, essere tali (cioè essere verità).
Ma qui, come evidente, torniamo al punto di "dire" la possibilità del vero e del falso (laddove ogni affermazione,
almeno secondo il mio punto di vista, non è equivalente ad un'altra - la verità, ovvero, non è "ciò che si dice").
saluti
#647
Citazione di: sgiombo il 28 Ottobre 2018, 20:41:42 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Ottobre 2018, 19:45:29 PM
CitazioneMa allora, il linguaggio (per te e per Nietzche) é assoluto o relativo?
MI sembra che in una riga affermi il contrario che nell' altra (righe pari "il linguaggio, ciò che si può affermare é relativo", righe dispari "é assoluto").




Il linguaggio, per me, "dice" necessariamente l'assoluto anche quando intenderebbe "dire" il relativo (questo intendo
quando affermo che il linguaggio ha una struttura assoluta).
Sulla base di quanto scrive e per come io lo interpreto, credo che così fosse anche per Nietzsche.
Pur affermando (necessariamente) l'assoluto, DEL linguaggio possiamo vederne la verità o la falsità sulla base della
sua efficacia a raggiugere, in quanto strumento, il fine che si è preposto.
Francamente non vedo alcuna contraddizione in questo discorso (poi, magari, che si possa pensare che tutto questo non
riveste alcun interesse, o che si tratta soltanto di contorsioni mentali dello scrivente, è una cosa che, diciamo, ci
può stare...)
saluti
#648
Beh, Socrate affermava che cosa saggia era mettersi nella condizione di "convincibilità"...
Se poi manca l'umiltà per farlo semplicemente non si è filosofi, ma solo volgari saccenti (e la saccenza è segno certo
di ignoranza).
Per quel che riguarda la, chiamiamola, "autorevolezza" io sono convinto che essa venga fuori così, naturalmente...
Come nel mondo informatico che frequentavo, c'è qualcuno che comincia a dire e a fare delle cose (nel nostro caso
specifico più dire che fare...) e gli altri, appassionati di quella materia (non gente che segue quella materia
per uno specifico interesse materiale), ne finiscono col riconoscerne le qualità.
Non mi meraviglia quanto afferma l'amica (amica, vero?) Lou. In effetti la conoscenza dovrebbe spingere (anzi, se
conoscenza autentica spinge senza condizioni) all'umiltà e all'apertura al dialogo, perchè come ovvio più si conosce
più ci si consapevolizza di non sapere quel che davvero conta (che è inconoscibile).
Penso però che il problema risieda più in chi ha remore a chiedere che in chi sarebbe tenuto a rispondere...
saluti
#649
Citazione di: sgiombo il 28 Ottobre 2018, 16:49:07 PM
Risposta ad Oxdeadbeef

Veramente non capisco il nesso fra queste tue ultime considerazioni e l' affermazione di Nietzche da me criticata.

Non capisco la tua argomentazione del fatto che il il linguaggio avrebbe una struttura necessariamente assoluta.



Beh, il nesso è che il linguaggio, che dice: "è", dice una essenza, e la dice assolutamente.
Su questa mia convinzione, interpreto (e magari lo faccio male) la frase di Nietzsche ("nell'eterno fluire delle
cose, di nulla potremmo dire che è (se lo diciamo è, così, per vivere)" come un riconoscimento della medesima
struttura assoluta del linguaggio da me rilevata (perchè nel divenire, cioè "nell'eterno fluire delle cose", non
possiamo affermare nessuna essenza, nessun assoluto).
Non dimentichiamo in ogni caso che Nietzsche, il quale naturalmente "dice" non certo l'assoluto, ma appunto "l'eterno
fluire delle cose", in definitiva pensa il linguaggio come uno strumento qualsiasi con cui ottenere uno scopo ben
definito (e dunque - interpreto: "diciamo l'assoluto non come fine ma come strumento, così, per vivere" - che è, il
vivere, il fine).
Proprio per questa sua natura di strumento, il linguaggio può essere giudicato sulla base della sua efficacia a
raggiungere il fine che si è preposto. Ciò vuol dire che delle cose che il linguaggio afferma possiamo o meno
vederne l'efficacia (che vuol ancora dire verificarne la "veridicità").
Su cos'altro giudicare, se non sull'efficacia nel raggiungere un certo fine, se il linguaggio dice il vero o il falso?.
saluti
PS
Scusate ma non capisco cosa c'entrino con questo discorso sul linguaggio le critiche che fate a Nietzsche.
#650
Citazione di: sgiombo il 23 Ottobre 2018, 09:11:28 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Ottobre 2018, 11:56:09 AMCiao Paul
La stessa logica, ritengo ineccepibile, che porta Nietzsche ad affermare: "nell'eterno fluire delle cose, di nulla
potremmo dire che è (se lo diciamo è, così, per vivere)".
CitazioneObiezione di Sgiombo:

Mi sembra una logica eccepibilissima, anzi del tutto errata.
Nell' eterno fluire delle cose ogni cosa in ogni istante é: non é che per il fatto che oggi alle 9, 30 a Cremona c' é il sole, sei mesi fa (sei mesi prima di oggi all 9,30) non piovesse o fra sei mesi (sei mesi dopo) non possa necessariamente piovere; o che per il fatto che la meravigliosa cupola di Santa Maria del Fiore del Brunelleschi, come ora il faro di Alessandria e tanti altri monumenti,  in un futuro si spera molto lontano non ci sarà più (rientrando ovviamente "nell' eterno fluire delle cose") di essa non possiamo dire che ora é (veracissimamente, e non "così per vivere", qualsiasi cosa questa ridicola precisazione possa significare di diverso da "veracissimamente").





Ciao Sgiombo
Guarda, prendiamo l'euroburocrazia che dice: "il bene per i cittadini è l'austerità monetaria".
Dall'altra parte prendiamo il nostro attuale governo: "il bene per il popolo è una politica monetaria espansiva".
Lasciamo chiaramente perdere chi ha ragione; ambedue le parti dicono: "il bene è", cioè dicono l'essenza del bene,
lo dicono "assolutamente" (tant'è che ne sono entrambe le parti convintissime, se proprio vogliamo dirla tutta...).
Ecco perchè io sostengo che il linguaggio ha una struttura necessariamente assoluta; perchè si esprime per assoluti
anche laddove non intenderebbe farlo (anche in Kant, quando afferma l'"io penso" come unità originaria dell'appercezione,
tale necessità rimane seppur nel, chiamiamolo, "indebolimento" costituito dalla differenza fra dire "è" e dire "io
penso che sia").
Quindi non si tratta di dire che una affermazione vale l'altra (come nella provocazione di Eco: "la verità è ciò che
si dice"), ma che NEL LINGUAGGIO è insita questa necessaria contraddizione (una contraddizione che va superata nella
consapevolezza di tale necessità del linguaggio - come appunto ha fatto Kant con l'"io penso").
saluti
#651
Citazione di: paul11 il 22 Ottobre 2018, 22:01:12 PM
I nomi....... ogni parola indica qualcosa e quella parola  non muta con il divenire della cosa.
L'essenza non è l'essente che è l'ente che "vive" apparendo e il nome  spesso non indica l'essenza, bensì lo stato temporale e quindi diveniente di un qualcosa che ha un nome.
Tu sei i tuoi atomi oppure la tua mente, oppure qualcos'altro ancora?
Noi diciamo acqua, ghiaccio, vapore acqueo e non H2O, quale è l'essenza pur avendo più nomi?
Il linguaggio segue le contraddizioni culturali non ne trova le soluzioni, semmai sono i ragionamenti logici che cercano di dirimere  il veritativo con l'ingannevole.
Un saluto anche a te


Ciao Paul
Il linguaggio, anche ove non lo volesse, non indica l'essenza ma è "come se" la indicasse. Da questo, ritengo, la sua struttura
necessariamente assoluta.
Whitehead (lo citavo proprio nel post: "La verità è ciò che si dice") diceva: "ma questa cosa su cui sono seduto è una sedia
o una danza di elettroni?" (sulla base di quanto dicevo "è" sia una sedia che una danza di elettroni - cioè qualunque cosa
si affermi questa è intesa come verità ab-soluta, o essenziale che dir si voglia).
Naturalmente chiunque comprende la contraddizione insita in una tale affermazione, e cioè la contraddizione che consiste
nel dover per forza affermare una essenza (una essenza che però è tutta da dimostrare, come ovvio) anche laddove non
volessimo affermarla.
saluti
#652
Sulla base del mio percorso personale, vorrei provare ad inquadrare la filosofia sotto una luce un pò insolita (anche
per dare una risposta a coloro che "non si sentono all'altezza" di intervenire nelle discussioni; perchè magari le trovano
troppo "difficili", come emerso recentemente in un altro post).
Il mio percorso personale di avvicinamento alla filosofia parte dal mondo dell'informatica (anche se fin da ragazzino
sempre stato appassionato di storia), e in particolare da quello specifico campo chiamato in gergo "hacking".
Insomma, non ero propriamente un "hacker" (termine che, almeno allora, aveva un ben preciso significato), ma ero uno
che, diciamo, bazzicava in quel mondo...
Il mio primo maestro di filosofia hacker (perchè di vera e propria filosofia si trattava) è stato Richard Stallmann, il
padre del cosiddetto "software libero". Da Stallmann io imparai quel concetto di "curiosità per come le cose funzionano"
che mi è stato di fondamentale importanza per "comprendere" la filosofia (per il più o meno che io l'abbia compresa...).
Il passaggio dal mondo dell'informatica a quello della filosofia vera e propria è stato per me naturalissimo.
Sì, perchè naturalissimo è stato il voler capire "come le cose funzionino" (basta un pò di curiosità...) in generale;
nelle, chiamiamole, "strutture nascoste del mondo e della mente umana".
Ma quel mondo informatico (cui fra l'altro anche il mio "strano" nomignolo è riconducibile...) mi ha insegnato anche
un'altra cosa, che adesso voglio sottoporre alla vostra attenzione.
Stallmann era uso ripetere spesso questo concetto: "se noi due abbiamo ognuno una mela e ce le scambiamo restiamo con
una mela a testa; ma se ci scambiamo la nostra conoscenza essa sarà per ciascuno di noi molto aumentata".
Siamo con ciò giunti ad un concetto in quel mondo fondamentale, che ha dato senso e significato allo stesso "appartenere"
a quel mondo: la condivisione gratuita del sapere, della conoscenza.
Ecco quindi, l'"hacker" era (o ancora è, non so...) colui che non solo possedeva una conoscenza "tecnica" profondissima,
ma che metteva a disposizione di tutti i "curiosi" quella conoscenza.
Vorrei quindi un pò portare questa mentalità all'interno del mondo della filosofia, rivolgendomi appunto a coloro che pensano
di "non essere all'altezza" esortandoli ad essere curiosi, a chiedere a chi, almeno presumibilmente, sa senza alcuna remora
o timore di apparire ignoranti ("nessuno nasce professore", dice un saggio adagio popolare).
Il "filosofo", se autentico, vi risponderà con pazienza e senza alcuna ombra di saccenza (direi anzi che vi risponderà con vero
piacere...).
saluti
#653
Citazione di: sgiombo il 27 Ottobre 2018, 18:11:01 PM
<<Ho personalmente sentito grandi discorsi filosofici da persone che non sapevano nè leggere nè scrivere; mentre all'
opposto ho sentito ignoranza ed analfabetismo da persone ritenute, a torto, "colte">>

                                     (Oxdeadbeef, dal quale ultimamente dissento in continuazione, ma non certo a questo proposito)



Ma non è mica vero che dissentiamo continuamente.
E' che parliamo solo e sempre, come è giusto che sia, di quell'1% su cui dissentiamo...
Batture a parte (ma poi mica tanto battute), ripeto che per parlare di filosofia non è necessaria nessuna "erudizione",
ma solo ed esclusivamente (attenzione, battaglione...) una sana e robusta curiosità...
Si può benissimo filosofare solo chiedendo, "interrogando" un interlocutore che, se animato da autentico spirito
filosofico, sarà lietissimo di condividere con voi la sua conoscenza.
Anzi , a dirla tutta io vedo proprio nella condivisione del sapere il tratto fondamentale della filosofia.
saluti
#654
Citazione di: Jacopus il 25 Ottobre 2018, 20:59:53 PM
Ciao Viator. Lavoro simpatico ;D. Una quarantina di habitué insomma. La cosa preoccupante è che non esistono forum analoghi o almeno io non li conosco. Il fatto che pochi intervengano dipende da un lato lo scarso livello culturale e dall'altro il disinteresse o la paura di fare brutta figura. Forse anche dal fatto che qualcuno di noi sia un po' supponente ( 8) ). L'altro dato drammatico è la presenza di molti forumisti attempati. I giovani evidentemente usano altri strumenti per riflettere.



Alla stragrande maggioranza delle persone i nostri discorsi non interessano. E non c'è da meravigliarsi, visto che
la filosofia da sempre riguarda un numero ristrettissimo di persone.
Molti degli iscritti che non intervengono mai o quasi mai lo fanno perchè hanno paura di fare brutta figura o
mostrarsi "ignoranti".
Ciò, naturalmente, è privo di significato, visto che l'"ignorante", in filosofia, è colui che non sa di non sapere.
Ho personalmente sentito grandi discorsi filosofici da persone che non sapevano nè leggere nè scrivere; mentre all'
opposto ho sentito ignoranza ed analfabetismo da persone ritenute, a torto, "colte".
Non interventire perchè non ci si considera all'altezza è assurdo e contraddittorio.
Quanto al fatto che i giovani non partecipino non lo ritengo negativo. Se c'è qualche giovane cui interessano questi
discorsi bene, ma che in genere ad un giovane interessino altre cose lo trovo normale.
saluti
#655
A Paul
Molto interessanti le tue considerazioni sulla terminologia economica, che chiaramente indicano una commistione fra
questa e i dispositivi culturali del "sacro" (come giustamente affermi).
Condivisibilissimo anche il concetto di "sovranità nello stato di eccezione". Da questo punto di vista vedremo chi,
parafrasando un antico detto cinese, "avrà tradito il mandato celeste" (cioè risulterà sconfitto...) fra il nostro
paese e la tecnostruttura della UE.

A Lou
Molto interessanti anche le tue considerazioni.
Mi sentirei di specificare che, al sorgere della democrazia come superamento su base territoriale- amministrativa
di ciò che era prima di pertinenza etnico-tribale, può senz'altro corrispondere il tuo concetto di riproposizione
degli "stessi principi che fanno capo al tessuto della physis" (ammettendo come "physis" la struttura etnico-tribale
della grecia pre-democratica).
Quindi sì, certo, natura e cultura tendono a "fondersi"; a sfumare le loro differenze tanto da poter essere considerate
corrispondenti (l'uomo E' un "animale culturale", avrebbe detto Aristotele...)
saluti
#656
Citazione di: Socrate78 il 26 Ottobre 2018, 18:51:59 PM
La preminenza del potere economico su quello politico, che oggi raggiunge livelli elevatissimi, in realtà era presente anche in passato, molto di più di quanto si creda.


Ma sì, certo, hai ragione. Ciò non toglie che nella storia vi siano però stati numerosi esempi di "egualitarismo
economico".
Nella regione mesopotamica, ad esempio, i ritrovamenti archeologici mostrano abitazioni e sepolture non molto
dissimili le une dalle altre. A Sparta era addirittura proibito l'uso del denaro, mentre fra i popoli germanici,
sia prima che per un esteso periodo dopo il crollo dell'Impero Romano, non vi erano certo grandi differenze di
censo.
A questi esempi ne potremmo aggiungere altri che soprattutto l'antropologia ci ha mostrato (in tutti gli angoli
del globo).
In genere, come mi è capitato di dire in altre discussioni, sembra che l'egualitarismo (non solo economico ma anche
politico) sia più diffuso laddove i popoli mostrano un'indole guerriera.
Se proprio dovessi indicare un periodo storico che a me, perlomeno per quel che riguarda il nostro paese, sembra
più somigliante al nostro direi senza dubbio alcuno quello che va dalla fine del 1200 a quasi tutto il 1500 (cioè
il periodo della "signoria").
Questo è il periodo nel quale non solo il ceto mercantile prende il potere politico, ma anche la "lex mercatoria",
cioè la "legge del mercato", il posto del "codice giuridico" così come si era venuto a formare fin'allora.
C'è da notare un particolare molto interessante. A tanta diseguaglianza economica e politica corrispose un
decadimento fortissimo dell'indole guerriera, che culminò nel celebre detto: "Franza o Spagna, purchè se magna".
saluti
#657
Ciao Paul
Sicuramente l'"oikos" è in origine animale (ciò che voglio dire è che al tempo della grecità l'"oikos" è già
permeato di cultura - ma con ogni evidenza anche in culture precedenti quella greca).
Il meccanismo che porta alla cultura, alla sacralità del "dominum", ritengo sia ben spiegato in termini
materialistici da Machiavelli (il "Principe" ha interesse a governare con saggezza e magnanimità, perchè fra
gli uomini anche un debole può, avvelenandolo o colpendolo alle spalle, uccidere un forte).
Nel Diritto Romano, secondo il compianto giurista G.Rossi, abbiamo un netto "stacco" dalla sacralità greca del
diritto. L'atto fondante del Diritto Romano è secondo Rossi il Ratto delle Sabine, cioè un atto della volontà
di potenza romana che, però, viene subito sacralizzato al medesimo modo con cui era già stato sacralizzato l'omicidio
di Remo da parte di Romolo (Romolo afferma di aver visto un numero maggiore di "auguri" che non Remo).
Quindi sì, convengo senz'altro sulla sacralità del Diritto Romano come "mimesi" di una sacralità più antica (e più,
diremmo, "autentica"), e sulla sua perpetuazione come meccanismo culturale tutt'ora vigente.
Probabilmente però, per usare la terminologia di Severino, l'Inflessibile era stato flesso, e l'origine violenta
di quella codificazione giuridica era, per così dire, rimasta nell'aria (seppur "rimossa").
Sono tuttavia dell'avviso che l'oblio della sacralità originaria vada soprattutto ricercato nell'emergere dell'
individuo. Cos'è, in fondo, il "sacro" originariamente inteso se non un qualcosa che "vive" solo all'interno di
una comunità culturalmente omogenea?
Secondo Rossi il Diritto Romano è sopravvissuto fino ad oggi proprio perchè espressione di una civiltà non
culturalmente omogenea (una civiltà, dunque, che non poteva essere fondata sul "sacro" come fin'allora inteso).
Non è stato forse l'Umanesimo espressione della consapevolezza di essere prima di tutto individui? E non lo è
stato forse il giusnaturalismo, di cui dalle parole di U.Grozio emerge tutta la portata individualistica?
E non è stato forse, il Protestantesimo, elemento decisivo del passaggio della sacralità dalla comunità all'
individuo (addirittura ai suoi impulsi più "terreni"...)?
Eccoci dunque davanti a quello che io considero il tratto distitivo di tutto il mio discorso: la sacralizzazione
dell'individuo come mimesi della antica sacralizzazione della comunità.
saluti (e, come al solito, stima)
#658
Citazione di: Ipazia il 25 Ottobre 2018, 17:32:41 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Ottobre 2018, 14:18:00 PM
Ma, scusami Ipazia, ti è mai venuto in mente che spesso coloro che reputano la donna un "giocattolo" siano PRIMA piagnucolosi e POI violentissimi?
...
Questa, cara Ipazia, è la nostra "natura", e dobbiamo combattervi non poco per tenerla a bada.
....
Ciò che, da donna, volevo chiederti è insomma questo: hai mai avuto l'impressione che il maschio "piagnucoloso" nascondesse, sotto le lacrime, il mostro?
Questa è la "natura" che vi fa più comodo, ma come ogni "natura" è modificabile dalla mano e dalla ragione umana. Sì, ci sono donne sedute su una polveriera maschile. La rivoluzione di genere serve anche a salvarle.





Bah, francamente una risposta così, "da curva sud", non me l'aspettavo...
saluti
#659
Citazione di: Ipazia il 25 Ottobre 2018, 09:05:59 AM. Il soggetto non sono le "donnette" ma i piagnucolosi maschi privati del giocattolo femminile.
-----

Ma, scusami Ipazia, ti è mai venuto in mente che spesso coloro che reputano la donna un "giocattolo" siano PRIMA
piagnucolosi e POI violentissimi?
Non amo nascondermi o parlare l'untuoso "politicamente corretto", per cui ti dirò crudamente come io la vedo...
Anni fa, in uno di quei programmi televisivi chiamati "talk show" (di cui mia moglie è grande appassionata...)
assistei ad un "siparietto" davvero interessante. C'era un signore anziano, siciliano, che veniva attaccato
pesantemente dal pubblico in sala per certe esternazioni di chiaro stampo maschilista sul "tradimento".
Ad un certo punto, sopraffatto dalle critiche e non sapendo più cosa rispondere, è sbottato con questa frase:
"e poi lo sapete? Io le corna le metto e non le ricevo!" (fantozzianamente: novanta minuti di applausi...).
Questo è ESATTAMENTE quel che la stragrande maggioranza degli uomini pensa. Chi non lo ammette o è un ipocrita
o è in odor di santità (o non conosce bene ciò che si muove oltre il conscio...).
Questa, cara Ipazia, è la nostra "natura", e dobbiamo combattervi non poco per tenerla a bada. Ma ciò, beninteso,
riguarda quelli consapevoli di questo, chiamiamolo, "corto-circuito"; quelli che, esseri pensanti, capiscono
l'irragionevolezza e la "inattualità" di quel pensiero.
Gli altri, privi del medesimo raziocinio, in un primo tempo subiscono la donna spesso proprio "piagnucolando"
compassione per la loro condizione (di maschi "castrati"), per poi a volte esplodere in una violenza del tutto
incomprensibile ad una donna (la donna non può nemmeno concepire quanta carica di violenza vi è in un uomo).
A volte mi capita di vedere donne letteralmente sedute su una bomba innescata senza che ne abbiano il minimo
sospetto (magari non succede nulla per decenni o magari mai, ma basterebbe davvero un nulla...).
Ciò che, da donna, volevo chiederti è insomma questo: hai mai avuto l'impressione che il maschio "piagnucoloso"
nascondesse, sotto le lacrime, il mostro?
saluti
#660
A Jacopus e Ipazia
Non metto in dubbio Pinkert e i suoi numeri (riconoscerai del resto che ho subito detto di non escludere che Pinkert abbia
una parte di ragione); ma appunto di "numeri" si tratta, e i numeri come si sa non dicono mai tutta la verità...
Ad esempio, conosco ben pochi atti violenti come il relegare i nostri anziani al di fuori di ogni "socialità" che non sia
quella fra i loro coetanei. O peggio, relegarli in squallide (e sempre lo sono) "case di riposo".
Naturalmente potrei fare altri e innumerevoli esempi di violenza nel nostro quotidiano, civilissimo e pacificissimo vivere
(esempi, che naturalmente, il testo di Pinkert non riporta, visto che per lui il termine "violenza" ha presumibilmente un
solo ed assoluto significato...).
Chiaramente, non avendo mai letto né integralmente né parti dell'opera di Pinkert posso dire qualcosa solo così, a naso (a
differenza di Ipazia, la quale credo l'abbia letta, visto che dice di Pinkert: "argomenta assai bene la sua tesi, numeri
alla mano").
Non capisco piuttosto le ultime righe, ove dici: "Ci sono ovviamente fortissimi interessi politici economici e culturali
che spingono per mistificare questa realtà di lungo periodo e come accade per tutte le cose umane possono davvero influenzare
la realtà secondo quel meccanismo della psicologia sociale che si chiama "profezia che si autoavvera" (che presumo abbia a
che fare con gli "apocalittici" di cui parla l'amica Ipazia).
A me sembra invece che questi "fortissimi interessi" spingano piuttosto nella direzione cui spingono Pinkert e i suoi numeri
(naturalmente è ingenuo credere ad una pura oggettività del numero), che appunto delineano un "radioso e fulgido avvenire
di pace e di prosperità" per il modello di vita occidentale (a dimostrazione che il sistema economico-politico che lo
domina è "unto dal Signore").
saluti