Citazione di: davintro il 16 Gennaio 2019, 16:28:29 PMHai così ben argomentato che, per un attimo, mi hai quasi convinto.
Vorrei soffermarmi un attimo su questo discorso della "competenza", per togliermi un sassolino dalla scarpa (ora non sto polemizzando con Oxdeadbeef o con un altro utente in particolare, ma con una certa linea di pensiero che ogni tanto emerge), Mi viene da pensare in particolare all'esempio del topic sulla chiusura domenicale dei centri commerciali, dove alla posizione liberale per cui ogni limitazione della libertà individuale (compresa quella di voler lavorare o consumare in un centro commerciale di domenica) è illegittima, fintanto che non limita direttamente la libertà degli altri, veniva opposta l'idea, che molti dei desideri (e dunque delle libertà di soddisfarli) delle persone non siano davvero genuini, ma il portato di condizionamenti sociali, di cui la maggior parte delle persone non si renderebbero conto, ma che possono essere smascherati da dei sociologi, magari orientati in una certa direzione ideologica, che potrebbero insegare a tutti quali sono i desideri naturali che meriterebbero di essere soddisfatti e quali invece frutto della manipolazione sociale/comunicativa, da rimuovere. Le conseguenti implicazioni di tali premesse sono evidenti: una volta rimossa l'idea del libero arbitrio e della responsabilità individuale e considerate le persone alla stregua di come bambini incapaci di discernere il loro "vero bene", e la loro "vera libertà", ecco la necessità ci creare una ELITE COMPETENTE di sociologi o intellettuali, che alla luce della loro cultura provvederanno a stabilire per tutti la lista dei desideri esprimenti la "vera natura" delle persone, da soddisfare (come può essere ad esempio, quello di comprare i loro libri), e la lista dei desideri fittizi, (come quello di andare al centro commerciale di domenica), che paternalisticamente, "per il nostro bene" andrebbero repressi, perché non rispecchianti la "vera natura delle persone", natura che essi presumerebbe di conoscere meglio degli individui a cui tale natura appartiene. A questo punto mi chiedo: non è paradossale e ipocrita accusare il liberalismo di voler sottrarre spazi di sovranità ai popoli in favore di elite tecnocratiche, quando poi l'accusa viene da proprio da degli antiliberali che pensano che le persone siano incapaci di conoscere la loro vera libertà e che i loro desideri debbano essere approvati da dei sociologi che stabiliscono quando essi provengono davvero dalla loro personalità, e quando invece sono veicolati dai mezzi di comunicazione? Non è forse doppiopesismo contestare la tecnocrazia quando si parla di scelte economiche che i governi farebbero in contrapposizione alle esigenze sentite dai popoli, per poi farla rientrare dalla finestra quando si pensa che la sociologia (come se questa fosse una scienza più esatta e rigorosa dell'economia...) sia capace di decifrare meglio del sentire diretto delle singole persone comuni, l'autenticità dei desideri, e dunque di ispirare una serie di impedimenti moralistici al soddisfacimento dei desideri etichettati come inautentici? Al contrario Il liberalismo, proprio in quanto pone la libertà individuale come valore supremo, è la dottrina politica in cui è necessariamente più forte il richiamo al principio di autodeterminazione e di autconsapevolezza delle proprie esigenze degli individui, e conseguentemente dei popoli, che nella concretezza del loro contenuto, altro non sono che insiemi di individui

Caspita, mi son detto, come è possibile che sia d'accordo con Davintro che sta sostanziando un punto di vista che, da tempo immemore, è contrario al mio modo di vedere le cose?
Bè, a mio modo di vedere, nella tua pur convincente analisi non hai considerato la prospettiva, decisiva, di chi mette in condizioni le persone di vivere il liberalismo che hai sostenuto. Non si tratta dunque di interpretare e governare i desideri delle persone (anche se due parole sul marketing andrebbero spese....) bensì di non obbligare altri a creare le condizioni per la loro soddisfazione. Nel senso che per tenere aperti gli esercizi la domenica si costringono diverse persone a lavorare. Ma sono disposto a discutere anche di questo (potresti sostenere che i benefici ripagano questo sacrificio tutto sommato, ma solo apparentemente, modesto); quello che però non sarei tanto propenso a prendere in esame è l'incontrovertibile valenza simbolica che questi comportamenti creano: lavorare 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana è cosa buona e giusta. Non esistono più spazi vietati al lavoro ed il feticcio della produttività regna sovrano. Il vero dio del nostro tempo. Ma come, sostengono i fautori di questa mentalità, si offre un servizio a tante persone, si fa girare l'economia, si crea allegria!
Non credo. Penso, piuttosto, che sia l'inizio del pensiero unico. Lavorare, consumare, crepare. Ecco la trinità del mondo moderno. Uscire di casa solo per fare una di queste cose qua.