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Messaggi - PhyroSphera

#661
Citazione di: Alberto Knox il 29 Novembre 2022, 10:58:05 AMShopenhauer in effetti distrugge l'oggettivismo, tutto è apparenza e illusione per lui. Però vorrei un parere sulla voluntas. Se guardiamo la vita degli esseri viventi notiamo che ogni cosa vuole vivere, l'albero vuole vivere, il cane vuole vivere, il gatto,, la formica il tricheco ...allora dietro alla vita cosa c'è..una volontà di essere , non solo di essere ma di continnuare ad essere . Noi siamo abituati ad attribuire questa volontà che sta dietro alla vita a Dio. Shopenhauer però non la conferisce a Dio, la consegna  all assoluto, al senza scopo , senza fine, incausata, del tutto irrazionale e però la definisce "egoista" la volontà di vivere vuole vivere perchè è solo così che può esistere . Galimberti la chiama natura, la logica della natura è la volontas di shopenhauer , altri l hanno chiamata "legge cosmica" o "coscienza cosmica" . Shopenhauer spoglia la voluntas dagli attributi umani come razionalità, sentimento, ragione, pietà , coscienza. La noluntas invece serve solo a chi fa una distinzione fra giusto e sbagliato , amore o compassione , pietà o egoismo


Schopenhauer pensava l'Assoluto e nonostante non lo avesse ritenuto Dio pensava pur sempre a Dio. Personalmente Schopenhauer ritenne che la Volontà increata non potesse essere Dio cioè che definire Dio l'Assoluto non avesse senso ma con ciò si riferiva a una particolare concezione di Dio a suo giudizio dominante in Occidente e non proprio solo in Occidente. Non attribuì tutto il senso all'impresa di Kant di pensare Dio in termini di ragion pratica... Eppure io penso che Schopenhauer escludesse la Divinità dall'Assoluto perché non sapeva progredire nella concezione di Dio... Bisogna pensare Dio non solo quale Logos. Esiste anche l'irrazionalità di Dio. Bisogna capire che l'esistenza è dramma nonostante Dio, che esiste un dramma anche in Dio (in ciò gli gnostici cristiani ebbero ragione)... Che la creazione non è una produzione, è un lasciar essere... Dio creando si ritira... Allora si potrà sapere che l'Assoluto postulato da Schopenhauer è proprio Dio, anche per i cristiani. Schopenhauer aprì una strada che non percorse e che Kant aveva identificato... Kant non ridefiniva la concezione di Dio ma di Dio mostrava la pensabilità (nell'esistenzialismo si trovano invece nuove concezioni di Dio)... Schopenhauer invece che dar torto a Kant si limitava a criticare non la filosofia di Kant stesso ma la filosofia kantiana... Mostrò un vicolo cieco nelle interpretazioni di Kant... Se si identifica il vero nucleo filosofico — oltre le interpretazioni personali — del sistema di Schopenhauer — anche oltre quella che egli stesso ne aveva dato — si può usare la sua filosofia per reinterpretare Kant e passare dall'ateismo al teismo senza ricadere di nuovo nelle illusioni della realtà del mondo...

L'editoria non è corsa in aiuto di questa esigenza. Anzi, a volte gli editori hanno saccheggiato gli appunti personali di Schopenhauer non destinati alla pubblicazione e li hanno mischiati a frammenti dalle sue pubblicazioni estrapolati senza che se ne rispettasse il contesto, col risultato di fare pubblicità a un ateismo in realtà non sostenuto dallo stesso Autore. Schopenhauer avvertiva che in ogni sistema filosofico si trova anche la personalità del suo autore ma ciò non significa che se ne deve dipendere e tantomeno che si deve obbedire alle sue scelte personali.


Mauro Pastore
#662
Citazione di: viator il 29 Novembre 2022, 11:45:28 AMSalve Mauro Pastore. Citandoti : " resta vero che è solo una realtà negativa, cioè fatta di assenza;".

Ah, credo di aver capito come la cosa funzioni dentro la tua testa.

Per te esistono le realtà negative fatte di assenza di qualsiasi cosa, cioè esiste il nulla, il quale tuttavia può essere reale e quindi - giustamente - esistere.

Grazie e saluti.
Credi sbagliato. Comunque nemmeno tu diresti che l'assenza è il nulla. Se uno studente fa assenza a scuola, si tratta pur sempre di un evento non di un nulla.

Mauro Pastore 
#663
Citazione di: Phil il 28 Novembre 2022, 23:23:58 PMSul rapporto fra noluntas, mondo "oggettivo" e filosofia dell'esistenza, questa citazione audio da "Il mondo come volontà e rappresentazione" mi sembra abbastanza significativa:
https://www.youtube.com/watch?v=gA5dAi5MrDE

Mi pare una citazione appropriata. Bisogna tener presente, di essa, la affermazione dell'ente (non vero) che si mostra niente (vero niente) e del niente (non vero) che si mostra ente (vero), per non cadere poi in errore; inoltre considerare la soppressione della volontà non un vero e proprio annullamento della volontà ma il volere di non volere (altrove nella stessa opera è detto).
Nel passo citato Schopenhauer destina alla sola filosofia solo una pars destruens ma si può notare che esistono anche le filosofie teologiche o mistiche. Di una pars costruens si trova nella Critica della ragion pratica di Kant, non ne Il mondo come volontà e rappresentazione.

Mauro Pastore
#664
Citazione di: Alberto Knox il 28 Novembre 2022, 21:38:50 PMNon capirò la questione fino a quando non mi dirai che cos è la bellezza a sto punto.
Non saprei improvvisamente dirtelo e non rientra nei miei programmi dedicarmi a questo còmpito qui.

Mauro Pastore 
#665
Citazione di: Ipazia il 28 Novembre 2022, 23:09:35 PMLa bellezza antropologica  è il prodotto, inteso anche in senso matematico, di invenzione e tecnica, applicato a qualsiasi campo dello scibile e delle prestazioni umane.

La bellezza naturale è una proiezione della sensibilità umana nel mondo circostante. Sensibilità che si nutre di stati psicologici positivi quali piacere, protezione, stupore, scoperta.
Ma così si descrive una dinamica relazionale con la bellezza, non la bellezza stessa.

Mauro Pastore 
#666
Citazione di: viator il 28 Novembre 2022, 17:41:41 PMSalve Mauro Pastore. Non ho mai capito perchè occorra scomodare i "Mostri Sacri" della storia della filosofia per comprendere l'essenza del male.

A un pistola come me sembra che il buio non esista, ma che "buio" venga chiamato solo ciò che è privo di luce, ovvero il "buio" esprimerebbe solo l'assenza di ciò che è (mi sembra che la luce sia.....no?). Perciò il buio consisterebbe nella relativa assenza della luce.

Sempre a me, sembra che il freddo non esista (lasciamo stare le sensazioni, stiamo parlando di esistenze oggettive, non soggettive).
Io - assieme a quei poverini dei fisici - credo che esista solo il calore (tanto o poco fino quasi allo zero assoluto).
Quindi il gelo assoluto non esiste.

Ugualmente sembra si possa dire del concetto di "vuoto", contrapposto a quello di "pieno" o comunque di "esistente". (scusami ma le le mie ridicole similitudini riguardano solo gli eventuali lettori non molto "smagati", non son certo rivolte e te che sei persona - mi pare - assai dotta).

Ora, proviamo a svolgere tali considerazioni, applicandole ad una "presunta relazione" tra il bene ed il male.
A parer tuo potrebbero esistere sia il bene che il male.......oppure uno dei due concetti (anzi, scusa, UNA DELLE DUE PRESUNTE REALTA') - consistendo nell'assenza del suo opposto - non esiste, coincidendo col nulla?. Saluti ed omaggi.

Non ho trovato le tue similitudini ridicole...
Io penso che l'assenza di qualcosa sia un esistente, una realtà negativa. Questo penso anche del male. Se il male è radicale, resta vero che è solo una realtà negativa, cioè fatta di assenza; ma notarne in una situazione di radicalità non favorisce la sconfitta del male... Penso dunque che le concezioni di Kant e Leibniz possano essere conciliate, sebbene Kant avesse lasciato dichiarazioni personali tutt'altro che concilianti — a mio avviso non degne della sua filosofia, cioè un sarcasmo e una sorta di senso comune che non possono essere considerate parte integrante della sua effettiva attività di filosofo.

Mauro Pastore
#667
Citazione di: Phil il 28 Novembre 2022, 17:19:27 PMPer approcciare l'argomento si possono leggere questo articolo e il primo capitolo di questo libro (pp. 19-43).

Ho letto parte dell'articolo e non ho trovato l'autore abbastanza competente della materia trattata. La Noluntas schopenhaueriana infatti non è non-volontà ma è volere di non volere. La nullità in Schopenhauer non è del mondo in senso assoluto ma del mondo delle illusioni che manifestandosi inconsistente fa posto alla verità sull'universo non al niente.
L'autore attribuisce a Schopenhauer la propria ambivalenza, infatti in realtà giudicando l'intera materia sotto la specie della ragion pura pensa la volontà universale esistente e non essente al contempo. Si tratta di una contraddizione dell'autore dell'articolo non di Schopenhauer. Ecco il passo dove emerge l'imperizia dell'articolista, che pretende di valutare il risultato della intuizione di Schopenhauer senza metterci a sua volta intuizione ma solo intelletto:

"Ora qui si pone il primo vero grande problema della metafisica schopenhaueriana. Stabilito infatti che i fenomeni sono determinati dal tempo, dallo spazio e dalla causa (sotto la forma della quadruplice radice del principio di ragion sufficiente), e che la cosa in sé è opposta al fenomeno – affermazione che Nietzsche contesterà fortemente[4] – allora la volontà universale, in quanto cosa in sé, è di necessità eterna, ubiqua e incausata ovvero irrazionale. In questo senso, il Wille assume le caratteristiche proprie di un'essenza metafisica che si connota come il negativo del mondo conoscibile dei fenomeni, per intuire il quale è necessaria una nuova forma di conoscenza, diversa da quella discorsiva-razionale, un sapere intuitivo che passa non già dalle forme dell'intelletto ma dalla conoscenza del corpo vivo, in grado non solo di conosce l'individuo come oggetto di conoscenza ma di riconoscerlo anche come soggetto del volere. Tuttavia, il Wille non può definirsi né reale né essente, poiché realtà ed essenza sono tutte categorie dell'intelletto alle quali la cosa in sé si sottrae per statuto gnoseologico. Il Wille si configura quindi come un concetto negativo, ma si distingue dalla Ding an sich kantiana intesa come concetto-limite, poiché la volontà universale di Schopenhauer è un'essenza che si afferma, che si obiettivizza nel mondo e quindi, nella sua indeterminatezza e immanenza, rimane pur sempre un qualcosa, non solo un correlato negativo dei fenomeni.
Schopenhauer avrebbe potuto far propria la celebre domanda formulata da Leibniz nei Principes de la Nature et de la Gràce: «Pourquoy il y a plustòt quelque chose que rien?», ma certamente non avrebbe sottoscritto la risposta leibniziana «Car le rien est plus simple et plus facil que quelque chose» (Leibniz, 1875-90: VI, 602), optando invece per la semplicità del Nichtsein (cfr. WWV I: 893-5). Vero è che la coerenza logica avrebbe dovuto portare Schopenhauer a stabilire in maniera univoca un'equivalenza fra volontà metafisica, in senso positivo, e nulla relativo, in relazione ai fenomeni, e invece il filosofo del Mondo oscilla fra prospettive non sempre del tutto conciliabili fra di loro. Vi è cioè una definizione, per così dire, positiva, in base alla quale Schopenhauer attribuisce alla volontà un'attività, una spontaneità che non ha alcun fondamento o causa e che esprime la sua fame di vita manifestandosi, di grado in grado, come forza della natura, istinto e egoismo. Vi è poi una prospettiva negativa, secondo la quale la volontà miracolosamente può mutarsi in noluntas, di modo che all'individuo è data la possibilità di redimersi dall'esistenza, agone dei motivi e della sofferenza umana, di liberarsi dalla schiavitù della determinazione, di redimersi dalla caduta nella vita."


Mauro Pastore
#668
Tematiche Filosofiche / Kant, pragmatismo e teodicee...
28 Novembre 2022, 16:30:29 PM
Penso che Kant additando da filosofo il fallimento (momentaneo, io credo) delle teodicee filosofiche — e in particolare di quella di Leibniz — non negasse la concezione del male quale privatio boni ma ne negasse l'utilità in presenza del male radicale e indicasse per alternativa utile una concezione puramente pragmatica del male.

Voi cosa ne pensate?


Mauro Pastore

#669
Per chi interessato alla questione.

È passato molto tempo da quando lessi la critica della filosofia kantiana di Schopenhauer; anziché rileggere tutto e dare una ampia scorsa alle Critiche di Kant pensavo a una via più breve, per frammenti, richiami e citazioni e commenti... Per questo scrivo qui anziché riflettere e studiare e meditare da solo.


Penso che Arthur Schopenhauer non intendesse confutare Immanuel Kant in merito alle Critiche della ragion pratica e del giudizio ma dare soltanto una stima sul valore da attribuire ad esse. Nel dire a proposito di esse di compromesso, Schopenhauer non ne accoglieva le nozioni culturali, ritenendole inadeguate proprio alla nuova situazione culturale creatasi dopo la pubblicazione della kantiana Critica della ragion pura. Non che Schopenhauer volesse negare la possibilità di pensare Dio a causa del proprio sistema filosofico, voleva invece sostenere che se si fosse voluto pensare ancora Dio non lo si sarebbe potuto ingenuamente come prima... Poiché egli riteneva che Kant avesse prodotto un nuovo assoluto raggiungimento, si attribuiva solo il merito di un completamento, non di un rifacimento... Ragion per cui dopo la conoscenza del sistema filosofico di Schopenhauer è ancora possibile approcciarsi favorevolmente a tutte e tre le Critiche kantiane. Schopenhauer non percorse questa strada ma la sua opera non ne costituisce impedimento.
In termini pratici: la schopenhaueriana Noluntas non preclude al kantiano Summum Bonum, anzi il primo concetto fa da spiegazione al secondo.
Vero è che Schopenhauer non si era posto in questa prospettiva ma è pur vero che non aveva criticato le concezioni kantiane di fenomeno e noumeno ma soltanto la espressione culturale di esse e (a mio modesto avviso) non da parte di Kant stesso. Penso che obiettivo di Schopenhauer non era porre un veto a parte dell'opera di Kant ma evitare che il kantismo imboccasse una strada senza uscita.

Voi cosa ne pensate di questo? Avete testi da citare?



Mauro Pastore
#670
Citazione di: Alberto Knox il 27 Novembre 2022, 16:12:05 PMIo credo che si possa dedurre facilmente che la bellezza è una disposizione sensibile dell essere se consideriamo la musica . "Sto ascoltando della bella musica " cosa mi fa dire questo ? quelle note che formano la melodia hanno la qualità della bellezza ? o è la melodia stessa ad avere in essa la qualità della bellezza così che io la possa percepire tramite i sensi? ma se la bellezza non fosse parte di me così come lo è l udito ,la vista , il tatto, l olfatto , il gusto e le emozioni come potrei percepirla? La prima sorgente della bellezza è la natura , la seconda l arte e la terza l uomo.

Mi pare che così potresti metterti sulla buona strada ma non hai còlto la risoluzione della questione.

Mauro Pastore
#671
Citazione di: Alberto Knox il 27 Novembre 2022, 15:44:03 PMPosso dire che un opera d arte è bella solo se mi piace e non tutte le opere d arte mi piacciono e di loro non dico "per me non è bella ma è oggettivamente bella ". Dico a me non piace , punto. Sono sempre io che do un valore, un giudizio estetico sull oggetto . l oggetto si presenta ai miei sensi e tramite i sensi ne sintetizzo una conoscenza che può essere di due tipi a posteriori o a priori
.
"La parola dice diversamente da come tu presumi."
come scusa? Estetica dal greco " àisthesis"  sensazione
Non hai riflettuto adeguatamente sul senso del piacere estetico... quanto alla sensazione, ribadisco che dipende dall'oggetto e non è arbitraria e non contraddico il termine greco, ti faccio notare che proprio l'analisi etimologica ti smentisce.

Mauro Pastore 
#672
Citazione di: viator il 27 Novembre 2022, 11:16:52 AM"Sussumere casi sotto la stessa regola non avrebbe potuto permettere di pensare come arte molte correnti che rompono le righe rispetto alla tradizione. Ogni corrente, si potrebbe quasi dire, si è data una regola a se stessa."

Certo. Facile, no, per il primo od il secondo imbecille che si sveglia il mattino, rompere la tradizione e darsi/dare nuove regole e chiamarle sublime bellezza artistica............nella speranza di diventare acclamati e danarosi esponenti di una qualche "avanguardia alla Andy Warhol". Saluti.
Ma è pur vero che la creatività non tollera norme che la limitano.

Mauro Pastore 
#673
Citazione di: Ipazia il 27 Novembre 2022, 08:14:57 AMUn giudizio estetico più elaborato si ottiene attraverso un processo ermeneutico di indagine dell'opera. Nelle arti figurative, prima che la macchina subentrasse all'uomo, il criterio d'eccellenza era la similitudine dell'opera al modello. Eccellenza coadiuvata dall'invenzione di tecniche rappresentative più aderenti alla percettività sensoriale umana, quali la prospettiva e l'uso del colore, sopprimendo il disegno, negli impressionisti.

In musica l'invenzione è ancora più segno di eccellenza, vista l'esiguità del materiale a disposizione (la tavolozza dei suoni armonici). Anche qui l'elemento tecnico-scientifico (evoluzione degli strumenti e delle conoscenze di acustica) ha fatto la differenza dalle monodie e percussioni elementari alle grandi architetture sonore del classicismo e romanticismo.

In ogni fase storica è il livello evolutivo estetico che ha decretato il suo criterio di eccellenza con una quasi-oggettività determinata dai materiali e conoscenze del tempo.

La novità recente sul giudizio estetico si avvale delle tecniche di riproduzione e riproducibilità delle opere d'arte che permette a noi postumi tecnologici di distendere in un unico papiro l'intera storia dell'arte sopravvissuta e presente, rendendola fruibile a chiunque.

Con ciò,  anche l'idea di bello e sublime ne guadagna in profondità, giocando sagacemente tra sincronia e diacronia, invenzione e citazione.
La questione di soggettività e oggettività della bellezza non può essere affrontata semplicemente valutando i mutamenti dell'arte.

Mauro Pastore 
#674
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2022, 23:57:50 PML'oggettività mi pare incompatibile con il bello nell'arte e quanto più la storia dell'arte avanza tanto più sembra evidente; così come è evidente che tentare di attualizzare categorie filosofiche attraverso i secoli è tanto più rischioso quanto più sono (appunto) categorie deboli in oggettività. Ci si può appoggiare a qualche passo del testo per cogliere l'impasse in cui cadono i rispettabili tentativi oggettivanti a qualche secolo di distanza:Se è il caso che assurge a regola («inventare una regola» è già sintomo di congedo dall'oggettività), nulla vieta che da casi differenti originino regole contrastanti e persino contraddittorie; su questa base ogni oggettività perde automaticamente di fondamento. Le regole autoreferenziali dell'impressionismo e dell'astrattismo possono convivere sotto l'egida della bellezza solo se essa si concede di non presentarsi come oggettiva; viceversa la contraddizione fra le regole della casistica sarebbe tale che, per restare una disciplina oggettiva, una delle due correnti non sarebbe più da considerare "oggettivamente arte"1.Questa autoreferenzialità di ciascuna corrente artistica incarna l'antitesi dell'oggettività: se non è possibile usare trasversalmente gli stessi criteri, questi non sono criteri oggettivi adeguati ad un "contenuto" oggettivo; così come non può essere oggettivo il risultato di giudizi già prefigurati sulle peculiarità di una corrente artistica. Se non fosse assente tale oggettività, lo schizzo di un quadrato su carta sarebbe autoreferenzialmente ed "oggettivamente bello" tanto quanto «Il quadrato bianco su sfondo bianco» di Malevic (non conterebbe allora la firma, il contesto, etc. ma solo l'oggetto). Così non è, ma non perché c'è un gusto oggettivo che rileva oggettive differenze fra i due, bensì perché il contesto socio-culturale, il periodo storico, i gusti dei critici d'arte, etc. sanciscono cosa è arte a prescindere dall'oggettività dell'opera (l'utente Eutidemo l'ha implicitamente accennato in un suo topic: fare "i tagli su tela" non è oggettivamente arte se li fai per secondo e a decenni di distanza dal contesto in cui erano "elevabili" ad arte, pur restando i tagli oggettivamente tali). L'espediente del concetto di «gusto» (e l'annessa liquidazione di giudizi differenti e divergenti tramite una mera "carenza di gusto") non è sufficiente, anzi: è evidente (ed oggettivo) come il gusto cambi con le epoche e con i soggetti giudicanti, risultando piuttosto inaffidabile come garante di una ipotetica oggettività (e sostenere che «l'universalità del gusto si basa su una forma di senso comune» è praticamente un autogol, se si considera con attenzione come "funziona" il senso comune).  Inoltre, posporre il piacere al giudizio estetico non lo rende oggettivo fintanto che il giudizio (d'innesco del piacere) è soggettivo, essendo soggettive le facoltà d'intelletto, sentimento ed immaginazione chiamate in causa dall'arte.
Nel novecento (ma il buon Kant non avrebbe certo potuto saperlo) molti si sono interrogati su cosa renda tale un'opera d'arte e, non a caso, la conclusione oggettiva comune a molti, pur nelle rispettive differenze, è che l'arte non è questione di oggettività (così come il bello potrebbe non essere solo una questione di proporzioni auree, come pare suggerire, ma forse sbaglio, le neuroestetica quando riconosce che «la bellezza, [...] è un'esperienza astratta [personale e culturalmente orientata]», cfr. qui).


1 L'importanza dell'oggettività della regola ci è spiegata proprio dal sublime kantiano citato in seguito: sia quello matematico che quello dinamico si basano su caratteristiche oggettive sino ad essere misurabili in formule e rapporti numerici (dunque regole); nessun uomo può infatti affermare (s)oggettivamente che il cielo sia uno spazio piccolo o che un terremoto sia tranquillizzante; la soggettività del giudizio è quasi azzerata dalla matematizzazione degli elementi in gioco (la prospettiva e il campo visivo, la magnitudo della sollecitazione fisica, etc.). Tale quantificazione delle componenti e dei loro rapporti, non trova altrettanto successo nel bello dell'arte, mutevole con le epoche e le correnti culturali come sono mutevoli le forme e i contenuti dell'arte; a differenza del cielo e dei terremoti.
Meglio affrontare la questione a prescindere dall'arte e poi continuare con l'arte. Così si trova fatto nel testo che vi ho fornito... Sicuramente esiste una corrente di pensiero che pretende di sostenere la non oggettività della bellezza soprattutto considerando l'arte ed esiste un'arte che fa leva soltanto sulle impressioni soggettive ma si tratta di un'arte dimidiata che appunto non può fare da base per compiute riflessioni estetiche. Si aggiungono a ciò le mezze filosofie che pretendono i còmpiti di quelle intere... Ci sono poi le mere elucubrazioni, come lo è la tua.

Mauro Pastore 
#675
Citazione di: Ipazia il 26 Novembre 2022, 21:34:57 PMPoveri impressionisti, che derivavano la forma dal colore. Se poi Kant avesse saputo che anche la forma del suo stereotipo Winckelmann era, in origine, colorata  :))

L'idea interessante è che ogni linguaggio estetico genera la sua norma. Ma con ciò va in frantumi ogni possibilità generalizzatrice del concetto di bellezza.

Merita attenzione anche la gradazione tra bello e sublime. Il sublime è quando una forma estetica, un paesaggio naturale, raggiunge il suo apice. E di esempi ne abbiamo molti.
La tecnica degli impressionisti non va confusa per una teoria estetica.

Mauro Pastore