Vabbè: trasferiamo il l.a. alle illusioni. Finchè funzionano. Poi ne troveremo delle altre che funzionano a cui trasferirlo.
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Mostra messaggi MenuCitazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PMCitazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PMLa prescrizione di matrice fisica (o chimica, etc.) non conosce il non-dovere («non devo volare» è di fatto un non sequitur), ma solo il non-potere (tecnicamente modificabile): la forza di gravità mi tira giù, non posso volare (prescrizione "fisica"; poi la tecnica manipola la mia "gravitazione" e posso decollare con un dispositivo. Il dovere è "fuori tema", il volere è ciò che orienta la tecnica).
Il rapporto tra descrizione e prescrizione è fallace solo se collegato da un non sequitur ideologico [...], ma il collegamento può essere anche non fallace: non ho le ali (descrizione) quindi non posso/devo volare (prescrizione).
Per l'etica è l'esatto contrario: ho la mano, posso (e magari voglio) dare un pugno, ma (prescrizione etica) non devo farlo.
La razionalità dell'etica è la sua tautologia (di quale etica si parli è quasi irrilevante) con annessi circoli viziosi, premesse indimostrabili e aspirante universalismo (da cui la sottomissione altrui al proprio paradigma; v. sotto... e anche sopra).
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PMCitazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PMProprio l'innesto è, a mio avviso, il passo falso: la condizione etologica non ha in sé nulla di bene/male (qui concordiamo, no?), per cui non può fungere da fondamento per il bene/male con cui, retroattivamente, vengono poi lette le stesse vicissitudini di tale condizione (qui il circolo è ben più che ermeneutico, direi quasi vizioso). Senza bene/male non c'è etica (almeno classicamente intesa), non c'è prescrizione, c'è però l'ethos che l'antropologo studia, ma da cui, non a caso, non ricava dettami morali, universali o personali, che siano filosoficamente estranei al suo stesso oggetto di studio.
L'etica è la presa d'atto delle prescrizioni poste da una determinata condizione etologica (naturale/ambientale) su cui si innesta un'etica razionale.
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PMCitazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PMConcordo, e in ciò l'etica con i suoi concetti generalisti può restare in disparte, magari lasciando spazio a categorie più pragmatiche e schiette.
Rendiamone conto: donde sgorgano le leggi e le consuetudini ? Ethos-techne ha uno statuto tecnico fatto di cose concrete che prescindono dalla metafisica e che comunque la anticipano. Salvo poi ingarbugliarsi in circoli di retroazione. Però razionalmente dipanabili con un po' di buona volontà.
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PMCitazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PMFinché si sceglie di restare sul piano etico non vedo il motivo di farlo, sarebbe come restare sul piano religioso e cercare surrogati di «dio» e «anima»; un onesto cambio di categorie (e/o di paradigma) non prevede "surrogati". Accennavo all'Oriente perché (sempre se non ricordo male), non avendo una tradizione culturale in cui il Bene si è fatto carne o comunque si è rivelato dettando tavole e libri, la coppia bene/male non viene sopravvalutata egemonicamente come da noi in Occidente, pur non essendo quelle civiltà prive di etica (mutatis mutandis).
La tradizione si sussume e la semantica si adatta. Difficile trovare surrogati etici a bene e male.
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
La storia è infatti scandita dalle etiche dei feudatari che sovrastano le etiche dei servi della gleba; una volta presone atto, si tratta di contestualizzare tale gerarchia in tempi meno violenti, più democratici e informatizzati, per poter leggere le dinamiche etiche moderne. Fatto questo, per pensare al mondo come dovrebbe essere (e quindi sapere cosa fare per cambiarlo), basterà usare la propria etica; fermo restando il tirare l'ago della bilancia del Bene dalla propria parte (come dicevo sopra, parlando di qualità e quantità).
...
Il tuo(/nostro) ritenere superabile una certa egemonia è un significato, tuttavia il referente in questione è la cronaca (dal paesello al pianeta) dove, a conferma della non tangenza fra significato e referente, non scorgo traccia di tale superamento (al netto di dichiarazioni universali, slogan politicamente corretti e convegni vari).
Inoltre, per raccontarci come la società dovrebbe-essere/vorremmo-che-fosse dobbiamo ricorre ad una visione etica basata su... e il cerchio (il circolo ermeneutico) si chiude.
Chiaramente, non è necessaria una riflessione meta-linguistica per poter usare il linguaggio, così come non è necessaria una riflessione meta-etica per avere un'etica; la mia opinione spiccia è solo che, filosoficamente parlando, non guasterebbe.
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PMCitazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PMProprio poiché «no man is an island» (approfondire virerebbe verso l'off topic) ha senso il «mors tua, vita mea»: siamo sulla stessa terra e nasce dunque il problema di come dividercene le risorse, di come organizzare i ruoli e di chi sacrificare...
Anche "no man is an island" se la passa mica male. La scelta tra il motto latino e quello inglese ha un nome antiquato, ma di difficile sostituzione nel significato ancor più che nel significante.
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
...se invece ci chiediamo dove si (af)fondano i criteri con cui decidiamo quale percorso di senso intraprendere, siamo già nel meta-etico, ovvero in ciò che rende tale un'etica... Sull'«etica razionale» è bene ricordare che (soprattutto dopo Godel) è una classe di etiche (se ce ne fosse solo una razionalmente ammissibile, mi avresti riesumato in vano), quindi, sommessamente, dissimulatamente, si apre l'ostico scenario di una riflessione meta-etica su cosa rende preferibile (migliore? compatibile? saggia?) un'etica rispetto alle altre... per poi ritrovarsi dentro l'inevitabile, temporanea, accomodante tautologia che fa quadrare il cerchio (almeno per un po'... aporie permettendo).
Citazione di: viator il 09 Settembre 2019, 22:04:40 PM
Salve Ipazia. Non ne sono nè sorpreso nè turbato. Infatti si tratta di apologia dell'ILLUSIONE di possedere il libero arbitrio. E tu saprai benissimo che le illusioni, finchè non vengono smentite (per venir prontamente rimpiazzate da altre) sono perfettamente efficienti nonchè perfettamente indistinguibili rispetto a una qualsiasi "realtà". Salutissimi.
Citazione di: Phil il 07 Settembre 2019, 17:01:45 PM
...
Il titolo del topic è probabilmente sintomo della fulgida persistenza della onto-etica, dell'eco roboante della nostra cultura nella sua dimensione storica. Eppure, una volta preso atto che oggi è possibile anche pensare al bene e al male come utili artifici convenzionali, che fine fa allora l'etica (intesa in senso forte)? Se non possiamo fondarla nel cielo dobbiamo fondarla sulla terra, seguendo quel dovere autoreferenziale che è a sua volta etico: è sommamente immorale non avere una morale, il primo metaimperativo etico è averne una. Tuttavia, ciò è proprio come l'orfano che pensa che i suoi genitori, se non sono in terra, devono essere in cielo... lutto mancato e confusione, in buona fede, fra dover-essere e poter-essere.
Provare a fondare la morale sulla terra-natura sarebbe infatti fallace, poiché, una volta appurato che la natura non funziona secondo giusto/sbagliato, ma secondo funzionale/disfunzionale, istintivo/controistintivo, etc. radicare il giusto/sbagliato su qualcosa che non lo prevede è un'altra forma, per quanto accoratamente ottimista, di rinnegare il lutto (un po' come imbalsamare un cadavere, confondendo "corpo" e "vita").
CitazioneInnestare un'etica nell'ethos, significa amalgamare ciò che è (attualità dell'ethos), con ciò che dovrebbe essere (normatività dell'etica), descrizione e prescrizione (come diceva Hume), in una sorta di fallacia naturalistica, defibrillatore retorico che dovrebbe vorrebbe far resuscitare lo spirito di un esanime corpus di lettere morte a partire dai rispettivi fantasmi della tradizione (sia chiaro: opinione mia; per chi è dentro la metafisica, non ci sono cadaveri né lutto... e non è detto che non sia io a scambiare un momentaneo abbiocco per irreversibile morte).
CitazioneUna volta capito dove l'etica (non) possa essere fondata, può essere proficuo considerare che l'opposizione legge-etica-di-dio / legge-etica-degli-uomini (opposizione immanente a faccende puramente gestionali: potere temporale / potere secolare), sta trovando sempre più sintesi "hegeliana" nella legge di natura (genetica, neuroscienze, etc.).
CitazioneEccoci dunque al pensiero sfidante (l'anti-scandalo, rovesciando Kierkegaard): e se, non avendo dove fondarli, abbandonassimo i concetti di «etica», «bene» e «male»?
Per vivere socialmente bastano le leggi (rasoiata drastica, ma non mi dilungo), con il loro dualismo legale/illegale, e dove esse non arrivano, ci sono di default le consuetudini (comunque abitabili criticamente) con i loro rituali laici e la tassonomia civile/incivile, che muta nei tempi e nei luoghi; lusso che l'etica, il bene e il male, per il loro statuto meta-fisico, non dovrebbero/potrebbero concedersi... salvo usarli come metafore, ma allora bisognerebbe render(se)ne conto.
CitazioneUn'etica che, in quanto tale, abbia pretese universalistiche (sempre e dovunque), può risultare persino ostile alla società (seppur funzionale a ridurre il sovraffollamento del globo, tema da sempre molto caro ad Ares), fomentando scontri fra assoluti, magari inibendo possibili compromessi (parolaccia?) in vista di un equilibrato quieto vivere (a cui magari tutti aneliamo, ma che se ha qui un'accezione "immorale", è forse perché frustra l'ardore testosteronico dei "moralizzatori militanti").
CitazioneCerto, l'etica non deve essere per forza universalistica e fondata su leggi divine, e forse è proprio questo il punto (e lo spunto): ha ancora senso parlare di «etica» e «bene/male», parole forti e non certo prive di tradizione e carico semantico, nell'epoca delle visioni del mondo sincretiche, laiche (non tutte, chiaro), fatte in casa (e su internet), etc.? A questo punto chi obietterà che tale scenario rappresenta una nefasta perdita e che un'etica deve esserci, non susciterà alcun biasimo, poiché la prospettiva (nostalgico-)metafisica fa indubbiamente parte di quel pluralismo pulsante che essa stessa vorrebbe uniformare con i suoi assiomi.
CitazioneChi invece sostiene che oggi l'etica sia proprio un "lavoro in corso", si ritrova poi (correggetemi pure se sbaglio) un po' in difficoltà a spiegare come tale etica possa avere l'ambizione di essere valida anche per il prossimo, dal momento che anche lui potrà proporre la sua "etica in corso d'opera", e allora quale criterio meta-etico sbroglierà il diverbio? Il calcolo(?) della "felicità" del maggior numero di persone al minor "prezzo" (Bentham)?
CitazioneIl risultato non potrà comunque che essere un'imposizione dell'etica dominante sull'etica altrui (e riecco l'assolutismo monista-metafisico rientrare ghignando dalla finestra), meccanismo piramidale che è certamente la chiave di volta del diritto entro i confini di uno stato, ma se parliamo di etica o, peggio, di trascendenza, tale imposizione è la pietra angolare dell'"oppressione etica" (ossimoro?) di tutte le minoranze del mondo: l'imperialismo culturale (e anche economico, etc.) dell'occidente ha qui, da sempre, il suo alibi assoluto e assolvente. Detto altrimenti: all'atto pratico, conciliare l'indagine laboriosa del «secondo noi» (vigente in un gruppo) con la constatazione sociale che «la nostra etica è numericamente vincente», è manovra d'assestamento che rischia di cedere alla tentazione di confondere qualità e quantità, spostando l'ago della bilancia sempre, guarda caso, sull'indicatore più propizio (la massa si appellerà sulla quantità, l'elite o la minoranza rivendicherà la qualità)
CitazioneResterebbe nondimeno da chiedersi: una volta fatta la boutade di relegare il concetto di «etica» nelle enciclopedie, perché qualcuno potrebbe voler aiutare chi ha bisogno, se non c'è una legge che gli intima di farlo? Istintiva empatia? Educazione ricevuta? Esibizionismo estetico? Sommessa speranza di "credito karmico"? Secondo me, anche (am)mettendole tutte assieme, restiamo comunque fuori dall'etica, dalla sua normatività e soprattutto dalla sua univocità (più o meno latente, più o meno dissimulata).
Più approfondiamo i moventi delle nostre scelte, azioni, etc. e di tutti i condizionamenti ad esse connesse, più il paradigma etico-metafisico, con annessi concetti di «bene», «male», etc. perde (almeno ai miei occhi) di credibilità, e ridurlo a funzionale residuo fenomenologico-culturale è il miglior requiem che gli possa concedere.
CitazioneNon intendo dire che sia da boicottare né desertificare il campo etico, ovvero quello imprescindibile dell'interazione fra uomini (lasciando in sospeso gli dei), ma che tale campo possa essere anche indagato e strutturato oggi con categorie meno vaghe e sbrigativamente sintetiche di "bene" e "male", magari declinandole (in entrambi i sensi) in altre categorie (e se non erro, ma dovrei verificare, l'Oriente ci fornisce spunti in merito sin dai tempi di Confucio, al netto della traslitterazione occidentalizzante dei termini e di tutta la discutibilità teoretica dei fondamenti).
Citazione«Bene» e «male» sono risultati e risultano così versatili nel tempo e nello spazio (ironicamente ambendo spesso all'esatto contrario) da suscitare talvolta il sospetto che siano in fondo come un assegno in bianco associato ad un conto inesistente. Mi si dirà che invece c'è gente a cui l'importo di tale assegno è stato estorto con il sangue; in merito, la natura ci ricorda con il suo tipico disincanto premetafisico (curiosamente molto affine a quello postmetafisico) che, per nuocere al proprio simile non è necessaria una visione etica, politica o economica, del reale. Ovviamente la realtà umana ha una complessità superiore di quella stigmatizzata "leone/gazzella", tuttavia al di sotto di ogni artificiale (sovra)struttura antropologica, il detto «mors tua, vita mea» resta il denominatore comune "interspecie" dei viventi, dai batteri ai pachidermi, dallo zoo a Wall Street. Il plusvalore fatale è che noi umani alleghiamo a «vita mea» anche capricci e velleità che vanno ben oltre i bisogni primari (e non è una semplice questione di capitalismo o globalismo); noblesse oblige per essere la specie più evoluta...
CitazioneFatta questa breve premessa (in puro stile TL;DR), sintetizzando un commento sul tema del topic, direi che l'origine del male è secondo me nel paradigma che lo definisce (meccanismo tautologico che ne rende irrilevante la definizione), il quale, inevitabilmente, è anche l'origine del bene, essendo bene/male una questione di categorizzazione (e di narrazione), non di ontologia (il significato non è il referente).
CitazioneE tale paradigma dove ha origine? In un cervello con del potenziale individualmente strutturato che si modifica interagendo con l'ambiente, modificandolo a sua volta. Nel medioevo non potevano (e non "dovevano") nemmeno pensarlo; oggi, speculazione per speculazione, si può anche puntare su una tesi simile, in virtù della sua legittimità meta-etica (dall'ur-etica all'uber-etica?).
Citazione di: InVerno il 08 Settembre 2019, 09:24:30 AM
Ovviamente nessuno ha mai chiarito il nesso tra QI e biologia, ma io non mi sentirei in una botte di ferro come tu affermi.
Citazione di: green demetr il 08 Settembre 2019, 03:07:31 AMEcco non capisco se intendi il bias riferito a me. Il fatto che sono un metafisico, non mi pone al sicuro da poter affermare posizioni teistiche, che infatti disapprovo in maniera radicale.
CitazioneLa metafisica contemporanea va ripensata dopo Nietzche. Anche rispondendo a Mariano, a cui ribadisco che la relativizzazione del concetto o la sua dichiarazione formale, non contano niente se non si torna a parlare di cose materiali.
Nella tua polemica contro Nietzche, tendi sempre a non confrontarti con questo pensatore. L'andare oltre la morale (bene e male di provenienza cattolica, sintomaticamente riconoscibile dal totem tabuico), non si risolve affatto in un naturalismo alla Rosseau.
CitazioneIn Nietzche c'è la consapevolezza, che il totemico sia solo una delle possibili metafisiche. La relatività di qualsiasi metafisica, pure quelle che paiono non esserlo come quella del materialismo storico, a cui appunto non riesci a pensare se non rimandando la questione a un tempo futuro, relegandola appunto ad una distopia, non sfocia affatto nel naturale, che invece è proprio ciò in cui sfocia il teismo (pensiamo solo a come considera la donna), ma anche come detto le forme politiche che ad essa si rifanno.
CitazioneIn realtà Nietzche ponendo l'impossibilità di uscire dalla metafisica, richiede non un ritorno alla Natura, ma una comprensione maggiore delle potenzialità umana della descrizione del mondo. Il mondo non è la natura. In questo dobbiamo tornare a Heidegger.
CitazioneE' l'apertura al discorso, al sentiero (errante). All'erranza appunto (come quella dello Zarathustra). E' l'errare, come stiamo dicendo tu, io e Jacopus, in fin dei conti, è quel testimone, che si ridipinge sempre di nuovi colori. Di emergenze, di crisi locali e globali. Ma anche di speranze e desideri nuovi.
CitazioneNessun teismo, è importante tenere sempre il discorso aperto! Se questo lo vogliamo chiamare ateismo, o storicismo allora anche io sposo una causa ateista.
Citazione di: Mariano il 06 Settembre 2019, 22:37:29 PM
Rileggendo i vari interventi sull'argomento mi sorge una domanda:
"Prima di chiedersi l'origine di un qualcosa non è necessario darne una definizione?"
E il susseguirsi dei post mostra l'ammirevole tentativo di trovarne una.
Tentativo oggetto della ricerca dei più grandi filosofi e teologi che a mio avviso non ha mai portato (nè porterà) una soluzione "razionale".
Insisto nella mia opinione (mi sembra condivisa da altri ed in particolare da Baylam) e cioè che il bene ed il male sono concetti relativi alle circostanze ed alle coscienze di ciascuna persona.
Per discutere dell'esistwnza del Bene e del Male assoluto penso che si debba passare a tematiche spirituali, ad un Credo la cui verità (se esiste) non fa parte della nostra cosiddetta razionalità.
Citazione di: altamarea il 06 Settembre 2019, 14:26:34 PM
Allargare l'orizzonte dei cosiddetti filosofi verso la psicologia fa male ?
Senza tanti post filosofici, alla psicologia ne basterebbe uno per dire brevemente e con chiarezza che l'identità dipende dalla percezione che ogni individuo ha di se stesso e in relazione con altri individui, con i quali forma un gruppo sociale, per esempio: famiglia, associazioni, comunità.
L'identità può essere oggettiva e soggettiva.
L'identità oggettiva è data da quanto gli altri vedono in noi: non solo il nostro viso, il nostro carattere, il nostro modo di vestire ma anche la nostra collocazione familiare e sociale.
L'identità soggettiva è l'insieme delle nostre caratteristiche, così come noi le vediamo e le descriviamo. E' la consapevolezza di sé come individuo. ...
Citazione di: leibnicht1 il 06 Settembre 2019, 04:02:24 AM
Conosco le "anime morte", poiché io appartengo loro.
La mia risposta sulla questione "razziale" credo sia cruciale nel contesto del nostro comprenderci e dialogare.
Io sono Razzista. Non ho remore, nè presunzioni di censura e neppure retaggi culturali cui apprendere le mie convinzioni scientifiche.
CitazioneIl mio razzismo, però, del tutto estraneo al nazionalismo, ha un significato principalmente biologico e politico.
Citazione
Nessuna razza, nessuna specifità umana può rivendicare supremazie o prevalenze rispetto ad ogni altra.
Il mio razzismo è ricondotto al semplice RICONOSCERE diversità, perché, a mio parere, non è possibile una coesistenza che non presupponga la curiosità ed il rispetto dell'Altro, del suo modo di sentire e pensare, del quale non possiamo che arricchirci nello spirito.
L'amore cerca l'unità, già Empedocle lo credeva, eppure è più intenso laddove svanisce.
Citazione di: Ettore Angelo Rossi il 05 Settembre 2019, 12:44:47 PM
Secondo me diviene grosso errore sentire la Natura aldilà dell'essere umano.
Citazione di: Ettore Angelo Rossi il 05 Settembre 2019, 09:01:10 AM
Questa scelta di bene e male deriva dall'ego del branco e del singolo individuo e non tiene conto dell'equilibrio dell'ambiente in cui si interfacciano. Per mantenere l'equilibrio la Natura ha bisogno di eliminare branchi. L'agio e l'abbondanza creano ozio. Un capobranco esperto è sempre il risultato di lotte intestine per mantenere la freschezza di questo ruolo. Con troppe prede la Natura avrà bisogno di predatori ed al contrario, con troppi predatori la Natura avrà bisogno di eliminarne qualcuno.
L'equilibrio è in eterno mutamento e ciò che sembra male per il semplice ego e la sopravvivenza del singolo non è male per il Tutto.