PAUL11
Sono abbastanza d'accordo sul tuo pensiero in generale, ma sbagli sulla capacità di trovare la verità nella scienza moderna
CARLO
Già ho risposto ieri alla medesima obiezione di Davintro
<<Secondo te, non è vero al 100% che i pianeti del Sistema Solare girano intorno al Sole e non intorno alla Terra?
Non è vero al 100% che la Terra non è piatta, ma è uno sferoide?
Non è vero al 100% che il nostro sangue non è immobile (come si credeva fino al XVII° secolo) ma che circola nelle vene pompato dal cuore?
Non è vero al 100% che il fuoco non è una sostanza (chiamata flogisto, come si credeva fino al sec. XVIII), ma si tratta di una reazione chimica?
....
Vuoi che ti compili una lista di altre 2 o 3 mila verità inconfutabili, oppure ti bastano queste?>>
PAUL11
...la scienza moderna infatti riconosce la sua fallibilità.
CARLO
Come ho già detto, "fallibilità" non significa che ogni verità scientifica sia fallibile (fallibilismo).
PAUL11
Altro esempio: l'alchimia.
Il passaggio alla chimica-fisica moderna fu da una parte il metodo sperimentale galileano e dall'altra la natura non fu più ritenuta un tabù, si agisce sui diagrammi di causa effetto, poi più tardi arriverà la concezione organicistica e non più meccanicistica, anche se continuano a convivere per convenzione,
Questo passaggio dall'alchimia alla sistematizzazione moderna guadagna nella manipolabilità sulla materia, ma perde l'essenza che era insita nell'alchimia della materia. La materia non è un semplice conglomerato di atomi e molecole con livelli energetici. C'è qualche altra energia che a tutt'oggi non è spiegabile ad esempio nelle teorie dell'abiogenesi, su come è nata la vita. Ma il medico riesce comunque a dare sollievo al paziente, anche se non conosce il principio della vita, perchè agisce sulla materialità, ma non sa se a sua volta esiste un meccanismo ancora più profondo, originario. (...)
Avendo perso i principi ontologici che riconducevano alle essenze, e l'alchimia era ancora in quella cultura antica, l'uomo guadagna in potenza materialistica, ma perde nell'essenza esistenziale e dell'essere.
CARLO
Sono totalmente d'accordo. L'alchimia vedeva la materia come una manifestazione dello spirito, come una realtà affine alla realtà spirituale e nella quale lo spirito stesso poteva rispecchiarsi analogicamente, nello stesso modo in cui, in Oriente, il taoismo considera lo Yin-Materia e lo Yang-Spirito come le due polarità fenomeniche del Principio-Tao trascendente. Infatti, per descrivere la mèta della loro ricerca (la Pietra Filosofale) gli alchimisti adottavano delle metafore che abbracciavano entrambe le realtà ultime, come, appunto, la pietra filosofale, lo hieròs gámos (matrimonio sacro), il salvator spiritus et naturae, l'homunculus, lo spiritus mercurialis, ecc..
Ma tutto ciò non vuol dire che la materia non sia ANCHE quel conglomerato di atomi e molecole descritto dalla scienza. E io sono sicuro che un giorno la visione alchemica e quella scientifica si fonderanno in una forma superiore di conoscenza.
E' interessante quanto scrive Jung a questo proposito:
<<La mancanza di risultati positivi ha gettato sull'alchimia un discredito che si è fatto sempre più ampio. Ma rimane ancora una serie di testimonianze che fanno chiaramente vedere come questi brancolamenti senza speranza dal punto di vista chimico assumano tutt'altro aspetto, se considerati sotto il profilo psichico. Come ho mostrato in "Psicologia e Alchimia (1944), durante il procedimento chimico si manifestavano quelle proiezioni psichiche che portavano alla luce i contenuti inconsci, spesso perfino in forma visionaria. Come ha riconosciuto la moderna psicologia clinica, in certi casi tali proiezioni possono rivelarsi della massima efficacia terapeutica. Non per nulla gli antichi "Artisti" identificavano la loro "nigredo" con la melanconia e celebravano l'Opus come un rimedio sovrano per tutte le "afflizioni dell'animo": l'esperienza aveva loro mostrato - e non v'era altro da aspettarsi - che se la borsa, invece di colmarsi d'oro, si svuotava ancora di più, la loro anima traeva profitto da quell'occupazione, supponendo, beninteso, che essi fossero riusciti a non soccombere di fronte a certi non trascurabili pericoli psichici.
Le proiezioni degli alchimisti non sono altro che contenuti inconsci che appaiono nella materia, quei medesimi contenuti che la psicoterapia moderna rende consci con il metodo dell'immaginazione attiva prima che essi si tramutino in proiezioni>>. [JUNG: Mysterium coniunctionis - pp.329-330]
<<Se il "Lapis philosophorum" fosse stato solo oro, gli alchimisti sarebbero stati dei ricconi; se fosse stato la panacea, avrebbero avuto un rimedio contro ogni malattia; se fosse stato l'elisir di lunga vita, sarebbero vissuti mille anni e forse più. Ma tutto questo non avrebbe reso necessario parlare del Lapis in termini religiosi. Se infatti quest'ultimo viene celebrato come il secondo avvento del Messia, allora bisogna supporre che gli alchimisti intendessero proprio qualcosa di questo genere. Essi concepivano l'Arte come un carisma, come un dono dello Spirito Santo o della Sapientia Dei; si trattava, comunque, pur sempre di opera umana, e il misterioso figlio di Dio veniva prodotto artificialmente nella storta, sebbene il fattore decisivo fosse proprio un miracolo divino>>. [JUNG: Mysterium coniunctionis - pp.327-8]
PAUL11
La cosa in sè non è la somma delle proprietà e parti. Jung non avrebbe trovato l'archetipo nei suoi pazienti se avesse seguito questa strada semplicistica.
CARLO
Io, invece, direi il contrario: che se Jung avesse dato retta all'idea kantiana di inconoscibilità del Trascendente, non avrebbe mai aperto la strada che ha portato alla conoscenza di quelle "cose in sé" che sono gli archetipi.
PAUL11
Questa cultura nega del tutto gli oggetti ontologici a cui tu credi, come Dio, spirito, ecc, in quanto nello schema sperimentale scientifico moderno sono indimostrabili "fisicamente e materialmente".
CARLO
Certo, la scienza si occupa SOLO di entità materiali-misurabili, quindi non può dire assolutamente nulla sulle entità metafisiche. Ma ciò non significa che esse siano inaccessibili alla conoscenza.
PAUL11
Per questo io non ritengo la scienza cultura, perché ha autolimitato il suo ambito e sbaglia quando si ritiene cultura e fa autolimitare altre culture come la filosofia.
CARLO
Infatti, le scienze della natura costituiscono SOLO UNA delle due polarità della cultura; l'ALTRA polarità è quella delle scienze dello spirito, sebbene quest'ultime non siano ancora pervenute alla determinazione di criteri di verità oggettivi comparabili a quelli che hanno trasformato l'antica Filosofia della Natura in una scienza affidabile ed estremamente feconda.
Insomma, le scienze della Natura non hanno alcuna colpa se le discipline dello spirito (tra cui la filosofia) sono ferme ad uno stadio ancora primitivo e non si sono mai evolute, come invece si è evoluta la scienza (nel dominio che le è proprio).
Sono abbastanza d'accordo sul tuo pensiero in generale, ma sbagli sulla capacità di trovare la verità nella scienza moderna
CARLO
Già ho risposto ieri alla medesima obiezione di Davintro
<<Secondo te, non è vero al 100% che i pianeti del Sistema Solare girano intorno al Sole e non intorno alla Terra?
Non è vero al 100% che la Terra non è piatta, ma è uno sferoide?
Non è vero al 100% che il nostro sangue non è immobile (come si credeva fino al XVII° secolo) ma che circola nelle vene pompato dal cuore?
Non è vero al 100% che il fuoco non è una sostanza (chiamata flogisto, come si credeva fino al sec. XVIII), ma si tratta di una reazione chimica?
....
Vuoi che ti compili una lista di altre 2 o 3 mila verità inconfutabili, oppure ti bastano queste?>>
PAUL11
...la scienza moderna infatti riconosce la sua fallibilità.
CARLO
Come ho già detto, "fallibilità" non significa che ogni verità scientifica sia fallibile (fallibilismo).
PAUL11
Altro esempio: l'alchimia.
Il passaggio alla chimica-fisica moderna fu da una parte il metodo sperimentale galileano e dall'altra la natura non fu più ritenuta un tabù, si agisce sui diagrammi di causa effetto, poi più tardi arriverà la concezione organicistica e non più meccanicistica, anche se continuano a convivere per convenzione,
Questo passaggio dall'alchimia alla sistematizzazione moderna guadagna nella manipolabilità sulla materia, ma perde l'essenza che era insita nell'alchimia della materia. La materia non è un semplice conglomerato di atomi e molecole con livelli energetici. C'è qualche altra energia che a tutt'oggi non è spiegabile ad esempio nelle teorie dell'abiogenesi, su come è nata la vita. Ma il medico riesce comunque a dare sollievo al paziente, anche se non conosce il principio della vita, perchè agisce sulla materialità, ma non sa se a sua volta esiste un meccanismo ancora più profondo, originario. (...)
Avendo perso i principi ontologici che riconducevano alle essenze, e l'alchimia era ancora in quella cultura antica, l'uomo guadagna in potenza materialistica, ma perde nell'essenza esistenziale e dell'essere.
CARLO
Sono totalmente d'accordo. L'alchimia vedeva la materia come una manifestazione dello spirito, come una realtà affine alla realtà spirituale e nella quale lo spirito stesso poteva rispecchiarsi analogicamente, nello stesso modo in cui, in Oriente, il taoismo considera lo Yin-Materia e lo Yang-Spirito come le due polarità fenomeniche del Principio-Tao trascendente. Infatti, per descrivere la mèta della loro ricerca (la Pietra Filosofale) gli alchimisti adottavano delle metafore che abbracciavano entrambe le realtà ultime, come, appunto, la pietra filosofale, lo hieròs gámos (matrimonio sacro), il salvator spiritus et naturae, l'homunculus, lo spiritus mercurialis, ecc..
Ma tutto ciò non vuol dire che la materia non sia ANCHE quel conglomerato di atomi e molecole descritto dalla scienza. E io sono sicuro che un giorno la visione alchemica e quella scientifica si fonderanno in una forma superiore di conoscenza.
E' interessante quanto scrive Jung a questo proposito:
<<La mancanza di risultati positivi ha gettato sull'alchimia un discredito che si è fatto sempre più ampio. Ma rimane ancora una serie di testimonianze che fanno chiaramente vedere come questi brancolamenti senza speranza dal punto di vista chimico assumano tutt'altro aspetto, se considerati sotto il profilo psichico. Come ho mostrato in "Psicologia e Alchimia (1944), durante il procedimento chimico si manifestavano quelle proiezioni psichiche che portavano alla luce i contenuti inconsci, spesso perfino in forma visionaria. Come ha riconosciuto la moderna psicologia clinica, in certi casi tali proiezioni possono rivelarsi della massima efficacia terapeutica. Non per nulla gli antichi "Artisti" identificavano la loro "nigredo" con la melanconia e celebravano l'Opus come un rimedio sovrano per tutte le "afflizioni dell'animo": l'esperienza aveva loro mostrato - e non v'era altro da aspettarsi - che se la borsa, invece di colmarsi d'oro, si svuotava ancora di più, la loro anima traeva profitto da quell'occupazione, supponendo, beninteso, che essi fossero riusciti a non soccombere di fronte a certi non trascurabili pericoli psichici.
Le proiezioni degli alchimisti non sono altro che contenuti inconsci che appaiono nella materia, quei medesimi contenuti che la psicoterapia moderna rende consci con il metodo dell'immaginazione attiva prima che essi si tramutino in proiezioni>>. [JUNG: Mysterium coniunctionis - pp.329-330]
<<Se il "Lapis philosophorum" fosse stato solo oro, gli alchimisti sarebbero stati dei ricconi; se fosse stato la panacea, avrebbero avuto un rimedio contro ogni malattia; se fosse stato l'elisir di lunga vita, sarebbero vissuti mille anni e forse più. Ma tutto questo non avrebbe reso necessario parlare del Lapis in termini religiosi. Se infatti quest'ultimo viene celebrato come il secondo avvento del Messia, allora bisogna supporre che gli alchimisti intendessero proprio qualcosa di questo genere. Essi concepivano l'Arte come un carisma, come un dono dello Spirito Santo o della Sapientia Dei; si trattava, comunque, pur sempre di opera umana, e il misterioso figlio di Dio veniva prodotto artificialmente nella storta, sebbene il fattore decisivo fosse proprio un miracolo divino>>. [JUNG: Mysterium coniunctionis - pp.327-8]
PAUL11
La cosa in sè non è la somma delle proprietà e parti. Jung non avrebbe trovato l'archetipo nei suoi pazienti se avesse seguito questa strada semplicistica.
CARLO
Io, invece, direi il contrario: che se Jung avesse dato retta all'idea kantiana di inconoscibilità del Trascendente, non avrebbe mai aperto la strada che ha portato alla conoscenza di quelle "cose in sé" che sono gli archetipi.
PAUL11
Questa cultura nega del tutto gli oggetti ontologici a cui tu credi, come Dio, spirito, ecc, in quanto nello schema sperimentale scientifico moderno sono indimostrabili "fisicamente e materialmente".
CARLO
Certo, la scienza si occupa SOLO di entità materiali-misurabili, quindi non può dire assolutamente nulla sulle entità metafisiche. Ma ciò non significa che esse siano inaccessibili alla conoscenza.
PAUL11
Per questo io non ritengo la scienza cultura, perché ha autolimitato il suo ambito e sbaglia quando si ritiene cultura e fa autolimitare altre culture come la filosofia.
CARLO
Infatti, le scienze della natura costituiscono SOLO UNA delle due polarità della cultura; l'ALTRA polarità è quella delle scienze dello spirito, sebbene quest'ultime non siano ancora pervenute alla determinazione di criteri di verità oggettivi comparabili a quelli che hanno trasformato l'antica Filosofia della Natura in una scienza affidabile ed estremamente feconda.
Insomma, le scienze della Natura non hanno alcuna colpa se le discipline dello spirito (tra cui la filosofia) sono ferme ad uno stadio ancora primitivo e non si sono mai evolute, come invece si è evoluta la scienza (nel dominio che le è proprio).