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Messaggi - Jacopus

#676
Grazie Ipazia per l'assist, che mi serve per rettificare parzialmente il mio precedente post. Ovvero, la multifattorialità causale della violenza contro le donne è come un cespuglio i cui rami non sono indipendenti ma interconnessi, per cui una personalità antisociale come Izzo, troverà parte della sua giustificazione alla sua violenza anche nel pensiero patriarcale. In ognuno di noi non esiste una causalità unica. Non siamo un motore a benzina, anche se vorrebbero farcelo credere. Siamo un insieme di motivazioni profonde dentro di noi che ci fanno fare quello che facciamo, il più delle volte condizionate in modo irreversibile dalle nostre esperienze nei primi cinque anni di vita. È qui che entra in gioco la politica, fissando la direzione verso una società migliorata, più giusta ed equa, nella quale i richiami alla biologia non dovrebbero avere spazio, essendo noi animali etici e neuroplastici, innervati in un mondo culturale che ha superato il livello "natura".
Quando si tratta di motivare le proprie azioni non si butta via niente, come con il maiale e pertanto questi simbolici rami del cespuglio della violenza non sono separati ma si intersecano e in quelle intersezioni possono incrementano la loro vitalità. Sta a noi trovare i modi, gli antiparassitari per debellare quei rami ed è una lotta che l'uomo combatte da sempre come raccontato in modo sublime da Freud in "Il disagio della civilità".
#677
CitazioneIn assenza di costruzioni ideologiche  come quella teologica che frenino questo potenziale di violenza maschile cosa potrebbe frenare gli uomini? 
Bisognerebbe chiederlo ai cinesi che non si rifanno ad alcuna religione oppure ai milioni di atei dell'Occidente, noti stupratori ed assassini.
#678
Belle parole Phil ma molto retoriche. Ovvio che non tutta la violenza di genere è assimilabile al patriarcato. Mutatis mutandis, tutti gli incidenti sono imputabili all'alcool? No. L'alcol bevuto dagli automobilisti è un problema? Si. Tutte le violenze alle donne sono imputabili al patriarcato? No. Il patriarcato è un problema? Sì! (Chi di retorica ferisce, di retorica perisce).

"andavo incontro al precipizio con tale cecità che mi vergognavo, tra i miei compagni, di non essere altrettanto spudorato, perché li sentivo vantare le loro scelleratezze e tanto più gloriarsene quanto più erano turpi; e mi ci abbandonavo anch'io, non solo per il piacere dell'atto in sè, ma anche per le lodi che ne ricavavo...per evitare il biasimo, mi immergevo nel vizio e dove mancavo di colpe che mi eguagliassero a quei corrotti me ne inventavo di immaginarie". Chi scrive è Agostino di Ippona nelle Confessioni, primo libro di psicoanalisi della storia umana. Ebbene risulta chiaro da questo passo che Caivano può essere stata scatenata da questo bisogno mimetico degli adolescenti di fare gruppo. La violenza come rito associativo o la devianza come rito associativo non hanno niente in comune con il patriarcato, così come il narcisista antisociale ( guardate la faccia di Angelo Izzo quando parla dei suoi omicidi, quello non è patriarcato, è disturbo antisociale), così come la violenza d'impeto o quella meditata. Una causa non esclude l'altra. La violenza è simile all'immagine del cespuglio che si usa ora per rappresentare l'evoluzionismo. Uno dei rami di quel cespuglio, un ramo particolarmente robusto ed antico, è il patriarcato. Ma vi sono molti altri degnissimi rami, portatori del loro generoso tributo di sangue.

Infine, una raccomandazione, non tirate in ballo motivazioni pseudobiologiche perché così mi costringereste a scrivere risposte ancora più lunghe di quelle che ora scrivo, con vostro grave noncumento.
#679
Piccoli grandi indizi per sottolineare quanto recenti siano certi cambiamenti, presupponendo che si radicano nella società quando vengono legificati. Solo nel 1996 il reato di violenza sessuale diventa un reato contro la persona, prima era un reato contro la morale e il buon costume. Si violava non tanto l'intimità della persona ma l'ordine sociale. Per non parlare delle pene. Originariamente, oltre alla scriminante del matrimonio riparatore (norma giuridica) e del delitto d'onore, una violenza sessuale contro un/a minorenne veniva punita con la reclusione da 3 a 10 anni. Oggi la pena è (giustamente) triplicata, da 9 a 18 anni. Ma negli anni 70 in concreto le pene potevano essere anche simboliche, come quella affibbiata ad Angelo Izzo (vedi Wikipedia), condannato a 2 anni con la condizionale per aver violentato due minorenni. È come se oggi si fosse creata una dissonanza cognitiva in parte della società. Una legge che corre più veloce di alcuni strati sociali, che cercano in modi disfunzionali di ricreare quel mondo che sta svanendo. Per fare un po' di reductio ad hitlerum, è in piccolo, la stessa dinamica del nazionalsocialismo.
P.s. In ogni caso è divertente questo dibattito. Mancano però le posizioni più teocratiche, che fornirebbero ulteriore carburante al topic.
#680
Phil. Non è una mera questione di statistica  o di "posti riservati". La storia si iscrive nei nostri corpi e nelle nostre società ed è una struttura rigida. Per farle cambiare direzione occorre talvolta un aiuto artificiale, come quello che riservó nelle università americane un certo numero di posti agli afroamericani, indipendentemente dal merito (suscitando un vespaio non ancora finito). Non solo. Un bambino che ha respirato aria di potere in famiglia sarà predisposto al comando. Una bambina respira più difficilmente aria di potere, a causa di un gap culturale che tra l'altro ci fa utilizzare male le risorse di metà dell'umanità. Non è una questione politica o almeno non solo politica. È una questione più profonda, che incide sulla possibilità di procedere in una direzione, quella della reciprocità e del riconoscimento, quella della parità familiare che inevitabilmente si riflette nella parità sociale, almeno idealisticamente. Una bambina abituata ad essere trattata come suo fratello, diventerà un osso duro per tutti gli ayatollah di questo mondo e questo è un vantaggio anche per noi maschietti. Maschietti che però non ce la fanno a vedere le disparità, perché sono disparità sottili, sono commenti, abitudini, esclusioni arbitrarie, ruoli stereotipati. Cose da vita quotidiana che non riguardano tutti, per fortuna ma che incrociano trasversalmente la vita di tutte le donne. In ogni caso sono ottimista. Ancora qualche secolo e in Italia ci sarà un ottima parità uomo/donna. Sull'Iran non garantisco.

Per Niko: mi era venuta in mente la stessissima riflessione una ventina di post fa.
#681
Il femminicidio è legato alla disparità di potere fra i generi a sua volta determinata da una tradizione millenaria, che solo negli ultimi 50 anni (dal 68)è stata messa in discussione in una parte del mondo, chiamato Primo mondo o Occidente. Quindi direi che non c'è nulla di cui rallegrarsi e non c'è nessuna progenie paternalistica a rischio di estinzione. Basta frequentare i quartieri popolari di una città per accorgersene ma anche un forum di filosofia va bene. Una vera uguaglianza di opportunità è ancora lontana e paradossalmente l'aumento delle morti per femminicidio indicano che vi è un movimento verso una parificazione ed è proprio quel movimento a poter essere una molla possibile di violenza. Gli argomenti finora ascoltati sono o tradizionalisti o incongruenti. Mi è piaciuta molto la riflessione di Alex Zanotelli, prete anarchico di quella specie di cui andiamo ghiotti noi cattocomunisti. Violenza di genere e guerre nascono dalle stessa radice della disparità e dello sfruttamento.
Quello che è interessante notare è come persone sensibili alla democrazia o perfino alla redistribuzione della ricchezza, si blocchino di fronte a questo tema fondamentale per il radicamento della democrazia, perché vissuto in quello che Husserl chiamava Lebenswelt, molto più in grado di guidare le nostre azioni piuttosto che un codice penale.



https://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/I-concetti-di-femmicidio-e-femminicidio/368
#682
Niko. Mi sembra che Phil continui ad essere frainteso o sono io che non capisco. Ha offerto dei dati, che sono la cosa più oggettiva che ci si può aspettare, per non fare metafisica. Che il problema sia "molto più degli arabi", piuttosto che nostro, mi sembra scontato. Anche se questo non ci assolve. Giustamente scrivi che migliaia di anni di assoggettamento non si cancellano con un mezzo secolo di condizioni decenti. Ricordo en passant, che fino al 1956, la legge italiana, nell'ordinamento civile prevedeva lo ius corrigendi del marito nei confronti della moglie, considerata da "correggere", quindi mai adulta. Fino a quegli stessi anni alle donne non era concesso di diventare giudici o di divorziare e fino al 1980 c'era il delitto d'onore. Con tre anni di carcere ci si poteva togliere la voglia di ammazzare la propria fedifraga moglie. In pratica, con l'introduzione della legge Gozzini, l'omicida della moglie non avrebbe fatto neppure un giorno di carcere ma tre anni di volontariato. Eppure anche cinquanta anni di diritti conquistati non sono neanche loro un venticello debole. Hanno lasciato una impronta nella nostra società e dobbiamo difendere quella impronta, combattendo noi maschi, dotati di testosterone e spermatozoi, questa lotta. Perché è una lotta fra noi e il nostro doppelganger.
#683
Grazie Phil. Un po' di dati non guastano mai e sono più reali di qualunque opinione. Fatto sta che, prudentemente, e pragmaticamente, gli autori non si sono sbilanciati troppo sulle cause, limitandosi a sottolineare l'alta percentuale di femminicidi compiuti da parenti e l'incremento tendenziale di questo reato in ogni parte del mondo. Si sollecita anche l'intervento e il finanziamento di progetti ad hoc. Ma non si risponde alla domanda: perché?
Una risposta molto universale risiede nella tendenza nella storia dell'uomo a cercare livelli di giustizia ed equità più elevati. Un processo che, ovviamente, non è lineare e che conosce preoccupanti passi indietro ma che, almeno nella nostra parte di mondo è ormai un trend stabile. Ma per vederlo occorre misurarsi con i secoli. Esempi spiccioli. Nel 600 i pazzi venivano incatenati insieme ai vagabondi e ai criminali. Nel medioevo venivano messi nelle "ships of fools", senza marinai, destinate a naufragare o giungere in altri lidi. Agli empi e ai bestemmiatori c'era tutta una pletora di pene, dalla gogna, all'amputazione della lingua. I libertini, tipo Berlusconi, venivano rinchiusi alla Bastiglia. Questo trend migliorativo è evidente nel momento in cui riteniamo queste pene mostruose. Eppure vi è stata una fase storica, nella quale si è tentato di tornare a quel mondo attraverso i totalitarismi e c'è n'è una attualmente in corso tramite "Sharia". Quando certe dinamiche storiche accelerano, vi sono sempre dei processi che provano a far rientrare gli eventi nel vecchio sentiero. Il "nuovo che avanza" deve sempre fare i conti con il "vecchio che resiste". E il vecchio di questi tempi, è molto attraente, di fronte ad un mondo che sembra bruciare. Penso che il femminicidio come concetto, si inserisca in questa dinamica di ricerca di una maggiore equità sociale e nella corrispettiva reazione violenta ma penso anche che non dobbiamo dare per scontato nessun happy ending. Possiamo tornare nei ranghi della tradizione e magari in questo modo assistere ad una diminuzione dei femminicidi, ma sarebbe un buon risultato? Il mondo si sviluppa per affinità. Più equità e più giustizia porteranno a meno femminicidi. Vi è una mimesi della violenza e una mimesi patriarcale e una mimesi della giustizia.
#684
CitazioneUna cosa che però noto quando ci sono questi dibattiti relativi al femminicidio e alla violenza di genere è anche un notevole vuoto e contraddizioni dal punto di vista delle argomentazioni: gli esperti (sia donne che uomini) dicono che ogni persona va rispettata in quanto persona. Ora, se si analizza bene, si nota che questa è una TAUTOLOGIA, un'affermazione in cui il predicato non fa altro che ripetere quanto è contenuto nel soggetto. Se non si stabilisce quale sia il criterio oggettivo per cui ogni persona merita rispetto, allora anche il concetto di rispetto va in fumo, perché si dovrebbe concludere che anche un individuo come Hitler meriterebbe di essere rispettato (almeno per me non lo è affatto, perché merita di essere condannato). Ritengo che questo aspetto sia da ricondurre al NICHILISMO, non si riescono a stabilire valori oggettivi che possano essere condivisi da tutti ed allora la stessa cultura del rispetto finisce per essere una cultura dell'ipocrisia, in cui ogni persona magari pensa anche il peggio dell'altro ma non lo esterna per non sembrare irrispettoso, salvo poi dirne peste e corna alle spalle.

Mi soffermo su questo intervento perché credo che sia essenziale per il discorso del topic. L'art. 1 della Costituzione tedesca recita in modo sintetico "la dignità umana è intangibile". E poi "è compito degli organi statali tutelare quella dignità" (o qualcosa del genere). Pertanto non è tanto una questione di rispetto, termine che richiama un mondo castale quanto un richiamo alla radicale dignità di ogni uomo, compreso Adolf Hitler. Ritorno su un tema a me caro, l'Ubuntu, il cui significato potete trovare in rete. Hitler è dentro ognuno di noi, così come Buddha. Per chiarire, Hitler non era l'anticristo. Ha avuto successo perché milioni di tedeschi la pensavano come lui e perché l'assetto geopolitico favoriva la nascita di mostri ai confini dei paesi liberali come cani da guardia contro l'altro mostro politico nato in quegli anni. Quindi Hitler è diventato Hitler anche grazie a complicità, queste sì, molto ipocrite.
Solo se riscopriamo la nostra interconnessione si potrà sperare in un mondo migliore, alla presenza di una tutela della dignità di ognuno di noi, compreso Turetta, e tutti gli Hannibal Lecter di questo mondo (discorso tra l'altro molto evangelico). Il mondo patriarcale invece tende a scindere l'interconnessione, così come ogni potere paranoizzante.
#685
Ho letto l'intervento di Mancuso. Interessante ma anche lui mi sembra abbastanza intrappolato nel modello Hobbes/Freud, ovvero l'uomo intimamente e biologicamente negativo. Unico antidoto che propone è la cultura, ed ovviamente sono abbastanza d'accordo. Ma non si risolve il problema solo con la cultura. Il re-filosofo di Platone non ha ancora avuto successo. Serve più un re-politico, in grado di vedere il problema. È questo lo scoglio maggiore. Ovviamente, come Mancuso sottolinea, il termine padre è polisemantico. Oltre alla subordinazione dovuta alla forza (splendida la frase di Simone Weil) è anche la legge, senza la quale nessuna società è possibile. In una società senza padri, come la nostra, vacilla la legge e il senso del limite. Al livello antico del patriarcato, si sovrappone, senza cancellarlo,  il livello del narcisismo che non sa accettare il "no" perché abituato ad essere visto come perfetto (ascoltare l'intervista rilasciata dal padre di Turetta). Winnicott, che se ne intendeva, parlava invece, per una crescita armoniosa, di una madre "sufficientemente buona", perché anche una madre assolutamente buona è sottilmente imparentata con i femminicidi.
Dovremo partire da questi discorsi, senza fermarci a questi discorsi, perché, come ricorda Brecht, prima della morale c'è la fame.
#686
L'aggressività è presente in tutti gli animali, compreso l'uomo (animale anch'esso). La violenza invece è riscontrata solo negli scimpanzé oltre che nell'uomo (lasciando da parte formiche e termiti che sono troppo diverse da noi). L'aggressività è una funzione vitale. La violenza è una funzione della civiltà, ovvero di un certo tipo di civiltà, quella stessa, ad esempio, che parla di caduta dell'umanità dopo il peccato originale, secondo cui ora dobbiamo condividere un mondo di violenza e peccato prima di tornare nella pace celestiale. Il che è un ottimo assist per tutti coloro che esercitano la violenza. Però, fatta questa distinzione preliminare, la violenza va ulteriormente esaminata nel dettaglio e non buttata nello stesso calderone, come già faceva notare Phil. E fra queste distinzioni una fra le più recenti e interessanti è quella del "femminicidio".

CitazioneConsiderando come i generi biologici siano soltanto due, il gioco delle combinazioni non consente poi molte altre variazioni; direi quattro in tutto e, considerando quale dei due sessi tenda di più alla violenza, biologicamente, storicamente e culturalmente (basta contare i cacciatori e i clienti di armerie, dividendoli per genere), ci sono almeno due combinazioni che dovrebbero e, guarda caso hanno (se non erro), il sopravvento statistico nel campo della morte altrui.
Il giusnaturalismo, Phil, l'ho intravisto in questa tua frase, poiché se storicamente e culturalmente concordo con la maggior tendenza alla violenza dell'uomo, proprio culturalmente e storicamente dobbiamo contrastarla, visto che fortunatamente non siamo scarabei  stercorari, condizionati da pattern comportamentali fissi, ma siamo esseri viventi neuro-dinamici, ovvero capaci di modificare i nostri assett comportamentali. Fatto comprovato da più di un secolo di studi antropologici.
#687
Un certo livello di aggressività, Pio, non solo è tollerabile ma è anche fondamentale per la vita umana. Ma aggressività e violenza non sono sinonimi, come vorrebbero farci credere all'insegna del nihil sub sole novi, così come non sono sinonimi violenza e violenza di genere.
#688
I femminicidi sono l'apice sconvolgente di una asimmetria di potere, che è anche uno stupido spreco di risorse, poiché una donna può avere più capacità di un uomo in molti tipi di attività, se tutti si partisse dalla stessa posizione. Che in Italia le donne non siano più costrette a girare con il velo sulla testa è un'ottima notizia ma non è sufficiente. Il problema credo che sia più generale. È una sorta di effetto domino, poiché se si accetta che uomo e donna siano uguali, si rischia di dover ammettere che anche gli stranieri debbano avere gli stessi diritti e le stesse opportunità , fino a giungere ai ricchi e ai poveri. Ed i poveri si manipolano facilmente, facendogli credere che il problema vero sia la differenza di genere, di stato o di religione, mentre il problema radicale è "questo capitalismo".

Ovvio che su un patriarcato tradizionale, ben lungi da essere debellato anche in questo "magnifico" Occidente, si innestano altre dinamiche culturali che possono amplificare la violenza. Sulla scomparsa del padre non solo come patriarca ma anche come principio normativo e regolativo sono stati scritti fiumi di inchiostro, ma è anche interessante ciò che scriveva Lacan quando proponeva come tratto distintivo del presente la sostituzione del padre come legge con il capitale come desiderio da soddisfare ad ogni costo, eventualmente mercificando non solo gli oggetti ma anche le persone e le relazioni. Lacan parlava proprio di successione dal "discorso del padre" (ovvero discorso della legge) con il "discorso del capitalista" (ovvero il discorso della merce e della mercificazione).
#689
Phil. 1) Volevo semplicemente dire che il concetto di femminicidio, che è relativamente recente (anni 90), è il tentativo di approfondire le modalità attraverso cui si esplica un tipo di violenza estrema. È pertanto il tentativo di differenziare e considerare un certo retaggio culturale come fattore scatenante della violenza, insieme ad altri fattori. Se c'è chi fa un minestrone di concetti per ignavia non è certo responsabilità del concetto stesso.

2) Il nostro essere maschi e femmine è ovviamente la struttura biologica di base, ma la tua sembrava quasi una giustificazione giusnaturalistica alla violenza maschile, il che è inaccettabile.
#690
CitazioneResto comunque diffidente quando patriarcato, maschilismo, tradizionalismo, disturbi della personalità, devianze, istinti violenti, omicidio, etc. vengono messi tutti nel medesimo "minestrone sinonimico" che appiattisce i concetti, prima ancora che il loro uso interpretativo, perché l'abuso di categorie e l'ipercategorizzazione degli eventi (che spesso richiede paradossalmente il suddetto appiattimento), spacciati per impegnato affinamento del pensiero, fanno bene alla "tiratura dei giornali"
In realtà credo che sia proprio il contrario. Cioè non mettere tutto nello stesso calderone. Mettere tutto nello stesso calderone è: "homo homini lupus". Ovvero, ogni omicidio ha una storia a sè stante. Fenomenologicamente è un atto il cui cosiddetto movente, è in realtà un insieme di moventi, che risiedono nella storia stessa dell'omicida e talvolta anche nella vittima, se fra di loro vi è o vi è stata una relazione.
Ma a livello di società occorre chiedersi quali sono le correnti sotterranee e superficiali che fanno agire la violenza. E quindi parlare di femminicidio non comporta l'esclusione della valutazione di una personalità antisociale, piuttosto che l'omicidio fatto in ambienti mafiosi, perchè la donna del boss ha "fatto i nomi". Una corrente radicata dentro la società europea (e non solo) è quella che deriva dalla sottomissione della donna all'uomo, che non è di ordine naturale ma socio-politica. E bisognerebbe che noi ometti si abbia il coraggio di guardarla quella storia di sottomissione della donna nei confronti dell'uomo. Poichè è la stessa tematica dell'arretratezza del mezzogiorno o del neocolonialismo. Le cose non cambiano da sole e soprattutto non cambiano dopo secoli che sono avvenute certe cose. Braudel distingueva una storia dal respiro corto, quella degli avvenimenti e una storia dal respiro lungo, che resiste nei millenni, al punto che (secondo lui) l'Impero romano è ancora vivo. Il femminicidio è un concetto che mette il dito sulla piaga, in quel respiro lungo del patriarcato che non è scomparso in gran parte del mondo, ma che sopravvive anche da noi, in Occidente, con buona pace di chi finge di non vederlo.
Ovviamente, non tutti i femminicidi derivano dal patriarcato. Questa è una strategia tipica di chi vuole "rimestare nel fango" per non far capire nulla. E come ho già detto, anche il femminismo da parte sua può essere accusato in certe sue fazioni, di patriarcato. Occorrerebbe guardare la realtà con occhi lucidi e giusti.

CitazioneConsiderando come i generi biologici siano soltanto due, il gioco delle combinazioni non consente poi molte altre variazioni; direi quattro in tutto e, considerando quale dei due sessi tenda di più alla violenza, biologicamente, storicamente e culturalmente (basta contare i cacciatori e i clienti di armerie, dividendoli per genere), ci sono almeno due combinazioni che dovrebbero e, guarda caso hanno (se non erro), il sopravvento statistico nel campo della morte altrui.
Direi che questo è invece un appiattimento. Mi piacerebbe più un mondo dove i bambini siano liberi di giocare con le bambole e le bambine con i fucili giocattolo. Magari si raggiungerebbe una certa parità anche negli omicidi di genere.