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Messaggi - 0xdeadbeef

#676
Citazione di: sgiombo il 20 Ottobre 2018, 11:16:57 AM

Secondo me questa concezione del "male come reale ma, allo stesso tempo, affermandone la subordinazione al superiore pensiero del bene" é logicamente inconsistente.
Per ma a rigor di logica possono darsi soltanto in reciproca alternativa:




Guarda Sgiombo, io trovo che nelle nostre discussioni vi sia un equivoco di fondo...
Da me non sentirai mai l'affermazione di Dio, ma solo dell'idea di Dio ("Dio non ha più realtà dell'idea che io abbia
10 milioni di euro in tasca", ti potrei dire parafrasando Kant).
Quindi, quando parlo di "assoluto" ne parlo in termini di idea, non di realtà (e qui, come ben sai, si potrebbe
disquisire circa la realtà delle idee, ma lasciamo perdere).
Tanto per tornare all'oggetto della discussione, io, come dicevo, credo che Socrate anticipi la visione platonica
di un bene qualitativamente superiore al male (per cui la preferenza accordata al male risulterebbe ignoranza).
C'è da tener ben presente un fatto. Obliandosi la visione parmenidea (l'essere è, il non essere non è), che rendeva
indispinguibili l'idea e la realtà, con il platonismo la realtà (cioè che è) viene a subire una distinzione dall'idea
(che poi, fra l'altro, diventerà il kantiano "ciò che deve essere").
In altre parole, l'unica dimensione parmenidea si sdoppia.
La realtà del male, come del bene, risiede allora nella dimensione delle cose divenienti, finite, cioè "del mondo".
Mentre la "superiorità" del bene sul male risiede nella dimensione delle idee eterne, infinite, iperuraniche.
Da questo punto di vista, io non ritengo "logicamente inconsistente" l'affermazione di Socrate.
Perchè lo sarebbe? Il bene, come il male, sono secondo "quella" forma-mentis (che non è ancora quella Cristiana,
attenzione) sia realtà oggettive, tangibili nella loro pluralità che idee eterne, eteree nella loro univocità.
Vediamo forse, nella realtà, una "superiorità" del bene sul male? Naturalmente no (a meno di non pensarla come
l'amico Inverno, per il quale è preferibile perseguire il bene per la probabilità di finire in carcere...).
Ma questa superiorità la possiamo invece "vedere" nell'iperuranio, nel regno delle idee eterne che fungerà, come
ovvio, da sostrato per l'ultraterreno cristiano.
Per Socrate, il bene è la "cosa più grande che possiamo imparare"; ed è chiaro che questa è una affermazione
"iperuranica"  (non dimantichiamo la rigida struttura gerarchica dell'iperuranio platonico, che è dominato dall'idea
del bene) che non potrebbe darsi nel "mondo".
La "creazione" cristiana, con i suoi "misteri" è una cosa che verrà solo in seguito (e che fa parte di un altro
discorso).
saluti
#677
Citazione di: InVerno il 20 Ottobre 2018, 10:50:49 AMNo, perchè? Lo dici tu stesso, "gode" della sofferenza altrui. Quindi per lui è il "bene" se intendi il godimento come uno stato di bene-essere. Il punto è che questo benessere è illusorio e poco duraturo, o perlomeno ci adoperiamo affinchè sia tale costruendo prigioni e inferni. Un assassino potrà pure pensare che uccidere un altro gli provochi godimento, quando poi si trova i carabinieri fuori dalla porta si renderà conto di aver ignorato l'esistenza delle forze dell'ordine.


Beh, la storia è piena di assassini che non hanno pagato per i loro crimini (ma che, anzi, ne hanno tratto grandi vantaggi).
Il tuo ragionamento dunque presuppone che il male sia ignoranza in quanto ignoranza della forte probabilità di finire in
galera (di essere comunque punito)?
Permettim di dire che questo non era sicuramente quel che pensava Socrate...
saluti
#678
A Socrate78 e Bobmax
A mio modo di vedere trascurate proprio quello che nel mio ultimo intervento ho accennato; e cioè che Socrate "sembra",
con il suo "il male deriva dall'ignoranza", porsi tra Parmenide e Platone (come del resto è temporalmente parlando).
Secondo il, diciamo, Socrate più antico il male non è; è apparenza; solo il bene è reale, ed è questo che gli permette di
dire: "il male deriva dall'ignoranza", cioè dall'ignoranza di non saperlo reale.
C'è però, dicevo, un Socrate più moderno, platonico. Un Socrate per il quale il male esiste, è reale, ma è una realtà
sottoposta al bene, che è qualitativamente superiore.
Dunque, secondo "questo" Socrate il male sarebbe ignoranza in quanto ignoranza di ciò che è preferibile.
Io, com dicevo, sono dell'idea che Socrate "anticipi" Platone; e lo anticipa proprio perchè l'affermazione "il male
deriva dall'ignoranza" mi sembra maggiormante spiegabile e comprensibile alla luce del successivo pensiero platonico.
Quindi un Socrate che, affermando il male come reale ma, allo stesso tempo, affermandone la subordinazione al superiore
pensiero del bene è un Socrate che, implicitamente, opera quel "parricidio" (nei confronti di Parmenide) che la storia
attribuisce a Platone.
Ma questo, tanto per tornare al merito della nostra discussione, altro non significa che Socrate "supera" l'idea dell'Uno
come Essere immanente per affermare una realtà trascendente, iperuranica, che sarà poi "Dio" come noi lo intendiamo.
saluti
#679
Citazione di: bobmax il 19 Ottobre 2018, 19:09:26 PM
Occorre secondo me approfondire il concetto di ignoranza.

Anche il male, fatto per il solo gusto di farlo, è infatti frutto dell'ignoranza. Cioè deriva dal non avere consapevolezza dell'Uno.



Intendi l'Uno come l'Essere che unifica tutta la realtà? Se così fosse non lo vedo molto distante dal mio "assoluto"
(senonchè il mio è un aggettivo, non un qualcosa che é in sè, e dunque si pone in una posizione consapevole del
"divenire").
A mio modo di vedere, il male nell'Uno più arcaicamente inteso (poi, magari, nel Neoplatonismo il concetto muta)
non esiste, cioè non è al medesimo modo del non-essere parmenideo (è solo apparenza, non verità).
Quindi, in Socrate, il male come ignoranza del bene in quanto ignoranza della sua - del male - irrealtà? Un concetto che
ritengo affascinante per un uomo che si trova "fra" l'immutabilità parmenidea e il divenire platonico...
Interpretazione quindi suggestiva, ma ritengo che in Socrate siano già presenti degli, come dire, "elementi platonici".
E secondo questi elementi, probabilmente ancora allo stato di intuizione, il male "esiste"; è reale.
L'Uno come l'Essere immutabile di Parmenide lascia allora campo ad un "assoluto" che permane NEL divenire. E l'ignoranza
diventa allora ignoranza di "ciò che davvero conta" (cioè dell'immutabile, o assoluto) rispetto a "ciò che non conta"(il
diveniente, il relativo).
Ti ringrazio dell'interessante spunto di riflessione.
saluti
#680
Citazione di: Socrate78 il 19 Ottobre 2018, 15:35:48 PM
Secondo la filosofia socratica (ripresa anche dallo stoicismo) tutti gli uomini tendono naturalmente al bene e il male morale sarebbe il frutto dell'ignoranza del bene stesso: il malvagio scambierebbe per un bene autentico quello che è solo un vantaggio effimero e spesso illusorio, preferendo ad esso ciò che invece è veramente degno di essere perseguito. Infatti se ad esempio una persona compie azioni cattive in nome del denaro o del potere, lo fa perché considera queste cose molto più importanti dell'amicizia, del sostegno reciproco, della vita umana stessa: di conseguenza è "ignorante" in rapporto a quello che conta sul serio.



Beh, mi pare ovvio che Socrate dice in quel modo perchè ha del "bene" un concetto assoluto...
Solo con un concetto del bene "ab-solutum", cioè sciolto dal vincolo dell'opinione, si puo infatti dire: "ignorante
in rapporto a quello che conta sul serio".
Chi decide infatti ciò che conta sul serio? Lo decide forse l'individuo che, appunto, decide? Certamente no, perchè
"ciò che conta sul serio" sarebbe legato all'opinione di chi decide.
Dunque Socrate, che pure fu, diciamo, il primo teorico della responsabilità individuale (oltre a quello che fu
condannato per empietà...), in questo caso ci dà la sua "preferenza"; una preferenza che, non a caso, verrà ripresa
poi da Platone in modo più sistematico e coerente.
Del resto, a me pare contraddire il suo "individualismo" (ma che contraddizione feconda...) anche di fronte alle
"Leggi"...
saluti
#681
Citazione di: anthonyi il 19 Ottobre 2018, 13:32:12 PM
Citazione di: Sariputra il 19 Ottobre 2018, 11:36:48 AM




Bastava accettare la proposta Tria dello sforamento dell'1,6% e tutto andava bene.

Sari, con un po' di dialogo (Cioè senza toni sbruffoneschi), sarebbe andato bene anche l'1,9%. La Commissione non ci avrebbe bocciato, le agenzie di Rating si sarebbero adeguate senza downgrading, e tutti avremmo potuto respirare meglio.
Certo ci sarebbero volute anche stime sulla crescita futura più realistiche.

O magari sarebbe andato bene anche il 2,6 purchè a dirlo e a farlo fossero altri?
Perchè è questo il punto, caro Anthony, che a parte il 2017 (deficit al 2,3, mi risulta) e il 2016 (2,5) abbiamo
sempre operato in deficit superiori.
Suvvia, diciamocela tutta: ai signori dell'eurozona non piace il nostro governo, è evidente. Non possono essere
questi piccolissimi numeri a far la differenza, lo noterebbe anche un cieco.
Detto, anzi rivendicato questo, ammetto però che, per pragmatismo, questo sforamento non andava fatto (come già dicevo
altrove).
Però dai, è chiaro che la lotta è per il potere politico, altro che virgole...
saluti
#682
E' inutile far finta di niente o aggrapparsi a motivazioni che non esistono. Ieri si vantava la "bellezza" di
questo sistema ed oggi, visto che ne sta apparendo la bruttezza, si cerca di far paura.
E' evidente anche ai sassi che questa unione solo monetaria non funziona e non può funzionare. Perchè una
moneta unica per economie così diverse non può che portare a questi squilibri.
Altrove mettevo a confronto l'andamento del debito pubblico con il dato primario, che è in avanzo (il miglior
avanzo d'Europa...). Beh, non esiste che un paese da 26 anni in avanzo accumuli quel debito, se non
spiegando questo fatto con la speculazione finanziaria (che la struttura dell'economia europea facilita). Ma qui,
fischiettando, si fa finta di niente (e si continua - eresia - a dire che "abbiamo vissuto al di sopra delle nostre
possibilità" - e perciò accumulato debito).
Vogliamo dire chiaramente che, in regime di mercato "libero", la Germania si vedrebbe apprezzata la sua moneta di
oltre il 20% (con quella cifra delle esportazioni...)? Cioè vogliamo dire chiaramente che, con QUESTO euro, c'è
chi ci guadagna enormemente e chi, sempre enormemente, ci perde?
Mi consola (si fa per dire...) solo che ormai parecchia gente abbia capito, e non solo in Italia. La mia impressione
è che si stia rapidamente avvicinando un cortocircuito "letale". Forse già alle prossime europee di Maggio.
saluti
#683
Citazione di: Sariputra il 19 Ottobre 2018, 11:36:48 AM
cit.Oxdeadbeef:
Non va quindi bene questa politica economica che il nostro governo vuole attuare (non va bene non "in sè" ma
perchè non è possibile), ma qui se non si capisce che nemmeno QUESTA UE va bene son dolori per tutti...


Credo che ci siano veramente pochi che non si rendono conto che questa UE non va bene, a parer mio. E anche all'interno di quel mondo finanziario tecnocratico globale che governa il nostro pianeta. Ma c'è l'interesse a che certi 'equilibri' si modifichino lentamente, così da poterlo prevedere e lucrarci speculativamente sopra...

Bah, a me pare invece che se ne rendano conto tutti...
Il problema è, semmai, che nessuno vuol far niente perchè questo stato di cose fa molto comodo. A chi?
A chi, detenendo il potere economico, detiene di fatto anche quello politico (come spiego nel mio nuovo post).
Costoro (privati e stati, beninteso) non hanno interesse ad alcuna modifica, né lenta né veloce, ma a mantenere
intatto questo stato di cose.
Ma la cosa, ripeto, rischia di deflagrare.
saluti
#684
Premesso che sono sostanzialmente d'accordo con te, mi chiedo però cosa adesso potrebbe succedere...
Perchè qui la situazione è seria assai, e sono (stranamente) d'accordo con Cacciari, che ieri sera diceva appunto
che non possiamo permetterci, né noi né la UE, beninteso, una crisi di governo in questo momento.
E' chiaro come acqua di fonte che Di Maio e Salvini hanno scherzato con il fuoco; meno chiaro è che ci stanno
scherzando un pò tutti...
Non va quindi bene questa politica economica che il nostro governo vuole attuare (non va bene non "in sè" ma
perchè non è possibile), ma qui se non si capisce che nemmeno QUESTA UE va bene son dolori per tutti...
saluti
#685
Tematiche Filosofiche / Polis e Oikos (sul "potere")
19 Ottobre 2018, 11:07:40 AM
Vediamo tutti come, oggi, sia l'economia a dettare le regole alla politica (chi non lo vede, beh, ha bisogno di un
buon paio di occhiali...).
Vediamo un attimo il perchè questo sia assurdo, contradditorio; ma non solo: foriero di pericolose derive
antidemocratiche.
Agli albori della nostra civiltà vi era una netta distinzione fra "polis", città, ed "oikos", famiglia (con il
termine "oikonomia" - appunto "economia" - che deriva etimologicamente da quest'ultimo).
Secondo Aristotele l'"oikonomia" non è solo il "governo della famiglia" come viene solitamente inteso, cioè
come amministrazione dei beni familiari, ma riguarda anche i rapporti che intercorrono all'interno della
famiglia (che è da intendere in senso greco, cioè in senso "largo", più come "clan" che come noi la intendiamo).
Quindi, con "oikonomia" era da intendere anche un vero e proprio rapporto, diremmo, "di potere"; che è quello
fra marito e moglie, fra questi e i figli, gli schiavi etc.
La distinzione con la "polis", dicevo, era nettissima: perchè?
Semplicemente perchè all'interno della "polis" i rapporti di potere non erano definiti così, a priori, come
nell'"oikos" (nell'"oikos" il comando era, per radicata tradizione, del "patriarca"). Nella "polis", ovvero,
doveva sorgere quella raffinata arte chiamata "politica" (da "polis" e "techné") che era preposta a supplire
alla mancanza di rapporti di potere definiti sulla base di una forte e radicata tradizione.
Abbiamo quindi già tutti gli elementi per capire come il termine "tecnocrazia" (il potere della "techné") sia
un ossimoro; perchè non vi può essere "kratos", potere, della "techné" senza che vi siano o si instaurino
ex-novo rapporti di potere chiari e definiti.
E qui casca l'asino...
Perchè quello che ci dicono è appunto NON che si deve governare la "polis" con lo strumento della "techné" (come
è nel precipuo significato di "politica"); ma che si deve governare la "polis" con lo strumento del potere della
"technè", cioè con la tecnocrazia (quindi non con la "technè" ma con il "kratos" della "techné").
Il quadro è allora chiarissimo (almeno spero...): se, come avviene, è l'economia a dettare le regole alla politica
questo vuol dire che sarà l'economia a trasportare sul piano politico i suoi rapporti di potere (rapporti che,
chiaramente, non essendo radicati nella tradizione si stabiliscono ex-novo, sulla "naturale" base di chi possiede
più ricchezze).
Dunque comanda chi ha più soldi (persino banale dirlo...). Sì, banale, ma importante è, ritengo, capire che questo
potere non deriva dalla "technè", come ci darebbero ad intendere raccontando la favoletta della "razionalità
economica", ma dalla trasposizione alla "polis" delle strutture necessarie dell'"oikos".
Il potere, ovvero, non è mai economico, ma solo e sempre politico.
saluti
#686
Tematiche Filosofiche / Re:Il solipsismo
18 Ottobre 2018, 14:23:27 PM
Citazione di: viator il 15 Ottobre 2018, 21:39:00 PM
Ma come ? La mente come unico fattore in grado di generare la realtà ?


In realtà questo è uno dei "classici" della filosofia: è il problema, sorto con l'Idealismo, di un soggetto
"produttore" della realtà ad esso esterna (il "non-io", come la definiva Fichte).
Non che questa fosse l'intenzione esplicita dell'Idealismo, ma questa è stata, di fatto, la conseguenza.
Già Kant avvertiva i primi idealisti, che avevano malcompreso il suo pensiero, del fatto che affermare un "noumeno",
cioè un oggetto, conoscibile solo come "fenomeno" (cioè conoscibile solo attraverso il soggetto), manteneva comunque
ferma l'esistenza dell'oggetto (del noumeno, o cosa in sè). E che l'interpretazione idealista, fondata sulla prima
edizione della Critica della Ragion Pura, rischiava di cancellare, oltre alla conoscenza, la stessa esistenza dell'
oggetto.
A differenza di quanto afferma l'amico Bobmax, a me sembra che nell'attualità prevalga ancora la visione idealista
di un soggetto produttore dell'oggetto.
Basti vedere solo l'importanza che nell'attualità ha il concetto di "volontà" (che, chiaramente, è un concetto
idealistico. "Il volere è potere"; "con la volontà si ottiene tutto", queste due sole "perle" per dire che ancora
il mondo crede fermamente che la volontà soggettiva possa "piegare" e ridurre a sè qualsiasi realtà esterna, cioè
qualsiasi oggetto.
Ma lo può fare, ed è questo il punto, perchè crede fermamente che l'oggetto sia un suo prodotto, una sua "creatura".
saluti
#687
A Jacopus
Dicevo in un precedente post:
"Chi avrebbe predetto, nelle laiche città arabe degli anni 60 e 70, che un giorno vi avrebbe regnato lo "stato islamico"?
Chi avrebbe predetto, ai tempi dei "lumi" settecenteschi, gli orrori del 900 (non riducibili certo al solo nazismo)?
Cosa avrebbe pensato un Greco seduto nel "teatro" se gli avessero detto che un giorno quel luogo sarebbe diventato
"anfi-teatro", e che lì gli uomini sarebbero stati divorati dalle belve per "diletto" degli spettatori?
Ora, è chiaro che di esempi simili se ne possono fare a bizzeffe...
Come concili la tua tesi (che a mio modo di vedere presenta i caratteri dell'ontologia) con queste cose?
Parleresti anche tu, come l'amico Sgiombo, di "violazioni" ad un ordine che quello è e quello rimane?
Non che io pensi che la tua tesi sia completamente sballata, ci mancherebbe (se così fosse i figli non prenderebbero dai
padri, come si suol dire). Ma penso appunto che sia "pericolosamente" vicina alla metafisica, perchè pretende di
spiegare compiutamente le "strutture fondamentali e necessarie dell'essere".
Se fosse come dici, gli uomini avrebbero dovunque la medesima cultura e il medesimo grado di progresso scientifico e
tecnologico. Non solo: la storia avrebbe un andamento sempre e comunque lineare (piccole violazioni a parte...).
Non so, non mi sembra scienza ma scientismo.
saluti
#688
A Sgiombo
Va bene, però continui a parlare di "violazioni" senza tener conto di quel che dicevo (e cioè che si può parlare di
"violazioni" solo se si assume una normalità, una regolarità di cui la violazione sarebbe l'eccezione).
Ma è proprio questa idea di normalità che io contesto. E' cioè "normale" che l'uomo si comporti con bontà d'animo?
Beh, dietro questo pensiero si cela un concetto antico: che la "natura umana" sia essenzialmente buona.
Ma è davvero così? Voglio dire, anche se si potesse parlare di una "natura umana" (e la cosa è discutibile;
sicuramente non univoca), potremmo forse dire che questa è essenzialmente buona?
Per me, dicevo, la "natura umana" consiste nella libertà (pur se vi sono dei condizionamenti); quindi nella libertà
di perseguire sia il bene che il male. E mi sembra proprio che la storia questo dimostri in maniera inequivocabile.
Anche sulla "morte di Dio" ho già detto come a parer mio essa va intesa.
La "morte di Dio" non è la morte di un dio di una qualche religione (nello specifico del Cristianesimo), ma la
morte del valore morale assolutamente inteso.
Un tipo di moralità ristretta ad un "contesto", come certamente delineava Ipazia (pur con la fondamentale
specificazione dell'evoluzione a contesti via via più estesi), è una moralità relativa, quindi una moralità
che dal mio punto di vista non è moralità (ma, dicevo, empatia fra affini).
Quando Dio "scoppiava di salute" l'uomo era sempre "libero" (...) di scegliere se perseguire il bene o il male
(non è che allora perseguisse necessariamente il bene e dopo la "morte di Dio" necessariamente il male).
La differenza, per me fondamentale, è che "allora" il bene il male erano visti come degli "assoluti", quindi
come delle categorie non soggette alla relatività di un "contesto"; mentre poi, "morendo" la concezione
assoluta della moralità, essa si è venuta sempre più "contestualizzando" fino all'attuale dimensione. Una
dimensione che è, beninteso, sempre più individuale (quindi altro che allargamento...).
E' questo che porta la casalinga oggetto originario del post a dire: "non puoi giudicarmi".
saluti
#689
Ciao Everlost
Mah guarda, se avessi la possibilità di parlare con un esponente del Governo gli direi di non affanarsi, perchè
siamo abituati così male dai precedenti governi che quanto è stato fatto già ci soddisfa...
Buono mi sembra il Decreto Dignità, che mette finalmente qualche paletto al lavoro precario, e buona mi sembra
l'intenzione (perchè finora solo tale è) di mettere un freno alle dilaganti privatizzazioni dei servizi pubblici,
che tanti danni hanno fatto al paese.
Buonissima la riforma della legge "Fornero" sulle pensioni, su cui però aspetterei ancora i cosiddetti "decreti
attuativi" per formulare un giudizio più compiuto.
Sarà molto problematico fare qualcosa contro le delocalizzazioni del lavoro e l'acquisto da parte di capitali esteri
dei nostri "brand" più appetibibili. Già il fatto che se ne parli non in termini positivi (come è sempre avvenuto
negli ultimi decenni) mi conforta. Se sarà possibile fare qualcosa, per poco che sia, sono certo che la si farà.
Molto problematico è anche fare qualcosa contro il "sommerso". Ma non per una questione "tecnica" (anzi, l'uso
sempre più intesivo dei sistemi informatici ritengo renda tecnicamente facilissimo qualsiasi tipo di controllo),
ma perchè in molte (troppe...) realtà la situazione si è così, come dire, "cementata" che qualsiasi intervento
inteso al contrasto rischia di impoverire ulteriormente vaste fasce di popolazione.
Molto importante al riguardo ritengo sarà vedere se il reddito di cittadinanza riuscirà (io ne dubito, ma è chiaro
che spero vivamente di sbagliarmi) a sollevare economicamente tali fasce. Se qualcosa di positivo ne verrà fuori,
allora veramente si potrà tentare qualcosa di "serio" (cioè di rigoroso) contro l'economia sommersa.
saluti
#690
A Jacopus
Se il tuo intervento è di risposta a me ritengo tu mi abbia frainteso.
Come ho più volte ripetuto, io ritengo che la morale possa essere solo e soltanto universale, e che un tipo di
moralità ristretta ad un "contesto", che può essere quello della famiglia, del paese natio come di una certa
lingua o cultura specifica, non è proprio definibile come morale (ma come empatia utilitaristica).
C'è da dire che l'amica Ipazia, nelle sue risposte, sottolinea come vi sia: "un'evoluzione etica che
rifonda continuamente il significato di comunità e di individuo al suo interno", per cui l'empatia utilitaristica,
allargandosi, potrebbe divenire vera e propria moralità nel senso cui io la intendo. Ma a questa tesi io rispondo
che non vedo, nella storia, alcun progresso o evoluzione morale (ti rimando per questo alla risposta #69),
sottolineando come quella tesi presupponga una concezione della "natura umana" come buona (io ritengo invece
sia propria della "natura umana" la libertà - di fare il bene come il male).
Naturalmente al tuo esempio riguardante quella pena atroce potrei rispondere con mille episodi che dicono il contrario.
Ad esempio Auschwitz, l'abominio forse (forse...) più grande che questo pianeta abbia mai visto (accadeva nemmeno 80
anni fa in Germania, il paese di Kant e Goethe, come qualcuno si è sentito di dire...).
saluti