Citazione di: Phil il 04 Luglio 2022, 19:52:11 PMOsservazione velleitariamente epistemica: il presupposto (onto)logico per poter parlare sensatamente di etica, omicidio, persona, vita umana, etc. è definire cosa sia un essere umano e come identificarlo. Partendo dalla distinzione fra forma di vita in generale e vita umana, stabiliamo (e "allarghiamo") la nostra definizione di «vita umana» per farci rientrare ciò che vogliamo e/o ci hanno insegnato a ritenere vita umana, oppure formuliamo la nostra definizione ragionata e vediamo chi/cosa ne resta fuori?Ma non c'è arbitrarietà c'è solo ovvietà nell'affermare che da due sostanze umane che si fondono nasce una terza sostanza umana: è umano ciò che così risulta, l'embrione, il feto, il bambino... Tanto che un embrione di un cane non è la stessa cosa... Gli abortisti negano l'ovvio per negare la vita.
Gli "esseri umani post parto" sono palesemente tali anche se fra loro differiscono per colore della pelle, fisionomia, età, etc., poiché non è ad esempio l'altezza di un individuo a modificare il ruolo svolto dalle sue funzioni metaboliche o fisiologiche, che sono strutturalmente-meccanicisticamente le stesse, coinvolgono gli stessi organi, etc. di una persona bassa; parimenti la presenza o meno della barba non altera tutte le caratteristiche essenziali che rendono un essere umano maschio tale, quella della barba è infatti una presenza facoltativa per essere umani (per questo anche i bambini maschi sono esseri umani).
Gli esseri umani sono già tali anche quando hanno vissuto solo in un grembo, non hanno mai respirato aria con i propri polmoni, né mai digerito del cibo e presentano altre differenze fisiologiche, "psicologiche", etc. rispetto a ciò che comunemente definiamo individuo umano? Se rispondiamo «sì», nella nostra definizione di essere umano dovremmo allora scrivere: «non necessariamente ha mai respirato con i propri polmoni, non necessariamente ha mai digerito del cibo, etc.»; davvero è una definizione funzionale di essere umano o la stiliamo solo tenendo bene a mente che dobbiamo/vogliamo farci rientrare anche i feti, embrioni o altro? Se ci fosse stata chiesta tale definizione fuori da questo contesto, davvero avremmo ritenuto indifferente il respirare, il digerire, con il proprio corpo etc.?
Chiaramente, una cosa è non averlo mai fatto; ben altra e riuscire a farlo con apparecchi esterni che si sostituiscono ad una funzione fisiologica ormai deteriorata; per dirla metaforicamente: una cosa è confondere il bruco (che non ha mai volato) con la farfalla (che vola), ben altra è sostituire l'ala di una farfalla (che ha volato) con un'ala artificiale, così che possa continuare a volare. Inoltre, attribuire al bruco di oggi il "valore" di una farfalla perché, se va tutto bene, in futuro lo sarà, è un non-senso sul piano logico, temporale, epistemico, etc. quasi come dare ad un bambino i diritti di un adulto perché "un giorno lo sarà", abolendo così tutto ciò che comporta la soglia della maggiore età (dico «quasi» perché la "continuità" fra bambino e adulto è comunque interna alla stessa forma di vita, a differenza di quella fra bruco/farfalla e simili).
Di fatto è proprio una questione di soglie: quando si varca quella che rende umana una vita e quando invece tale soglia non è ancora raggiunta? Partiamo dalla fecondazione, da una certa settimana numero x? E un istante prima, come la chiamiamo quella vita?
Metafore e parallelismi a parte, ovviamente sta a noi mettere la bandierina dove pensiamo sia il caso di iniziare a parlare di «essere umano» e possiamo metterla dove vogliamo, senza timore di smentita, perché l'assegnazione di identità in questo caso ha ampi confini arbitrari entro cui muoversi: dalla formazione degli organi interni (o dalla fecondazione, come preferite) all'attimo del taglio del cordone ombelicale, ciascuno può scegliere i criteri di identificazione e di conseguenza il momento in cui si può iniziare a parlare di essere umano.
Vogliamo "dare voce" ai feti/embrioni/altro mettendo loro in bocca i nostri pensieri e valori, cavalcando poesie e retoriche che poco hanno di attendibile per la legiferare seriamente in merito? La vasta arbitrarietà delle definizioni possibili (e degli annessi "valori culturali") ce lo consente; questione «velleitariamente epistemica» come da incipit.
Stretta la soglia, larga la via...
MAURO PASTORE
