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Messaggi - iano

#736
E' riduttivo associare le quantità alle misure, perchè chi non misura stima, ottenendo in ogni caso una quantità.
Se la misura è  più precisa, non è però questa la sua maggior qualità , ma quella di poter essere condivisa, rispetto a stime soggettive.
La misura non perde del tutto però il suo carattere di stima, in quanto sarà sempre affetta da errore., cioè perde di soggettività, ma non perciò acquista necessariamente in oggettività. ma proviamo adirlo meglio.
Ciò che è veramente oggettivo non è la misura, ma lo strumento di misura, in quanto appunto oggetto, al quale è possibile associare perciò in modo oggettivo un errore di misura, perchè esso, a differenza dell'uomo è appunto un oggetto, e
perciò si potrà cioè ragionevolmente convenire su quale sarà il suo errore E, sia per difetto che per eccesso, per cui non basta una M per indicare una misura, ma la misura sarà indicata sempre con una M più o meno E.
Una misura dunque è una ''stima al quadrato'' , nel senso che ciò che si va stimare sono due quantità, una che è propriamente la misura, e l'altra che ci dice di quanto sbaglia al massimo questa misura.
La parte più importante è forse la seconda stima per i fisici, in base alla quale ''stimano'' quale strumento usare in un dato contesto.
In un certo senso l'errore di misura è più ''oggettivo'' della stessa misura.

#737
Citazione di: Alberto Knox il 19 Dicembre 2024, 21:29:46 PMqueste obiezioni sono semplicemente aria fritta e dimostrano una scarsa conoscenza di ciò che sia la meccanica classica senza scomodare la quantistica . Mi ritiro dalla discussione
Ti posso capire.
Comunque grazie per il bel video che hai postato, e che tante riflessioni ha in me suscitato.
Più che leggere dunque le mie str...te  :))  al posto tuo lo riascoltare più volte meditandoci sopra.
La risposta che cerchiamo forse è contenuta in quel video, e magari è quella che ha dato Feynmann, a saperla leggere fra le righe.
Alla domanda di cosa sia l'energia, Feynmann risponde nel suo libro di fisica che non lo sappiamo, per cui se leggendo altri libri di fisica che pretendono di spiegarcelo non capiamo cosa sia, Feynamann ci spiega il motivo della nostra mancata comprensione.
Dopo Feynmann noi continuiamo a non saperlo, ma ciò non è stato un problema per Fynmann e non lo è stato dopo di lui, e quando non lo sarà più anche per noi, allora qualcosa avremo veramente compreso.
#738
Quindi che rapporto c'è fra comprensione e conoscenza se della comprensione si può fare a meno?
Non potrebbe essere la comprensione dunque solo uno dei possibili modi di gestire la conoscenza, e non essendo l'unico non esser necessaria?
Non credo che ci sia una impossibilità di principio a comprendere qualcosa, ma ci potrebbe essere una impossibilità di fatto.
Dipende da cosa significa comprendere.
Comprendere potrebbe significare calarsi dentro a un modello fino a non distinguersi più da esso, fino a che sia il modello a comprenderci, il che richiederebbe un tempo tale da rendere l'operazione fuori dalla portata   , per quanto sorretta dalla volontà, di una singola coscienza, se la comprensione è un fatto individuale,
Possiamo condividere ciò di cui prendiamo coscienza, e ciò attiene alla scienza.
possiamo verificare di condividere ciò di cui possediamo coscienza, pur senza averla acquisita volontariamente, e ciò attiene a quella percezione la cui condivisione ci fà uomini prima di ogni altra cosa.
Da questa condivisione non deriva la verità di ciò che condividiamo, ma il vivere dentro allo stesso modello di realtà.
Possiamo vivere dentro a un modello perchè un modello può stare al posto della realtà, e finché non distinguiamo il modello dalla realtà , comprendere la realtà ed essere compresi da un suo modello sono la stessa cosa.
La scienza ha messo in luce la relatività dei modelli di realtà in cui di fatto viviamo.
Se il modello è fatto di confini che distinguono una cosa dall'altra , nella realtà questi confini non ci sono.
Acquisendo questa coscienza possiamo riprodurre nuovi modelli contenenti anch'essi confini, ma che possono essere spostati, non essendo i confini propriamente attinenti alla realtà , ma ai suoi modelli.
Modelli dentro ai quali possiamo provare vivere acquisendo una comprensione che ci comprenda, ma ciò non sembra essere una buona idea quando questi modelli si succedono in quantità e nel tempo a un ritmo che ne renda impossibile di fatto la comprensione.
Comprendere un modello significa in altri termini farsene prendere, fino a divenirne parte di fatto.


#739
Secondo Bohr chi dice di aver compreso la meccanica quantistica allora non l'ha compresa.
Cosa diremo allora noi di Bohr il quale di fatto dice che non ci sia nulla da comprendere e che allo stesso tempo non se ne fa un problema?
Come si può condividere questa affermazione senza doverla poi estendere a ciò che credevamo di aver compreso?
Se noi riuscissimo in tal modo ad azzerare la nostra comprensione di ciò che ci pareva di comprendere, ciò porrebbe un pregiudizio alla nostra conoscenza ?
Io mi sento di rispondere di no.
#740
Citazione di: Alberto Knox il 19 Dicembre 2024, 17:33:31 PMprima però vorrei capire il perchè questa equazione non ti pare legge di natura. Credo che alla base vi sia una comprensione limitata di ciò che la formula vuole esprimere . L'accelerazione di un corpo soggetto ad una forza è direttamente proporzionale alla forza impressa. Se misuriamo la forza in Newton e l accelerazione in metri al secondo scopriamo che la costante di proporzianalità che le lega è il valore in kilogrammi della massa dell oggetto . Per meglio comprendere bisognerebbe parlare di massa inerziale dell oggetto che rappresenta una misura della resistenza che il corpo oppone quando si cerca di accelerarlo . Se spingo un masso di pietra  di due metri di diametro deve applicare molta più forza che quella per spostare una pietra grande come una pallina da tennis. Questo valore è importante perchè indica quanta forza è necessaria per accelerare un oggetto di conseguenza il valore della forza sarà proporzionale al valore fra la massa inerziale e il valore della velocità espressa in metri al secondo.


Effettivamente sembra naturale che una massa spinta acceleri, e noi non abbiamo
bisogno di ulteriori spiegazioni per comprendere il fenomeno.
Le nostre mani entrando in contatto con la massa la spingono facendola accelerare.
Questo è ben comprensibile, ma se andiamo ad analizzare cosa significhi ''entrare in contatto'' questo non solo non aiuterà la nostra comprensione, ma al contrario la metterà in dubbio.
Quindi la risposta è no, non abbiamo bisogno che ci si spieghi cose che già ben comprendiamo, senonché il fenomeno, nonostante ciò, si presta a spiegazioni che non solo non aumentano la nostra comprensione, ma che al contrario la fanno vacillare.
Sulla massa possiamo spiegare che agiscono forze elettriche non di contatto  fra loro in opposizione,  e che non c'è quindi nessun vero contatto fra la massa  e le nostre mani, e l'idea ''naturale'' stessa di contatto viene messa così in discussione.
Tutto ciò che sembra ovvio ad una attenta analisi perde di ovvietà, secondo un percorso presumibilmente inverso a quello in cui le ovvietà si generano nella nostra percezione.
Ma se possiamo rendere non ovvio ciò che tale appare e viceversa, allora vuol dire che stiamo manipolando una sostanza la cui natura non è quella di essere ovvia, ne quella di non esserla, essendo queste solo due delle possibili forme che può assumere.

Comprendere cosa è l'energia , tornando al tema, significa provare ad avviare  un processo che avvalendosi anche di spiegazioni giunga alla comprensione della cosa, rendendola a noi ovvia, partendo dal non esserla.
Questo processo non solo potrebbe essere possibile, ma potrebbe essere proprio ciò che naturalmente avviene, senza essere allo stesso tempo cosa necessaria.

Temo che le conseguenze filosofiche che la scienza ha sulla filosofia siano talmente enormi da avere difficoltà anche solo a intravederle, perchè per poterle rifiutare bisognerebbe prima avvistarle, per cui al momento il tutto si riduce ad un rifiuto della scienza nel peggiore dei casi, o ad una sua critica nel migliore.
Critica che sarebbe certamente utile, ma che viene stoppata subito sul nascere dai successi prodigiosi della scienza.
Non è un caso che chi rifiuta la scienza non smette perciò di parlarne, e anzi non sembra parlare di altro, segno che al suo fascino non riesce a sottrarsi.
#741
Riassumendo, noi andiamo alla ricerca di una spiegazione di cose come ''energia'' che possa svolgere lo stesso  ruolo della naturale comprensione che abbiamo di cose come  la ''forza'', dovendo ammettere alla fine che nessuna spiegazione riesce a svolgere questa funzione.
Per cui la domanda che dobbiamo porci è cosa rende tale la naturale comprensione delle cose, di modo che non si riesca a riprodurla in modo artificioso attraverso una spiegazione ?
La mia risposta è che anche in ciò che naturale ci appare non ci sia nulla di naturale, cioè di propriamente attinente alla realtà in modo diretto.
Vi è sempre qualcosa dunque che media al modo in cui la realtà ci appare, e diremo questa apparenza naturale quando non abbiamo coscienza di ciò che media.
Occorre cioè ammettere che il modo cosciente non è l'unico modo in cui la conoscenza si produce, e che solo al modo incosciente è relativa la comprensione delle cose, e che comprendere è solo una delle modalità di conoscere, nessuna elle quali strettamente necessaria.
Quindi ad esempio non è necessario comprendere la meccanica quantistica, perchè la comprensione non è l'unica forma possibile e necessaria di conoscenza, e che sia quindi necessario e sufficiente avere una forma di conoscenza qualunque essa sia.
#742
Video molto interessante, Alberto, particolarmente laddove si distinguono equazioni che sono leggi di natura, come
F=ma
ed equazioni che sono una banale definizione
p=mv
banale come lo sono le varie definizioni arbitrarie delle diverse forme di energia.
Se arbitrie sono queste definizioni, è sorprendente che sommando le varie energie si ottiene sempre lo stesso numero al loro variare, ciò che equivale ad una legge di natura.
Come dobbiamo interpretare questa cosa?
Da un lato ci sono leggi di natura che si presentano noi per quel che sono, e dall'altro leggi che non si presentano, ma che possono essere svelate senza che noi si abbia neanche la consapevolezza di andarle a cercare.
Cioè, noi non avevamo sentore di una legge di conservazione dell'energia, per cui l'abbiamo trovata senza andarla a cercare, a partire da arbitrarie, per quanto utili, definizioni.

Da un punto di vista filosofico possiamo tenere due diversi atteggiamenti:
1. Compiacerci della varietà con cui la natura si presenta. a noi.
2. Oppure no, cercando di ridurre cose apparentemente diverse alla tessa sostanza.

Volendosi conformare al secondo caso, possiamo tentare due strade. La prima è di ridurre la legge naturale ad una banale definizione, e la seconda di promuovere una banale definizione a legge naturale , cosa che pur senza volere siamo riusciti a fare, ma delle due solo la prima a me sembra praticabile senza doversi affidare alla fortuna , sempre che di fortuna si sia trattata nel caso in discussione..

In questa scelta confesso di essere aiutato dal fatto che io nell'equazione della forza non riesco a vederci una legge naturale, ma solo un utile definizione.

Insomma, secondo me non esistono leggi a cui la natura sottosta, ma le leggi sono il modo in cui la natura a noi si presenta, o in cui noi la possiamo rappresentare, non essendo univoco il modo di poterlo fare, anche se come univoca a noi la natura sembra presentarcisi con una apparenza che non nasce direttamente dalla nostra volontà di rappresentarla.
Che ciò sia possibile d'altronde ne abbiamo appena discusso una prova, quella che riguarda la conservazione dell'energia, la quale non solo non è appparsa a noi come cosa naturale, ma che anche una volta scovata continua a non apparirci come tale, motivo per cui continuiamo a chiederci cosa sia veramente, come se fosse invece ovvio che ciò che naturalmente ci appaia perciò si possa noi dire di comprenderla.
#743
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Alien
19 Dicembre 2024, 14:54:38 PM
I ghiacciai dei poli si stanno scongelando liberando una vita terrestre ormai alla terra aliena, con la quale sarà un grosso problema venire in contatto.
#744
Una volta compreso che un tremele equivale a tre mele, il tre, separato dalle mele, si astrae dal tremele, acquisendo vita propria.
Cosa ha a spartire una mela con una pera?
La stessa cosa che ha a spartire un tremele con un trepere, un numero.
Ma questo ci abbiamo messo tempo a capirlo.
All'inizio credevamo che mele e pere, come tremele e trepere, non avessero nulla da spartire. :)
#745
Citazione di: Eutidemo il 17 Dicembre 2024, 13:32:07 PM
Ciao Iano. :)
Neanche i "numeri positivi" esistevano, finché non sono stati inventati dagli esseri umani; ed infatti gli scoiattoli non contano mica le noci che mettono da parte, così come gli orsi polari non sono in grado di calcolare quanti gradi ci siano sotto lo zero.
A parte questo, in ogni caso, mi pare che il tuo ragionamento fili!
***
Un cordiale saluto!
***

Sembra che condividiamo con alcuni animali come i corvi il subitizing, cioè la capacità di riconoscere gruppi di cose fino a 4 senza contarli.
Il concetto di numero quindi, rispondendo anche a Morpheus,  non è necessariamente legato al contare.
Ma già per cinque elementi abbiamo bisogno di contarli, contare quindi è un evoluzione del concetto di numero.
E' un pò come se tre mele fossero un tremele.
Capire che tremele sono tre mele, cioè contarle , è un evoluzione del concetto di numero, che diviene utile quando le mele sono più di quattro.
Una volta compreso che un tremele equivale a tre mele, il tre, separato dalle mele, si astrae dal tremele..
#746
Citazione di: Eutidemo il 17 Dicembre 2024, 12:33:23 PM
Ciao Iano. :)
I "numeri negativi" sono senz'altro "veri numeri", come tuti gli altri!
Così come inequivocabilmente  risulta, e viene spiegato, in qualsiasi sito che si occupa di matematica, dal più semplice al più complesso:
Non lo metto in dubbio, ma i numeri negativi non esistevano finché non sono stati inventati.
Il punto è che per i matematici il fatto che i numeri che loro si inventano abbiano un riscontro fenomenico oggi, ma non ieri, è secondario, e i motivi per cui nuovi numeri nascono possono essere i più vari.
In sostanza per i matematici, oggi, un numero esiste nel momento in cui lo si definisce, indipendentemente dal fatto che per esso vi siano riscontri fenomenici.
Per dimostrare che un insieme di numeri esiste è dunque sufficiente mostrare che sia stato ben definito, e sicuramente i numeri relativi, cioè i numeri naturali positivi e negativi , comprensivi dello zero, sono stati ben definiti, ergo esistono, cioè sono ''veri'' numeri. :)
#747
Citazione di: Morpheus il 16 Dicembre 2024, 18:07:10 PMCiao Eutidemo! Anche se sbaglierò tenterò di rispondere al quesito di Rastislav nel tentativo di aver salva la vita! A parte gli scherzi, la risposta credo sia inesistente poiché la somma di "tutti i numeri" di un "insieme infinito di numeri" è sempre infinito e ovviamente non esiste un infinito più grande di un altro perciò addizionando un infinito a 23 la risposta sarà sempre infinito, poiché,  se prendiamo l'insieme dei numeri naturali e lo confrontiamo con quello dei numeri reali, l'insieme dei numeri reali contiene quello dei numeri naturali... ma infinito=infinito solo che l'infinito dei numeri reali ha un "range" di numeri maggiore.
Spero di non aver sbagliato!
Non hai sbagliato, me è che i diversi insiemi di numeri, se non infiniti, sono talmente numerosi, che neanche i matematici li conoscono tutti, e ciò è dovuto al fatto che nel tempo i concetto di numero si evoluto e non ha smesso ancora di farlo.
La tua affermazione che non esiste ''un infinito più grande'' di un altro, dunque è vera, ma anche no.
Dipende se diamo una definizione di numero, o se restiamo a un livello solo intuitivo.
Secondo la definizione di numero adottata da George Cantor, egli dimostra che esistono infiniti più grandi di altri, e che ad esempio la ''grandezza'' dei numeri naturali è uguale a quella dei numeri razionali, ma minore di quella dei numeri reali.
Si tratta se vuoi di discorsi campati in aria, ma che a volte hanno mostrato grande utilità.
Se vuoi mettere in difficoltà Eutidemo chiedigli di dimostrarti che i numeri negativi sono veri numeri. :)
#748
Citazione di: misummi il 16 Dicembre 2024, 17:26:24 PMHo spiegato il significato matematico e fisico delle due formule.Se le vuoi discutere un questo senso puoi farlo da solo perché esse sono esatte dal punto di vista matematico e fisico per quanto riguarda l'aspettocquantitativo. D'altronde i due scienziati non volevano certo definire che cosa sia l'energia ma come può essere misurata in termini quantitativi. 
Allora Prof., iniziamo col dire che non puoi spiegare il significato matematico e fisico delle due formule usando frasi prive di significato come la seguente:
''Anche qui,come succede per Einstein,Planck definisce  la quantitá di energia...''
E' vero, Einstein e Planck non ci dicono che cosa sia l'energia, ma perchè avrebbero dovuto dircelo se si parlava di energia già ''before the science'' ?
Forse tu volevi dire che gli scienziati hanno dato delle definizioni di energia, forza, velocità, spazio, tempo etc... che ci costringono in qualche modo a rivedere il significato che a questi termini già davamo.
Un bravo filosofo ( non io) potrebbe venirci in soccorso per spiegarci cosa si intendeva per ''energia'' before the science,  e come sia cambiata la nostra idea di energia after the science.
#749
Citazione di: misummi il 16 Dicembre 2024, 14:31:59 PMVi spiego queste cose
Grazie prof.
Ci sarebbero anche spunti interessanti di discussione, però se ci hai già spiegato tutto tu il discorso è chiuso.
#750
Varie / Re: La perfetta coincidenza delle imperfezioni.
16 Dicembre 2024, 15:21:02 PM
Citazione di: Eutidemo il 16 Dicembre 2024, 06:01:33 AMPurtroppo non ho un compasso :(
In effetti va bene anche una qualunque curva sbilenca.
Però non c'è neanche bisogno di fare l'esperimento, è sufficiente immaginarlo. :)