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Messaggi - Phil

#737
Citazione di: Kobayashi il 14 Agosto 2022, 14:35:45 PMÈ ovvio che ogni cosa che dico in quanto detta da me è personale.
Il termine "anonimo" che ho usato va preso naturalmente nel senso di una tendenza verso una comunicazione sempre meno personale, e quindi inutile nel lavoro che la scrittura compie nella costruzione della conoscenza di se'
Non so se intendi "sempre meno autenticamente personale" o "sempre meno personale" nel senso di pubblico anonimato, fermo restando che la scrittura, che sia quella privata del "diario segreto" o quella planetaria dei social, contiene sempre un distillato dell'autore e quindi ha sempre il potenziale per essere utile alla «costruzione della conoscenza di sé»(cit.): anche chi riposta acriticamente slogan di cui ignora il senso o battute banali e inflazionate sui social, ha in questo suo ripostare pedissequo una rilevante fonte di possibile autocomprensione, che può essergli preziosa per riflettere sul suo rapporto con il mondo e con gli altri.
Tornando all'anonimato: nel secondo caso ("sempre meno personale" nel senso di pubblico anonimato), di certo poter ricorrere ad avatar, pseudonimi, nomi falsi, etc. aumenta l'anonimato della persona che si espone con giudizi, opinioni, etc. e la stessa tecnologia fornisce anche strumenti informatici per tutelare o aumentare tale "scudo di anonimato". La conseguenza è che solo Kobayashi sa chi è davvero Kobayashi fuori dal forum, quindi il suo scrivere post può servire come autocomprensione solo a lui, poiché per gli altri è semplicemente un utente che non possono profilare nella realtà e leggerne i post è come leggere un taccuino firmato da "mister x": il contenuto può essere totalmente compreso, ma dell'autore si sa solo ciò che egli decide di rivelare, sempre fidandosi che non menta o, come hai osservato, si autocensuri. In questo caso l'autore resta dietro alle sue manifestazioni, in una posizione tanto unica quanto privilegiata per comprenderne il senso, potendo relazionarle ad altre manifestazioni e informazioni che gli altri, al di là della cortina dell'anonimato, non sanno (quindi, in questo caso, l'anonimato non lede «la costruzione della conoscenza del sé»).
Nel primo caso (se cioè intendi "sempre meno autenticamente personale"), secondo me si può osservare in altri casi una iper-personalizzazione (antitesi dell'anonimato) in cui l'individuo cerca di distinguersi, calcando la mano nel ricercare originalità e visibilità (v. influencer o aspiranti tali), al punto da non rappresentare fedelmente la propria identità quotidiana, ma una sua versione estremizzata, alterata e "commerciale". In questa situazione, opposta alla precedente (come l'esteta è opposto all'uomo etico in Kierkegaard), l'individuo tenta di essere più identificabile possibile, ostentando connotati (estetici, artistici, sociali, etc.) che lo rendano ben distinguibile dagli altri, rendendo la sua autocomprensione un fenomeno che va di pari passo con l'esposizione allo sguardo (e al commento) altrui, alla perenne ricerca di consenso e godimento (mediatico e non). Tuttavia anche questo "caricaturarsi" può essere comunque una tappa di riflessione importante per «la costruzione della conoscenza del sé».
Più in concreto, credo che il ruolo per nulla anonimo della comunicazione a distanza (nelle sue differenti forme) sia stato sperimentato da molti durante l'esperienza del lock down, dove ciascuno ha potuto capire quale sia il proprio rapporto con la comunicazione, con il dialogo, con la scrittura, etc. vivendo un'importante "esperimento" di autocomprensione, magari scoprendo alcuni aspetti della propria relazionalità (e della propria memoria) che altrimenti avrebbe ignorato.
L'anonimato della comunicazione per me è spesso solo negli occhi di chi guarda o legge, ma se parliamo di «costruzione della conoscenza del sé» tramite la scrittura, pur con differenti gradi di "profondità analitica", nessuno è anonimo a se stesso, quindi la possibilità di autocomprendersi nelle proprie tracce comunicative c'è, fintanto che tali tracce sono reperibili (non me ne voglia Platone) pur con tutte le "patologie" del caso (manie di "archivismo", difficoltà nel distacco dai ricordi, strumentalizzazione del passato, etc.).

Citazione di: Kobayashi il 14 Agosto 2022, 14:35:45 PMLa filosofia è etimologicamente "cura della sapienza", ma questa sapienza ha un carattere liberatorio (declinato nelle contingenze delle diverse epoche)?
Sulla tematica della "liberazione" in rapporto alla "cura della sapienza" preferisco non addentrarmi, considerando come la sapienza sia, a suo modo e secondo me, perlopiù conoscenza dei "meccanismi umani" e dei loro limiti possibili, quindi più che una liberazione, un'acquisizione di consapevolezza di vincoli e legami; consapevolezza che include anche i condizionamenti delle metafore demagogiche o te(le)ologiche proprie della nostra cultura.
#738
I quattro trigrammi sono rintracciabili nell'I Ching («Il libro dei mutamenti») basato su 64 esagrammi; se i trigrammi della bandiera vengono considerati a coppie verticali, quelli a sinistra formano l'esagramma n. 13 «L'amicizia fra uomini», la coppia a destra invece l'esagramma n. 8 «La solidarietà».
Credo meriti una menzione la bandiera del Nepal, l'unica a non essere un quadrilatero.
#739
Citazione di: Kobayashi il 13 Agosto 2022, 12:27:02 PMSe quindi il luogo dell'elaborazione del rapporto con il mio passato sono i social, se il luogo della riflessione e della scrittura sono le chat e le pagine di facebook, allora la mia identità (risultato appunto del rapporto tra presente e passato, sguardo sulla propria memoria) sarà deviata verso l'anonimato.
L'elaborazione del rapporto con il proprio passato non può tendere all'anonimato, perché ha un nome (il proprio): a ogni traccia segnica (digitale o meno) corrisponde un'evocazione mnemonica (o almeno un tentativo di suo innesco) connotata da una tonalità emotiva o esistenziale che non può essere neutra, così come non è stato neutro il vissuto rappresentato (anche una foto in scala di grigi non è comunque priva di colore). Il mio passato non può essermi anonimo, semplicemente perché è il mio, perché sono l'unica persona che di un'immagine, un post o altro, conosco, o meglio, ricordo (con tutte le deformazioni psichiche tipiche del ricordare) anche il lato interiore, il vissuto connesso, la portata esistenziale di quello che per altri è solo l'ennesima foto delle vacanze al mare o del piatto di ristorante ad un anniversario. Se per gli altri quell'immagine (di me) è anonima, un modo per deanonimizzarla è proprio il dialogo, non necessariamente filosofico, con chi vi è rappresentato; la traccia può anche sembrare anonima, ma indagando c'è spesso una risorsa di senso per nulla omologata o standardizzata.

Citazione di: Kobayashi il 13 Agosto 2022, 12:27:02 PME se tutti hanno identità simili, allora non può nemmeno prendere avvio un dialogo, ma solo una comunicazione di rispecchiamento.
Senza dialogo la filosofia muore, perché il carattere veritativo della filosofia è indissolubilmente legato al dialogo (convinzione mia, certamente discutibile).
Forse non sono simili le identità in gioco, ma solo le loro maschere, sotto le quali è certamente possibile riscontrare somiglianze fra alcune macro-declinazioni di senso o visioni del mondo generalizzate, ma si tratta di somiglianze che spesso mutano in sostanziali differenze se si cambia argomento di discussione, contesto o sollecitazione dialogica.
Ad esempio, sotto la miriade di maschere di Guy Fawkes (o altro) non ci sono "cloni neuroprogrammati intercambiabili" ma soggetti che, seppur affabulati da una certa simbologia, da una memetica culturale o anche solo da una moda (ed ecco quindi già "moventi" che rivelano differenze rilevanti) sarebbero pronti a rompere l'anonimato della loro maschera, e la co-identificazione gruppale che essa comporta, qualora qualche altro mascherato iniziasse a parlare di alcuni temi politici o etici o magari sportivi. Il rispecchiamento della maschera ha pur sempre un suo contesto, ossia è valido solo all'interno di un determinato "gioco linguistico" o semantico, ma difficilmente esaurisce tutto l'orizzonte di senso di una prospettiva individuale. Si tratta spesso di maschere fragili, che vanno in frantumi alla prima domanda socratica che gli si rivolge, e mentre il consesso delle altre maschere tace, l'individuo si scopre.

Citazione di: Kobayashi il 13 Agosto 2022, 12:27:02 PMDunque molti problemi contemporanei attinenti la stessa esistenza della filosofia e del dibattito etico dipenderebbero dai processi di trasformazione del rapporto con la memoria?
Sicuramente la tecnologia, con i suoi metodi di archiviazione, e internet, con la sua estensione globale, hanno cambiato il rapporto con la propria memoria e con la memoria dell'altro, sia in termini di esposizione (delocalizzata) che di possesso (ciò che viene messo in rete diventa, di fatto, possedibile da tutti, vedere problemi di "diritto all'oblio" e simili), per non parlare delle questioni di "filtri di memoria" (cosa viene memorizzato o no); pane per i denti di una riflessione che guardi al mondo contemporaneo, con o senza filtri (appunto...) nostalgici.

Citazione di: Kobayashi il 13 Agosto 2022, 12:27:02 PMO magari, al contrario, questo mutamento, sempre che sia reale, segna finalmente il passaggio ad una cultura libera dall'illusione romantica dell'originalità (la quale ci fa dire che tutti sono conformisti e scontati tranne noi, che la nostra vita per quanto apparentemente uguale a quella di tutti gli altri è particolare, anche se tale particolarità poi si esprime solo come passione per la ricerca di un nostro mitologico desiderio originario – R. Girard)?
La disillusione, in questo caso, è direttamente proporzionale all'incontro con gli altri: più persone si incontrano, più culture si scoprono, più emergono anche (oltre alle differenze) tratti comuni, iterazioni di senso e affini letture della realtà, ma senza che ciò comporti un anonimato spersonalizzante; si tratta, come spesso accade, di problematizzare un senso della misura fra "unico ed irripetibile" ed "uno vale l'altro"; un buon companatico da abbinare al pane di cui sopra.
#740
Racconti Inediti / Re: Il delitto impossibile!
11 Agosto 2022, 17:36:42 PM
L'assassino potrebbe essere un apribottiglie modificato: dopo aver fatto la sua funzione, stappando la bottiglia, mentre i due conversavano e l'agente assaggiava il vino (senza riattappare la bottiglia, verosimilmente), l'apribottiglie ha nel frattempo iniettato nel tappo di sughero una massiccia dose di veleno, così da contaminare irrimediabilmente, una volta riattappato, il collo della bottiglia e il vino al suo interno (coerentemente con il "premuroso" consiglio dell'agente di non finirla tutta d'un fiato, così da dare modo al veleno di compromettere sia il contenitore che il contenuto...).
Pare che il solfato di tallio impieghi giorni ad uccidere, ma non credo sia rilevante ai fini del racconto.
#741
Citazione di: Eutidemo il 31 Luglio 2022, 12:14:11 PM
in caso di massa successoria indivisa costituita da più appartamenti, la quota ideale va calcolata sull'intero asse, e non sui singoli appartamenti, come facevi tu (il che sarebbe anche poco pratico); ciò non si può fare
Non sono sicuro di aver capito: se una vedova muore e lascia in eredità ai suoi due eredi testamentari tre appartamenti, ogni erede non risulterà proprietario della sua quota (50%) di ognuno dei tre appartamenti? Non è possibile per i due eredi concordare nell'atto notarile di prendere la proprietà di un appartamento a testa e lasciare il terzo al 50% di proprietà (sempre che il valore di ciascuno dei tre appartamenti sia il medesimo)?
Mutatis mutandis, nel caso degli 11 appartamenti perché non si può applicare lo stesso ragionamento, ragionando per quote di proprietà?
#742
Citazione di: Eutidemo il 31 Luglio 2022, 07:21:06 AM
il diritto di proprietà è possibile solo per un'unità catastale unitaria.
Non sono pratico di legge, ma so per certo che a seguito di un'eredità si può diventare proprietari di una quota percentuale di un appartamento (senza che a ciò corrisponda una spartizione fisica dell'immobile, del tipo salone a te, cinque mattonelle a me, etc.).
#743
Se ammettiamo per semplificazione che «patrimonio» sia sinonimo di «12 appartamenti», escludendo dunque beni mobili e altri immobili, credo che il problema si risolva considerando che, se non sbaglio, non è necessario per legge ereditare solo appartamenti secondo quote di proprietà del 100%. Una volta assegnato un appartamento alla fedele Cesira (quale? hanno tutti lo stesso valore? semplifichiamo ulteriormente supponendo di sì) le quote di proprietà degli altri 11 saranno divise fra gli eredi secondo quanto scritto nel testamento, quindi, presupponendo che ogni appartamento abbia il medesimo valore: Alfredo sarà proprietario unico di 5 appartamenti più un appartamento al 50%; Carlo di 2 appartamenti più il 75% di un ulteriore appartamento; Antonio di un appartamento più l'83,3% di un altro appartamento.
Per non "disperdere" troppo le quote: Alfredo 5 appartamenti più un appartamento in comune al 50% con Carlo, che ha anche 2 appartamenti al 100% e 25% di un appartamento di cui Alfredo ha il restante 75% (in aggiunta al suo altro appartamento al 100%). Resterebbe non totalmente assegnato un solo appartamento di cui Alfredo ha l'8,3% di proprietà; a chi assegnare il 91,7% residuo? Probabilmente, non essendoci dichiarazioni risolutive nel testamento, agli eredi legittimi o, in mancanza di essi (come lascia supporre il testamento), ai nipoti in parti uguali (30,56% a testa).

P.s.
Forse l'avvocato fratello di Alfredo (se non è un "fratello acquisito") è Carlo, che con la sua "soluzione" avrebbe guadagnato il 25% del valore di un appartamento, pur costringendo i fratelli a sostenere una spesa (per quanto momentanea) non certo indifferente e soprattutto confidando che Cesira accettasse di stare al gioco. 
Non sono comunque sicuro che si possano vendere beni inclusi in una procedura di successione ereditaria non ancora conclusa: Cesira dovrebbe vendere il suo appartamento prima che siano assegnate le quote ereditarie agli altri, "costringendo" il notaio ad una successione parziale o lasciata in sospeso o altri escamotage, non so quanto e se possibili.
#744
Metterei la candela dentro la scatola di chiodi (svuotata) e attaccherei la scatola al muro con il nastro, così che possa raccogliere la cera che cola senza farla cadere sul tavolo. Per ulteriore sicurezza di contenimento, metterei del nastro in verticale intorno al bordo della scatola per aumentarne la capienza (quasi a creare un imbuto di nastro sui bordi della scatola).
#745
Citazione di: Eutidemo il 18 Luglio 2022, 06:22:46 AM
per quale motivo Weaver (e il tuo LINK) mettono "fisicamente" in gioco sempre tre carte, e mai soltanto due?
Secondo te, quale sarebbe il motivo?
Sul fatto che le carte in gioco nel calcolo delle probabilità (nella domanda posta da Weaver) siano solo due, dovendo escludere quella non pertinente per assenza di colore, non ci sono dubbi per entrambi ("almeno" uno di noi e Weaver); sul perché sia stato scelto di partire da tre carte e non due, potremmo anche fare delle ipotesi, ma non cambierebbe la sostanza del ragionamento di Weaver che si basa, appunto, sulla probabilità fra due carte, le due con almeno un lato bianco.
Per quanto riguarda le tue conclusioni, o meglio, il tuo metodo, credo possa giovare corroborarlo rispondendo alla domanda posta in precedenza:
Citazione di: Phil il 17 Luglio 2022, 10:55:16 AMse le carte totali fossero 100 monoalfabetiche differenti (a/a, b/b, c/c, d/d, etc. usando anche simboli e alfabeti alieni) più una bialfabetica "a/b", la probabilità di avere "b/b" pescando una "b", quale sarebbe?
#746
Grazie per aver intuito il senso della mia proposta, effettivamente espressa in modo poco chiaro; l'illustrazione sarebbe dovuta essere: ci sono tre carte, una con due facce pari, una con due facce dispari e una con una faccia pari e una dispari; viene pescata una carta con una faccia pari, quante possibilità ci sono che anche l'altro lato sia pari?
La risposta di Weaver è 66%, perché deve essere esclusa dal calcolo delle probabilità la carta con due facce dispari (avendo pescato una faccia pari è impossibile che abbia in mano una carta senza facce pari); quindi restano possibili solo due carte, ma 2 facce pari su 3 disponibili sono sulla stessa carta, quindi è più probabile (66%) che quella che ho in mano sia la carta con due facce pari.
Se mantieni i rapporti numerici con le altre facce, al posto del «pari» puoi mettere «bianco» o altri demarcatori e ciò ovviamente non influirà sul calcolo delle probabilità.
#747
Dipende tutto da quale domanda (ti) poni: per rispondere a quella posta da Weaver (v. sopra) devi usare come unità di misura i lati, non le carte, poiché la domanda che egli pone è appunto basata sui lati. Per questo il simulatore usa due monete a coppie, anziché il fronte e il retro di un'unica moneta: così facendo è più tangibile il calcolo degli elementi che determinano la probabilità. Non è dunque capzioso Weaver quando distingue i due lati bianchi della carta "b/b", sono due lati e vanno contati come tali.
Se invece ignori i lati e (ti) chiedi «quali sono le probabilità di pescare una carta monocolore?», non stai più rispondendo all'interrogativo posto da Weaver (che è totalmente differente, essendo basato sui lati) e giustamente non c'è alcun paradosso apparente: 2/3 sono monocolore, quindi 66%.
La divergenza essenziale fra la tua domanda e quella di Weaver, pur avendo entrambe in questo caso «66%» come risposta, appare chiaramente se aumentiamo il numero delle carte, come proposto in precedenza (v. esempio sopra): in quel caso Weaver ha sempre il 66% di probabilità, mentre la tua domanda muta a seconda del totale delle carte e il numero delle monocolore.

Provo a parafrasare Weaver usando i numeri al posto dei colori, così da (di)mostrare come il computo dei lati sia fondamentale; supponiamo di avere tre carte ognuna delle quali ha un numero segnato su ciascuna faccia: 1-3, 2-5, 4-6; se pesco e leggo un numero pari, quante probabilità ho di avere in mano due lati con numeri pari?
Se rispondi «50%», se fossimo al "gioco dell'oca" ti direi «torna al post #7 e stai fermo un turno (di riflessione)».
#748
Citazione di: Eutidemo il 17 Luglio 2022, 06:22:03 AM
La domanda, a mio parere, infatti, è esattamente questa: "quante probabilità ci sono di pescare una carta monocolore?"
Se questa è la domanda, la risposta, per nulla paradossale come guistamente osservi, è del 66%.
Tuttavia, se parliamo del paradosso di Weaver, per come l'hai citato, la domanda è un'altra:
Citazione di: Eutidemo il 13 Luglio 2022, 11:44:59 AM
- se estraiamo una carta, o una tessera, e, guardando un solo lato, esso è bianco, che probabilità c'è che anche l'altro lato sia bianco?
e anche il simulatore si pone la stessa domanda di Weaver:
Citazione di: Phil il 15 Luglio 2022, 20:53:03 PMla domanda a cui risponde la simulazione è «Suppose that the first coin is gold. What is the probability that the second coin is also gold?»(cit), ossia qual è la probabilità che anche la seconda moneta sia d'oro, quando è d'oro la prima estratta. Traslando i risultati alle carte, quella percentuale indica i casi di carta bianca su entrambi i lati quando il primo lato estratto è bianco.

Per quanto riguarda
Citazione di: Eutidemo il 17 Luglio 2022, 06:22:03 AM
Supponiamo che ci siano 5 carte con una lettera sola incisa su ciascun lato: a/a, a/b, b/b, a/c, c/c; se pesco una carta e leggo su un lato una "b", quante probabilità ci sono che sia la carta "b/b"?
Le probabilità, secondo me, sono 3 su 5, cioè del 60%!
***
Ed infatti, poichè le carte monoalfabetiche sono tre (AA BB CC), mentre quelle bialfabetiche sono solo due (AB AC), se io pesco un carta su un cui lato c'è una B, essendoci 3 probabilità su 5 di aver pescato una carta bialfabetica, ci sono anche  3 probabilità su 5  (60%) che anche l'altro lato sia una B.
non è rilevante quante siano le carte monoalfabetiche (a/a, b/b, c/c, etc.), perché vengono tutte escluse dal calcolo della probabilità, tranne quella con la lettera estratta. Non ha senso contare quante siano le altre carte monoalfabetiche né quante siano le carte totali: se le carte totali fossero 100 monoalfabetiche differenti (a/a, b/b, c/c, d/d, etc. usando anche simboli e alfabeti alieni) più una bialfabetica "a/b", la probabilità di avere "b/b" pescando una "b", quale sarebbe?
Tutto si riduce, per come Waver pone la questione, a "b/b" ed "a/b" (ossia le uniche 2 carte contenenti una "b"), e il simulatore dimostra che "b/b" è probabile al 66%, non al 50%, a prescindere da quante siano le carte/monete non pertinenti poiché prive di "b".
#749
Il 66% dovuto a 2 carte monocolore su 3 carte totali non va confuso con il 66% di due lati bianchi (sulla stessa carta) rispetto a 3 lati bianchi possibili (su 4 lati totali, avendo una carta, quella bicolore, un lato nero; ovviamente la carta monocolore nera viene esclusa dal calcolo delle probabilità, se il lato estratto è bianco).
Sia Weaver che il simulatore ragionano in termini di lati, non di carte: la domanda non è «quante possibilità ci sono di pescare una carta monocolore?», bensì «una volta pescata una carta ed osservato il colore di solo un suo lato (bianco), potendo così escludere di essere in presenza della carta monocolore dell'altro differente colore (nero), quante probabilità ci sono che anche il retro della carta estratta sia dello stesso colore appena osservato in superficie (carta monocolore bianca)?».
A questo punto non conta che le carte totali siano 3 (o più)*, contano solo le due possibilità (da cui l'ingannevole ed erroneo 50%) fra carta monocolore fronte/retro del colore estratto, bianco (non di un colore a caso), e carta bicolore, in cui il colore del lato nascosto è differente dal lato visibile bianco. Queste due possibilità, una per ogni carta possibile che abbia almeno un lato di quel colore, non hanno egual probabilità, poiché quella monocolore (bianco/bianco nell'esempio), stando anche alla simulazione, tende a presentarsi circa nel 66% dei casi.

*Supponiamo che ci siano 5 carte con una lettera sola incisa su ciascun lato: a/a, a/b, b/b, a/c, c/c; se pesco una carta e leggo su un lato una "b", quante probabilità ci sono che sia la carta "b/b"?
#750
Sia il test computerizzato che il paradosso di Weaver si riferiscono alla percentuale di probabilità (66%) di avere il secondo lato bianco (o di un determinato colore x), una volta accertato che il primo lato estratto è bianco (o comunque del medesimo suddetto colore x); non si riferiscono alla possibilità di estrarre una carta con due lati del medesimo colore, a prescindere che esso sia bianco o nero (x o y).
Ossia: estraggo una carta con il lato bianco, qual è la probabilità che lo sia anche l'altro? Si potrebbe pensare d'istinto che sia il 50% poiché, esclusa la carta che non ha nemmeno un lato bianco (quella nera su entrambi i lati), le carte restanti con almeno un lato bianco sono due, ma solo una di loro (50%) ha anche l'altro lato bianco. 
Sia Weaver che la simulazione empirica dimostrano invece che la probabilità percentuale è del 66%, perché due lati bianchi sui tre disponibili (66%) sono sulla medesima carta.