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Messaggi - Jacopus

#736
Hai ragione Anthonyi. Bisogna indagare il contenuto della Bibbia. Questa affermazione, ad esempio, è nell' evoluto Nuovo Testamento.

"Ma voglio che sappiate che il capo di ogni uomo è Cristo, che il capo della donna è l'uomo e che il capo di Cristo è Dio." Corinzi 1-11,3-10.

Anche questa è interessante:

"L'uomo non deve coprirsi il capo, perché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. E infatti non è l'uomo che deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; nè l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. Per questo la donna deve avere sul capo un segno di autorità a motivo degli angeli."
Corinzi 1-3, 7-10.
#737
Un sussulto marxiano in un'altra discussione mi ha aperto una nuova riflessione (che molto deve a Foucault). Parto da una domanda. L'evoluzione del pensiero scientifico, i modelli "scienza" che si sono succeduti nel tempo, hanno, nella loro sequenzialità, una propria razionalità autoreferenziale? Ovvero, questa evoluzione delle teorie è un progresso di tipo logico e di sempre maggiore approssimazione alla verità che ha proprie leggi "oggettive", che rispondono ad un mondo fisico che può essere rappresentato scientificamente in un solo modo, ovvero quello della sequenza Aristotele-Galileo-Einstein?
Oppure si tratta di una evoluzione che è stata condizionata e che continua ad essere condizionata dagli impulsi culturali più disparati e soprattutto da quelle dimensioni della cultura che hanno a che fare con la verità, ovvero la filosofia e la religione?
La domanda in realtà che mi ronza in testa è: "sarebbe stato possibile l'affermarsi del modello galileiano senza la Riforma?". A mio parere no. Sinteticamente la Riforma fu il tentativo di superare la mediazione dell'autorità e di riscoprire la relazione diretta Dio-uomo. La scienza galileiana applica lo stesso metodo, abbandonando così le comode spalle dei giganti, cui faceva riferimento, nei secoli precedenti, Bernardo da Chartres. In questo modo ogni modello scientifico, viene osservato come immerso nel suo fluido vitale, nella società che lo incuba. Un discorso simile non può forse essere ripetuto anche per la teoria della relatività, emersa dal cervello di Einstein, in un mondo ormai adatto ad accettare l'idea del relativismo?
La conseguenza di questo approccio è quello di desacralizzare la scienza, non più sacerdotessa di un tempio puro, portatrice di verità oggettive, ma semplice tirocinante, al lavoro su fogli non del tutto chiari e irrimediabilmente inquinati dall'ambiente dell'officina.
#738
L'ipocrisia in realtà è tutta di coloro che difendono la vita, salvo disinteressarsene dopo il parto. Una vita non voluta e subita sarà sempre un trauma, sia che sia dia in adozione, sia che si tenga. Un trauma sia per il neonato che per la madre. Le colpevolizzazioni sono un retaggio di un medioevo oscuro. Di un mondo polarizzato che non ha niente a che fare con il prendersi in carico i problemi della perpuera e del neonato. In realtà non so esattamente cosa fanno queste associazioni ma sarebbero molto più credibili se affittassero degli appartamenti a prezzi politici alle ragazze madri, se organizzassero dei corsi per assistenti baby sitter, che possano andare a casa della neo-mamma, se garantissero dei sostegni sia economici che sociali alle famiglie che pretendono di aiutare facendo sentire il battito di un cuore. Perché queste persone non si impegnano con la stessa foga in manifestazioni contro l'evasione fiscale? Quante situazioni potrebbero essere sostenute con un gettito fiscale accettabile e non da terzo mondo, come accade in Italia? Invece facciamo le parate, per poi trovare un posticino in qualche partito, che a sua volta ti manda in un consiglio di amministrazione o da qualche sottosegretario. La dignità di un paese laico consiste nella possibilità di scelta, compresa quella di abortire, un diritto presente in tutti i paesi occidentali ed assente in quelli orientali e autoritari. Qualcosa vorrà pur dire. Purtroppo in Italia batte un altro tipo di cuore, un cuore nero.
#739
Dando una lettura veloce non sembra che abbiano sfasciato alcunché. Hanno lanciato delle bottiglie contro i vetri della sede. Il che non è una giustificazione, ovviamente. La violenza porta sempre altra violenza, e questo dovrebbe essere chiaro proprio a chi lotta contro il patriarcato. Che si commettano degli errori è possibile. La differenza è che quando gli errori vengono fatti a destra, gli autori delle violenze fanno carriera (G7 Genova 2001, primo esempio). Quando gli errori vengono fatti a sinistra, chi li fa si becca delle manganellate, perforazione del polmone, o morte.
#740
Ad ogni buon conto, che io sappia, la più longeva istituzione umana è stato il regno egiziano dei faraoni, durato ininterrottamente dal 3900 a.c. fino a Giulio Cesare, quindi per quasi 4000 anni.
#741
Il bello dei pro-vita e di tutti gli antiabortisti è il loro interesse alla vita da un decimo di secondo prima della nascita,  seguito da un intervallo lungo diversi decenni di disinteresse, e quindi un nuovo interesse alla vita un decimo di secondo prima che la vita stessa si spenga. L'attitudine fantastica di molti religiosi è pensare di imporre le loro credenze e le loro pratiche a tutti, mentre invece, molto umilmente, dovrebbero imporle solo a loro e possibilmente con coerenza, modalità di cui spesso difettano. Dobbiamo solo ringraziare di essere nati dopo la rivoluzione francese.
#742
Francamente a me sembra così banalmente vero che femminicidio e ideologia patriarcale siano connessi che la vera domanda è "perché questa banalità non viene riconosciuta da tanti uomini e donne? Perché la si nega o la si svaluta? Credo che sull'argomento vi sia una bibliografia ormai sterminata dove ci sarà scritto tutto e il  contrario di tutto. Personalmente mi affido alle mie parzialissime esperienze di vita. Il patriarcato ha condizionato enormemente la mia vita, pur essendo maschio, avendo dovuto vivere nella mia infanzia con una madre profondamente traumatizzata da una famiglia patriarcale. Non sto a raccontarvi i particolari ma l'evidenza, sfortunatamente l'ho vissuta in prima persona, al di là di ogni statistica possibile. Il dolore di queste situazioni va oltre l'estremo atto del femminicidio. È una cultura quotidiana alla sottomissione, intimamente legata al razzismo e allo sfruttamento capitalistico. Ben venga quindi la presa di coscienza di questo problema, poiché, a differenza di Marx, credo che la sovrastruttura sia potente come la struttura nel cambiare le società.
#743
In ogni caso questa idea di Dio come superpoliziotto galattico dovrebbe aver fatto il suo tempo. Sull'uomo sanguinario "ab origine", mi piacerebbe avere delle fonti. Altrimenti anch'io posso dire "è ormai risaputo e certo che in Trentino nei boschi vi sono potentissimo druidi che si possono trasformare in piante".
#744
Grazie Ipazia per l'assist, che mi serve per rettificare parzialmente il mio precedente post. Ovvero, la multifattorialità causale della violenza contro le donne è come un cespuglio i cui rami non sono indipendenti ma interconnessi, per cui una personalità antisociale come Izzo, troverà parte della sua giustificazione alla sua violenza anche nel pensiero patriarcale. In ognuno di noi non esiste una causalità unica. Non siamo un motore a benzina, anche se vorrebbero farcelo credere. Siamo un insieme di motivazioni profonde dentro di noi che ci fanno fare quello che facciamo, il più delle volte condizionate in modo irreversibile dalle nostre esperienze nei primi cinque anni di vita. È qui che entra in gioco la politica, fissando la direzione verso una società migliorata, più giusta ed equa, nella quale i richiami alla biologia non dovrebbero avere spazio, essendo noi animali etici e neuroplastici, innervati in un mondo culturale che ha superato il livello "natura".
Quando si tratta di motivare le proprie azioni non si butta via niente, come con il maiale e pertanto questi simbolici rami del cespuglio della violenza non sono separati ma si intersecano e in quelle intersezioni possono incrementano la loro vitalità. Sta a noi trovare i modi, gli antiparassitari per debellare quei rami ed è una lotta che l'uomo combatte da sempre come raccontato in modo sublime da Freud in "Il disagio della civilità".
#745
CitazioneIn assenza di costruzioni ideologiche  come quella teologica che frenino questo potenziale di violenza maschile cosa potrebbe frenare gli uomini? 
Bisognerebbe chiederlo ai cinesi che non si rifanno ad alcuna religione oppure ai milioni di atei dell'Occidente, noti stupratori ed assassini.
#746
Belle parole Phil ma molto retoriche. Ovvio che non tutta la violenza di genere è assimilabile al patriarcato. Mutatis mutandis, tutti gli incidenti sono imputabili all'alcool? No. L'alcol bevuto dagli automobilisti è un problema? Si. Tutte le violenze alle donne sono imputabili al patriarcato? No. Il patriarcato è un problema? Sì! (Chi di retorica ferisce, di retorica perisce).

"andavo incontro al precipizio con tale cecità che mi vergognavo, tra i miei compagni, di non essere altrettanto spudorato, perché li sentivo vantare le loro scelleratezze e tanto più gloriarsene quanto più erano turpi; e mi ci abbandonavo anch'io, non solo per il piacere dell'atto in sè, ma anche per le lodi che ne ricavavo...per evitare il biasimo, mi immergevo nel vizio e dove mancavo di colpe che mi eguagliassero a quei corrotti me ne inventavo di immaginarie". Chi scrive è Agostino di Ippona nelle Confessioni, primo libro di psicoanalisi della storia umana. Ebbene risulta chiaro da questo passo che Caivano può essere stata scatenata da questo bisogno mimetico degli adolescenti di fare gruppo. La violenza come rito associativo o la devianza come rito associativo non hanno niente in comune con il patriarcato, così come il narcisista antisociale ( guardate la faccia di Angelo Izzo quando parla dei suoi omicidi, quello non è patriarcato, è disturbo antisociale), così come la violenza d'impeto o quella meditata. Una causa non esclude l'altra. La violenza è simile all'immagine del cespuglio che si usa ora per rappresentare l'evoluzionismo. Uno dei rami di quel cespuglio, un ramo particolarmente robusto ed antico, è il patriarcato. Ma vi sono molti altri degnissimi rami, portatori del loro generoso tributo di sangue.

Infine, una raccomandazione, non tirate in ballo motivazioni pseudobiologiche perché così mi costringereste a scrivere risposte ancora più lunghe di quelle che ora scrivo, con vostro grave noncumento.
#747
Piccoli grandi indizi per sottolineare quanto recenti siano certi cambiamenti, presupponendo che si radicano nella società quando vengono legificati. Solo nel 1996 il reato di violenza sessuale diventa un reato contro la persona, prima era un reato contro la morale e il buon costume. Si violava non tanto l'intimità della persona ma l'ordine sociale. Per non parlare delle pene. Originariamente, oltre alla scriminante del matrimonio riparatore (norma giuridica) e del delitto d'onore, una violenza sessuale contro un/a minorenne veniva punita con la reclusione da 3 a 10 anni. Oggi la pena è (giustamente) triplicata, da 9 a 18 anni. Ma negli anni 70 in concreto le pene potevano essere anche simboliche, come quella affibbiata ad Angelo Izzo (vedi Wikipedia), condannato a 2 anni con la condizionale per aver violentato due minorenni. È come se oggi si fosse creata una dissonanza cognitiva in parte della società. Una legge che corre più veloce di alcuni strati sociali, che cercano in modi disfunzionali di ricreare quel mondo che sta svanendo. Per fare un po' di reductio ad hitlerum, è in piccolo, la stessa dinamica del nazionalsocialismo.
P.s. In ogni caso è divertente questo dibattito. Mancano però le posizioni più teocratiche, che fornirebbero ulteriore carburante al topic.
#748
Phil. Non è una mera questione di statistica  o di "posti riservati". La storia si iscrive nei nostri corpi e nelle nostre società ed è una struttura rigida. Per farle cambiare direzione occorre talvolta un aiuto artificiale, come quello che riservó nelle università americane un certo numero di posti agli afroamericani, indipendentemente dal merito (suscitando un vespaio non ancora finito). Non solo. Un bambino che ha respirato aria di potere in famiglia sarà predisposto al comando. Una bambina respira più difficilmente aria di potere, a causa di un gap culturale che tra l'altro ci fa utilizzare male le risorse di metà dell'umanità. Non è una questione politica o almeno non solo politica. È una questione più profonda, che incide sulla possibilità di procedere in una direzione, quella della reciprocità e del riconoscimento, quella della parità familiare che inevitabilmente si riflette nella parità sociale, almeno idealisticamente. Una bambina abituata ad essere trattata come suo fratello, diventerà un osso duro per tutti gli ayatollah di questo mondo e questo è un vantaggio anche per noi maschietti. Maschietti che però non ce la fanno a vedere le disparità, perché sono disparità sottili, sono commenti, abitudini, esclusioni arbitrarie, ruoli stereotipati. Cose da vita quotidiana che non riguardano tutti, per fortuna ma che incrociano trasversalmente la vita di tutte le donne. In ogni caso sono ottimista. Ancora qualche secolo e in Italia ci sarà un ottima parità uomo/donna. Sull'Iran non garantisco.

Per Niko: mi era venuta in mente la stessissima riflessione una ventina di post fa.
#749
Il femminicidio è legato alla disparità di potere fra i generi a sua volta determinata da una tradizione millenaria, che solo negli ultimi 50 anni (dal 68)è stata messa in discussione in una parte del mondo, chiamato Primo mondo o Occidente. Quindi direi che non c'è nulla di cui rallegrarsi e non c'è nessuna progenie paternalistica a rischio di estinzione. Basta frequentare i quartieri popolari di una città per accorgersene ma anche un forum di filosofia va bene. Una vera uguaglianza di opportunità è ancora lontana e paradossalmente l'aumento delle morti per femminicidio indicano che vi è un movimento verso una parificazione ed è proprio quel movimento a poter essere una molla possibile di violenza. Gli argomenti finora ascoltati sono o tradizionalisti o incongruenti. Mi è piaciuta molto la riflessione di Alex Zanotelli, prete anarchico di quella specie di cui andiamo ghiotti noi cattocomunisti. Violenza di genere e guerre nascono dalle stessa radice della disparità e dello sfruttamento.
Quello che è interessante notare è come persone sensibili alla democrazia o perfino alla redistribuzione della ricchezza, si blocchino di fronte a questo tema fondamentale per il radicamento della democrazia, perché vissuto in quello che Husserl chiamava Lebenswelt, molto più in grado di guidare le nostre azioni piuttosto che un codice penale.



https://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/I-concetti-di-femmicidio-e-femminicidio/368
#750
Niko. Mi sembra che Phil continui ad essere frainteso o sono io che non capisco. Ha offerto dei dati, che sono la cosa più oggettiva che ci si può aspettare, per non fare metafisica. Che il problema sia "molto più degli arabi", piuttosto che nostro, mi sembra scontato. Anche se questo non ci assolve. Giustamente scrivi che migliaia di anni di assoggettamento non si cancellano con un mezzo secolo di condizioni decenti. Ricordo en passant, che fino al 1956, la legge italiana, nell'ordinamento civile prevedeva lo ius corrigendi del marito nei confronti della moglie, considerata da "correggere", quindi mai adulta. Fino a quegli stessi anni alle donne non era concesso di diventare giudici o di divorziare e fino al 1980 c'era il delitto d'onore. Con tre anni di carcere ci si poteva togliere la voglia di ammazzare la propria fedifraga moglie. In pratica, con l'introduzione della legge Gozzini, l'omicida della moglie non avrebbe fatto neppure un giorno di carcere ma tre anni di volontariato. Eppure anche cinquanta anni di diritti conquistati non sono neanche loro un venticello debole. Hanno lasciato una impronta nella nostra società e dobbiamo difendere quella impronta, combattendo noi maschi, dotati di testosterone e spermatozoi, questa lotta. Perché è una lotta fra noi e il nostro doppelganger.