Secondo sonetto: Raffaello paragona se stesso a Paolo di Tarso, quando il santo ebbe l'esperienza del mistero di Dio ma non riferì ad alcuno ciò che aveva visto; nello stesso modo l'urbinate ha coperto con un "velo" ogni pensiero "amoroso. Tutto ciò che ha visto, tutto ciò che ha compiuto in funzione della felicità, rimane chiuso in lui, diventerà vecchio senza aver sciolto l'obbligo di tacere. Quindi invoca la donna, affinché lo soccorra con la sua grazia, in quanto si sente morire a poco a poco.
"Como non podde dir d'arcana Dei
Paul, como disceso fu dal cielo,
così el mio cor d'uno amoroso velo
ha ricoperto tuti i penser miei.
Però quanto ch'io viddi e quanto io fei
pel gaudio taccio, che nel petto celo,
ma prima cangerò nel fronte el pelo,
che mai l'obligo volga in pensier rei.
E se quello altero almo in basso cede,
vedrai che non fia a me, ma al mio gran foco,
qua più che gli altri in la fervenzia esciede.
Ma pensa ch'el mio spirto a poco a poco
el corpo lasarà, se tua mercede
socorso non li dia a tempo e loco".
"Como non podde dir d'arcana Dei
Paul, como disceso fu dal cielo,
così el mio cor d'uno amoroso velo
ha ricoperto tuti i penser miei.
Però quanto ch'io viddi e quanto io fei
pel gaudio taccio, che nel petto celo,
ma prima cangerò nel fronte el pelo,
che mai l'obligo volga in pensier rei.
E se quello altero almo in basso cede,
vedrai che non fia a me, ma al mio gran foco,
qua più che gli altri in la fervenzia esciede.
Ma pensa ch'el mio spirto a poco a poco
el corpo lasarà, se tua mercede
socorso non li dia a tempo e loco".