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Messaggi - Kobayashi

#76
Tematiche Spirituali / Re: Distacco
13 Dicembre 2022, 10:06:20 AM
Perché il tema del distacco viene trattato spesso insieme a temi teologici che descrivono Dio come il tutto e il mondo come il niente?
Perché distacco significa, in un senso più antropologico che spirituale, abbandono dello sforzo di avere il controllo su se stessi e sulle cose del mondo. Distacco è "abbandono", è "resa", è ricerca di una tregua rispetto a ciò che ci lega alla realtà.

Nell'esercizio del distacco non c'è nessun incremento conoscitivo, di verità. Cioè non si arriva alla scelta di questo esercizio tramite un percorso conoscitivo filosofico. Se ciò accade è perché alla fine l'esigenza di sopravvivere psicologicamente ad una vita dolorosa ha piegato il pathos "puro" della filosofia, la sua prerogativa di conoscenza disinteressata (sempre che poi tale prerogativa esista realmente...), ne ha fatto lo strumento dialettico per edificare una forma di vita che va contro la natura delle cose.

Inutile girarci attorno, tutti lo intuiscono (per poi percorrere la cultura filosofica e spirituale nel disperato tentativo di dimenticarsene): la vita è un fenomeno effimero, consiste nella progressiva perdita di pezzi, si conclude nella morte, si vivono anni di stupidità bilanciati da pochi istanti di bellezza e lucidità.
È pazzia ribellarsi a questo destino cercando di avere tutto, consumandosi nel tentativo di arraffare tutto, è altrettanto pazzia rinunciare a tutto per una felicità che sarebbe costretta a manifestarsi proprio a causa della rinuncia, aperture di senso miracolose che avverrebbero sotto il ricatto di un pensiero che nega ciò che c'è di più naturale nella vita.
Infatti il cristianesimo è pazzia (per quanto Duc in altom! si sforzi di rifilarci un'apologetica razionale sul modello del suo amato Ratzinger...).
#77
Citazione di: viator il 08 Dicembre 2022, 21:10:05 PMDio - ad esempio - è considerato da me un concetto, cioè una ideazione tipicamente ed esclusivamente umana che deve soddisfare il bisogno psichico fondamentale umano di sperare nell'immortalità egoistica individuale.

La speranza nell'immortalità non è altro che la proiezione, la concettualizzazione appunto - all'interno della nostra psiche - di ciò che l'istinto di sopravvivenza è all'interno della biologia.
La speranza di superare l'inevitabilità della morte è solo la punta dell'iceberg.
Per capirlo bisogna guardare la vita per quella che è al di là delle illusioni della sicurezza e del controllo, ovvero un fenomeno biologico estremamente fragile, destinato alla sparizione.
Di fatto il tessuto del mondo è il male, cioè la realtà è essenzialmente costituita da forze che assediano i viventi.
Diventa così essenziale proteggersi da queste forze. Proteggersi fisicamente con manufatti sempre più ingegnosi, proteggersi psicologicamente con storie che sappiano allontanare l'attenzione dalle minacce del reale.

Ecco perché possono sorgere le teorie più assurde, come quella secondo cui il male è privazione di bene, quando con tutta evidenza è esattamente il contrario, ovvero è il bene ad essere semplicemente privazione di male, prodotto ontologicamente "secondo", semplice tregua dalle forze che ci assediano.
Oppure la teoria recentemente proposta su questo forum secondo cui la realtà è nulla, non ha essere, mentre Dio, peraltro invisibile e inconoscibile, è tutto.
Ribaltamento spettacolare teorizzato da menti sofisticate, colte (sicuramente Eckhart non era un sempliciotto), che ci costringono a prendere sul serio la faccenda, ma non dal punto di vista conoscitivo (poiché teorie del genere non producono conoscenza), ma da quella della finalità profonda, la quale non è solo tentativo di postulare una via per garantirsi l'immortalità, ma, come ho cercato di spiegare sopra, di salvaguardare il fenomeno vita nel suo complesso (l'alchimia teneva insieme, inconsciamente, tutte e due le componenti: fede nella manipolazione estrema della materia, e descrizione di un cammino spirituale di trasformazione e salvezza interiore).

Peraltro la confusione del piano su cui lavorano queste strategie possono portare al fanatismo e alla violenza, come in alcuni casi le religioni monoteiste che confondono il programma di umanizzazione implicito nel racconto di cui si ritengono custodi, con una legge da imporre eventualmente con la forza.
#78
Citazione di: bobmax il 12 Novembre 2022, 07:21:54 AMIl noumeno, la cosa in sé, non esiste!

A questa inevitabile conclusione giunge la ricerca, qualunque strada si percorra.

Le implicazioni di questa constatazione richiedono un radicale capovolgimento della interpretazione di cosa sia la esistenza.

Che non può fondarsi su alcuna cosa. Perché nessuna cosa davvero c'è.

E perciò non vi è nessuno che nasca e che muoia.




Se la cosa in sé non esiste, se l'essere permanente ed eterno non esiste, perché mai le cose del divenire non dovrebbero esserci davvero?
Ci sono, eccome, ma non hanno alcuna permanenza, o meglio non hanno quella permanenza che la metafisica vorrebbe individuare, nell'illusione di ancorarsi a qualcosa di eterno. Il che non significa che siano solo sogni, fantasmi.

Se il nostro tempo è quello in cui qualsiasi dottrina non è in grado di reggere il confronto con la critica asserendo una verità capace di "proteggere" l'essere umano dal suo destino di morte e sparizione (altro che vita dopo la morte), meglio farla finita con questa sceneggiata delle verità rivelate che dicono questo e quest'altro, meglio prenderle per quello che sono, leggende, simboli, illusioni capaci di dirottare la nostra attenzione dall'inorganico all'umano, dal vuoto al sensato.

Come sarà la filosofia del futuro? Non verità eterna che salva, lo abbiamo già detto. Non progetto di emancipazione tramite genealogie sui resti delle istituzioni occidentali, perché il problema non è il non sentirsi liberi.
Forse un lavoro consapevole con l'illusione...
#79
Tematiche Spirituali / Re: La buona battaglia.
03 Settembre 2022, 10:18:37 AM
Non c'è da reprimere alcunché.
Si tratta di fare in modo che dall'immagine desiderata che si forma naturalmente in noi non abbia origine una vera e propria passione, la quale può svilupparsi dal momento in cui concediamo il nostro consenso a intrattenerci con quell'immagine, che da naturalmente desiderabile diventa così ossessiva.
Conseguenza possibile, almeno all'inizio, di questa opera di contrasto non è la nevrosi, semmai la melanconia, perché noi siamo abituati a vivere in un mondo di permanente eccitazione. E quando lavoriamo per interrompere queste catene di stimoli, che dalle immagini portano ai pensieri e poi via via alle passioni, ci sembra di essere finiti nel vuoto.
Ovvio che questo vuoto, per chi è credente, si riempie spontaneamente con il desiderio di Dio, e quindi con la preghiera e le altre pratiche spirituali.
Ma le cose non sono così semplici tant'è che la tradizione ascetica cristiana dedica molta attenzione all'analisi dell'accidia (akēdía), che colpisce in particolare proprio gli uomini spirituali.
#80
Tematiche Spirituali / Re: La buona battaglia.
01 Settembre 2022, 13:46:58 PM
Sì è vero, c'è il tema dell'aiuto che viene da Dio.
Io la penso così: noi non possiamo ottenere direttamente la guarigione attraverso il lavoro sulle passioni, ma dobbiamo lavorare sulle passioni perché tale prassi ci avvicina a Dio. Poi è questa prossimità che produce il cambiamento. Una prossimità che nel santo sembra "confusione" di due nature, quella umana e quella divina (o angelica).

C'è un'altra intuizione spontanea che favorisce questo cammino (oltre alla sensazione suscitata dal Vangelo, a quell'essere toccati dal Vangelo).
È quella secondo cui l'umanità è malata. E quindi va curata.
Il concetto di peccato che così si allontana da un significato più giuridico di trasgressione del precetto, e assume il senso di processo patologico. Che deve essere trattato come tale, con un'arte simile alla medicina, per recuperare la salute originaria.
#81
@anthony
Quando uno scienziato si presenta in tv per rassicurare i cittadini non parla da ricercatore ma da religioso o da politico.
Nel primo caso come un sacerdote che fa catechismo ai bambini ed è costretto a semplificare il simbolismo di antiche scritture come fossero storielle realistiche.
Nel secondo caso, secondo la tradizione paternalistica italiana, come l'uomo colto che parla e ammaestra un popolo di semianalfabeti.
Al riguardo confrontare i pochi e preziosi interventi di Giuseppe Remuzzi con le quotidiane chiacchiere di epidemiologi da salotto che non a caso ora cercano di buttarsi in politica. 

@phil
Che dire... Certo si tratta di ragazzini, ma il sapere è problematico e provvisorio, e prima lo capiscono e meglio è. Il problema della scuola italiana (ormai ai livelli più bassi nell'area Ocse), dalle medie inferiori fino all'università è proprio la mancanza di un approccio pratico-problematico, al punto che nelle facoltà di filosofia non si fa filosofia, non si assiste a ricerche dialettiche di gruppo, ma, come bravi bambini ci si rompe la schiena a mandare a memoria i monologhi cari al docente di turno, il quale forse non sarebbe nemmeno in grado di rispondere a vere obiezioni perché il suo bel discorsetto se l'è preparato in solitudine rendendolo apparentemente forte con citazioni che dovrebbero intimidire il proprio pubblico...
#82
Sono costernato dall'ottimismo di alcuni post...
Il punto fondamentale è che il testo tratta i dubbi nei confronti del vaccino come esclusivo effetto della disinformazione, come risultato di un approccio irrazionale (tant'è che si consiglia di leggere su un sito le risposte di noti scienziati alle fake news più diffuse). Come se non ci fossero motivi per una discussione critica sugli aspetti scientifici della costruzione e dell'efficacia di un vaccino.
Da questo punto di vista il metodo suggerito dal testo scolastico non è scientifico, ma psicologico, sociologico.
Quindi non c'è nulla di interessante e di educativo, e non solo per certi aspetti attinenti la pubblicità fatti notare da inVerno, ma soprattutto, secondo me, perché avere un approccio scientifico, realmente razionale (cosa che è mancato drammaticamente nel dibattito pubblico in Italia e credo anche all'estero) significa conoscere i limiti della costruzione tecnologica di un farmaco o altro. Voglio dire, non solo le spinte di interessi economici e politici esterni, ma soprattutto le difficoltà tecniche, gli approcci a volte necessariamente approssimativi della prassi scientifica. La perdita di questo sfondo di concretezza e limitatezza dell'impresa scientifica ha poi portato alla contrapposizione di due chiese (con le conseguenze tossiche che ben conosciamo...), quella che predica la perfezione e l'infallibilità della scienza, e quella che ne denuncia l'essere al servizio del capitalismo.
#83
Tematiche Spirituali / Re: La buona battaglia.
30 Agosto 2022, 10:02:24 AM
Alla base di questa prassi non c'è solo la fede in un Dio (cosa in fondo relativamente problematica per chi, seppure in partenza scettico, si sente attirato dal Vangelo), ma anche la fede in una certa concezione antropologica molto lontana dall'esperienza comune, quella secondo cui l'uomo può e deve ricostruire la propria somiglianza a Dio (in pratica a Cristo, in quanto Cristo è l'immagine comprensibile agli uomini del divino).
Si sa che perfino i monaci del deserto, lontani dalle suggestioni e quindi dalle immagini "peccaminose" della vita in società, si dicevano ogni giorno, dopo essere caduti, "ricominciamo!".
Figuriamoci noi che tra gli incontri-scontri per le città, per i luoghi di lavoro, tra le immagini stupidamente provocatorie dei media che ci rincorrono, tra il pensiero di matrice psicanalitica diventato luogo comune (e quindi parzialmente di tutti) secondo cui non esiste il peccato...
Probabilmente a noi il "ricominciamo" ci toccherebbe dirlo ogni 10 minuti...
E tuttavia è un cammino di bellezza, come appunto insegna il nome stesso di "Filocalia" (amore della bellezza). Questo è un fatto. Non è un cammino di ossessione moralistica, ma di bellezza spirituale.
Se ci si può muovere solo avendo fede in qualcosa, perché non scegliersi una fede in grado di produrre bellezza?

Personalmente ho provato per anni a vivere questa prassi, naturalmente cadendo in continuazione. Non ho mai trovato però una vera ragione per abbandonarla definitivamente. Il mio allontanarmi da essa è sempre stato il prodotto delle situazioni caotiche della vita.
Invece non ho mai avuto difficoltà a trovare ottime ragioni per riprenderla da capo.
#84
Citazione di: iano il 23 Agosto 2022, 22:58:47 PMUna volta che il logos, il simbolo, il segno col suo carattere di permanenza , avesse fatto irruzione nel contesto animale, cosa ci saremmo dovuti aspettare?
Direi una inevitabile interferenza sull'istinto animale , se non di segno, di durata.
Una permanenza come effetto dell'uso dei segni , un prolungamento dell'azione istintiva di qualunque segno, che sortirà quindi effetti nuovi.
Ma quali?
Dopo la guerra si fa' pace. Ma non è questa la novità.
La novità è che si allungano i tempi della guerra e della pace , serbandone memoria prolungata .
La novità è che le fazioni non si formano e si sciolgono al momento, ma sono tenute nel tempo da simboli identitari che non smettono di agire finché il segno rimane.
Prima che irrompesse il logos si facevano già genocidi, ma in modo dilettantesco, senza alcuna programmazione.
E allo stesso modo si praticava fratellanza con lo stesso dilettantismo.
Oggi la fratellanza, l'amore verso gli altri si fa' programma, e certo può sembrare strano che un sentimento così spontaneo debba essere programmato.
In effetti non deve essere programmato, ma si può programmare appiccicandogli un simbolo.
Una volta poi che entri dentro il dominio di un simbolo, dovrai rinunciare agli istinti che si susseguono a breve termine, ponendoli sotto controllo.
Dovrai fare il bene quando vorresti fare il male e dovrai fare il male quando vorresti fare il bene.
Ma perché noi decidiamo di entrare sotto il controllo di un simbolo?
Se il simbolo scelto da Socrate è quello della croce lui ha l'obbligo di amare, ma non ha l'obbligo di scegliere quel simbolo.
Molto interessante.
In particolare l'idea che l'uso dei segni, appunto la costruzione di una tradizione, determina sì un cambiamento, non quello sperato però di un controllo salutare sulla passione violenta, ma qualcosa di simile a un differimento, che però non riesce ad essere mutamento qualitativo, per cui come dici tu, arriva l'ora dell'omicidio di massa e oggi come nel passato neolitico a questa spinta non sappiamo dire di no, solo che i mezzi utilizzati oggi sono immensamente più efficaci.

Da una parte mi sembra difficile essere del tutto conseguente abbracciando un antiumanismo alla Nietzsche, dall'altra non credo nemmeno che percorrere il labirinto (il logos) sistematicamente da un punto all'altro, redigendone una mappa, ci salvi dal Minotauro.
Temo ci occorra un filo di Arianna.
"Ma perché noi decidiamo di entrare sotto il controllo di un simbolo?", chiedi.
Forse perché speriamo che quel simbolo possa essere il nostro filo di Arianna.
#85
Tematiche Filosofiche / Re: Parole, non fatti.
25 Agosto 2022, 08:45:25 AM
Citazione di: iano il 24 Agosto 2022, 21:42:31 PM[...]
Per alcuni forse avrò riscritto il manifesto del nichilismo, ma è quello del nichilismo un non problema per chi , pur con tutto il rispetto, si tiene ai margini di ogni fede e di ogni parrocchia, per quanto ne abbia frequentate.
È possibile, legittimo, sbarazzarsi di una Verità, di una fede.
Non è così semplice invece concludere che ci sono solo interpretazioni. Un tema su cui sono costantemente combattuto...
Ma prendiamo per esempio l'idea di Nietzsche secondo cui la ragione produce immagini arbitrarie della natura, metafore.
In pratica secondo questa prospettiva il pensiero produrrebbe solo narrazioni, non autentica conoscenza. Metafore, simboli, racconti, non concetti capaci di rimandare alla struttura delle cose.
Ora, se però il pensiero filosofico non ha un carattere veritativo, come dichiara questa prospettiva, perché dovremmo prendere sul serio le conclusioni a cui arriva contro la ragione stessa?
Per acconsentire alle conclusioni nichiliste dovremmo cioè dichiarare prima di tutto che sì, la filosofia ha un carattere veritativo, ma se è così ci ritroveremmo nel paradosso che le sue conclusioni sono contraddittorie, nel senso che negano la premessa da cui siamo partiti (il suo carattere veritativo), necessaria per dare solidità e serietà a tutto il ragionamento.
Cioè se prendiamo per buona la conclusione (la ragione non ci conduce alla verità delle cose, ma di esse crea metafore arbitrarie), non dobbiamo nemmeno sentirci schiacciati dal destino del nichilismo perché ad esso siamo arrivati tramite un pensiero che manca di rigore, che non ha necessità.
Al contrario se non accettiamo la conclusione e rimaniamo convinti della premessa (il carattere veritativo della filosofia) allora dobbiamo escludere tra i fondamenti persi la razionalità, la conoscenza della verità, e il nichilismo risulterebbe così limitato al crollo di una visione metafisica-teologica, più in generale alla fine di ogni forma di antropocentrismo (nello spazio e nel tempo) il quale si può reggere solo sull'idea di eternità della natura umana.
#86
Si può interpretare il cristianesimo in un senso evoluzionistico, riprendere magari le idee di Gioacchino da Fiore e inserirle in un contesto di evoluzionismo biologico, ma il grande problema – se si vuole rispondere alla domanda posta da Socrate78 –, l'anello mancante, diciamo così, è quel passaggio decisivo che dallo sviluppo dell'intelligenza e della riflessione porta all'amore.
Descrivere in termini vaghi un processo che dall'autoritarismo dei primordi porta ad un'interiorizzazione consapevole dei precetti, fino alla capacità di vivere l'altro veramente come fratello, come se si trattasse di un meccanismo naturale, di un necessario risultato dell'evoluzione dell'uomo, significa aver dimenticato il tema filosofico del burocrate tedesco, ovvero:
se il burocrate tedesco, padre amorevole e uomo colto, non ha mostrato alcuno scrupolo a lavorare per il perfezionamento della macchina del genocidio del Terzo Reich, vuol dire che intelligenza e cultura non garantiscono non solo che da esse possa sbocciare l'amore per l'altro, ma neanche una forma elementare di giustizia.

O si abbassa l'amore per il prossimo a benevolenza, come fa la teologia sistematica, oppure si deve ammettere che non esiste alcuna soluzione naturale al problema, il che farà propendere il credente verso spiegazioni soprannaturali (lo spirito santo, la grazia), e il non credente verso immagini deprimenti della storia dell'uomo.
#87
Scienza e Tecnologia / Re: Dieci miliardi di ...
19 Agosto 2022, 07:27:54 AM
Citazione di: Alberto Knox il 18 Agosto 2022, 19:45:34 PMMa perchè ogni discussione finisce sempre col finire irrimediabilmente all ateismo o  a Dio? qui non si stava affatto parlando di Dio. Se voglio parlare di Dio lo faccio nella sezione apposita, il fatto è che Dio non è un soggetto da prendere in causa per il semplice gusto del dibattito e tirarlo in ballo ogni due per tre!
Il primo post di questo topic è stato aperto con le seguenti parole:
"Quello che gli scienziati non dicono mai, perlomeno chi di loro è un ateo convinto: uno degli scopi della scienza, supportato dal metodo, è quello di dimostrare l'assenza di Dio da tutto il reale".

Quindi non mi pare di essere andato fuori tema.
Ma lasciamo perdere... 
#88
Scienza e Tecnologia / Re: Dieci miliardi di ...
18 Agosto 2022, 17:06:02 PM
Leggendo qua e là alcune vecchie (ma bellissime) discussioni del forum mi sono imbattuto in un post veramente notevole di Angelo Cannata che voglio riproporre perché chiarisce bene alcuni aspetti toccati nel topic:

"[...] La fede non si può costruire su basi scientifiche per il semplice fatto che Dio non potrà mai essere individuato dalla scienza, né dimostrato in maniera stringente, capace di resistere alla critica, da alcun tipo di ragionamento filosofico. Ciò è dovuto non a qualche limite di misura della scienza o della filosofia, nel senso che ci sia pur sempre speranza di arrivarci in futuro, ma ad una differenza fondamentale di ambiti di azione.
Dio, per definizione, trascende il mondo fisico, si pone in modalità relazionali con l'uomo che pongono in questione ogni nostra concezione del mondo fisico. Ciò è simboleggiato dalla relazione di Dio con i miracoli, indipendentemente dal fatto che essi siano veri o falsi. Il fatto che nelle religioni Dio venga collegato al miracolo è, tra l'altro, un linguaggio che esprime il suo essere infinitamente superiore al mondo fisico, ma superiore non nel senso di fisica superiore ad altra fisica. Ad esempio, l'universo, nella sua infinità nel piccolo, nel grande, nelle caratteristiche, è infinitamente superiore alla scienza, ma si tratta comunque di caratteristiche che la scienza può pretendere di indagare. Ma nel caso di Dio non è questione di misura o di complessità; è questione di trascendenza, cioè di incommensurabilità, di superiorità tale che non potrà, per principio, mai essere raggiunta a partire da ciò che è fisico. Se Dio, nel miracolo, decide di manifestarsi nel fisico, ciò viene sempre interpretato come sua decisione di abbassarsi, accondiscendere al bisogno dell'uomo. Sta qui l'errore fondamentale di tutte le superstizioni: il pensare che, siccome nel miracolo Dio incontra il mondo fisico, allora sia possibile la strada inversa, cioè giungere a lui semplicemente a partire dal mondo fisico. Ma ciò è escluso per principio, perché per principio Dio si relaziona con l'uomo come un essere del tutto irriducibile a qualsiasi cosa concepita come fisica, al punto da mettere in questione il significato stesso della parola essere, esistere. Dio è oltre ciò che riusciamo a pensare come oggetto del verbo essere, esistere; il verbo essere è troppo poco, del tutto insufficiente, per poter essere applicato a Dio. Per fare un paragone, è come se un atomo volesse tentare di capire il cervello: il cervello può tentare di capire l'atomo, ma la via inversa è troppo sproporzionata, del tutto estranea per poter essere anche solo immaginata.

[...]

Riguardo a me, sono un ex prete e dopo aver lasciato il sacerdozio ho portato avanti la via che già seguivo da prete, cioè un continuo approfondimento di una visione delle cose antimetafisica, cioè che sottopone a critica radicale i concetti di realtà, essere, oggettività, certezza, verità, propendendo invece per una visione relativistica, soggettivista, critica e autocritica, dubbiosa su tutto e su sé stessa. In questo senso mi sono orientato verso l'ateismo, ma questo termine è del tutto inadeguato, perché, una volta che pongo in questione il concetto stesso di essere ed esistere, per me non ha senso dire né che Dio esiste, né che non esiste. Infatti conservo una stima totale per la religione in cui sono cresciuto, per la Bibbia, per Gesù, per qualsiasi religione e anche per le superstizioni; non nel senso che creda alle superstizioni, ma nel senso che le ritengo manifestazioni importantissime della natura umana, allo stesso modo in cui possiamo considerare importantissime religioni come quella degli Egizi, oppure dei Greci, non perché i loro déi siano veri, ma perché testimoniano profondità dell'animo umano impossibili da individuare con la scienza. Dico profondità, nel senso di quelle raggiungibili anche con le arti, come la letteratura, la musica, la pittura; non intendo riferirmi a facoltà extra sensoriali o fantomatici poteri, che hanno il difetto di cui ho detto sopra, di pensare di raggiungere il trascendente per la via inversa".
#89
Non è così, ci sono passi nel Vangelo in cui Gesù è mostrato infuriato e vendicativo.
Per quanto riguarda poi il rapporto con l'aggressività, il cristianesimo, come ogni grande tradizione religiosa o sapienzale, ha proprio il compito di trarre fuori l'uomo dall'animalità, nel suo significato di ferocia che si può sprigionare nella rottura della continuità della coscienza umana, di violenza che si manifesta improvvisa da una frattura dell'elemento umano che rimanda invece alla comunità, al logos, al dialogo.
Il cristianesimo come ogni tradizione spirituale è un filo di Arianna: dando continuità al percorso nel labirinto (del logos), permette di salvarsi dal ritorno dell'animalità selvaggia (il Minotauro).
#90
L'amore del prossimo nasce da una decisione della volontà e non deve dunque essere caratterizzato da sentimenti e simpatie.
Viene descritto dalla teologia di solito come benevolenza.
In pratica può essere considerato come un comandamento proprio perché non riguarda la dimensione della sensibilità e dei sentimenti, dimensione umana necessariamente caratterizzata da spontaneità e quindi non soggetta a leggi.
In Paolo l'amore del prossimo viene considerato come uno degli effetti necessari della fede.
E io sono d'accordo con lui (sempre che con ciò non si intenda l'amore del prossimo come dovuto alla grazia, poiché in questo caso si perde il senso degli effetti antropologici concreti suscitati dalla vicinanza a Dio, cioè degli effetti prodotti dal cammino di fede verso Dio, dal cammino spirituale).

È una specie di circolo: da una parte se voglio essere cristiano mi viene comandato di amare il prossimo, cioè di piegare la mia volontà affinché io riesca a esprimere benevolenza verso chiunque mi capiti di incontrare; dall'altra, avendo fede e procedendo nel mio cammino spirituale, tale benevolenza viene prodotta spontaneamente, appunto come effetto materiale del lavoro spirituale.
Un circolo virtuoso.

Ma si tratta di benevolenza, sia chiaro. Non di simpatia o affinità, tanto meno di sacrificio di se' per l'altro.