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Messaggi - Ipazia

#76
Racconti Inediti / Re: SINESTESIA - Tra sogno e realtà
02 Settembre 2024, 11:41:49 AM
Benvenuto Vinechi. Artista è chi artista si fa. Non preoccuparti dei commenti negativi e buona permanenza. Più (e/a)ffabile dell'assenza.
#77
Aprirò una discussione ad hoc sulla "scienza" dedicata all'oncologo Tomatis che non intendeva la scienza come "la mano destra non sappia quello che fa la sinistra".

Evidentemente qualcuno non ha colto il nesso tra Bourla, Von der Leyen e i due affaristi stregoni Nobel (affari, politica e comunità scientifica uniti in una truffa criminale, senza lacci e lacciuoli etici sulla sperimentazione umana, che hanno fatto il loro tempo).

Ma a questo ci sono abituata: la fede non si confuta con la ragione.
#78
Citazione di: Phil il 31 Agosto 2024, 21:14:25 PMQuando l'episteme ha mai superato quelle colonne d'Ercole? E attenzione a fare i nostalgici affermando che «c'è stato un tempo in cui l'episteme non era solo quella della scienza positiva...» perché (spoiler) la domanda successiva è «come ha fatto quell'episteme, se era davvero tale, ad essere scalzata da quella della scienza contemporanea? Solo questione di corruzione dei portafogli e delle anime? Nessun rapporto vincolante con la suddetta realtà "oggettiva"?». Le risposte, come detto, sono già storia, non opinioni.  Succederà in futuro? Chissà, ma le basi, ad oggi, non sono esattamente propizie.
"Limiti", ma non come rammaricato difetto o mancanza, quanto piuttosto come confini di un discorso razionale. Il (suo) progetto neopositivista non era indulgere in questioni esistenziali e difatti il concetto di episteme non venne nemmeno in seguito imbarbarito da questioni più "opinabili" (doxa vs episteme, come da manuale).
Il falsificazionismo popperiano è il tertium di cui parlavo: non è né creatività etico-estetica, né fisicalismo, ma epistemologia; a mio avviso piuttosto difficile da «estendere alla storia umana e ai comportamenti sociali», ma attendo esempi concreti in merito (intendo riguardo il falsificazionismo come teoria epistemo-logica, non la falsificazione come dimostrazione della falsità di una tesi o racconto, che non è certo la peculiare proposta di Popper).
Le dinamiche e gli "inciuci della casta" sono magari da conoscere e indagare, ma non riguardano i contenuti della conoscenza gnoseologica: riguardano la cronaca giudiziaria, la politica, l'economia, etc. non il patrimonio gnoseologico o epistemologico dell'umanità.
Scommessa di certo romantica, ma a mio avviso decisamente poco raccomandabile: quel prodotto, "Verità con Etica in omaggio", è ancora in commercio, sebbene sia già (evidentemente) scaduto.

Alla prima parte ha già risposto iano: le teorie dominanti sono quelle della classe comunità scientifica dominante. Vedi lombrosismo, lobotomia, elettroshock, etiologia oncologica (Tomatis: "il fuoriuscito"), amianto buono e cattivo, tabacco, ...

Mettere le brache dello scientisticamente corretto al falsificazionismo implica già una specifica postura metafisica. Come insegna l'epistemologo T.Kuhn, gli inciuci sono parte integrante della storia della scienza, ovvero di quella Versailles che risponde al nome di "comunità scientifica".

La covidemia è stata la prova provata dell'intreccio indissolubile tra falsificazione della realtà e resistenza estrema al falsificazionismo popperiamo, avvelenando i pozzi della mitologica ricerca "pura": in senso epistemico ed etico, che al seguito ci sta sempre bene, perché altrimenti è mafia sponsorizzata conclamata, pure coronata dal Nobel, per disprezzo sommo della decenza epistemica ed epistemologica. L'esito di tale operazione è la messa in discussione del dogma vaccinale, in particolare nelle forme genicamente intrusive altamente pericolose denunciate da addetti ai lavori come Malone e Montagnier. Premesse tragiche di una auspicabile rivoluzione scientifica, che travolga pure la Pastiglia OMS e le sue mire politiche globali.

La falsificazione epistemologica avviene ovunque gli anelli mancanti della teoria siano stati colmati da narrazioni più o meno plausibili, generalmente con paludamenti accademici che, come i salmi, finiscono in dogmatica gloria. Tali situazioni riguardano anche le scienze umane, dove il ritrovamento di un testo o un reperto può falsificare secoli di affermate credenze storiche, antropologiche, paleontologiche, (vedi la falsa donazione di Costantino falsificata popperianamente con umanistici strumenti filologici)... non dissimilmente dalle sperimentazioni cruciali nell'ambito delle scienze naturali.

Indipendentemente dai trucchi e gli inganni che hanno generato il dogma, o dalla buona fede ipotetica posta in carenza di riscontri oggettivi.
#79
Citazione di: Phil il 31 Agosto 2024, 15:19:04 PMNon senza una certa ironia del destino, il "tertium" l'hai già citato tu stessa proprio nel post in cui definisci episteme il «versante creativo etico-estetico»... nel Tractatus, etica ed estetica sono poste abbondantemente fuori dall'episteme, o meglio, a dirla tutta, persino fuori dalla filosofia (almeno per come l'intendeva l'autore all'epoca del testo); libera di ottenere altrove ulteriori conferme al riguardo.
Anche Wittgenstein è un fisicalista? Popper è un fisicalista? Gran parte dell'epistemologia del novecento (e probabilmente anche contemporanea) è fisicalista?
Certo, sterile questione di etichette, ma comunque questo "pensiero unico" per cui ogni ragionamento minimamente ponderato è in quanto tale episteme (chiedo: che significa «episteme» in filosofia, prima di ogni «secondo me»?) e che taccia il contatto con la realtà di fisicalismo, mi pare avere poco riscontro ufficialmente condiviso (sebbene, come sempre, l'importante è intendersi con un vocabolario comune).


Posso convenire che spingere l'epistème oltre le colonne d'Ercole delle scienze naturali sia un azzardo in un'epoca dominata dall'idea di un tipo di scienza che li si arresta, ma pure il neopositivista Wittgenstein dovette riconoscere i limiti di quella navigazione nella proposizione che ho postato; mentre la falsificazione popperiana non si limita ai paradigmi delle scienze naturali, ma si può estendere alla storia umana e ai comportamenti sociali.

Non è (ancora) prassi diffusa, ma le aporie della "scienza reale" costringono ad una ridefinizione del concetto di conoscenza, che sappia scrutare anche la faccia oscura dell'universo scientifico e delle sue dinamiche di casta, ove imperano paradigmi non molto più fondati di quelli di Bellarmino e altrettanto adulterati da interessi precostituiti.

Qualcuno penserà che la comunità scientifica ha i mezzi per curare dall'interno i suoi mali. Mi permetto di dubitarne dopo l'ultimo Nobel per la medicina, e non vedo altro strumento che la filosofia per venirne fuori, scommettendo sulla qualità del suo prodotto veritativo ed etico.
#80
@Knox

Sì, il Dasein è stato la botta metafisica finale al Sein, dopo che l'epistème "scientifica" aveva demolito l'ipotesi noumenica.

@Phil 

Se neghiamo epistemicità alla dimensione etico-estetica ricadiamo nel fisicalismo. Su questo vale: tertium non datur.

Ci tengo anch'io a non confondere oggettività e scienza naturali, con le scienze umane. Ma non fino al punto di negare una loro materia ontologica con finalità epistemiche. Che l'economia sia una, per quanto becera, scienza, lo dimostra l'impatto che essa ha sulla vita umana e pure sulla decisione di cosa è scienza e cosa è antiscienza. Con gregge al seguito.
#81
Citazione di: Phil il 30 Agosto 2024, 10:35:03 AM@Ipazia
La domanda di Koba II era precisa: la filosofia apporta conoscenza? La mia risposta è che, a livello contenutistico, non apporta alcuna conoscenza oggettiva e non va dunque sopravvalutata (infatti non ci sono esempi di conoscenze, come contenuti oggettivi, dovuti direttamente all'epistemologia, essendo essa pensiero sul metodo, non attività con "le mani in pasta"). Chiaramente scienziati di tutte le epoche non sono estranei a riflessioni epistemologiche, ma per onestà bisogna ammettere che non sono gli architetti a costruire case: quando si parla di mettere mattoni e collaudare impianti, riconoscere che non è roba da architetti non è un'offesa alla categoria degli architetti (che, come già ricordato, hanno un altro mestiere, sicuramente importante, ma differente). Se mi dipingi come detrattore dell'epistemologia, tratteggi una caricatura infelice: non ho mai ritenuto l'epistemologia "figlia di un dio minore", ma se si parla di contenuti (per come ho interpretato la domanda di Koba II), resta nettamente e programmaticamente "fuori gioco".

Se spostiamo il discorso sui contenuti bisogna definire i contenuti, tra l'altro "oggettivi". Il lavoro intellettuale è noto fin dai tempi di Marx e l'Architetto, a differenza dell'ape, apporta un suo contenuto incontrovertibile all'opera materialmente eseguita dal manovale.

In un'epoca di "produzione di merci a mezzo di merci" che dai tempi di P.Sraffa si è evoluta in "a mezzo di codici" (perfino in assenza di manovale, nell'ordinaria esecuzione), il "contenuto oggettivo" si è sempre più smaterializzato e la parte intellettuale del lavoro, amplificata.

Parte intellettuale del lavoro che non può prescindere dai contenuti di sapere, anche filosofico, del produttore-inventore, in particolare per la "causa finale" del suo operare. Senza trascurare la metafisica che sottende la "causa efficiente" che orienta ricerca e tecnologia. Il tutto avvolto in una nube matematica che procede per tentativi nello sfondamento del muro di oscurità gnoseologica della "ricerca fondamentale", che sarà magari per le abbondanti vaccinazioni di fisicalismo, ultimamente segna il passo, per non dire di peggio .

Per quanto si facciano profusioni di oggettività nel distinguere i "mestieri", il legittimo sospetto che l'impostazione filosofica "fisicalista" pesi, rimane.
#82
@knox

Se parlo di epistéme al plurale, significa che anche l'epistemologia lo è. E, alla fine del Tractatus, lo riconosce anche LW. Qui si tratta di prendere posizione sulla unicità o molteplicità dei saperi, con conseguenze sull'ontologia e sull'evoluzione storica del concetto di "essere", nello specifico del discussione. Ovvero: come non perdersi nell'essere.

Il "senso della vita" è totalmente fuori dall'ontologia fisicalista, e richiede un "mestiere" epistemologico diverso che a sua volta produce un sapere diverso su oggetti storici diversi dalla scienza naturale.

Fin da Eraclito si è colta l'aporia dell' "essere", confermata dall'evoluzione delle scienze naturali e di quelle umane, che possono, da Nietzsche in poi, ritorcere l'accusa di nichilismo a chi continua a perseguire i fantasmi del "mondo dietro (e sopra) il mondo", anche nelle forme dei feticci della modernità. Tra cui: la Scienza.

Tutta fenomenologia fuori dall'ambito ontologico delle scienze naturali. Ontologia in divenire, di cui si cercò la soluzione fin dai tempi di Platone e Aristotele, e nella filosofia orientale.
#83
Concordo pienamente. Ennesimo crimine che evidenzia la pochezza etica della medicina di regime, italiana in particolare.
#84
Citazione di: bobmax il 30 Agosto 2024, 09:48:22 AM"Ma il non senso della vita è gnoseologico o epistemologico?!? ??? " griderà il nichilista tirando l'ultimo respiro.
E' antropologico, risponderà il vitalista, godendosi la vita. Sul versante creativo etico-estetico, che è epistéme di ordine superiore a quella riconosciuta come unica da phil, dal nepositivismo. E dallo scientismo.

Nella cui ontologia sta scritto: "come non perdersi nell'essere"

Risponde a iano un'icona del neopositivismo.
 
"6.52 Noi sentiamo che, anche se si dà risposta a tutte le domande scientifiche possibili, i problemi della nostra vita non risultano ancora neanche toccati. Certo non rimane allora proprio nessuna domanda; e proprio questa è la risposta."

Non resta alcuna domanda, soltanto risposte. Ma di una epistéme diversa da quella scientista e del suo diritto unico di parola.



#85
Citazione di: Ipazia il 30 Agosto 2024, 06:13:15 AMLa "questione di metodo" vale gnoseologicamente ben più di un angolo: è un calcio di rigore. Determinante per la vittoria nelle "rivoluzioni scientifiche" (T.Kuhn).
Che il metodo abbia un indiscutibile valore gnoseologico lo rivela tutta la storia del sapere, successi, errori e rivoluzioni epistemiche.

Nessun professionista importante del sapere di ogni epoca ha esitato a dare il suo contributo sapienziale ottenendo importanti risultati riverberatisi in tutto il prosieguo dell'avventura epistemica. Tralasciando le fondamentale messe classica, succintamente: Tommaso (adaequatio), Ockham (rasoio), Bacone (empirismo induttivo), Galileo ("Il saggiatore"), Cartesio ("discorso sul metodo"), Newton ("hypotheses non fingo"), illuminismo, relatività, indeterminismo, quantistica.

Ogni approccio epistemico è stato supportato e indotto da un parallelo percorso epistemologico, che non è trattabile da "figlio di un dio minore" nella storia del sapere.

Oggi sempre più i percorsi si sono affiancati avendo i modelli sempre più, nel bene e nel male, surrogato la sperimentazione, negli ambiti della ricerca fondamentale dove l'esperimento classico non arriva.

Nel bene rendendo sempre più attuale e vincente la figura dello scienziato-filosofo.

Nel male spalancando praterie a trafficanti ciarlatani che modellano la realtà recondo i loro lerci affari. Trovando alfine più profittevole disboscare radure heideggeriane per cibarsi di pecore belanti ivi convenute, piuttosto che per illuministico amore di aletheia.

Ad maiorem $cientiae gloriam.
#86
La "questione di metodo" vale gnoseologicamente ben più di un angolo: è un calcio di rigore. Determinante per la vittoria nelle "rivoluzioni scientifiche" (T.Kuhn).
#87
Il mestiere gnoseologico dell'epistemologia è il metodo scientifico e le sue adulterazioni. Non è una vergogna riconoscerlo.
#88
Citazione di: Phil il 29 Agosto 2024, 16:21:31 PM... (per non sopravvalutare l'epistemologia, basta provare a fare esempi concreti sul suo apporto gnoseologico, sul piano contenutistico).

L'apporto gnoseologico dell'epistemologia riguarda la materia del metodo (l'instrumentum regni epistemico), non la materia della materia. I contenuti hanno imparato a metterceli gli stessi scienziati non riduzionisticamente scientisti o meramente affaristi. Solitamente in contrasto altamente informato coi traffici dei loro colleghi scafati. Anche la filosofia della scienza deve occuparsi di porcilaie teoretiche e millantati crediti. Con abbondanti ricadute gnoseologiche sulla natura della sedicente comunità scientifica, a memoria futura.

Da un teorico puntiglioso dei "piani del discorso" non mi aspettavo simili aporetiche false analogie in odore di fisicalismo  ;D
#89
Tra physis ed epistème si colloca necessariamente il logos: epistemo-logia.

Questa funzione mediatrice tra natura e sapere può dare alla testa e inventarsi una propria prolissa e immaginaria ontologia, ma sempre physis rimette le cose al loro posto, nel giusto ordine gerarchico, per la gioia di chi è sinceramente amante di sophia.

La verità etica riguarda l'universo antropologico e la sua limitata possibilità di fuga dall'ordine naturale prestabilito. Anche qui eviterei voli pindarici, visto che l'etica è tra i saperi umani più rari e transeunti.



#90
Citazione di: Koba II il 28 Agosto 2024, 11:12:19 AMMa il tema del topic non è l'origine dell'essenza della cosa, se puramente empirica o innata o derivante dal linguaggio e via dicendo secondo varie sfumatura, ma se l'ontologia sia la causa di un generale smarrimento del senso dell'essere.

Io, per ora, dico di no.
Innanzitutto l'ontologia non è necessariamente l'attività del catalogare gli essenti. Può essere questo, e sì, così facendo, perdendo l'attitudine a interrogare l'essente, volendolo solo "archiviare", sistemare, finisce per rinnegare la stessa natura della filosofia, che è l'interrogazione; e quindi, di necessità, anche la domanda sul senso dell'essere finisce per svanire.
Tuttavia se l'ontologia si concentra sulla problematicità dell'essente, sulla sua infondatezza originaria, sulla singolarità di ogni cosa che resiste agli assalti del collezionista peripatetico, allora non si può, al contrario, individuare in essa una strada che apra al senso dell'essere?
È poi così fondamentale la differenza tra essere ed essente? Più di quella tra i vari essenti o tra l'essente singolo e il suo concetto?

Io per ora, ma già da oltre un secolo, dico di sì, perché l'ontologia è transitata nell'episteme scientifica che dell'essere non sa cosa farsene, dopo la falsificazione della cosa in sé e del noumeno.

La verità ontologica non riesce a superare la barriera del fenomenico e oggi si può dire qualcosa di ontologicamente sensato solo rispettando quel confine razionale.

Credo che anche la "metafisica concreta" sia di questo avviso.