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Messaggi - sileno

#76
Citazione di: clauzia2 il 17 Settembre 2018, 15:52:37 PM
è un piacere leggere queste righe. auge ha visitato bene i luoghi di questo tempo e della sur modernita il web è un luogo dove tutti si esprimono a volte anche su temi che neanche conoscono di conseguenze avviene la diffusione dell ignoranza. a volte mi chiedo se sia colpevolizzabile l 'ignoranza e se per evitare la diffusione di contenuti errati non sia diventato indispensabile "etichettare" e distinguere i "luoghi" dove ci possa essere la condivisione di informazioni corrette con relative fonti, perchè chi sa cercare trova ma chi non ha gli strumenti si perdera invevitabilmente nel caos delle informazioni corrette o sbagliate senza esser in grado di fare una distinzione



Grazie gentile Clauzia. Pensavo al non luogo sul lago d'iIseo, la passerella gialla che attirò una gran massa
I non luoghi virtuali sono viaggi metaforici senza alcun obiettivo.Bauman ne è stato profondo critico: si sproloquia per far andare avanti il forum.
Per Eco ci si adegua a una forma didilettantismio parlando senza alcuna preparazione. .L'uomo colto sa dove cercare l'informazione che glioccorre in quel momento o deve improvvisare secondo quello che gli permettei il suo bagaglio,ideologia contenuti che improvvisa sul momento
#77
Citazione di: clauzia2 il 17 Settembre 2018, 11:46:27 AM
l'industri turistica ricopre tutti i tipi di viaggio anche quelli che pensano di essere viaggiatori e si sono attrezzati alla decatlon con lo zaino in spalla e dormono nell ostello o presso privati, viaggiano con un telefonino perfettamente connessi e non si perdono perchè nei non luoghi ce poco da cercare si ritrovano sempre in milioni di immagini che hanno in memoria fanno tutti quanti la stessa foto e diventano consumatori dello stesso prodotto preparato in serie. chi fa vacanze o viaggia diventa sempre attore della stessa scena. si sono moltiplicati i non luoghi perchè l esigenza di mappare e riconoscere tutto è piu forte di quella di doversi "perdere" questo non è un viaggio ma semplicemente uno spostamento da una scatola all altra da una casa a un albergo a un eroporto. venezia è ormai una citta dentro un centro commerciale dove migliaia di persone fanno un selfie che brucia in un minuto la attraversa senza fermarsi, questo è il progetto dei vostri viaggi o vacanze. a me è sempre piaciuto viaggiare ma quando mi confronto con esodi di turisti diperati tra selfie e furti di immagini tutte uguali mi viene voglia di fuggire e fare il contrario tornare a casa. siamo legati al viaggio in qualche modo anche solo per come i pianeti e l universo influenza la nostra esistenza. per questo se vogliamo di nuovo iniziare a viaggiare dovremmo essere noi i primi a non essere non luoghi e allora si che ci sara una vacanza o un viaggio che meriti di essere fatto

https://www.astrooroscopo.it/





Internet e i Socia Nonlluoghi  di Gianluca Esposito - 2014


Lo spazio di Internet è senza alcun dubbio un "nonluogo", uno spazio in cui quello che vi compare, quello che vi viaggia, non è, in alcun modo, riconducibile a delle coordinate spazio-temporali determinate, pare, dunque, ovvio che i Social Network rappresentino il "nonluogo", per eccellenza, di Internet.  Marc Augé così definisce il concetto di "nonluogo":
"Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico, definirà un nonluogo. [...] I nonluoghi rappresentano l'epoca: ne danno una misura quantificabile ricavata addizionando [...] le vie aeree, ferroviarie, autostradali, [...], gli aereoporti, le stazioni ferroviarie, [...], i grandi spazi commerciali, [...], e infine, la complessa matassa di reti cablate o senza fili che mobilitano lo spazio extraterrestre ai fini di una comunicazione così peculiare che spesso mette l'individuo in contatto solo con un'altra immagine di se stesso."
È certamente la globalizzazione ad aver permesso la nascita di questi nonluoghi unendo le "differenze" ma senza contaminazione: ogni differenza (che sia culturale, sociale, religiosa, e così via) resta nello spazio ad essa assegnato all'interno del nonluogo. Tali spazi sono incentrati sul presente e sono il prodotto della postmodernità caratterizzata dalla precarietà, dall'instabilità, dal passaggio e dall'individualismo solitario.
Non di rado gli ambienti virtuali sono collegati a questi spazi senza radici forse per la similarità che c'è tra le persone che "transitano" in "nonluoghi reali" e quelle dei "nonluoghi virtuali": in entrambi i casi, infatti, si parla di utenti che non abitano il nonluogo ma lo "attraversano", utenti che abbandonano le loro caratteristiche e ruoli personali per essere un'entità anonima. I codici comunicativi dei nonluoghi, infatti, ammettono un'identità nascosta, provvisoria, anonima appunto, che permette agli individui di liberarsi da abitudini e cliché e mettere in gioco una personalità che vaga dall'inconscio, al falso, al desiderato.
Però una differenza ravvisabile tra "nonluoghi reali" e "nonluoghi virtuali" riguarda proprio l'essere Social:
1. Nei "nonluoghi reali" si socializza solo in occasione dell'entrata o dell'uscita (o da un'altra interazione diretta) nel/dal nonluogo, per il resto del tempo si è soli e simili a tutti gli altri utenti/passeggeri/clienti che si ritrovano a recitare una parte che implica il rispetto delle regole (centri commerciali, autostrade, aeroporti);
2. Nei "nonluoghi virtuali", invece, la socializzazione è, teoricamente, l'obiettivo principale e in quanto tale non è delimitata all'ingresso o uscita nel/dal nonluogo ma "sovrasta" tutto il "transito" dell'utente.
Dinanzi al potere dell'essere Social a nulla serve il corpo, a nulla serve guardarsi negli occhi... nel web a comunicare sono le parole, fiumi contorti di parole, di simboli, di saluti, di richieste, di emozioni che paradossalmente si provano guardando lo schermo del computer, superando ogni barriera spaziale e temporale, superando ogni handicap corporeo o caratteriale, nelle comunità virtuali si è tutti uguali, e ci si sente spesso a "casa".
Conseguenza meravigliosa dell'essere Social è la creazione di uno spazio condiviso all'interno del quale tutti i partecipanti sono "costruttori di senso", una sorta di "intelligenza collettiva" che costituisce un sapere comune. In realtà è la struttura stessa di un Social Network a permettere la creazione di tale intelligenza, in quanto la comunità è come un reticolo policentrico di idee, tutte in relazione tra loro che coopererebbero nella costruzione di un sapere di tutti e di ciascuno.       
Ogni membro di un Social Network avrebbe, dunque, accesso ad un bacino di informazioni che egli stesso contribuisce ad arricchire... Peccato, però, che questa sia solo una deduzione teorica poiché, praticamente, è lecito concordare con Anna Cicalese quando osserva che  gli utenti mirano, più o meno inconsapevolmente, alla diffusione di una vera e propria ignoranza collettiva, fatta del luogo comune più vuoto e insignificante, imponendo modelli semplificati e spesso aberranti sia nel linguaggio che nelle dinamiche relazionali.
#78
Citazione di: DeepIce il 07 Settembre 2018, 18:37:56 PM
Sono un uomo di 37 anni, laureato in filosofia e dottore di ricerca nella stessa materia, parlo fluentemente 3 lingue. Ho sempre avuto mille interessi (lettura, comunicazione, giornalismo, lingue); interessi che mi hanno portato a fare innumerevoli esperienze, tutte molto stimolanti e formative, ma poco o per nulla remunerative.

Fino ad una certa età, con tanti sogni nel cassetto, si pensa più ad accumulare esperienze. Poi però arriva il momento in cui ci si rende conto di non avere nulla in mano. In sostanza non riesco a trovare lavoro, di nessun tipo.

Non riesco a capire che cosa ci sia di sbagliato in me o nel mio curriculum. I datori di lavoro sembrano quasi spaventati dalla mia formazione universitaria (filosofia è una disciplina pericolosa?). A volte mi sento dire che il mio CV è troppo ricco, a volte che manca sempre qualcosa.

Sono stato anche all'estero, ma - a dispetto di quanto molti sostengono - non è affatto facile: si cercano soprattutto persone con conoscenze nel campo dell IT, dell'informatica, dell'accounting, dell'ingegneria e cose del genere.

Ho provato in settori quali il marketing, la comunicazione, il copywriting, l'editoria; settori più affini alle mia capacità ed ai miei studi...il risultato è stato ed è zero!

La cosa che mi fa sorridere è che c'è gente che mi invidia, vorrebbe avere i titoli accademici  e le esperienze che ho io. Eppure mi sento un fallito. A volte mi ritrovo ad invidiare i pasticceri, i cuochi, i panettieri che trovano un lavoro facilmente, in Italia e all'estero.

Mi sento in colpa per aver fatto determinate scelte formative: se invece di perdere anni sui libri di filosofia avessi imparato un mestiere o studiato altro, forse ora sarebbe tutto più facile.

Non colpevolizzo la filosofia in quanto tale, è stata ed è la mia passione, però prendo atto che la filosofia e il mondo del lavoro sono agli antipodi.






Di Robert Hassan - dal corriere della sera - 19 marzo 2018
Nel 2017 sono aumentate le ricerche di laureati in Filosofia per la posizione di direttore di risorse umane. Lo rivela un'analisi di Manageritalia che evidenzia come questo incremento di richieste ci sia soprattutto nei casi in cui i laureati in questa facoltà abbiano conseguito un master e se a sceglierli sono manager con la stessa estrazione.
"Il perché di questa crescita sta nel fatto che le materie umanistiche, ancor più la filosofia, possono essere più prodrome di empatia ed intelligenza emotiva e nell'area del personale ce n'è tantissimo bisogno", spiega Enrico Pedretti (nella foto), direttore marketing di Manageritalia.
Citazione
"Ma c'è anche un'altra e forse più recente spiegazione. Tutta questa rinnovata e inedita attenzione verso le discipline umanistiche negli atenei americani è giustificata dal fatto che la scienza e la tecnica, con lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, stanno ponendo le basi per la distruzione di molti lavori che saranno presto svolti da robot. La preoccupazione è evidente e si corre ai ripari puntando sorprendentemente su ciò che un robot difficilmente potrà acquisire: la capacità di astrazione, la creatività, l'aspirazione verso la bellezza e l'assoluto, alla base degli studi umanistici. Così la tradizionale dicotomia tra discipline scientifiche e umanistiche oggi sembra non avere più senso. Una fusione di diversi e complementari appare fondamentale per renderci unici e insostituibili dalle macchine, allenando il nostro cervello con romanzi, poesie, ragionamenti astratti, arte e musica. E i manager, in particolare quelli delle risorse umane, sono proprio quelli che in azienda devono trovare la quadra", conclude Pedretti.
Anche da un'indagine svolta da Gidp/Hrda, associazione nazionale direttori risorse umane, emerge che aumentano le ricerche di laureati in Filosofia per la posizione di direttore di risorse umane: Filosofia, Psicologia e Giurisprudenza sono le lauree preferite dalle aziende per lavorare nel settore 'risorse umane'.
Solo al quarto posto c'è Economia e. Commercio, segue Scienze Politiche. "Sicuramente i laureati in Filosofia possono essere ottimi direttori di risorse umane perchè sono più duttili, hanno strumenti più sofisticati a disposizione nel senso che hanno una visione più sistemica della realtà", osserva Giovanni Facco, ex direttore risorse umane di Italimpianti e laureato in Filosofia. "Hanno molta apertura mentale e conoscono bene le idee dei grandi pensatori, utili per prendere decisioni in azienda", conclude Facco.
"La filosofia viene spesso associata a personaggi scollegati dalla realtà che producono pensieri astratti; al contrario, invece, è passione per il sapere, voglia di indagare sul significato delle cose e ricerca di un senso in tutto quello che facciamo", osserva Barbara Cottini, laureata in Filosofia e HR director di Gi Group, società multinazionale italiana del lavoro.
"La stretta vicinanza della funzione HR alla strategia aziendale impone di essere estremamente realisti, di aiutare l'organizzazione a reagire alla velocità di cambiamento che il mercato globale impone, fornendo un contributo sostenibile ed in linea con la volontà dell'azienda. La filosofia infatti aiuta ad acquisire un rapporto diverso con la realtà, spingendo a vedere dove altri non vedono, ad andare al di là delle apparenze, ad essere flessibile e maggiormente adattabile al cambiamento perché si è in grado di leggere il contesto e di gestire dunque con maggiore facilità persone, organizzazioni ed a governare le trasformazioni con equilibrio", conclude Barbara Cottini.
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#79
Citazione di: Jess il 31 Agosto 2018, 12:37:58 PM

... per favore non provate a convincermi di nulla...non è utile a nessuno. Sono bravissima a vedere le possibilità, le conosco tutte. Quindi so cosa altro può essere la vita e il suo senso. Ma non riesco a vivere quelle possibilità.
Non sono abbastanza corazzata per leggere critiche e suggerimenti.



A una ragazza che non accetta consigli

Non dare udienza
a chi ti dice
la tua convenienza

Non è detto ti sia adatto:
sai già da te il tuo meglio

E non dare ascolto
al mio discorso:
consiglio dar non voglio!

sileno
#80
La conoscenza e i suoi nemici – Tom Nichols – Luiss University press – 2018

Lo sviluppo tecnologico ha portato all'età dell'incompetenza: tutti narcisisti disinformati. Professori inutili, come i libri, i titoli di studio, i saggi, i giornali,gli esperti .Ignoranza come virtù negli USA."Nessuno sbaglia"degl'incompetenti, non ci sono dibattiti informati, non si riconoscono i propri errori. Disprezzo per il sapere autentico: chi lo promuove è un rompiscatole. Gli esperti rinunciano a interagire col pubblico.
In Italia? dialogare con gl'incompetenti non porta a nessun posto. Si discute su cose non capite, futilità mascherate da sapienza.. nessuno si chiede l'origine di quello che afferma.
disprezzo per i "cattivi maestri", si discute su cose non capite, senza usare il chi,che cosa, dove, come , quando, su cosa mi fondo,non si disimparano ragionamenti errati.
#81
Citazione di: InVerno il 23 Agosto 2018, 10:37:47 AM
Il tema di fondo, perchè il problema dell'alfabetizzazione funzionale esce fuori a giorni alterni ormai, è l'analfebetizzazione digitale, ovvero che queste persone hanno ora un "microfono" e l'appiattimento della società internettesca mette a rischio la posizione di ciò che si autoritiene o è ritenuto "intellighenzia". C'è una parte della lingua che si è allontanata dai semplici(non dispregiativo) , non solo sono i semplici a essere "ritornati" ad uno stato di semplicità, la divulgazione è scarsissima nella società moderna e i due estremi si toccano sempre meno. In fin dei conti queste statistiche saranno tragiche nelle proporzioni che disvelano, ma il vero problema è democratico, ovvero che esse partecipino ora alla processo decisionale della polis, anche solo come "opinioni". Mentre prima la democrazia riusciva ad emarginarle con il latinorum e la burocrazia, oggi è importante che tutti abbiano preso parte ad un processo educativo che perlomeno prepari alle basi della logica. Su questo filone di ragionamento si arriva presto ai "fari digitali", i carismatici collezionatori di interviste dietrologiche che pattugliano internet e foraggiano di piccole grandi verità. Credo di aver già scritto 4 post sulla differenza tra educazione e istruzione, quindi non voglio annoiare ulteriormente, ma non c'è alcuna sorpresa che un titolo di istruzione non provi assolutamente nulla sull'educazione di un soggetto.




L'analfabetizzazione digitale colpisce anche quella piccola percentuale di lettori italiani che leggevano almento 3 o 4 libri al giorno.
C'era un ottimo saggio, tra gli altri, che s'intitolava "I saperi che stiamo perdendo"
Ricordo, ai miei tempi,per la futura elite che arrivava alla laurea, era prevista la scuola media col latino , severa e selettiva.
per gli altri di più modesta estrazione, l'avviamento al lavoro: diventavano apprendisti quattordicenni in vari mestierii.
L'educazione sta all'istruzione come la cultura sta all'erudizione .Sappiamo di molti politici che si sono laureati a 40, 50 anni, in università
non rinomate.
L'educazione sta all'istruzione come la cultura sta all'erudizione. Cose separate da non comfondere.
#82
Citazione di: paul11 il 23 Agosto 2018, 00:14:48 AM
Si dice che un ospite a casa del filosofo Kant, fosse meravigliato di non vedere una grande biblioteca.
Fino a pochi anni fa, prima di internet, si esibivano salotti con biblioteche.

Mi limito a dire che chi ha un vocabolario di 10 parole, pensa anche con 10 parole.
Nella mia esperienza di vita ho avuto a che fare con dottori e ingegneri specializzati in varie discipline.
La loro conoscenza è pre-impostata, sono spesso incapaci di pensare fuori dalla loro impostazione mentale.

Il filosofo, il creativo, è colui che esce dagli schemi pre impostati e per far questo a volte deve addirittura andare oltre al proprio vocabolario, inventa nuove sintassi e semantiche.




Sì, fino a pochi anni fa era d'obbligo esibire nel salotto buono varie enciclopedie, per dare un'impressione di cultura anche di chi non ne possedeva molta.
Il bello è che quelle collane di volumi lussuosamente rilegati finirono dai rivendotori di libri usati o nei cassonetti, senza essere mai letti. Qualcuno, si dice, usasse le coste di libri finti usate dai mobilieri.
Curare le parole è curare il pensiero,poi a scrivere si può imparare. Conoscendo bene la cosa,le parole verrano da sole.Linguaggi confusi e fumosi dipendono dalla scarsa conoscenza del tema di cui si tratta.
Oggi è forte l'esigenza diu n'educazione linguistica che arrichisca comprensione e intelligenza, di un autentico rapporto dialogico, dialettico con gli altri, col mondo.
Per sostenere una tesi di deve conoscerne la logica, come quella della teoria dell'argomentazione, conoscere le fallacie( logica non formale) per difendersi dagl'imbrogli dell'interlocutore. Da reimpartire a scuola come in tempi lontani. Poi, chissà? Qualcosa rimmarrà in età adulta, utile per partecipare a discussioni. Questo oltre a non abbandonare alcune letture ,non di banali best sellers
#83
Citazione di: viator il 22 Agosto 2018, 15:10:00 PM
Salve. Siamo in campo comunicativo. Ed il problema è l'eccesso, la frenesia, l'ossessione comunicativa.

I padroni della comunicazione hanno sempre saputo che più essi comunicano e permettono di comunicare, più la gente si convincerà che la comunicazione rende liberi ed avvicina alla "verità".

La gente ignora o trascura il fatto che la comunicazione, a seconda di come viene usata od incentivata da chi ne possiede i mezzi, può in egual misura diffondere il vero od il falso, il reale o l'irreale......puo egualmente chiarire o confondere, insegnare o far dimenticare.

Per acquistare e mantenere il potere occorre fornire alle masse la maggior quantità possibile di comunicazione.
Occorre però farlo in modo appetibile, superficiale, disorganico, affinchè la massa venga continuamente confusa e distratta.

Occorre dargli pochi e sintetici testi (parole scritte) che siano accompagnati da immagini interessantissime e squillanti (non importa se la definizione è quella di YouTube) e possibilmente enfatizzati da un sonoro (dai rutti alla musica trash) che costringa la massa ad utilizzare il massimo numero di sensi ma anche la minor quantità di giudizio possibile.

Internet è dappertutto ed in esso c'è tutto. Unico problema, appunto, la sua completa mancanza di organicità formativa.

Perchè mai imparare la geografia o la storia quando trovo tutto e subito in rete?

Perchè mai conservare l'abilità dello scrivere a penna e far di conto quando esistono i correttori automatici, i traduttori automatici e le calcolatrici ?.

In realtà è in atto un processo per il quale le "abilità essenziali" diventeranno superflue e verranno delegate agli strumenti di comunicazione, mentre le "abilità specifiche e superiori" verranno negate alle masse e diventeranno appannaggio della casta rappresentata da chi crea e gestisce la comunicazione ed i suoi strumenti. Naturalmente resterà la casta intermedia dei tecnici specialisti per tutte le tecnologie generalistiche, ma essi non daranno alcun fastidio perchè saranno appunto degli specialisti che non potranno mettere becco al di là della propria specializzazione.







L'oggetto del tema è la comunicazione  dialogica faccia a faccia o scritta, che esigecompetenze linguistiche espresse nelle varie forme.
La comunicazione pubblica, mediatica,propagandistica,manipolatoria, pubblicitaria, le fake news che hanno tanto successo, richiedono perlopiù un senso critico, cultura.
Internet è utile a chi sa distinguere, usare la sterminata massa di informazioni, tra bufale e articoli firmati da nomi prestigiosi..
A scuola si è già disimparata la scrittura manuale, sotto certi aspetti, secondo gli esperti, più proficua di quella digitata.
#84
Citazione di: Phil il 22 Agosto 2018, 16:11:00 PM
Per come la vedo, l'alfabetizzazione si basa su capacità/abilità (leggere, capire, esporre, etc.), la conoscenza si basa su nozioni (più o meno specialistiche), la saggezza è sia un sapere che un fare, è un saper fare sul piano umano (anche quando si sceglie di non fare nulla).
Credo che questi tre ambiti, per quanto affini e "confinanti" l'un l'altro, vadano tenuti ben distinti: essere alfabetizzati, nel senso a cui alludeva Sileno (essere in grado di capire e utilizzare informazioni anche complesse), non significa essere eruditi (avere molte nozioni in testa) e nessuno dei due significa essere saggi (fare la "scelta giusta" in un'ottica complessiva).

Sileno, se non fraintendo, ha proposto di tematizzare l'alfabetizzazione (o il suo impoverimento), come capacità di gestire informazioni complesse e articolate, capirle adeguatamente, saperle "manipolare" e eventualmente usarle per (ri)produrne il senso. Questa capacità può avere come campi d'applicazione la ricerca della (presupposta) verità, l'analisi della contemporaneità sociale, la fruizione estetica di opere artistiche o altro, ma si tratta di un'unica abilità basilare che può avere mille utilizzi e declinazioni: l'abilità di rintracciare un senso attraverso un medium che ce lo porge e diventarne "padroni".

In fondo, i saggi del passato, quante credenze ingenue avevano in campo cognitivo? La loro "alfabetizzazione" non è nozionisticamente paragonabile a quella di un qualsiasi buono studente delle superiori, che si giostra con disinvoltura fra trigonometria, due lingue straniere, secoli di storia della filosofia, padroneggia le ultime tecnologie informatiche e magari sa anche suonare uno strumento. Eppure, quanti antichi sciocchi, illiberali schiavisti e pedofili che credevano in bizzarre divinità e pianeti maldisposti, che non sarebbero pronti per prendere nemmeno la licenza media, hanno molto da insegnarci della nostra vita, pur avendo vissuto un'altra epoca? Ricambieremmo degnamente il favore spiegandogli la meccanica quantistica e come usare Whatsapp? Non saprei...
Inseguire titoli e diplomi, attribuendo all'erudizione un valore culturale sbilanciato (l'ignorante che  si sente inferiore all'erudito solo per i titoli che non ha) ha portato all'epoca dei laureati 30enni disoccupati e del nozionismo rapido di Wikipedia e Google;, tuttavia, ciò che nessun motore di ricerca e nessuna laurea ci garantisce è la capacità di saper gestire proficuamente tutte le informazioni che ci circondano.

L'alfabetizzazione più spendibile oggi, secondo me, non è quella che ci fa citare a memoria frasi in latino, o ci fa conoscere le province italiane in ordine alfabetico o ci rende capaci di spiegare ai bambini formule di fisica astronomica, piuttosto è quell'alfabetizzazione che ci rende in grado di analizzare, creare collegamenti e cogliere i sensi possibili delle informazioni che ci "arrivano" (similmente a come fanno le nostre "brutte copie", incapaci di filosofare e provare godimento estetico: i computer).
Tale alfabetizzazione può costituire un'emancipazione dell'individuo da una visione ingenua del mondo, lo rende più padrone della sua vita e lo aiuta ad orientarsi nel turbinio semantico della società contemporanea? Non necessariamente (sono già stati citati nichilismo e scetticismo), dipende sempre da qual'è la cornice di senso in cui ci si pone... vuotare la tazza zen, trovare e servire la Verità oppure combattere le oligarchie multinazionali? "Fate il vostro gioco"  ;)





E' così: il tema proposto è l'alfabetizzazione nelle varie manifestazioni e usi: leggere, scrivere, parlare, ascoltare.Altro sarebbe off topic.
D'accordo se per saggi del passato s'intendono filosofi come Socrate,Seneca,Epicuro, ecc. S'impara sempre dalle loro parole, sempre attualizzabili, Se poi fossero illiberali, schiavisti, pedofili per questo tema è irrilevante; la tecnica era quella del tempo,la religione pure: credo che oggi sarebbero stupiti di vedere nelle chiese un uomo messo in croce.
Oggi un laureato, specie in certe discipline  con il massimo dei voti, nei tempi previsti, in università non di fama scadente, non dovrebbe rimanere disoccupato a lungo
Zen, spiritualità, metersi contro le multinazionali non porta a nulla, meno che meno c'è qulache contatto con il nostro discorso.
#85
Citazione di: Kobayashi il 22 Agosto 2018, 10:08:25 AM
A mio giudizio va tenuto presente il carattere particolare della cultura digitale in cui siamo immersi, la quale "prevede" un impasto di immagine e parola, con il risultato di una tendenza alla semplificazione della parte verbale e una costante "contaminazione" emozionale (l'immagine ha sempre sul soggetto un impatto emotivo forte, immediato).
Da qui viene il paradosso di questi anni in cui da una parte ciascuno può accedere a strumenti di conoscenza impensabili fino a 20-30 anni fa (per esempio la ricerca da casa di testi in reti provinciali bibliotecarie, e quindi la possibilità di poter accedere facilmente a tantissimi libri), e dall'altra la propensione a non leggere più testi estremamente complessi.
Dunque si aprono parecchie questioni. Se non si vuole perdere, accanto a tanti saperi tecnico-artigianali, anche la cultura tradizionale da cui veniamo, bisogna iniziare a capire come trasmettere questa cultura senza grezze semplificazioni.




Si aggiunge che l'homo videns insipiens, negli ultimi vent'anni circa, si allontana sempre di più dall'homo sapiens loquens. Il tema è stato già affrontato da diversi saggi.
Io stesso mi accorgo che il tempo passato in internet lo sottraggo dalla lettura, dal consultare vari quotidiani, ecc.
#86
Citazione di: bobmax il 22 Agosto 2018, 08:54:17 AM
Per Sileno.
Ma il degrado che denunci è proprio dovuto all'emergere del nichilismo!

Ed è solo combattendo il nichilismo, o meglio... attraversandolo, che si può sperare di rimediare.





La nuova svolta scettica della filosofia ha rinunciato a porsi come sapere assoluto. Il nichilismo dei saperi ha origini lontane, da Gorgia a Popper.
Capire un testo un po' complesso, rintracciandone i punti salienti, discuterlo dialetticamente, non è in contrasto con un nichilismo che nega il sapere assoluto.
Si richiede,come dicevano i latini di essere padroni di un argomento, poi le parole vengono da sole
#87
Ci sono state divagazioni fuori tema: spiritual cristiane, zen, ricerca della Verità in senso di fede religiosa, saggezza : lodevole ma non sostituisce quelle capacità carenti.
Ognuno affronta un argomento a sua misura, con gli strumenti che possiede, che non sono sempre i previsti, opportuni, inerenti all'argomento proposto.
#88
Citazione di: bobmax il 21 Agosto 2018, 16:55:20 PM
Secondo me​​ manca ormai la motivazione a costruire e mantenere questi strumenti.
Leggere e scrivere sono infatti degli strumenti: non hanno valore in sé.
Il loro valore dipende esclusivamente dallo scopo per il quale sono utilizzati.
E lo scopo ultimo può essere solo uno: la ricerca della Verità.
Anche se non se ne è del tutto consapevoli...

Senza adeguati strumenti è più difficile districarsi nella complessità del reale.
Ma purtroppo cresce la sfiducia che valga davvero la pena impegnarsi ​a fondo ​per poterne disporre.

D'altronde, ​come sono utilizzati questi strumenti​, in concreto, da chi dovrebbe avere tutti i titoli per usarli al meglio? Dalla cosiddetta "intellighenzia"?
Tranne qualche rara eccezione, non assistiamo sovente all'esposizione di pensieri banali, sebbene ben articolati, che a mala pena sfiorano la superfice del reale? Non sono questi espressione di un'ignoranza ben più profonda dell'incapacità di leggere e scrivere?
​L'analfabeta può essere un saggio, la saggezza prescinde infatti dalla cultura. Ma difficilmente egli riuscirà a diffondere la propria saggezza, influendo positivamente nel mondo: non ha gli strumenti.

L'erudito può diventare sapiente, se acquisisce saggezza. Ma per farlo deve seguire la stessa strada dell'analfabeta, attraverso la propria fede nella Verità.
Sfortunatamente, questa fede latita. E allora l'erudizione diventa valore in sé! Mentre non è che mero strumento.





Le abilità linguistiche sono certamente strumenti ma non da lasciare nella "cassetta degli attrezzi", ma da usare nelle varie opportunità di vita.
Per una ricerca di Verità? Per meglio comprendere le Sacre Scritture?
L'erudizione è una sia pure utile conoscenza di nozioni,ma non serve per un efficace interagire sociale ( uso della parola in vari  modi e contesti) tramite i citati strumenti.
#89
Citazione di: Jacopus il 21 Agosto 2018, 15:24:41 PM
Tocchi un punto interessante Sileno. Tanti anni fa lessi un libro: Metello, di Pratolini. Quello che mi colpi' era il desiderio della famiglia di operai di elevarsi culturalmente, attraverso l'opera, i libri, la casa del popolo. La societa' del secolo scorso era una societa' che credeva nel progresso tecnico e culturale dell'umanita'. L'uno accanto all'altro.
Vi e' stata in seguito una rivoluzione antropologica, direi dagli anni '80 in poi, in cui ha vinto la cultura-pop. Apparire, emozionare, essere in prima fila, rispondere con la frase ad effetto, avere, dimostrare di possedere anche beni immateriali come viaggi o spiritualita'.
Altrove si e' pero continuato a coltivare la conoscenza tecnica dei mestieri necessari alla modernita'. Da noi il processo di abbassamento culturale ha toccato sia l'istruzione tecnica che quella "alta", e pertanto si puo' affermare che i "semplici avvertono meglio la profondita' del reale", che e' un meraviglioso inno all'ignoranza.
Proprio ora che siamo di fronte a sfide della complessita' sempre piu difficili si sta esaurendo la capacita' di interpretare quella complessita'. Direi che siamo pronti a una veloce decadenza del "sapere aude" illuministico a favore di tutti i supporter di un romantico e violentissimo medioevo.





Mi pare improbabile, "romanzesco"che operai si elevino da autodidatti , con il supporto di centri sociali, libri, a caso,  nelle capacità linguistiche da usare nei vari contesti che la vita propone: saper leggere, scrivere, ascoltare,parlare, che sono abilità interconnesse. Il trivio medioevale, grammatica, retorica, dialettica sarebbe, in qualche forma da riammettere nelle scuole attuali.
La cultura attuale è pop e persistono influssi della new age.
Intuizioni, sesto senso e buon senso ( saggezza), istinto per scelte opportune, agire per il meglio, sono qualità utili e augurabili, ma non fanno parte delle capacità proposte.
Tra l'altro sarebbe assurdo indurre adulti a leggere classici, se non l'hanno mai fatto, argomenti culturali da saggistica e articoli nei quotidiani e - questo è il punto - imparare a riassumerli nel modo più sintetico e efficace. E chi dovrebbe giudicare? Per gli analfabeti di ritorno non c'è rimedio al di là della consapevolezza del loro stato: è già abbastanza.
#90
Secondo ricerche 2 italiani su 3 non sono in grado di capire un testo scritto, di decodificare  un discorso complesso. Come vedremo può non dipendere dai livelli di studio raggiunti.
Un analfabeta funzionale non comprende, valuta, usa, si fa coinvolgere con scritti per interventi attivi nella società.
Incapace di riassumere e appassionarsi a uno scritto. Non comprende la società complessa. Incapace di decifrare, comprendere un testo anche semplice.
Solo un 20% possiede le competenze minime

Se" di ritorno", pur avendo lauree, attestazioni brillanti, ecc., nel tempo ,se non esercitate, certe capacità vanno perdute. Se legge solo riviste specialistiche inerenti il lavoro, ecc.,eludendo saggistica, letteratura, articoli culturali, ecc.

Don Milani, '65:

"Esiste un larghissimo strato di popolazione(...) che non è in grado di leggere ... non gli analfabeti,magli alfabeti ... non considero che uno che saleggere la "Gazzetta dello sport"sappia leggere: ha un vocabolario di non più di 200 parole e uno può capirne tutti i particolari ... saper leggere significa, a dir poco, intendere la prima pagina del giornale, ecc."


Chi è stato in contatto con il mondo della scuola si accorge che la maggioranza degli studenti non sa leggere un testo, che non sia un elenco di nomi,  con la dovuta espressività, corretta accentuazione, ecc.: ulteriore senso del "non saper leggere"