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Messaggi - giopap

#76
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
05 Giugno 2020, 21:55:45 PM
Citazione di: viator il 05 Giugno 2020, 20:51:21 PM
Salve giopap : estraendo dal tuo intervento nr.17 : "Mi sembra universalmente accettato, nell' ambito della storia della filosofia antica, che l' "essere" di Parmenide è proprio l'essere che si oppone al divenire e non coincide affatto con il nostro nulla (del quale é anzi pressocché l' esatto contrario)".

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Secondo me è possibile (anzi addirittura augurabile) "sistemare" il rapporto essere-divenire aggiustando un poco la mira : l'essere non si oppone affatto al divenire (ed ovviamente non coincide con il nulla, del quale - viene confermato - rappresenta non il contrario (contrario del nulla, cioè di ciò che, non esistendo, non può nè esserci nè mancare ?) bensì la negazione (logica, non certo noumenica) del nulla.

Certo che il divenire é un modo dell' essere (opposto allo stare o permanere o non mutare).

La "negazione noumenica" non capisco in cosa possa consistere.
Ma la negazione logica é per definizione precisamente il contrario dell' affermazione: per esempio il nulla (non essere di alcunché) dell' essere di tutto ciò che é.
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Citazione di: viator il 05 Giugno 2020, 20:51:21 PM
Diciamo allore che l'essere CONSISTE nella complementarietà tra la condizione dello STARE e quella del DIVENIRE.

Casomai il divenire ordinato o deterministico é la sintesi (complementarità?) fra l' essere integralmente-assolutamente immutabile "pamenideo-severiniano" (lo "stare" o "persistere", "permanere") e il mutare integralmente-assolutamente, caoticamente, indeterministicamente.


Citazione di: viator il 05 Giugno 2020, 20:51:21 PM
In questo modo rendiamo pure giustizia all'umile concetto dello STARE il quale - mi sembra - risulta un pò troppo trascurato dalla trattazione fiosofica dottrinaria.

Non mi pare: lo "stare", "essere immutabile",
"persistere", "permanere" é precisamente la condizione della realtà in toto per Parmenide!
Ovviamente non stravolto nel suo contrario come, a quanto pare, qualcuno pretenderebbe.


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Citazione di: viator il 05 Giugno 2020, 20:51:21 PM
Il mio bimbesco-ignorantesco ragionamento è il seguente : l'ESSERE è la condizione per la quale le CAUSE producono degli EFFETTI.

La CAUSA consiste in ciò che STA, mentre l'EFFETTO consiste il ciò che DIVIENE.


E perché mai ciò che é dovrebbe per forza inevitabilmente causare qualcosa?


La condizione per la quale le cause producono effetti é casomai il divenire deterministico, ordinato (secondo leggi che stabiliscono appunto la successione causale-effettuale degli eventi)
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Citazione di: viator il 05 Giugno 2020, 20:51:21 PM
Naturalm[size=78%]ente, se io avessi posseduto una mente incline alla prolissità delle analisi esaustive, non ci sarei mai arrivato. Saluti.

Non credo che la prolissità impedisca di arrivare alle conclusioni dei propri ragionamenti, anche se lo rallenta (ma la fretta é spesso cattiva consigliera).
#77
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
05 Giugno 2020, 21:31:18 PM
Citazione di: bobmax il 05 Giugno 2020, 19:53:09 PM
Con la relatività le dimensioni spaziali e temporale non sono annullate, diventano relative.

Nell'universo di Einstein nulla diviene.

Perché ogni evento è.

Non so Popper, ma certamente prima di parlare della relatività occorre studiarla.

E allora, forse, si può intuire come Parmenide e Eraclito dicessero la stessa cosa, seppur da punti di vista diversi.

In caso contrario li si contrappone impropriamente, alla Luciano De Crescenzo. Ironico e divertente, ma che nulla ha a che fare con la filosofia.




NO, scusa, ma alla De Crescenzo é pretendere che Parmenide ed Eraclito dicessero la stessa cosa e che nell' universo di Einstein nulla diverrebbe (la relatività del tempo, il suo diverso scorrere in diversi sistemi di riferimento inerziali é ben altro che una pretesa eliminazione del tempo stesso e del divenire dalla realtà fisica!"
#78
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
05 Giugno 2020, 19:22:03 PM
Citazione di: bobmax il 05 Giugno 2020, 15:22:31 PM
La storia della filosofia prendiamola sempre con le pinze.

Cerchiamo invece di cogliere, laddove possibile, l'essenza di ciò che traspare dal passato.

Magari considerando che questi antichi pensatori forse proprio degli imbecilli non erano.

Sì, questa sembra davvero un epoca inadatta all'autentico pensiero.

Ma proprio per questo il pensare è così prezioso...




Ma chi avrebbe mai sostenuto che Parmenide (o altri filosofi del passato) sia stato un imbecille?
Negare la qual cosa non significa certo accettare acriticamente come oro colato le tesi (anche reciprocamente contraddittorie!) di tutti i grandi filosofi dell' antichità.

Ma non c' é "pinza critica filologica che" possa trasformare il fissista Parmenide nel suo contrario (in una sorta di seguace di Eraclito)!
#79
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
05 Giugno 2020, 19:17:13 PM
Citazione di: bobmax il 05 Giugno 2020, 15:10:32 PM
Il cronotopo non è sinonimo del divenire nel tempo e nello spazio.
Ma è l'annullamento dello stesso divenire.

Non per niente la relatività di Einstein è detta parmenidea...

Con la relatività, il tempo e lo spazio non sono più degli assoluti.
Sono invece relativi.
Relativi alla velocità della luce, che è l'unico assoluto.

E a questo assoluto si devono piegare sia il tempo sia lo spazio.
Cristallizzandosi nel cronotopo.

Che non è l'insieme di due variabili.
Ma identifica un punto ben preciso nello spazio-tempo.

Nello spazio-tempo nulla muta, tutto è.


Interpretazione molto capziosa (anche se "popolare") della relatività; la quale in realtà, per il fatto di integrare la dimensione temporale con le tre spaziali, non elimina affatto la dimensione temporale stessa né il divenire naturale, in barba a Parmenide, Severino e C.

Fra l' altro se ben ricordo, Einstein fu "accusato" da Popper di essere una sorta di "reincarnazione di Parmenide"; e solo Popper stesso, la cui comprensione del pensiero di Einstein non é "al di sopra di ogni sospetto", e non lo scopritore della relatività, afferma che quest' ultimo non obiettasse alla sua "accusa" (attribuendogli atteggiamento di chi tace acconsentendo).
Il che é per lo meno degno di dubbio.

Comunque a quanto mi risulta non fu Einstein a paragonarsi a Parmenide.
#80
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
05 Giugno 2020, 15:00:08 PM
Citazione di: bobmax il 05 Giugno 2020, 12:31:23 PM
Cara Giopap, in effetti nulla è certo.
Tuttavia in questa nostra stessa incertezza insuperabile vi è forse una possibile via.

E questa via passa proprio dal mettere in discussione ogni "veritá" scontata.
Cercando di vederne le possibili incongruenze.
A costo di finire senza alcun appiglio a cui aggrapparci...

L'essere di Parmenide non è l'essere che si oppone al divenire.
Cioè non è l'essere così come siamo abituati ad intenderlo.

Perché ciò che normalmente intendiamo con "essere" in realtà è "esserci".
E questo è l'essere molteplice e diveniente.

L'essere parmenideo, invece, coincide con il nostro nulla.
Che però è l'autentico Essere!

Questo nostro essere si oppone al divenire in un gioco senza fine.
Essere che ha senso solo e soltanto perché dona senso al divenire. Se non vi fosse essere cosa diverrebbe?

E allo stesso modo il divenire dona senso all'essere.
Ma entrambi non esistono di per sé. Sono due fantasmi. Sono due scogli tra i quali dobbiamo navigare, per andare oltre, ma su cui non possiamo approdare perché non esistono.

Di modo che il movimento non è un davvero reale. Fa parte solo del gioco del molteplice diveniente.
Ed è questo che Zenone mostra.

Se poi vogliamo chiederci il perché di questo gioco, la risposta può essere una sola: l'Etica.


Oltre dissentire dalla pretesa che

"il divenire dona senso all'essere.
Ma entrambi non esistono di per sé. Sono due fantasmi. Sono due scogli tra i quali dobbiamo navigare, per andare oltre, ma su cui non possiamo approdare perché non esistono. Di modo che il movimento non è un davvero reale. Fa parte solo del gioco del molteplice diveniente".

E da quella che


"il movimento non è un davvero reale. Fa parte solo del gioco del molteplice diveniente.Ed è questo che Zenone mostra".

E anche da quella che

Se poi vogliamo chiederci il perché di questo gioco, la risposta può essere una sola: l'Etica.


Mi sembra universalmente accettato, nell' ambito della storia della filosofia antica, che l' "essere" di Parmenide è proprio l'essere che si oppone al divenire e non coincide affatto con il nostro nulla (del quale é anzi pressocché l' esatto contrario).
Nostro nulla col quale per Parmenide coincide invece proprio il divenire (che infatti Parmenide nega; negazione che Zenone di Elea pretende di confermare coi suoi illogici paradossi).
#81
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
05 Giugno 2020, 14:46:00 PM
Concordo anch' io (oltre a iano) che :

"lo spazio si manifesta come vuoto e come oggetti materiali (pieno).
Dove il vuoto e il pieno si legittimano l'un l'altro in un gioco senza fine.
Lo spazio è questo stesso gioco" (bobmax).
Ovvero lo spazio é "l'insieme di pieni e di vuoti" (iano).

E che la realtà (in particolare la realtà materiale) diviene (concetto che mi sembrerebbe meglio esprimibile dicendo che il gioco tra essere e divenire mostra la propria consistenza (realtà), piuttosto che inconsistenza.
A meno che per "inconsistenza" si intenda (che lo intenda bobmax, come effettivamente mi pare faccia) "mutamento" e non "irrealtà", nel qual caso concordo sulla sostanza, la differenza inerendo solo i termini arbitrariamente impiegati per esprimere lo stesso significato.

Ma in che senso il cronotopo (per me un sinonimo di divenire nel tempo e nello spazio) confermerebbe la profondità di Parmenide, il quale nega il divenire e dunque il tempo (e anche lo spazio in quanto ritiene l' "essere", oltre che immutabile ossia indiscernibile fra parti nel tempo, anche indiscernibile fra parti nel tempo: nega sia il crono- che il -topo)?

Concordo anche (con iano) che la "struttura" propria dello spazio é data dalla diversificazione (la diversa distribuzione) fra pieno (o corpi) e vuoto (e inoltre muta continuamente) nel tempo.

Ma una asimmetria tra di essi é necessaria perché si dia divenire riducibile a mutamento cronotopologico, ovvero mutamento nel tempo della distribuzione spaziale fra pieno e vuoto.
infatti solo qualcosa di spazialmente esteso che muta nella sua interezza, nel senso che la sua forma (lo spazio da esso occupato in quanto volume complessivamente costante ma anche in quanto distribuzione topologica di tale volume) cambia nel tempo, consente lo spostamento (il mutare di luogo) del suo reciproco-complementare. Ma questo é ciò che si intende per "vuoto".
E viceversa qualcosa di spazialmente esteso che non mutasse nella sua interezza, nel senso che la sua forma (lo sazio da esso occupato in quanto volume complessivamente costante ma anche in quanto distribuzione topologica di tale volume quantitativo) non consentirebbe lo spostamento (il mutare di luogo) del suo reciproco-complementare. Ma questo é ciò che si intende per "pieno" o "corpo" (corpi plurimi e discreti: gli atomi della filosofia classica).
In altre parole: dei corpi "pieni" reciprocamente discreti (più o meno numerosi), intrinsecamente immutabili possono spostarsi (cambiare di luogo) in un vuoto pieno continuo, mentre dei tratti di vuoto reciprocamente discreti (più o meno numerosi) all' interno di un corpo pieno continuo intrinsecamente immutabile non possono spostarsi (cambiare di luogo).

La filosofia atomistica ha già dato nell' antichità il suo notevolissimo e geniale contributo alla cultura umana.
Ma non comprendo che cosa sarebbe la fantomatica "favola del quanto" che gli antichi atomisti (genialisssimi, e senza alcuna ironia per parte mia! Hanno ottimamente trattato sia pieno atomico sia il vuoto, con la dovuta attenzione verso entrambi, sia i loro reciproci rapporti!) pretenderebbero di "raccontarci".

Oggi la filosofia ha altro di cui occuparsi che dei problemi scientifici propri della fisica contemporanea (che ovviamente non ignora, criticandone razionalmente le soluzioni proposte dai ricercatori scientifici, ma risolvere i quali non é di certo suo compito).
#82
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
05 Giugno 2020, 08:58:23 AM
Citazione di: iano il 05 Giugno 2020, 00:26:07 AM
Spazi ed oggetti sono alternativi e complementari e si distinguono a vicenda.
Su questo mi sembra di capire che concordiamo tutti.
Gli spazi distinguono gli oggetti non meno di quanto gli oggetti distinguano gli spazi.

Questa simmetria infatti comporta che se usiamo il plurale per gli oggetti dovremo usarlo anche per lo spazio.

Ci sono oggetti fra gli spazi e ci sono spazi fra gli oggetti.
Un oggetto non occupa uno spazio ma è tra gli spazi , allo stesso modo in cui gli spazi non occupano gli oggetti ma sono fra gli oggetti.
Tuttavia è usuale dire che gli oggetti occupano lo spazio , ma non che lo spazio occupi gli oggetti.
Questo punto di vista distorto potrebbe essere innocuo nella descrizione della dinamica, ma anche no.
Da questo punto di vista deriva infatti il concetto di velocità .
Cosa succede invece se usiamo il punto di vista ( da me suggerito come ) corretto?
Il divenire del mondo diventa una successione di istantanee , dove ad ogni istantanea spazi ed oggetti si ridefiniscono a vicenda.
Non è una prospettiva necessariamente rivoluzionaria, ma comporta un diverso modo di descrivere la dinamica.
Questo fatto mette in evidenza che il modo in cui descriviamo il mondo ,e quindi il modo in cui di fatto lo vediamo , non è univoco.
Di fatto noi vediamo uno spazio occupato da oggetti che in questo si muovono occupando successivamente diversi spazi,e questa potrebbe essere una visione utile ed opportuna per diversi motivi , ma non correttamente logica , credo.
Di fatto noi consideriamo lo spazio come qualcosa di più di ciò che separa e distingue gli oggetti. Qualcosa di più che potrebbe essere qualcosa di troppo.
Possiamo immaginare , spaccando filosoficamente un capello in due, un oggetto che racchiuda uno spazio, quindi non potremmo a rigore parlare di spazio continuo.
Se vogliamo rispettare la simmetria definitoria reciproca di spazi ed oggetti lo spazio non è continuo se gli oggetti sono discreti.
In questa ottica parlare di uno spazio quantizzato , se si ritiene di poter parlare di quantizzazione, della materia , non dovrebbe sorprenderci.


Perché mai, anziché una semplice "complementarietà definitoria" (una spinoziana reciproca negazione-determinazione), fra spazio e oggetto ci dovrebbe essere anche una "simmetria definitoria"?


Uno spazio vuoto o più spazi vuoti completamente circondati senza soluzioni di continuità da un oggetto "pieno" (un po' come i buchi del formaggio Emmenthal) é immaginabile; ma non é compatibile con il mutare, il divenire in quanto ciò che é pieno (come gli atomi di Democrito) é per definizione immutabile: se anziché gli atomi democritei, discreti, fosse pieno e immutabile un "continuum" intervallato da vuoti discreti, questi ultimi non potrebbero muoversi, cambiare posizione data l' immutabilità del pieno che li avvolgerebbe.


Naturalmente i concetti di "pieno" e "vuoto" degli antichi atomisti sono altra cosa che il vuoto, le particelle-onde e i campi di forza della fisica moderna.
Ma ne sono ineludibilmente geniali "astrazioni ante litteram", per così dire; cioé geniali ipotesi astratte, ontologiche generali, filosofiche, che la fisica scientifica conferma empiricamente verificando (o per lo meno non falsificando) ipotesi circa in enti ed eventi concreti dai quali sono perfettamente astraibili, dei quali sono astrazioni logicamente correttissime.   
#83
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
05 Giugno 2020, 08:38:48 AM
Citazione di: bobmax il 04 Giugno 2020, 23:22:19 PM
Tutto ciò è indispensabile per vivere e agire.

Tuttavia, se vogliamo invece inoltrarci alla ricerca della Verità, dobbiamo convenire che la realtà è ben altra.

Perché niente permane, neanche per un istante infinitesimo.

E l'indivisibile non esiste affatto.

Perché se vi fosse uno spazio, pur piccolo a piacere, davvero pieno, dove cioè non sia presente alcun vuoto, l'universo vi si annichilirebbe!
E lo stesso avverrebbe per uno spazio assolutamente vuoto.
Sarebbero infatti il granello di sabbia che fa inceppare il divenire.


Anche se ritengo giusto in pratica, nell' agire, dare per scontato un minimo di credenze (in determinate verità) anche se sono teoricamente dubbie, comportandosi come se fossero certe, non comprendo e non condivido questa pretesa insanabile contraddizione fra sapere e vivere (agire).
La certezza teorica circa la verità non esiste, e dunque non é applicabile alla pratica; ma ciò non implica che le certezze degne di dubbio teorico che praticamente assumiamo debbano necessariamente essere incompatibili, "ben altre" rispetto alla verità teorica non raggiungibile con certezza.


Concordo che uno spazio assolutamente vuoto o assolutamente pieno, senza oggetti contenuti, non esista realmente e non sia nemmeno pensabile sensatamente.


Che l' indivisibile non esista affatto credo sia inverificabile, cioé sempre possibile (e non necessario) in via teorica; ovvero che non si può mai dire con certezza se realmente si dia oppure no; concordo in questo con Kant che si tratti di un' antinomia irrisolvibile.


Secondo me inoltre, fra gli altri eventi del divenire reale, esistono anche "enti" che per lo meno in numerose caratteristiche arbitrariamente considerabili permangono fissi per determinati lassi di tempo finiti mentre muta il resto della realtà.
Ovvero che il divenire non é assoluto, integrale, ma implica anche il permanere immutato per lassi di tempo finiti di determinati aspetti della realtà arbitrariamente distinguibili dal resto in mutamento.
Se così non fosse credo che non sarebbe conoscibile (nemmeno, inevitabilmente, "col beneficio del dubbio").
#84
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
04 Giugno 2020, 17:13:46 PM
Citazione di: viator il 04 Giugno 2020, 11:53:20 AM
Lo spazio consiste nella nostra personale modalità psichica di concepimento dell'esistenza della materia. Il "puro spazo" e "spazio in sè" non esistono ed infatti non ci è possibile percepirli o concepirli in assenza di materia.Essendo quindi dimensione puramente psichica, esso non può esistere in quanto affermazione di un'esistenza appunto fisica, bensì solamente quale mancanza di altra e diversa dimensione fisica. La materia, appunto.

-----
Esso è quindi un puro CONCETTO immateriale che si affianca a numerosi altri concetti facenti parte della categoria psiocomentale del "concepibile impercepibile". Saluti.


Lo spazio é un' astrazione, ovvero un aspetto ben reale, proprio della materia (fenomenica), che il pensiero distingue da altri aspetti concreti.


Esiste realmente come "parte" (una determinata caratteristica) astratta della realtà fisica. Ossia che di per sé, in assenza di oggetti concreti non esiste, potendo esistere unicamente in quanto concetto o "contenuto di pensiero" che la astrae nell' ambito di imprescindibili oggetti concreti.


Non é del tutto irreale come un oggetto di pensiero puramente immaginario (per esempio una sirena); ma nemmeno é reale come un oggetto concreto (per esempio una certa donna o un certo pesce reali), la realtà del quale non necessità la realtà di nient' altro; é reale come aspetto della realtà preso in considerazione, pensato (e tale solo se e quando lo si pensa), che di per sé, in assenza degli oggetti concreti dai quali il pensiero lo può astrarre non può esistere (se non eventualmente come mero oggetto di pensiero, in questo differendo dal pesce o dalla donna reali ed essendo simile alla sirena). 
#85
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
04 Giugno 2020, 17:05:23 PM
Concordo con molto di quanto affermato da bobmax e segnalo alcuni motivi di dissenso o di dubbia comprensione da parte mia per ragionarci su.

Con la risposta #1 sono pienamente d' accordo che:

Ciò che c'è, c'è solo in quanto diviene.

Se non divenisse, non ci sarebbe.

Ciò che abbiamo davanti sono solo eventi.

Però questo non (ci) impedisce di distinguere (mentalmente: prendere in considerazione, pensare) dal tutto indistinto in divenire, oltre che eventi ("frammenti di divenire"), anche enti intesi come frammenti di divenire "ritagliati spazialmente" in modo da restare immutati (per lo meno limitatamente a certi loro aspetti o caratteristiche) per un tempo finito mentre il mutamento per così dire ininterrottamente "li circonda", ovvero accade nel resto dello spazio intorno ad essi; sicché di essi mutano solo le relazioni con il resto dello spaziotempo.
Questo per quanto riguarda i fenomeni materiali; mentre in quelli mentali lo spazio, contrariamente al tempo, non esiste-diviene.

Quindi in un certo senso non c'é solo la vita, ma anche "cose che vivono", seppure per lassi di tempo limitati e i continuo parziale mutamento (parzialmente restando immutate, poiché altrimenti non potrebbero essere complessivamente intese ciascuna come un' unica, singola "cosa vivente").

Su Zenone dissento in quanto, stando a quanto tramandatoci di lui, coi suoi paradossi non intendeva affermare che il movimento è possibile solo in quanto non vi alcun oggetto davvero distinto, spazialmente e temporalmente, da tutto il resto; ma invece la non realtà del movimento in accordo col suo maestro Parmenide.


Sulla risposta #3 concordo che

Nessun oggetto, nessuno spazio.

Ma non nel senso che gli oggetti creano lo spazio, e invece piuttosto nel senso che lo spazio é una caratteristica astratta dai concreti oggetti che lo occupano-costituiscono nell' ambito dei fenomeni materiali.

Concordo anche che vuoto e oggetti nello spazio sono in inevitabile relazione reciproca ("Omnisi determinatio est negatio", Spinoza).
Questa é per me la geniale scoperta teorica principale degli antichi atomisti (Leucippo e Democrito; e successivamente accolta, ma a mio parere erroneamente "deformata in senso liberoarbitrario" col "clinamen", da Epicuro), che consentì loro di superare la pretesa negazione parmenidea del divenire, riducendo ogni mutamento a mutamento unicamente spaziale, di distribuzione degli atomi nel vuoto.

Secondo me nel mondo fenomenico materiale Il vuoto e il pieno sono gli attori che determinano la realtà fisica esistendo di per sé stessi.[

E' invece nel pensiero circa la realtà, nella considerazione teorica (da parte del pensiero, nell' essere pensata e quindi eventualmente veracemente conosciuta) della realtà fenomenica materiale che vuoto e pieno (= gli oggetti che lo occupano) di per sé non esistono (= non sono pensabili, né dunque conoscibili) ma esistono (in quanto "cose pensate") solo nel loro rapportarsi (vedi Spinoza).


Non esistendo nel- (divenire del-) -la res cogitans ("fenomenica" e non "cartesiana"!) lo spazio ma solo il tempo, gli oggetti mentali non vi possono stare "da nessuna parte", ma si distinguono fra loro nel succedersi (ma credo in certi casi, almeno parzialmente, anche nel coesistere) cronologicamente.[

Per "mente" intendo l' intera res cogitans (fenomenica) di ciascuna esperienza cosciente, costituita unicamente dal succedersi di eventi fenomenici, reciprocamente discernibili ad libitum da parte del pensiero che (in quanto succedersi di peculiari fenomeni mentali) ne fa parte, analogamente ai fenomeni materiali (salvo la componente spaziale dei discernimenti).

Osservatore (soggetto di esperienza cosciente fenomenica) e osservati (oggetti di esperienza cosciente fenomenica), esistenti non necessariamente come tali (considerati esistenti anche allorché non osservanti e/o non osservati) non fanno parte (se ci sono realmente, cosa credibile ma non dimostrabile) dell' esperienza cosciente, ma invece sono cose in sé; necessariamente, dal momento che sono reali anche se e quando non sono reali (non sono realmente in atto, non accadono) sensazioni fenomeniche coscienti.


Sulla risposta #6 concordo che

L'oggetto materiale è tale solo in quanto spaziale.
No spazio, no materia.
Sì materia, sì spazio.
L'ipotizzare un oggetto non spaziale implica il suo dissolvimento materiale.

Non per niente il grande Cartesio chiama la materia res extensa".

Piuttosto che affermare dell' universo materiale che é un oggetto mentale, direi che é un oggetto fenomenico (un insieme di sensazioni o apparenze coscienti, reali unicamente in quanto tali, meri "fatti di coscienza"; però diversi, distinti da quelli mentali che nell' ambito delle esperienze coscienti vi coesistono: pensieri, ragionamenti , deduzioni, sentimenti, desideri, volizioni, immaginazioni, speranze paure, ecc.).
#86
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
04 Giugno 2020, 09:13:30 AM
Citazione di: Ipazia il 04 Giugno 2020, 09:04:42 AM
Citazione di: bobmax il 03 Giugno 2020, 22:47:20 PM
E che il volere sia libero, che si possa cioè volere diversamente da come si vuole,  quello deve essere dimostrato.
Solo che è impossibile. Perché in natura non esiste alcuna libertà.

Dipende dal significato che si dà alla libertà. Se si intende un assoluto metafisico, non solo non esiste la libertà, ma esiste solo Nulla. Il pensiero metafisico, umanamente troppo umanamente, esercita il suo libero arbitrio di predicare l'Assoluto, crogiolarvisi dentro con sillogistiche antinomiche dicotomie di cui la prediletta è determinismo-indeterminismo.

Volendo
scendere dall'empireo ideale metafisico, si incontra la libertà la prima volta che la materia ha acquisito automotricità e si è via via evoluta nella dialettica incessante con altri viventi della stessa o altra forma. Ulteriori gradi di libertà quando la materia ha preso coscienza di sè,  inventando, ragionandosi sopra, i modi per gestirla.

Ragiona, ragiona, l'autocoscienza è divenuta sempre più intelligente sconfiggendo per la prima volta il determinismo genetico e imparando a volare, vivere sott'acqua, al gelo antartico e dove non vi è ossigeno. Sconfiggendo, entro certi limiti, persino la morte biologica, attraverso la scienza medica e il lascito culturale.

Per qualcuno affetto dal male dell'Assoluto è Nulla, per altri è libertà possibile, grondante di consapevole responsabilità di fronte agli enigmi che continuamente la realtà (im)pone. Libertà condizionale, mica assoluta ! Qui nasce la morale o etica che dir si voglia: nel momento della scelta tra varie opzioni e nell'invenzione di nuove opzioni mai esperite per risolvere le infinite contraddizioni dell'esistenza. Inoltrandosi nell'etica, siamo lontani anni luce (anche in senso metafisico) dal determinismo genetico. Con incontri ravvicinati del quarto tipo con macchine sempre più intelligenti. La cui condizionata libertà condiziona anche i liberi creatori di fronte agli enigmi macchinici sempre più invadenti da cui liberarsi inventando altro di nuovo. Non escludendo neppure che le macchine stesse acquistino sempre più autocoscienza di sè, declinando impensabili e inedite forme di libertà.

La dialettica della libertà ha superato da ere geologiche la dicotomia determinismo-indeterminismo, dandosi come terza via fin dal primo ominide di 2001 Odissea nello spazio.


Con la citazione dei "crescenti gradi di libertà" degli organismi viventi e della "sconfitta" del determinismo genetico da parte dell' uomo (però solo nel senso di ineludibile obbedienza alle ferree, inderogabili leggi della genetica e loro applicazione al conseguimento di scopi intenzionali, purché realistici!), si resta sempre nella confusione fra libertà da impedimenti intrinseci nell' ambito insuperabile del determinismo naturale, che in limitata misura si dà fra i comportamenti biologici e soprattutto umani, e libero arbitrio come indeterminismo.
#87
Tematiche Filosofiche / Re:Distintivo spaziale.
04 Giugno 2020, 08:50:02 AM
La distinzione, oltre che spaziale e temporale nell' ambito dei soli fenomeni materiali ("ritagliati" arbitrariamente in diversi enti ed eventi che possono essere spazialmente separati, e sono comunque discreti, da parte del pensiero che li considera), può essere anche più generalmente ontologica.

Se esistono cose in sé o noumeno, allora esse sono fra loro e rispetto a qualsiasi oggetto fenomenico materiale distinte ma non spazialmente separate; lo stesso dicasi degli enti ed eventi nell' ambito dei sicuramente esistenti fenomeni mentali fra loro e da quelli fenomenici materiali: la mia felicità è diversa cosa dalla mia soddisfazione, dal desiderio che sente Tizio, dalla paura che sente Caio, dalla nostalgia che prova Sempronio, per non parlare della moto del mio compagno o della mia bici; ma non sono enti ed eventi reali reciprocamente separati da spazio.
#88
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
04 Giugno 2020, 08:17:44 AM
Citazione di: Ipazia il 03 Giugno 2020, 21:55:49 PM
L'evidenza empirica non ha bisogno di dimostrazioni. Neppure quando è fallace: il moto apparente del sole intorno alla terra appare davvero così. A maggior ragione non ne ha bisogno quando non è definibile con le categorie e le leggi delle scienze naturali, come nel caso dell'etica e dell'universo antropologico nel suo complesso. In quell'universo sono altre le leggi da individuare e l'etica ne è l'applicazione pratica. Ergo, il sodalizio tra etica e libera volontà ci sta tutto, come ho cercato di rappresentare nel mio precedente intervento.


L' evidenza empirica in sé e per sé esiste ma non é conosciuta, non é conoscenza (in sé e per sé: é costituita da fatti in generale, non da quel genere del tutto particolare di fatti che sono i predicati veri).

La conoscenza invece é casomai pensiero adeguato dell' evidenza empirica.

E questo non "basta da sé" (non accade indiscriminatamente di qualsiasi pensiero o predicato: ne esistono -eccome!- anche di falsi!); ma invece per essere ragionevolmente credibile, fondato richiede critica razionale.

Dire che il libero arbitrio é di per sé é empiricamente evidente e credere conseguentemente che sia reale é proprio come come dire che il fatto che il sole gira intorno alla terra o che la terra é piatta sono empiricamente evidenti e credere conseguentemente che siano reali: confondere quel che sembra con quel che é reale e predicarlo falsamente essere, e non sembrare falsamente, reale).
#89
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
03 Giugno 2020, 21:06:06 PM
Citazione di: Lou il 03 Giugno 2020, 19:14:42 PM

Citazione di: giopap il 03 Giugno 2020, 19:10:07 PMCarissime, a parte il fatto che io in questa dscussione ponevo non il problema dell' esistenza o meno del libero arbitrio ma invece quello un tantino diverso della sua compatibilità o meno con l' etica, affermare che "La dimostrazione del tertium datur tra la dicotomia [secca (e non "manichea"), N.d.R] determinismo-indeterminismo é empirica e banale come il superamento della tartaruga da parte di Achille, contro la sofistica avversa: la libera volontà umana viene esperita in ogni atto di volizione, nei limiti che trascendono il determinismo evolutivo" significa attribuire una pretesa certezza dimostrativa ad una interpretazione dell' evidenza empirica che istintivamente si tende a dare ma che é assolutamente degna di dubbio (ovvero necessitante di dimostrazione).E se ne può empiricamente dimostrare molto facilmente la falsità.Infatti ciò che immediatamente si esperisce in realtà é (quando la si esperisce) la libertà della propria volontà di realizzarsi in assenza di estrinseche cause di forza maggiore: si esperisce: "voglio fare X (e basta)", e "nessuno mi impedisce di fare X".E non affatto "voglio indeterministicamente (né deterministicamente) fare X", e "nessuno mi impedisce di fare X".Si può magari anche esperire: "mi piacerebbe anche avere Y (e basta), ma questo é incompatibile col fare X; e poiché preferisco (e basta) non avere Y e fare X che viceversa, farò X (e basta)".Ma certamente non affatto: "mi piacerebbe anche indeterministicamente (né deterministicamente) avere Y, ma questo é incompatibile col fare X; e poiché preferisco indeterministicamente (né deterministicamente) non avere Y e fare X che viceversa, indeterministicamente (né deterministicamente) farò X".E infatti anche nell' esempio di Duns Scoto quello che sta cadendo in realtà non sperimenta affatto la volontà indeterministica (né deterministica; ma invece la volontà "e basta") di non schiantarsi al suolo.Diverso é il caso i paradossi di Zenone, che invece sono pretese confutazioni logiche (l' esatto che le pretese conferme empiriche) di una credenza istintiva (quella del divenire); facilmente smontabili come meri paralogismi.
Perfetto giogiap, ma che significa volontà " e basta ", senza virgolette? E "basta" da che?
Di sto punto, filosoficamente, si ha da farsene carico, soprattutto per chi assume che la volontà abbia prerogative deterministiche.





E basta "dal libero arbitrio", cioé senza alcun ulteriore percetto di libero arbitrio-indeterminismo del proprio volere: quello che é empiricamente provato é che si vuole qualcosa, e non affatto che lo si vuole indeterministicamente-liberoarbitrariamente (né deterministicamente).
E il fatto che lo si voglia in alternativa ad altre scelte é in proposito del tutto irrilevante, dal momento che nulla vieta che anche la scelta tra miliardi di alternative possa essere deterministica (=conseguente cause precise: le qualità morali del soggetto) piuttosto che liberoarbitraria (=indeterministica = non conseguente causalmente da alcunché, non avente alcuna causa = del tutto casuale).

Ma io ponevo la questione della necessità che il volere sia determinato causalmente dalle proprie qualità morali di ciascuno (le quali ne sarebbero le cause che verrebbero dimostrate dagli effetti) perché si tratti di volere eticamente significativo (per l' appunto delle qualità morali dell' agente) e non invece di un evento fortuito, casuale, eticamente insignificante.
#90
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
03 Giugno 2020, 19:10:07 PM
Carissime, a parte il fatto che io in questa dscussione ponevo non il problema dell' esistenza o meno del libero arbitrio ma invece quello un tantino diverso della sua compatibilità o meno con l' etica, affermare che "La dimostrazione del tertium datur tra la dicotomia [secca (e non "manichea"), N.d.R] determinismo-indeterminismo é empirica e banale come il superamento della tartaruga da parte di Achille, contro la sofistica avversa: la libera volontà umana viene esperita in ogni atto di volizione, nei limiti che trascendono il determinismo evolutivo" significa attribuire una pretesa certezza dimostrativa ad una interpretazione dell' evidenza empirica che istintivamente si tende a dare ma che é assolutamente degna di dubbio (ovvero necessitante di dimostrazione).

E se ne può empiricamente dimostrare molto facilmente la falsità.

Infatti ciò che immediatamente si esperisce in realtà é (quando la si esperisce) la libertà della propria volontà di realizzarsi in assenza di estrinseche cause di forza maggiore: si esperisce: "voglio fare X (e basta)", e "nessuno mi impedisce di fare X".E non affatto "voglio indeterministicamente (né deterministicamente) fare X", e "nessuno mi impedisce di fare X".
Si può magari anche esperire: "mi piacerebbe anche avere Y (e basta), ma questo é incompatibile col fare X; e poiché preferisco (e basta) non avere Y e fare X che viceversa, farò X (e basta)".
Ma certamente non affatto: "mi piacerebbe anche indeterministicamente (né deterministicamente) avere Y, ma questo é incompatibile col fare X; e poiché preferisco indeterministicamente (né deterministicamente) non avere Y e fare X che viceversa, indeterministicamente (né deterministicamente) farò X".

E infatti anche nell' esempio di Duns Scoto quello che sta cadendo in realtà non sperimenta affatto la volontà indeterministica (né deterministica; ma invece la volontà "e basta") di non schiantarsi al suolo.


Diverso é il caso i paradossi di Zenone, che invece sono pretese confutazioni logiche (l' esatto che le pretese conferme empiriche) di una credenza istintiva (quella del divenire); facilmente smontabili come meri paralogismi.