Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Maggio 2019, 16:31:36 PMCitazione di: sgiombo il 27 Maggio 2019, 20:03:13 PMCiao SgiomboCitazione di: 0xdeadbeef il 27 Maggio 2019, 19:13:08 PMCitazione
Credo che Kant aggiunga alla consapevolezza del carattere fenomenico (costituito da mere sensazioni, al di là del termine impiegato), alla quale sostanzialmente Hume si ferma non volendo azzardare affermazioni non rigorosamente certe, la tesi della cosa in sé o noumeno.
Sulla quale (per quel poco e incerto che ne so) rimane ambiguo (nella C. d. R. Pura):
A me risulta che Hume consideri certa, ma indimostrabile, l'esistenza della realtà.CitazioneHume considera certa per immediata constatazione empirica (e non per dimostrazione logica) la realtà costituita da percezioni coscienti (sensitive o materiali e intellettive o menali): in sostanza quelli che Kant chiamava "fenomeni!
Non si é mai avventurato a considerare un' eventuale non dimostrabile logicamente né constatabile empiricamente realtà in sé indipendente dalle sensazioni (metafisica e/o metapsichica: in sostanza quello che Kant chiama "noumeno").
Almeno così mi pare dalle non poche, attente e in qualche caso ripetute letture che ne ho fatto (di Hume, non di Kant).
Dal canto suo, Kant considera reale la sola materia (a me sembra che questo voglia dire con: "l'idea
di Dio non ha più realtà dell'idea che io abbia cento Talleri in tasca").
Reale, quindi certa, ma conoscibile solo attraverso l'interpretazione soggettiva: dov'è tutta questa
differenza con Hume? Non sono forse gli stessi concetti espressi in termini diversi?Citazione
Kant considerava certamente reali (anch' egli per immediata constatazione empirica e non per dimostrazione logica; anche se attraverso considerazioni a mio modesto parere -non sono presuntuoso come qualcun altro- oscure e confuse circa "condizioni a priori dell' esperienza") i fenomeni (ovvero gli insiemi - successioni di sensazioni o eventi di coscienza (certamente materiali, ma credo anche mentali).
E fin qui non trovo (a parte quelli che per me sono gli oscuri orpelli di Kant) sostanziali differenze.
Però Kant contrariamente a Hume (del quale il coraggio, per lo meno fisico, non era la dote più rimarchevole, se mi é concessa un' umilissima critica) si avventura a considerare le cose in sé (letteralmente metafisiche e/o metapsichiche, ovvero reali "oltre i fenomeni"), non apparenti alla coscienza -contrariamente ai fenomeni- per definizione ma casomai pensabili, congetturabili (dal greco: noumeno).
Anch 'io, si parva licet..., credo reale il noumeno, ma non dimostrabile (dubitabile: potrebbe anche non esserci, ovvero essere costituito da "nulla").
Per quel poco che ne so, invece Kant ne dà per certa l' esistenza come enti - eventi reali (come non costituito da nulla ma da "qualcosa") nella C . d. R. Pratica, sia pure affermando che nulla se ne può sapere, oltre alla mera reale esistenza "positiva" (non in quanto "nulla" ma in quanto "qualcosa").
Mentre nella C. d. R. Pratica ne afferma (irrazionalmente, ovvero non per dimostrazione logica né per constatazione empirica -ovviamente, per definizione- ma per una mera convinzione interiore infondata su alcunché d' altro da sè ma invece pretesa evidente di per sé) il comprendere Dio e le anime umane immortali.
Come fa Hume a dire che l'esistenza della realtà è certa senza "supporre" che vi sia "qualcosa" dietro
la sua indimostrabilità?Citazione
Lo fa rendendosi conto che la realtà di cui si può avere certezza per immediata constatazione empirica é costituita da mere sensazioni coscienti ("esse est percipi"), sostanzialmente quello che Kant chiama "fenomeni"; di eventuali altre cose reali "dietro" od oltre di esse (reali in sé anche indipendentemente dall' accadere reale o meno di esperienze coscienti) non si cura, non prende in considerazione l' ipotesi.
Ecco, è a parer mio possibile affermare la certezza della realtà soltanto
ipotizzando un qualcosa che "ex-siste", che sta al di fuori dell'interpretazione/dimostrazione.Citazione
Ma perché mai?
Perché mai, dandosi realmente sensazioni, delle quali l' "esse" meramente "est percipi", dovrebbe inoltre per forza (necessariamente) esserci realmente anche qualcos' altro?
<<Reali sensazioni, delle quali l' "esse" meramente "est percipi", senza che oltre ad esse sia reale alcunché d' altro>> é un concetto non autocontraddittorio, logicamente corretto.
Ergo: é possibilissimo che così s"stiano le cose", che realmente ne esista una denotazione o estensione reale.
"essere reale" ("esistere" in senso non pedissequamente etimologico) =/= "essere reale al di fuori di qualsiasi eventuale interpretazione/dimostrazione ("esistere" in senso pedissequamente etimologico).
Questo qualcosa è, appunto, la "cosa in sè" (concetto che a parer mio Hume solo intuisce).CitazioneNo!
Al' esistenza dei fenomeni basta e avanza l' esistenza dei fenomeni stessi, senza nessuna necessità di alcun (ulteriormente reale) noumeno.
Che per quanto mi riguarda sono convinto esista, senza poterlo dimostrare (lo credo per fede, un po' come Kant nella C. d. R. Pratica crede in Dio e nell' immortalità delle anime umane) per potermi spiegare il fatto (per poter comprendere come possa accadere) che i fenomeni materiali siano intersoggettivi (e dunque ne sia possibile la conoscenza scientifica; cosa che a sua volta credo per fede) e che vi sia necessaria coesistenza - corrispondenza biunivoca fra esperienza cosciente* di "X" (per esempio la mia*) e cervello di "X" nell' ambito della diversa esperienza cosciente** di"Y" (per esempio il cervello mio nell' esperienza cosciente tua**; e viceversa)
La "cosa in sé" è quel qualcosa che rende certa l'esistenza della realtà. Ed è appunto indimostrabile,
perchè necessariamente dev'essere pensata (deve per forza di cose, dicevo, "passare dal soggetto",
che è l'unico ente a poter "dimostrare" qualcosa).
Insomma, a parer mio Kant "spiega" Hume esattamente come, dopo molto tempo, la relatività "spiegherà"
Kant...
salutiCitazione
No, la realtà fenomenica é quel qualcosa che rende (basta e avanza per dimostrare) certa l' esistenza della realtà fenomenica.
Che é immediatamente constatabile empiricamente.
E non deve affatto necessariamente essere pensata per essere reale (ma casomai per essere saputa, conosciuta essere reale, perché sia inoltre reale l' ulteriore evento della conoscenza della sua esistenza).
Come la relatività possa spiegare Kant (in che senso) non riesco a capirlo.