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Messaggi - acquario69

#76
Citazione di: everlost il 29 Gennaio 2019, 16:31:51 PM
@ Acquario
Forse perché le buone intenzioni non bastano...Con Dio o senza di Lui. Magari bastassero!
Noi umani siamo fondamentalmente primati superiori, evoluti e civilizzati da poco tempo (anche se in certi casi non si direbbe), quindi l'istinto della belva, negli individui più passionali, emerge ancora di fronte alle situazioni critiche e alle provocazioni.
Del resto, scusa, abbiamo l'esempio di Caino che era sempre in colloquio a tu per tu con il Padreterno, eppure non si fece scrupolo di assassinare il  fratello e anche dopo il delitto non dimostrò il minimo rimorso.
Sono d'accordo che il senso del sacro faccia parte della natura umana, così come la necessità di distinguere il bene dal male: perché, con diverse modalità, è evidente che ce l'hanno proprio tutti i popoli della terra. Credere in Dio però non è indispensabile, è solo una tappa ulteriore e non obbligatoria che raggiunge la coscienza..
I cinogiapponesi tanto per dire non ci credono, eppure hanno religioni e filosofie molto elevate e raffinate. Non mi pare che i cristiani siano più morali dei taoisti e dei buddisti, anzi spesso tendo a pensare il contrario.
Pensando anche agli indiani politeisti, non si può affermare che i monoteisti abramitici siano superiori a loro dal punto di vista morale ed etico.
Quindi mi sembra si possa concludere che le religioni costituiscono un sostegno essenziale per molte persone, meno importante o superfluo per altre, ma che non sia indispensabile credere in Dio o nel soprannaturale per comportarsi rettamente e umanamente, dato che le norme etiche derivano da una coscienza comune e condivisa da tutti gli uomini in quanto appartenenti al genere umano (e pure gli animali, conoscendoli, possiedono un'etica elementare).
Fatte salve le eccezioni di chi, come Caino, una coscienza sembra non averla o non ascoltarla.
cit. da Apeiron:
CitazioneOssia per dirla in termini più comprensibili il fatto che noi cerchiamo ciò che ha valore suggerisce che l'Etica abbia una radice molto più profonda nel nostro essere rispetto alle contingenze. Anzi è l'etica che ci fa ricercare qualcosa "ch'è più alto" (TLP 6.42). Se la scienza può solo descrivermi le cose, dirmi perchè noi preferiamo questo o quello ma non riesce a spiegarmi cosa è il valore allora rimaneggiando la proposizione TLP 6.42: "le proposizioni" (scientifiche) "non possono esprimere nulla ch'è più alto."
Detto da un filosofo nel modo migliore possibile.


forse non e' tanto avere buone intenzioni, quanto al fatto di avercele a priori queste intenzioni e a prescindere, che molto probabilmente guasta tutto sin dall'inizio.
secondo me che questa cosa delle intenzioni e' molto radicata nella nostra cultura e credo che parta proprio dall'occidente...penso che la nascita delle religioni sia infatti una conseguenza di questo fenomeno..cosa che non avvenne invece in oriente.
in fondo il fenomeno continua, ed anzi ha un filone continuo ed ininterrotto,che arrivato ai nostri giorni si e' tradotto nella fede del progresso (ossia "la zuppa del demonio"...e come puoi notare sono sempre le solite intenzioni di cui ti ho scritto dall'inizio)
solo che mi sembra che innescato che fu questo processo sia andato sempre più declinando verso un peggioramento continuo.

Credo che quando non vi erano intenzioni (per capire cosa intendo dire per intenzioni,potremmo prendere ad esempio appunto l'oriente "non religioso" - nel senso che ho provato a dirti prima) gli individui..e questo e' secondo me il punto essenziale di tutto l'argomento...vivevano in comunione con l'Essere, senza particolari distinzioni, mentre in seguito vi sarebbe stata una scissione, forse si potrebbe appunto dire un "intenzionalità" che ha fatto si che dall'essere si passasse al dover-essere...differenza abissale..ed e' da qui che viene fuori la moralità e l'etica..ma da questo punto di vista,risulta appunto una deviazione
#77
@viator
A me sembra che la tanto decantata etica umana non ha mai realizzato quello che si auspicava..forse mi sbaglio?  (e che anzi finisca solo per riprodurre una ipocrisia di fondo e che evidentemente Fa parte della sua stessa "sostanza")

... come mai?
#78
Se Dio non esiste allora tutto e' lecito...equivale a dire se nulla e' Sacro, allora nessuna cosa e' inviolabile...tanto per rimanere appunto saldamente in argomento!

..e si può tranquillamente aggiungere che in tale assenza tutto non può che esaurirsi nel caos più totale e nel sovvertimento più clamoroso 
(in una sorta di eterogenesi dei fini...e forse sarebbe ancora più corretto dire "dei secondi fini"...vedi progresso, democrazia, uguaglianza ,libertà.. )
e non ultimo alla negazione delle evidenze più banali.

Il Sacro.. se dovrei provare a descriverlo secondo le mie parole e' rispetto inequivocabile sulla Natura (intesa come cosmica-universale)...e' la "legge" per eccellenza..inattaccabile di per se stessa, senza la quale non e' possibile nessun altra legge contingente, subordinata (cosi come descritto da Paul e oxbeef)
Pensare solo di "fare di testa propria" e' come insistere a darsi le capocciate sul muro  ;D ...e il risultato sarà solo quello di avere la testa sfracellata .

Un altra considerazione e' che il sacro prescinde dalLE religioni...in un certo senso e' già LA "Religione"...tutte le diverse religioni e non solo quelle che noi occidentali definiamo tali ma che tali non sono, tendono infatti ad un unica e identica espressione, che rimane sempre valida, immutabile e permanente e che si rende attingibile attraverso la tradizione...e la tradizione non e' il passato, cosi come viene malamente inteso, ma riguarda appunto cio che e' al di la del tempo
#79
Hai pienamente ragione oxbeef ... secondo me infatti non è tanto stare a discutere se dio è "morto".. quanto il fatto, questo sì davvero fondamentale,che (la modernità) ha "ucciso" il Sacro.
#80
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
27 Gennaio 2019, 04:26:21 AM
Quando al colmo della festa, meravigliosamente ubriachi, ci sentiamo prossimi al dominio del mondo, può accadere che per bisogno abbandoniamo il salone del Grand Hôtel (o del castello in riva al mare) e di soppiatto ci si ritiri alla cosiddetta toilette.
Senza timore entriamo per liberarci.. e che pericolo potrebbe esserci mai nel quieto rifugio? 
Ma qui non splendori di donne e di crisopazi, non musica né danze né risa (tutto questo essendo rimasto di là della porta a vitrages, stranamente lontano). Bensì solitudine e pace come in un tempio abbandonato. Un'incerta eco di suoni arriva attraverso i muri, flebile richiamo.
Ma dagli specchi ci guarda un volto insieme vecchissimo e nuovo che conosciamo, ahimè, troppo bene; mai però ci era apparso così pallido, sarcastico e complessivamente desolato.
E dal silenzio profondo, sopra la pallida eco del tango, il mormorio dell'acqua, scivolante giù dai grandi orinatoi di maiolica, a tradimento ci parla con accento umile e amico, bonariamente ricordandoci le miserie dell'uomo e le speranze perdute.
Talora anche un tubo, chissà dove, gorgoglia, ed accenna in termini vaghi al domani quale sarà. Ci sfugge il dominio del mondo e rimestando sempre la voce degli orinatoi entro i pensieri nostri amari, scuotiamo il capo allo scopo di vedere l'altro, quella faccia ebete, nello specchio, farci segno di no.
Troppo tardi per sottrarci e tornare intatti di là. Con che cinismo l'amico in frac, così simile a noi, ci fissa dal vetro. La Pia è già smarrita tra le braccia del conte, Annalisa ha giàdetto di no e la giovane sconosciuta dalla bocca provocante ha evidentemente già stretto un patto con l'affascinante Pietruccio, inutile tornare di là. E in quanto a bere, non parliamone neanche, perché è tanto se ci reggiamo ancora in piedi. Che triste scherzo, tutto questo è successo per essere capitati qua dentro. Dov'è la magica felicità per cui poco fa si volava invincibili sopra le turbe? Continua a scuotere il capo stupidamente quel pallido ed equivoco tipo della nostra identica statura, di là, nello specchio, a rammentarci la rapidità della vita (non si è neanche usciti di casa per andare alla festa e già il cielo schiarisce, escono i camioncini dei lattai, l'orchestra ripone negli astucci flauti e violini e ci si domanda come mai) 
Prudenza, vogliamo dire, anche con le toilettes dei grandi alberghi, le loro luci sibilline, quel silenzio, quella gelida serenità, gli specchi, la sediziosa voce dell'acqua, simile agli scoli misteriosi delle montagne negli anni andati, la quale parla troppo vivamente grondando dai lucidi colonnati di maiolica (in tanto severo abbandono!). Diffidate dei vitrages smerigliati con lo stemma in trasparenza per cui si accede alle latrine.

Dio, pazientissimo, giorno e notte ci insegue, dove meno si pensa ci attende all'agguato, non ha bisogno di croce o di altari, anche nei vestiboli di marmo sterilizzato che non si possono nominare egli viene a tentarci proponendoci la salvezza dell'anima.

Fonte:
Racconto dal titolo Acqua chiusa "Toilette" tratto da: "In quel Preciso Momento" (Dino Buzzati)
#81
Riflessioni sull'Arte / La Zuppa del Demonio
27 Gennaio 2019, 03:14:15 AM
La Zuppa del Demonio (termine più che mai azzeccato con cui Dino Buzzati nel commento a un documentario industriale Ansaldo del 1964, Il pianeta acciaio per descrivere le lavorazioni nell'altoforno. 
in realta il suo commento andava ben oltre e fu di estrema lungimiranza e chiarezza profetica

il bellissimo film documentario (2014) di Davide Ferrario ricostruisce un'illusione attraverso immagini d'archivio, filmati d'epoca che raccontano l'esaltazione collettiva mostrando immagini che oggi ci farebbero rabbrividire (gli ulivi sradicati dalla spiaggia per fare posto alla fabbrica dell'ILVA - clip qui sotto) come simboli di crescita, sviluppo e miglioramento sociale. Il risultato è un'opera interessante e rigorosa, che usa il passato per spiegare gli scempi che riempiono tristemente le cronache del presente. Le parole di grandi uomini di scienza e cultura fanno da controaltare alle immagini, rivelando come il mito del progresso fosse radicato anche negli intellettuali, indipendentemente dal loro credo politico.

Le immagini (qui sotto) e i commenti di allora spiegano davvero tutto.
(Dedicato ai continui rimestatori di questo infernale zuppone)

https://www.youtube.com/watch?v=HQNDJCIJPB4

https://www.youtube.com/watch?v=2pMYnRVCjrg

https://www.youtube.com/watch?v=Tn5tm471iq8

https://www.youtube.com/watch?v=gXidmk-H2FU
#82
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
24 Gennaio 2019, 15:16:51 PM
@Sariputra
ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D  ;D


In che senso dici "solo mente" ? ....spiega meglio :)

#83
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
24 Gennaio 2019, 13:20:22 PM
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM
Avrei voluto aprire un 3d sull'anima, ma poi ho pensato che forse bisognerebbe prima interrogarsi sulle premesse su cui  poggia l'argomento. In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale? La deriva, se così si può dire, scientifico tecnologica, e ancor più quella informatica, ha portato il mondo ha ragionare sul discreto  più che sul continuo. Voglio dire che ragioniamo sempre più nei termini di un mondo composto da un numero finito di elementi, dove un corretto ragionamento, un giusto calcolo o la formula adatta ci portano a prendere la decisione corretta. In tutto questo l'immaginazione ha un ruolo marginale, ci si basa sul concreto e non è nemmeno pensabile che si possa fare diversamente. Il pensiero ha una libertà sempre più ridotta, si può spaziare un po di qua e di la ma poi ci si ricongiunge sempre inevitabilmente sui binari di un mondo tecnologico globalizzato organizzato in modo da poter essere sempre più assimilato dai sistemi informatici. I quali perseguendo lo scopo di renderci più facile la vita e di risolverci i problemi, finiscono col privarci anche delle risorse per risolvere i problemi. Risorse che albergano nella nostra immaginazione. Siamo nel puro materialismo che ha sostituito l'anima col virtuale. L'anima, già! Ma prima di parlare di questo bisogna chiedersi se ha ancora senso parlare dell'immateriale. Perché la mia sensazione è che il ragionamento scientifico porti ad identificare sempre più l'immateriale con la funzionalità del nostro sistema nervoso. In altre parole ciò che è immateriale come i pensieri, le rappresentazioni, l'immaginazione è qualcosa che viene prodotto dai nostri organi in conseguenza del loro funzionamento. Nessuno pensa che i nostri organi esistono in conseguenza di un qualcosa di immateriale, come ad esempio il pensiero del concepimento, più o meno razionale o istintivo. Come ho detto il virtuale ha sostituito l'anima. Perciò se parli di cose immateriali pensi ai copyright, ai software. C'è il fatto che io percepisco un Io che in qualche modo rimane sempre uguale a me stesso nel tempo. O almeno lo percepisco come tale. Se ciò non muta nel tempo mentre nel mondo materiale tutto muta nel tempo, allora l'immateriale esiste. Perciò può esistere anche l'anima. Basterà come prova?

In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale?

Evidentemente no...basta guardarsi intorno e constatare un impermeabilita,una chiusura che si fa sempre più ermetica..(se ci fai caso persino lo spazio intorno a noi si va sempre più riducendo) ..una "solidificazione" che non a caso e' la stessa che fa appunto riferimento alla materia e che esula da qualsiasi altra influenza che non sia soltanto relativa ai nostri sensi o al nostro raziocinio calcolante, che tende per sua natura a catalogare,dividere,frammentare,ridurre... e in ultima analisi a separare..

Hai accennato ai Simboli...quella e' la chiave,perche il Simbolo e' cio che permette questa apertura..il significato etimologico del Simbolo e' mettere insieme, congiungere, unire...d'altro canto ne esiste un altro dal significato opposto che e' quello di diabbalon (diavolo) ed il suo etimo e' quello di dividere, separare...e che qui non vuole avere nessun riferimento di tipo religioso (o superstizioso come credono i veri ingenui) ma solo di senso, di pura conoscenza, di realtà effettiva
#84
Percorsi ed Esperienze / Re:Nun Me Scuccia'
20 Gennaio 2019, 00:26:20 AM
Il mondo in cui viviamo, come tutti i mondi abitati, sono intrisi di simboli, e il fatto che non riusciamo a percepirli non è legato ad una loro eventuale assenza, ma ad una nostra incapacità a superare i limiti dei segnali concreti e materiali della realtà contingente.
L'idea illuminista di rendere evidenti i segni e di fare riferimento solo ai significati visibili per interpretare la realtà circostante ha accecato l'uomo nella sua percezione più profonda, ed in questo modo lo ha reso insensibile a tutto ciò che sfugge al controllo e al calcolo. L'avvertimento di Amleto a Orazio, sul fatto che ci siano più cose tra cielo e terra di quante ne possa sognare la nostra filosofia, evidentemente non è servito a nulla, se ci troviamo ad arrancare come miopi in un mondo che ci appare sempre più estraneo alla nostra anima.
I tempi correnti sono quelli della quantificazione, della classificazione e dell'omologazione, mentre la natura, di per sé, è qualificativa, identificativa e differenzialista.
Naturalmente, queste ultime caratteristiche non potevano essere accettate dai fautori della democratizzazione forzata, perché parametri contrari ad ogni forma forzata di livellamento.
La concezione che abbiamo del mondo è una concezione non solo meccanicistica, ma sostanzialmente morta nelle sue continue tensioni non catalogabili, perché forzatamente ristretta in una visione monoculare. Per dirla in termini fenomenologici, la moderna immagine è quella cartografica della mappa geografica e non quella del paesaggio stereoscopico; ed in questo modo abbiamo perduto la ricchezza personale del panorama per limitarci alla lettura della legenda della mappa. Come ha sottolineato Hillman: "Una visione che percepisce il mondo come morto, o che dichiara gli Dei proiezioni simboliche, deriva da un soggetto percipiente che ha cessato di fare esperienza in modo personizzato, che ha perduto la propria immagine del cuor".
In questo senso, la malattia diffusa, che in quanto tale statisticamente si considera norma, è il concretismo.
Sembrerebbe un insulto, un epiteto squalificante, mentre in realtà è proprio un disturbo psichico, una deformazione del pensiero che non è più limitata alla patologia individuale grave come l'insufficienza mentale o la schizofrenia, ma si è diffusa come un morbo inarrestabile fino a diventare un segnale pregnante di malattia di tutta la società. Come lo stesso Hillman ha precisato, e io stesso ho riportato più volte il suo concetto: "Non è più possibile distinguere nettamente tra nevrosi dell'individuo e nevrosi del mondo, tra psicopatologia dell'individuo e psicopatologia del mondo. (...) situare la nevrosi e la psicopatologia esclusivamente nella realtà personale, si compie una rimozione delirante. (...) Oggi la patologia la si incontra nella psiche della politica e della medicina, nella lingua e nel design, nel cibo che mangiamo. Oggi la malattia è "là fuori".
Il concretismo è l'incapacità di astrazione, di simbolizzazione, e la conseguente ristrettezza a considerare soltanto l'aspetto materiale e pratico dell'oggetto. Nell'individuo disturbato questa alterazione può essere una difesa di fronte ad un mondo considerato troppo astratto, quindi minaccioso e ansiogeno.
Con questo deficit simbolico trasmesso a livello societario, quasi in una forma di epidemica psicosi diffusa, ogni fenomeno non aderente alla realtà misurabile, ogni livello di astrazione non riconducibile a parametri di materialità – la solidificazione del mondo di cui parla Guénon – deve essere ricondotto e abbassato alla sua percezione vegetativa e calcolabile.
Alcuni esempi più eclatanti degli innumerevoli che si potrebbero portare?
La sessualità. Questa dimensione dell'umano è sempre stata indirizzata – nella visione tradizionale – verso una trasformazione dei sessi nella trascendenza, in una dimensione "di spirito, di   archetipicità, di verità" , in un cambiamento comune di tipo mistico. Poi arrivò la Dea Ragione, il materialismo storico e il relativismo morale, e tutto si ridusse a biologia e a istinto, a discapito della componente animistica della questione: "Secolarizzata dall'Illuminismo, l'anima non poté più tenere insieme spirito ed eros. Lo spirito fu assunto dall'idealismo materialistico e dal progresso utilitaristico. L'eros trapassò in sentimentalismo castrato e in pornografia".
La vita. L'impresa terrena veniva contrassegnata da precisi passaggi rituali, molto simili, per certi versi, a quelli della natura. Dalla fecondazione alla morte, passando attraverso le varie fasi dell'esistenza, non c'erano salti generazionali né blocchi di sviluppo, ma un regolare e cadenzato delinearsi di doveri, diritti e responsabilità. In ogni momento, ciascuno rispondeva alla comunità del proprio ruolo e delle proprie iniziative, dando così una immagine ed una forma precisa di ordine e di rigore. Ordine e rigore, per intendersi, che non avevano nulla a che vedere con una costrizione esterna o una rigidità formalistica, ma che definivano una superiore armonia di funzioni e di idee. Uomini e donne, genitori e figli, bambini e vecchi non erano semplici categorie sociologiche, ma rappresentazioni di archetipi, di valori e di funzioni.
La politica.
Partendo dall'assunto aristotelico che ogni uomo è di per sé un animale politico, l'arte del governo della città era intesa come l'esercizio di una autorità capace di costruire e di far rispettare un disegno terreno che rispecchiasse un sistema superiore ed invisibile. L'obiettivo era la creazione: di un uomo, di una comunità, di un destino. Il particolare dell'egoismo individuale e delle voglie collettive si estingueva nel desiderio condiviso di una trascendente visione comune, ed ognuno interiorizzava il limite già esistente nell'esperienza di natura. La Politica assumeva la funzione di Arte Regia, con il compito di amministrare il bene pubblico all'interno di un definito mondo di valori.
Il concretismo colpì anche questi due paradigmi. E la vita diventò un solitario percorso egoistico di emancipazione da ogni legame, con la rottura traumatica di un passato sia esso personale che collettivo, e con la evaporazione di un futuro consapevole. Rifiutando qualsiasi vincolo, ritenuto limitante per una tanto vaga quanto velleitaria libertà, l'uomo scelse di vivere al momento e per sé, presentificando ogni voglia e gratificando ogni pulsione. Il risultato è stato ed è una condizione di pseudopadronanza, dove ciascuno crede di volere, mentre in realtà è costantemente scelto nelle sue decisioni da una continua mancanza di qualcosa, da un vuoto incolmabile di significati e di sensi. In fondo, ciò che il concretismo ventila come una semplice e dovuta adesione alla realtà è, nei fatti, una deriva verso la più totale e devastante illusione. La constatazione analitica secondo la quale "Se tutto sembra possibile, allora più niente è reale" ha confermato la sua diagnosi proprio nello sviluppo del disagio esistente. Il concretismo ha ridotto ogni legame in contratto, trasformando il vincolo di sangue e di idea in accordo di interessi e di utilità. La parola ha perduto il suo valore costruttivo di relazione simbolica per lasciare il posto al fare pratico e all'azione finalistica.
La politica è il risultato della stessa patologia. Dove c'era un disegno, c'è una programmazione; dove c'era un destino, c'è un progetto; dove c'era una creazione, c'è un'amministrazione. Dal livello simbolico di realizzazione terrena di un ordine e di una forma trascendente, la politica è diventata gestrice del caos egoistico di singoli e di minoranze, tenutaria di interessi mercantili e di convenienze momentanee e particolari. Il distacco delle funzioni si è estinto, ed è stato sostituito dalla vicinanza promiscua di ruoli intercambiabili. Anche un certo tipo di educazione permanente all'idea virile di Stato è venuta a mancare – per voluta e determinata eutanasia: tutto è stato ridotto a società, con uno pseudo-stato che rispecchia le anomalie diffuse, piuttosto che forzare all'esercizio delle virtù, una rappresentanza dei vizi della popolazione, piuttosto che un ideale verso cui attrarre il popolo, un dispositivo materno di gratificazione delle voglie, piuttosto che un ufficio paterno di riproduzione dei limiti e di esame della realtà.
Si potrebbe continuare quasi all'infinito a puntualizzare singole cadute del simbolico al concreto. Dalla scuola, già modello di elevazione culturale ora distributrice di competenze tecniche,allo sport, già fenomeno di sanità fisica e di messa alla prova di coraggio e di dedizione ora compravendita economica e trattativa miliardaria. E via via elencando.
Le conseguenze di questa concretizzazione della vita e del mondo sono due ricadute pesanti sul singolo e sul contesto di appartenenza: il cinismo e il narcisismo.
Se niente ha valore in sé, e tutto è comparabile ad un utile quantificabile e ad un interesse conteggiabile, allora solo "Io" ha importanza, con il risultato mentale e pratico che tutto ha un prezzo.
Questo cinismo non è quello filosofico del minimalismo dei bisogni e delle soddisfazioni, ma freddezza in ogni legame e disinteresse per qualsiasi trascendenza; è l'esasperazione delle proprie voglie a discapito di ogni responsabilità e di ogni rispetto. In contemporanea, trionfa il narcisismo, con la sua "mancanza di umanità", "la negazione dei sentimenti", l'assenza di rimorso, la ricerca del potere e l'annegamento nell'invidia, fino al rinnegamento dell'identita.
A ragione, Massimo Recalcati sottolinea il valore di un neologismo inventato da Colette Soler: il narcinismo (narcisismo + cinismo). Viviamo in una società narcinistica, nella quale l'imperativo categorico è godere, divertirsi, diluire ad annullare ogni dovere ed ogni impegno; dove la felicità esteriore e materiale ha la prevalenza sulla serenità interiore e spirituale; dove il legame è vissuto come dovere soffocante e dove l'indicativo perentorio è libertà, a costo di naufragare nell'indifferenziato e nell'angoscia.
Ci si meraviglia del degrado individuale e collettivo, dello sfacelo delle famiglie e della deriva della politica, del diffondersi irrefrenabile delle droghe e della violenza, della caduta di ogni stile e dello scarso valore della vita. In realtà ci si dovrebbe meravigliare di meravigliarsi. Ma forse questa meraviglia è un segnale positivo; forse c'è ancora, in qualche recesso della persona e dell'inconscio collettivo, un piccolo barlume di indignazione e di coscienza critica, una minima volontà di potenza per esorcizzare la forza insinuante di questo Forestaro dell'ipermodernità.

PS: se' fatto tardi...e' ora di andare a nanna!

Fonte:
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=37937
#85
Tematiche Filosofiche / Re:Leopardi e il Nulla.
17 Gennaio 2019, 10:47:43 AM
Citazione di: green demetr il 17 Gennaio 2019, 10:36:39 AM
Dire che Leopardi è un materialista come fanno i manuali scolastici, non vuol dire niente, per me materialisti sono gli utilitaristi, i liberali politici, gli scienziati apodittici.

Se vogliamo dire che è un materialista dobbiamo intenderlo nella sua giusta accezione, perchè quello che interessava a Leopardi era l'anima  e non il mondo piccolo borghese, asfittico italiano, e non è che molto è cambiato, l'italia rimane provincia, ora in più colonia americana (dico a livello strettamente intelletule, culturale, nel ronzio dell'opinione pubblica comunque provinciale). 

Non farti ingannare dagli utenti materialisti di questi forum da chi come Ipazia ritiene che la filosofia non debba occuparsi di anima 

green .... quando ti ci metti hai delle fiammate geniali !!  :) (non fa una grinza)
#86
@ipazia

Trovo la tua spiegazione un po' troppo fumosa e non mi sembra che dai una risposta esaudiente.
..se,come dici tu,sarebbe il risultato..un "eredita testamentaria" allora questo vuol dire comunque che il fenomeno non e' stato spontaneo ma chiaramente intenzionale..e se all'origine ve' stata intenzione,questa rientra nella scelta che mi sembra tipicamente umana.
Anche perché se non fosse così non vedo come si potrebbe starne anche solo a parlare..a quel punto non farebbe nessuna differenza e il problema (insieme a una sua ipotetica soluzione) non si porrebbe nemmeno
#87
Percorsi ed Esperienze / Re:Nun Me Scuccia'
15 Gennaio 2019, 05:10:39 AM
Citazione di: donquixote il 14 Gennaio 2019, 20:30:50 PM
Un tempo, fra i riti insegnati dai genitori ai figli come il lavarsi le mani prima di mangiare e i denti prima di dormire, ve n'era uno particolarmente significativo e importante, che precedeva la preghiera e il bacio della buonanotte: l'esame di coscienza. Questo era solitamente rivestito di una particolare solennità, poiché si trattava di ripercorrere con la memoria la propria giornata al fine di capire se durante la medesima ci si era comportati correttamente, se si aveva adempiuto al proprio dovere, se si erano mantenute le promesse e gli impegni e insomma se non ci fosse niente da rimproverarsi e di cui eventualmente chiedere scusa al Signore impegnandosi, nel caso, a rimediare il giorno successivo. Una sorta di processo in cui il giudice e l'imputato coincidevano, e proprio per questa ragione l'autogiustificazione e la menzogna dinnanzi al tribunale della propria coscienza assumevano una particolare gravità, creando sensi di colpa maggiori di quelli provocati dal mentire ad altri poiché in quel caso si tradiva se stessi.

Era un esercizio difficile, impegnativo, serio, che se compiuto con lealtà e rigore poteva risultare molto utile ai fini della crescita individuale, morale e sociale, contribuendo a sviluppare quelle doti che dovunque e da sempre vengono esaltate e rispettate nell'essere umano: la sincerità, la lealtà, l'onore, il senso di responsabilità e quello del dovere, il rispetto della parola data. Questa buona e sana abitudine ha col tempo perso d'importanza, ed è stata progressivamente sostituita da una diversa, più moderna, più adeguata a questi tempi di ipertrofia dell'ego ed esaltazione di quel processo psicologico moderno che si chiama autostima (e che una volta, più correttamente, veniva chiamato vanità ed inserito nei peccati capitali) che porta alla costante autoassoluzione e contestualmente alla ricerca di un capro espiatorio per le difficoltà o i problemi incontrati durante la giornata. Così il vecchio esame di coscienza si è trasformato nell'esame delle coscienze altrui e nella colpevolizzazione di chiunque, per i più svariati motivi, non si sia occupato di dare soddisfazione al proprio ego e alle sue pretese. E il senso di frustrazione che ne deriva viene espresso quotidianamente con gli insulti, il livore, il rancore, l'astio e il risentimento nei confronti di chiunque abbia un minimo di potere o di visibilità e che si pretende debba utilizzare per fare il "nostro" bene, incuranti della contraddizione insita in tale pretesa: se ormai chiunque non riesce a vedere al di là del proprio ego malato e non riesce a dargli soddisfazione da sé come si può pretendere che altri come loro possano farlo? Come si può credere che il senso di responsabilità e del dovere che ormai è andato perduto possa essere rimasto solo a coloro che più di altri sono stati contagiati da questa forma di egolatria e sono disposti a fare di tutto per alimentarla?

E le parole ignoranti, odiose, grette e volgari che la "libertà di espressione del pensiero" garantita a chiunque e consentita dalla apparente interazione diretta veicolata dai cosiddetti "social" permette di indirizzare ai più svariati personaggi rimarranno patetica testimonianza di un'invidia sociale che il mondo dell'individualismo e della libertà per tutti e da tutto (a cominciare da quella dal concetto di "Verità") ha partorito, cresciuto e ingrassato; un mero sfogo bilioso che lungi dall'avere qualche utilità non potrà che distrarre ulteriormente dalla responsabilità che ognuno deve avere innanzitutto nei confronti di se stesso e della propria vita. Si vantano e si esaltano "progresso" ed "evoluzione" umana, ma il risultato è stato quello di tornare nuovamente ai tempi di Adamo ed Eva, ove il primo accusava la seconda di avergli offerto il frutto proibito mentre Eva incolpava il serpente di averla tentata, e nessuno voleva prendersi la responsabilità dell'atto che aveva compiuto.

Vero!...tutt'altro che banale era quel rito! visto che metteva in condizioni di non auto-ingannarsi ed e' ovvio che aveva le sue benefiche ripercussioni e non soltanto sulla singola persona..inoltre credo che aiutava notevolmente a mettersi in "comunicazione" più o meno diretta con la propria coscienza, intendendo dire con questa qualcosa che non rientra certo con l'utilita calcolata, tipica dell'ego, ma che appunto lo trascende.
interessante poi la sua trasformazione da te descritta che rovescia completamente tutto e altrettanto ovvie sono le stesse ripercussioni, appunto rovesciate.
l'ironia di questa metamorfosi e' pure il credersi liberi e liberati mentre non sarebbe altro che finire prigionieri di se stessi,del proprio narcisismo...
tutti rigorosamente separati e tutti che finiscono inevitabilmente in combutta con tutti più o meno alla rinfusa, perdendo letteralmente di vista qualsiasi senso e qualsiasi prospettiva di benessere sia pure condiviso e condivisibile...e la fatica per arrivare a questo non ce la mettiamo?  :) .. l'inutile spreco di energie e tutte che cadono regolarmente nello stesso vuoto di cui e' sua stessa immagine e somiglianza!
#88
Citazione di: Ipazia il 14 Gennaio 2019, 22:58:19 PM
 Se la natura è colonizzata dal Capitale, che ha messo ovunque i suoi paletti, è lui a distribuire le carte e chi vuol mangiare quel gioco deve giocare. Non è vigliaccheria, opportunismo, natura umana o altro ma egemonia di una frazione di umani sul resto dell'umanità. 

se non e' vigliaccheria,opportunismo,natura umana o altro..
..allora quale sarebbe secondo te il motivo (ci dovra pur essere!..oppure e' frutto del caso anche questo?) per cui una frazione di umani finisce sempre per predominare sul resto dell'umanita?
#89
Percorsi ed Esperienze / Re:Nun Me Scuccia'
14 Gennaio 2019, 04:56:56 AM
Citazione di: Ipazia il 13 Gennaio 2019, 18:12:37 PM
L'UE é il sogno, o meglio incubo, realizzato di chi piú la avversó: Margaret Thatcher.  Essa realizza l'annichilimento della società nell'individuo produttore-consumatore facile preda di ogni potere politico-economico neppure tanto forte.


fino a non molti giorni fa sono stato in Italia e a differenza delle altre volte ho percepito a pelle un malessere diffuso, che pero va detto,non era certo venuto fuori all'improvviso...se ho avuto più netta questa chiara sensazione e' dovuto molto probabilmente al fatto che stavolta, a differenza delle altre, la mia presenza era necessaria per sbrigare alcune questioni importanti per cui mi sono ritrovato di nuovo immerso nell' "ambiente Italia" e in definitiva come non mi avveniva da quando mi sono trasferito ben quindici anni fa.
in generale per chi vive in un posto tutti i giorni tende a non far molto caso ai cambiamenti..ma per chi come me ci ritorna a distanza di tempo, comporta un effetto diverso...naturalmente dipende pure dal livello di sensibilità di ciascuno.

Ebbene nonostante e' il mio paese, che amo, nonostante ho i miei affetti più cari...da una parte non posso negare che non vedevo l'ora di tornare,perche la sensazione più netta che ho avuto e' stata quella dell'oppressione ma anche dell'impotenza e dell'isolamento,quello dell'alienazione dei suoi stessi membri (questi credo lo descriva nei suoi motivi e nei suoi effetti in maniera ineccepibile l'articolo che ho postato sopra)

In base alla mia esperienza e in base alla mia particolare situazione che mi da l'opportunita di vivere in due posti cosi diversi e cosi lontani, mi sono fatto l'idea che "l'unione" (fra virgolette) europea e' come se fosse allo stato attuale l'epicentro di un fortissimo terremoto (chiaramente provocato)...e secondo me perché l'europa e in particolare i paesi mediterranei fino a non molti anni fa vi erano ancora presenti delle "sacche di resistenza" (che io definirei come sacche di marcata identità..successivamente smantellate, anzi massacrate fino alla loro quasi completa eliminazione) e alla diversissima mentalità delle generazioni precedenti..non ancora del tutto rincoglionite...

Il problema aggiunto e' che questi paragoni (ormai verificabilissimi) vengono osteggiati dalle stesse persone che ne sono affette  ;)
#90
Percorsi ed Esperienze / Re:Nun Me Scuccia'
13 Gennaio 2019, 03:17:52 AM
"Beh! meglio tardi che mai" disse lui. "No, tardi non è meglio; tardi è tardi", disse lei.
(Charles Schulz, Peanuts)


L'individualismo come fenomeno di massa non è un fatto psicologico congiunturale, che renderebbe i nostri contemporanei eccezionalmente egoisti o portati a ripiegarsi in sé stessi.  E' un fatto di struttura che mette l'attore individuale, coi suoi diritti ma anche i suoi interessi, in primo piano, con l'esclusione del resto. 

– il politico specialmente, che non ha più altro ruolo se non al servizio dei diritti e degli interessi individuali -
..Ne risulta un programma che si può riassumere così:  la libertà totale di ciascuno e' l'impotenza completa di tutti".

La citazione, forse un po' difficile, è di Marcel Gauchet. Storico e filosofo della storia, una  delle poche grandi menti rimaste in un'Europa dove il pensiero non serve più, 70 anni,  Gauchet mi pare colga bene il  "capolinea" in cui si  è ficcata la civiltà europea, e che angoscia e paralizza nel profondo – il senso di aver perso la strada. " La dinamica  dei diritti individuali –  dice –  diventa la macchina per dissolvere la capacità collettiva di governarsi,  detto altrimenti, della democrazia".
Il trionfo dei "diritti individuali"  è vissuto ovviamente dai più come  una grande liberazione, invece che una crisi – e crisi terminale; soprattutto, ci sembra un fenomeno di liberazione  spontaneo. Invece, spiega Gauchet, esso è indotto;  è il risultato di una "ipertrofia"  della dimensione del diritto; in concreto, dei diritto degli individui a spese delle altre dimensioni della vita collettiva.
E  questa ipertrofia ha degli autori: le oligarchie che hanno formato "la costruzione europea: essa è animata da una volontà post-politica, quella di ridurre la democrazia all'esercizio più largo possibile delle libertà individuali; che sono sì un elemento; ma la democrazia consiste essenzialmente e prima di tutto nella capacità di fare scelte collettive. La filosofia delle istituzioni europee, ossessionate dal superamento delle nazioni, consiste a suggerire ai cittadini: sfuggite all'autorità dei vostri stati. Il loro messaggio subliminale è che esse non hanno a che fare se non con individui, sui quali nessuno stato deve esercitare un'autorità indebita".
E non è un caso che questa ipertrofia dei diritti individuali coincida con la globalizzazione: "La quale dà a chi se lo può permettere di giocare il 'fuori' contro il 'dentro'.  Per esempio di trarre il massimo profitto dall'organizzazione di origini – per esempio un'alta istruzione gratuita – riducendo al minimo le obbligazioni  –  per esempio le imposte pagate".
Ben  sappiamo, abbiamo degli esempi grandiosi di multinazionali specialiste  in questo gioco.  "Ciò non accresce il sentimento di un destino comune da cui accettare le costrizioni in vista di un meglio collettivo".
 Dunque la politica è divenuta impotente, incapace di rispondere alle aspirazioni  delle popolazioni?
"Si tratta di un'impotenza fabbricata, e in un certo senso desiderata da certi attori della costruzione europea; la loro filosofia soggiacente è svuotare gli apparati politici nazionali di ogni sostanza. Instaurare uno spazio post-statuale, dove la 'governance', mescola di diritti e di regolamentazioni economiche, sostituisce il governare: ossia l'azione di governi eletti, sempre accusato di inefficacia e di arbitrio.  A perseverare in questa 'unione politica' senza politica si affonda in un buco nero catastrofico".
Particolarmente catastrofico proprio di fronte alla globalizzazione: in essa si affermano identità collettive fortissime (la Cina, gli Stati Uniti), mentre "l'Unione" Europea è incapace di pensare politicamente la mondializzazione: la sua logica spontanea è di dissolvercisi dentro. Essa dà una lettura della globalizzazione in cui si tratta di aprirsi sempre più, senza mai vedere il mondo globalizzato come quello in cui si tratta di situarsi strategicamente con scelte collettive forti. L'Europa, zona più aperta del mondo,è anche quella dove l'individualismo (dei "diritti individuali") è più potente".
In questo 'individualismo'  malato e paralizzante, abbiamo superato – dice Gauchet –anche gli americani. "Gli americani continuano a pensare che sono membri della nazione americana; gli europei penserebbero piuttosto di essere membri di nulla (de rien du tout).  Negli Stati Uniti la religione resta una armatura vivente, laddove gli europei sono quelli che sono andati più avanti nella liquidazione del loro passato".
Specie nei paesi latini, Gauchet vede che "gli inquadramenti collettivi, religiosi, sociali, comunitari sono i più radicalmente distrutti". E  la cancellazione non è limitata alle classi alte mondializzate. "quando si studia un villaggio della Francia profonda, si constata che non c'è più nulla della vita comunitaria che resisteva ancora trent'anni fa".
Cosa dobbiamo dire noi in Italia?  Solo pochi mesi fa il Garante dell'Infanzia (esiste anche questo) ha pubblicato dati agghiaccianti Su "L'incesto in Campania" – tanto da   farlo ritenere "normale"  in ambienti  provinciali di scarso livello culturale, dove una volta  la tradizione cristiana formava e la sua morale era tutto  quel cui si riduceva la loro "cultura"
Ora non ci sono più questi 'umili', ma solo praticanti del più devastante libertarismo e trasgressionismo consigliato dalle elites mediatiche – e ci sono esposti  senza difesa, come schiavi sessuali, i bimbi. La liquidazione di ogni traccia di religiosità porta ad effetti mostruosi.
Gauchet sottolinea una differenza fondamentale fra l'individualismo americano e quello, nuovo, europeo, a cui  non si pensa mai: "L'individualismo americano è quello del pioniere. Il pioniere si assume i rischi e si prende i duri colpi che gli si abbattono sopra – da cui anche il capitalismo americano, così feroce, "è vissuto come un fattore della potenza americana, la sua dinamica proiezione del mondo":
L'individualismo europeo, ohimé, "è in larga misura il prodotto dello Stato-provvidenza, che assicura a ciascuno di dispiegare la Propria libertà individuale nella sicurezza. E' una differenza fondamentale".
Si può ben dire. La mentalità corrente, il libertarismo di massa, congiurano dunque  con l'ideologia delle oligarchie euopeiste a rendere impossibile la svolta. Svolta politica, che s'impone perché "La fase neoliberale si sta esaurendo", e lo stato sociale (su cui si appoggiano tante "libertà"  trasgressive e irresponsabili ) viene smantellato sotto i nostri occhi.  Occorrono invece scelte politiche forti, da parte di politici capaci di vincere questa "libertà totale di ciascuno e impotenza completa di tutti".
Si chiama forse questo "Populismo"?  Additato dai media e dalle oligarchie privilegiate come un ritorno del  "nazionalismo" e anzi del 'fascismo' in Europa? "un risorgere dei totalitarismi" per Gauchet è un fantasma senza senso agitato dai propagandisti (demagoghi) dello status quo :
"Per molti aspetti, siamo agli antipodi del momento totalitario. Il partito unico, lo stato onnipotente, il culto del capo, tutto ciò è morto e sepolto.  Ciò che ci minaccia non è il 'tutto-politico', ma è la dissoluzione della coerenza politica delle nostre società". Ma attenzione, conclude il filosofo della politica: "Dopo lo schiacciamento dell'individuo da parte della società" di cui si accusano i totalitarismi, "siamo nel sogno dell'individuo  SENZA società:  che non è più vivibile di quello".

Fonte:
https://www.maurizioblondet.it/europei-vi-siete-ridotti/