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Messaggi - doxa

#751
Afrodite Pándēmos: è in genere adorna di fiori ed è associata alla primavera, alle gioie dell'amore e alle emozioni dell'innamoramento.


La potenza divina di Afrodite Pandémos è l'amplesso (gamos), che ha una dimensione sacrale: sacra  perché  manifesta "la forza" (dynamis) che congiunge l'elemento maschile con l'elemento femminile.


Pandémos: antica parola greca composta da "pan" (= tutto) + "demos" (= popolo), allude a tutta la popolazione.



Gli antichi Greci, però, non usarono mai  la parola "pandemìa" nel significato medico che le diamo noi oggi.  Questa parola fu coniata nell'ambito medico  alla fine del XVIII secolo sul modello di "epidemia", lemma usato nel IV sec. a. C. dal medico greco Ippocrate (460 a. C. circa - 377 a. C. circa, considerato il fondatore della medicina) per indicare il rapido diffondersi di una malattia contagiosa.


Egli rivoluzionò il concetto di medicina, tradizionalmente associata con la teurgia e la filosofia, stabilendo la medicina come professione.In particolare, ebbe il merito di far avanzare lo studio sistematico della medicina clinica, riassumendo le conoscenze mediche delle scuole precedenti, e di descrivere le pratiche per i medici attraverso il "Corpus Hippocraticum" e altri testi.


Il culto di Afrodite Pandémos era diffuso in numerose località dell'antica Grecia. A Elis  fu rappresentata dallo scultore e architetto greco Skopas (390 a. C. circa – 330 a. C. circa) mentre cavalca un ariete: Afrodite Epitragia.



Charles Gleyre, "Aphrodite Pandemos", 1854.



Cammeo di epoca romana,  I secolo a.C. - II secolo d. C., Museo  archeologico nazionale di Napoli
#752
Afrodite, antica dea greca associata all'amore, alla bellezza, alla sessualità e alla procreazione. Era denominata Venus dagli antichi Romani.


Esiodo fa derivare il nome  Afrodite da aphrós (= "schiuma di mare"), interpretando il nome come "nata dalla schiuma", gli studiosi, però, considerano tale nome non di origine greca ma  semitico o mesopotamico: il culto di Afrodite  derivò da quello della dea fenicia Astarte, affine alla dea semitica orientale Ishtar.


In Grecia i principali centri di culto di Afrodite erano Cythera , Cipro , Corinto e Atene.


Dagli antichi Greci veniva festeggiata per alcuni giorni nella stagione estiva con  gli  Aphrodisia,  dai Romani l'1 aprile con i Veneralia.


Afrodite come dea dell'amore è presente anche nel  "Sympòsion" di Platone.


Il testo è strutturato in forma di dialogo narrato, o meglio, in un agone oratorio, in cui ogni interlocutore espone con un ampio discorso la propria teoria su  Eros, durante un banchetto offerto dal poeta Agatone.


Il secondo a parlare fra gli ospiti è il politico ed oratore Pausania, il quale  critica Fedro per aver lodato Eros in modo generico.


Platone fa dire a Pausania (Simposio, 180c-185c)  che ci sono due Afroditi e due Eros: l'Afrodite Urania, "celeste" (spirituale),  figlia di  Urano ma non ha madre,   e l'Afrodite Pandèmia, popolare (sensuale)  figlia di  Zeus e di Dione; c'è l'Eros Pandemio e l'Eros Uranico.


Anche l'Eros Pandemio è sensuale, rivolto al corpo e non all'anima; gli interessa solo lo scopo e non il modo.


Invece l'Eros uranio è teso alla spiritualità,  ha come fine la virtù.


Pausania sviluppa il suo discorso  analizzando il rapporto tra amanti omosessuali collegato al relativismo etico, per cui nulla è in sé buono o cattivo, dipende dai modi in cui le scelte vengono fatte. Il suo discorso si conclude con la ricerca della giustificazione dell'amore omofilo.


Per evitare confusione è meglio dire che Afrodite è una, distinta in due suoi aspetti, identificati da due dei suoi numerosi epiteti, idem per Eros.


Afrodite Urania è la dea dell'amore spirituale che sublima la sessualità; è priva di  hỳbris, di volgarità, di prevaricazione.


Invece Afrodite Pandémia  (Pandémos vulgivaga) è la dea  dell'amore sensuale, dell'attività sessuale.


L'amore volgare desidera solo il corpo, quello celeste desidera l'anima.
#753
Il recente libro dell'archeologo Mario Torelli (1937 –2020) titolato "Ritorno a Santa Venera. Storia del santuario di Afrodite Urania-Venere Iovia di Paestum" (edizioni ETS, collana di studi del Parco archeologico di Paestum e Velia) mi ha motivato ad approfondire l'argomento e indotto a scrivere alcuni post in questo topic, che penso necessiti del contributo dei forumisti amanti della filosofia, in particolare Platone, per togliere o aggiungere alcune parti da quanto da me scritto. 


Paestum, l'antica città della Magna Grecia, denominata dai coloni elleni Poseidonia in onore di Poseidone, il dio del mare, ma essi erano molto devoti anche alle dee  Atena ed  Era.


I resti archeologici dimostrano che l'area fu abitata fin dall'epoca paleolitica.

 
La fondazione della colonia da parte dei Greci sarebbe avvenuta in due tempi, come loro uso: prima la costruzione  sulla costa di una fortificazione ("teichos"), necessaria per i loro scambi commerciali, che avvenivano via mare e via terra, fino alle zone interne,  poi giunsero altri coloni e crearono  l'oikesis, la città, nel VII sec. a. C..


Tra il 420 e il 410 a. C. Poseidonia fu conquistata dai Lucani e la località venne da loro chiamata "Paistom".


Nel 273 a. C. Roma sottrasse Paistom alla confederazione lucana e vi  collocò una propria colonia di veterani. Il toponimo venne di nuovo cambiato: da Paistom a Paestum.


L'estensione dell'antico abitato è ancora oggi riconoscibile, racchiuso dalle mura di epoca greca,  modificate in epoca lucana e poi romana.


Nel 1907 in un'area fuori le antiche mura di Paestum, in località Santa Venera, durante lavori di scavo per impiantare la fabbrica della Cirio vennero alla luce alcuni resti di un complesso templare dedicato al culto di Afrodite Urania (Venere Iovia per i Romani), vicino il corso del fiume Salso e al margine di una vasta necropoli.


Il sito extra moenia fu scavato a più riprese:  è composto da  un tempio preceduto da un portico,  il temenos (recinto sacro),  le sale per riunioni e stanze  per lustrazioni.


I resti murari contrastano con i celebrati templi entro le mura.


L'area del santuario è rettangolare. 


Il prof. Mario Torelli  nei suoi scavi con l'aiuto di collaboratori (1982 – 1984) identificò  l'ambiente dedicato ad Afrodite Urania e la raffigurazione nella cella del cerchio, simbolo del planisfero celeste, simile a quello che c'è in un edificio templare dedicato alla dea ad Olimpia, in Grecia.


Alcune iscrizioni della fine del  I sec. a. C. rinvenute  in loco narrano  che due sacerdotesse, Sabina e la nipote Valeria,  fecero rifare i pavimenti, aggiunsero nuovo arredo, una cucina e cinque "strongyla": nicchie a ferro di cavallo che servivano per il bagno lustrale delle fanciulle nel rito di passaggio semi-pubblico  che le preparava al matrimonio.

La sacerdotessa aveva anche la funzione di "mnamon" (= memore), tramandava gli usi sacrali alle ragazze che frequentavano il luogo sacro, nel quale c'erano anche stanze riservate ad alcune prostitute, però non era "prostituzione sacra", ma sfruttamento economico di donne.

Il rito iniziatico delle nubende spiega la lunga vita del santuario e consente di allargare lo sguardo ad analoghi siti nelle colonie achee della Magna Grecia (Crotone, Metaponto) e in Grecia (Olimpia, Atene).
#754

Leib, non sono d'accordo con la tua opinione.


La morte è il premio della vita per chi vive in modo disperato.


Le persone "normali" non aspirano alla morte. Ma questa verrà per tutti e non come "premio"; non  tutti si rassegnano, perciò si appigliano alla speranza, all'illusione religiosa nell'aldilà.


Alla notte segue il premio del giorno ?


Non capisco se questa tua affermazione è intrisa di religiosità o che altro.


Per me il susseguirsi del giorno e della notte è soltanto un evento astronomico.


La Terra ruota sul proprio asse  di rotazione immaginario, dal quale deriva il giorno e la notte. E' il tempo che la Terra impiega per completare un intero giro di rotazione.


Col suo moto di rotazione la Terra espone gradualmente al Sole tutte le parti della sua superficie. E in questa meccanica celeste non c'è poesia, non c'è religione.
#755
Riflessioni sull'Arte / Venere e Cupido mingente
12 Gennaio 2021, 16:44:06 PM



Con l'immaginario zoom vediamo un po' meglio il volto  di questa Venus di Lorenzo Lotto.

Se il criterio per decidere la bellezza  corporea è soggettivo, allora debbo dire che il viso di questa donna non mi piace, è plebeo. Va be, non posso pretendere dalla modella, economicamente povera, che posò per l'artista veneziano anche la sembianza delle veneri scolpite greco-romane o quelle realizzate da Canova.


Lo so, i criteri estetici sfuggono alla comprensione soddisfacente dell'attrattiva facciale.

La bellezza suscita emozioni positive a seguito di un rapido paragone effettuato consciamente od inconsciamente, con un canone di riferimento interiore, acquisito tramite l'istruzione o per consuetudine sociale.

Il giudizio estetico dipende dalla propria personalità, dalle proprie esperienze, dalle conoscenze, dai pregiudizi, ecc..



La bellezza attrae,  dà piacere a chi la guarda, offre l'esperienza estetica, ovviamente soggetta all'arbitrarietà, perché deriva dall'azione coordinata di differenti processi psichici: percezione, attenzione, memoria, immaginazione, pensiero, emozione, ed altro.

#756
Riflessioni sull'Arte / Re:Venere e Cupido mingente
12 Gennaio 2021, 16:23:15 PM


"golden rain" in libertà :D quando l'apparato urinario va bene.

La "diceria dell'untore" afferma che Zeus era un millantatore riguardo la sua "ars amatoria", aveva la prostata notevolmente ingrossata e quella "pioggia d'oro" su Danae non ci fu, ma egli era il capo degli dei e non si poteva sminuirlo pubblicamente.

Anche Giunone non se la passava bene. Era soggetta a continue cistiti.
Altre deità soffrivano di calcoli renali.

Pure Michelangelo Buonarroti era sofferente di calcoli renali. In una sua lettera del 1549 scrisse:
"Io ò bevuto circa due mesi sera e mattina d una aqqua d una fontana che è a quaranta miglia presso Roma, la quale rompe la pietra; e questa à rotto la mia e fattomene orinar gran parte"[...]

Papa Bonifacio VIII, che era nato in Ciociaria, conosceva Fiuggi e la fonte con l'acqua curativa.

A proposito di minzione e di reni..., di questi se ne parla poco, eppure sono indispensabili; vengono attraversati ogni giorno da 180 litri di sangue; essi servono a ripulirci dalle scorie; in loro scorre l'urina che, dopo sofisticati processi di filtrazione, consentono l'eliminazione di sostanze dannose all'organismo.

Vittorio Lingiardi in un suo articolo sul settimanale "Domenica" del "Sole 24 Ore" pubblicato  l'altro ieri, 10 gennaio 2021, dice che dobbiamo pensare ai reni come a una coppia di custodi dell'omeostasi e di garanti del nostro equilibrio idrosalino; stimolano il midollo osseo a produrre globuli rossi, garantiscono la produzione di vitamina D, senza la quale saremmo rachitici, regolano la pressione sanguigna.


Già Ippocrate ammoniva a controllare spesso la propria urina: guardare la trasparenza (limpida, opalescente o torbida), annusare l'odore e assaporarla.



Lingiardi nel suo articolo sopra citato offre un piccolo "Bignami" sui disturbi della minzione:


stranguria: emissione dolorosa dell'urina, come in alcuni tipi di cistite;

poliuria: se di urina ne fuoriesce tanta;

oliguria: se è poca;

anuria: se è assente;

pollachiuria: se è frequente;

nicturia: se è notturna.

Nel passato numerosi trattati di medicina nefrologica e urologica furono titolati "De urinis", per esempio da Galeno e da altri della famosa "scuola medica salernitana".

Gilles de Corbeil, medico francese di scuola salernitana, oltre al suo trattato titolato "De urinis", scrisse un poema in versi, il "Carmina de urinarum".

Ora che avete letto questo post, non vi scappa la pipì ? :D 
#757
Riflessioni sull'Arte / Venere e Cupido mingente
12 Gennaio 2021, 16:12:00 PM

Lorenzo Lotto: "Venere e Cupido mingente", 1530 circa, olio su tela, Metropolitan Museum, New York.

Il noto artista realizzò questo dipinto forse in occasione del matrimonio tra Gerolamo Brembati e Caterina Suardi, appartenenti a due famiglie economicamente facoltose di Bergamo.

Rappresenta l'allegoria dedicata al matrimonio e alla fecondità

Iconografia:

La nuda Venere è quasi  distesa su un panno blu; è piegata verso il lato sinistro e con l'avanbraccio sorregge la parte superiore del suo corpo; il braccio destro è sollevato verso l'alto e con la mano tiene la ghirlanda di mirto, pianta sacra alla dea; nella parte bassa  della ghirlanda è appeso con la catenella un piccolo bruciatore d'incenso.

Sul capo di Venus  c'è il diadema, coronamento dell'amore con il matrimonio,  e il velo tipico delle spose  del '500 che le scende dietro le spalle fino al bacino.

Nel lobo dell'orecchio sinistro pende l'orecchino con una perla, la quale simboleggia la purezza, l'illibatezza della donna. 
 
Vicino a lei, in piedi,  c'è il sorridente Cupido alato, con la faretra sulla spalla sinistra; l'eroto è intento nell'atto della minzione; fa la pipì centrando la ghirlanda, che sorregge anche lui con la mano sinistra;  l'orina giunge sul grembo di Venere;  chiara allusione erotica alla fertilità.

Fa da sfondo una tenda di colore rosso appesa anche ad un tronco d'albero con  dell'edera, simbolo dell'amore eterno.

Gli oggetti sparsi attorno hanno vari significati allegorici:

appesa al di sopra della testa della donna c'è una cornucopia, simbolo di fecondità;

i petali di rosa sparsi sul corpo di Venere  sono un ulteriore simbolo di femminilità.

In questo dipinto mitologico il pittore Lorenzo Lotto aggiunse in terra, sul lato sinistro di Venere  altri tre simboli:

una rosa: simboleggia l'amore che trionfa;
 
il serpente:  evoca il racconto biblico di Adamo ed Eva, nel quale il serpente è la rappresentazione del demonio tentatore;

il bastone simboleggia il potere maritale.
#758
Riflessioni sull'Arte / Crono, Medea
10 Gennaio 2021, 05:36:01 AM
Buongiorno Sapa, sono contento che ti sia piaciuto il tema proposto. :) 

Da quanto ho potuto leggere, la Medea di Euripide mi sembra più lineare.

Invece con Apollonio di Rodio c'è da districarsi con i rapporti parentali.
 
Apsirto è fratello di Medea, perciò cognato di Giasone.

Medea e Giasone con inganno attirano Apsirto con dei doni e lo uccidono.

Pelia è zio di Giasone ma è anche padre di  Apsirto e di Medea.

Pelia rifiuta di concedere il suo trono al nipote, come aveva promesso in precedenza. Medea allora per aiutare l'amato usa le proprie abilità magiche e con l'inganno fa uccidere Pelia, il padre.

Aiutami a capire meglio  :-\
#759
Riflessioni sull'Arte / Crono, Medea
09 Gennaio 2021, 12:16:04 PM
Crono, Medea dalla mitologia alla psichiatria.

Crono, chiamato Kronos dagli antichi Greci e Saturno dai Romani.

In ambito psicologico è  citato  nella cosiddetta "sindrome di Crono"; la versione femminile è detta "sindrome di Medea".

La cosiddetta "sindrome di Crono" induce il padre ad uccidere i figli, a volte sopprime anche la moglie, poi si suicida. 

La "sindrome di Medea", invece, allude alla madre che uccide i suoi figli, e a volte poi  si uccide.

Le due tragedie, maschile e femminile, scaturiscono da varie motivazioni.

In ambito psicologico la "sindrome di Crono" allude al timore, alla paura di un uomo di essere sostituito da un altro nel ruolo di marito e padre nella famiglia che ha creato. La tensione, lo stress può innescare il tentativo o l'atto di "sabotare" la moglie uccidendo i figli.


Francisco Goya, "Saturno che divora suo figlio", 1821 – 1823, museo del Prado, Madrid

Secondo la cosmogonia greca, a Crono fu profetizzato che uno dei suoi figli lo avrebbe privato del potere e sostituito, perciò iniziò a divorarne uno alla volta. La moglie Rea riuscì a porre in salvo solo Zeus, il sestogenito,  trasferendolo nell'isola di Creta.  Il dipinto raffigura Crono con lo sguardo allucinato in preda alla foga cannibalesca mentre divora uno dei suoi figli appena nati. La violenza diventa energia del male.


Medea nella mitologia.

Giasone, marito di Medea,  preferisce abbandonare la moglie per convivere con Glauce, figlia di Creonte, re di Corinto. Medea si dispera, ma Giasone è ingrato e indifferente al dolore della donna, la quale si adira e medita la vendetta. Con un particolare veleno riesce ad uccidere Glauce e Creonte.

Euripide narra che la vendetta di Medea continuò. Dopo angosciosa incertezza uccise i suoi figli, avuti con Giasone, per farlo soffrire atrocemente e non dargli la discendenza.

Eugène Delacroix, "Medea", 1862, Museo del Louvre, Parigi
Il viso di Medea è in penombra, stringe il pugnale, afferra con forza i figli, volge lo sguardo altrove.

Delacroix dipinse Medea in tre versioni: la prima, conservata al Museo di Lille, è del 1838; la seconda, del 1859 e nella Staatsgalerie di Berlino; l'ultima versione, del 1862, è al  museo del Louvre.

Per la criminologia clinica, la "sindrome di Medea" coinvolge la madre che ha problemi conflittuali con il partner. La donna per scaricare la sua aggressività e frustrazione può arrivare ad uccidere il figlio o i figli, come simbolico strumento di potere e di rivalsa sul coniuge. Comportamento finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali:  così l'uccisione diventa simbolica; si mira a sopprimere il legame coniugale e la distruzione della famiglia.

Dal punto di vista psicologico, nel momento dell'uccisione del figlio, la madre raggiunge l'apice del delirio di onnipotenza e si  considera giudice di vita e di morte.

A volte la madre si uccide insieme ai figli, drammatica conclusione di situazioni di sofferenze, di violenze psicologiche, di incomprensioni, di abbandoni.

Euripide fa dire a Medea: "Non si può giudicare in modo obiettivo quando ci si sofferma soltanto all'apparenza: bisogna conoscere l'animo di una persona e non odiarla a prima vista"
#760

Guido Cagnacci, "Allegoria della vita umana", olio su tela,  1650 circa,  Fondazione Cavallini-Sgarbi, Ferrara.


Il pittore in questo dipinto vuol rappresentare la bellezza femminile  come allegoria della vita umana.

Il corpo seminudo della giovane con lo sguardo in estasi evoca l'erotismo, ma sono presenti anche  altri simbolismi.


1. Sospeso in aria, sopra il capo della donna c'è  l'immagine dell'uroboro, il serpente che si morde la coda e forma un cerchio che simboleggia la vita eterna, l'eterno ritorno.


2. La ragazza con la mano sinistra sollevata in alto sorregge la clessidra, che  simboleggia il tempo che corre e la transitorietà della vita. 


3. Nella mano destra, tra il pollice e l'indice  regge  due gambi, quello di una rosa e quello di un soffione.  Li tiene con le dita congiunte in modo da alludere all'unione sessuale, al desiderio, sul quale il tempo è implacabile.


La rosa è simbolo dell'amore che trionfa; è legata alla mitologia di Venere e Adone. 
Il bocciolo ben chiuso evoca la castità femminile mentre larosa sbocciata rappresenta bellezza giovanile.


Nel linguaggio dei fiori il "soffione" (taraxacum officinale) simboleggia la speranza e la fiducia, ma è anche collegato al viaggio e al distacco come metafora della vita. 


4. Il tempo renderà la testa di  questa giovane un teschio, simbolicamente collegato alla fugacità della vita e alla morte.


L'autore del dipinto, Guido Cagnacci, esponente del Barocco italiano, nei suoi quadri collegò spesso  l'immagine del teschio con quella di una bella donna, come per invitare l'osservatore a riflettere sulla caducità della bellezza e a farsi coinvolgere dall'eros.
#761
Tematiche Culturali e Sociali / Tempus fugit
07 Gennaio 2021, 11:42:07 AM
Ipazia ha scritto
CitazioneTempi ce ne sono tanti e ciascuno ha la sua unità di misura.

Buongiorno Ipazia. Si è vero. Secondo gli psicologi sociali il nostro apparato psicologico e neurale è un pessimo valutatore del tempo oggettivo.

Lo psicologo  sociale statunitense Philip Zimbardo, (figlio di genitori italiani originari della Sicilia) ha effettuato delle ricerche in merito con la collaborazione dello psicologo John Boyd ed altri. I risultati li ha pubblicati nel suo libro titolato: " Il paradosso del tempo". Egli ha individuato sei orientamenti psicologici: 

orientamento psicologico positivo verso il proprio passato
:  gli individui con questo orientamento psicologico  ricordano il proprio passato con piacere e nostalgia;  amano la continuità nella propria famiglia ed i connessi  rituali, hanno  autostima  e sono socievoli. Non gradiscono i cambiamenti e le novità. Sono i cosiddetti "laudatores temporis acti" (lodatori del tempo passato; Orazio "Ars poetica"),  frequenti tra le persone anziane. Orazio critica tale orientamento, perché denota l' incapacità di accettare le innovazioni del presente e di adeguarsi al progresso.



Orientamento psicologico negativo verso il proprio passato
: è causato da esperienze traumatiche, dolorose, da ingiustizie e delusioni. Le persone comprese in questo tipo di orientamento psicologico tendono alla depressione, all'ansia e all'aggressività.  Chi rimane prigioniero del proprio passato rinuncia ad immaginare il proprio futuro in modo creativo, progettuale.



Orientamento psicologico edonistico verso il presente
:  come nei bambini, che trovano nel gioco il divertimento e la gratificazione. Gli adulti compresi in tale orientamento psicologico tendono all'amicizia, sono creativi ma possono avere scarso autocontrollo. I tossicodipendenti, o i borderline, sono orientati al presente-edonistico, agiscono in base a un istinto di piacere, vivono il presente e pensano poco alle conseguenze delle proprie azioni.



Orientamento psicologico fatalistico verso  il presente
:  l'individuo si affida al fato e pensa che tutto sia determinato dal caso. Tende ad essere ansioso ed aggressivo.



Orientamento verso il futuro con  progetti ed obiettivi
: è tipico di chi pensa che ogni mattina si debba pianificare la giornata e che rispettare le scadenze sia più importante del divertimento. Chi appartiene a questa categoria di solito è coerente  e perseverante, ed ha autocontrollo.  L'eccesso di programmazione può causare l'ansia, la competitività e l'asocialità.



Orientamento verso il futuro trascendentale
: come nei credenti una religione, in chi crede alla vita oltre la morte. In questo gruppo ci sono molte persone anziane.
#762
Dalla seconda metà del '400 e nel '500  anche noti personaggi  pubblicarono le loro riflessioni sull'arte del ben morire, per esempio Girolamo Savonarola, Martin Lutero, il cardinale Roberto Bellarmino.


Nel 1534 il filosofo e teologo Erasmo da Rotterdam pubblicò il "De praeparatione ad mortem", nel quale dice, tra l'altro, che la vita onesta prepara alla morte serena e indica due "cure" contro la paura del "trapasso":


una invita il lettore a percorrere mentalmente le tappe della propria esistenza per rendersi conto della sua caducità e di quanto sia colma di preoccupazioni e di dolori;


l'altra si incentra sulla fede in Dio, unica difesa atta a sconfiggere i limiti, le imperfezioni e la fragilità della condizione umana.


L'Ars moriendi propone anche rimedi per liberarsi dalla paura della morte spirituale, la cosiddetta "seconda morte" che condanna alle pene eterne dell'inferno.


La finalità del "ben morire" interagisce con quella dell'ars vivendi intesa come educazione alla vita.


Per superare il timore del "momento del commiato" ;D Erasmo consiglia i precetti divini che è necessario seguire per affrontare serenamente l'esistenza.




#764
Tematiche Culturali e Sociali / Tempus fugit
03 Gennaio 2021, 17:55:58 PM


Otto van Veen, "Allegoria del tempo", 1607, musée de l'hospice Comtesse, Lille (Francia)

La  frase "tempus fugit" (= "il tempo fugge") è spesso presente in cima agli orologi a pendolo,  negli orologi solari con lo gnomone o nelle meridiane  presenti sui muri di alcuni edifici.

Tradizionalmente il quadrante è accompagnato da un motto. Spesso è costituito da un gioco di parole, a volte è un'ammonizione che ricorda all'uomo il suo ineluttabile destino.

La locuzione latina "tempus fugit" deriva da un verso scritto nelle  "Georgiche", "Sed fugit interea fugit irreparabile tempus" (= "Ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo") (Virgilio, Georgiche, III, 284)




Il "tempus fugit" è anche una filosofia di vita paragonabile al  "Carpe diem".

L'antico poeta Orazio (65 a. C. – 8  a. C.) nell'undicesima ode del primo libro delle Odi (Carmina) dice alla ragazza: "Non cercare di sapere, o Leuconoe (saperlo non è lecito) quale fine gli dei abbiamo assegnato a me, quale a te .... sii saggia ! ... restringi in un ambito breve le lunghe speranze. Mentre noi parliamo, sarà già sparita l'ora, invidiosa del nostro godere. Cogli la giornata d'oggi e confida in meno possibile in quella di domani". 

E' inverno e sibila forte il vento. Raccolti nel tepore di una stanza, il poeta e Leuconoe (la fanciulla "dagl'ingenui pensieri" ) si godono il loro momento di intimità.  Leuconoe,  per passare il tempo, si dedica a calcoli astrologici per sapere se essi vivranno a lungo. Il consiglio dato dal poeta invece è quello di bere e godersi il presente, che è un attimo che non rivivranno mai più; da qui nasce l'espressione che ha reso celebre l'ode: "carpe diem".

L'attimo presente ? Ma cos'è il tempo ? Non è un attributo dell'universo.
Comprenderlo significa capire il prima, l'adesso e il dopo.

E' un espediente credere che esista il tempo. E' una modalità per separare gli eventi.

Noi viviamo l'eterno istante. Diciamo che il tempo scorre, ma è la nostra  mente che lo immagina scorrere.

L'unico tempo che riusciamo realmente a percepire è il presente.

Il passato  è affidato alla memoria ed il futuro lo affidiamo all'immaginazione. Sono rappresentazioni in connessione col presente.

C'è il tempo scandito dall'orologio e dal calendario e c'è il tempo psichico, che è soggettivo e variabile, lo crea la mente per distinguere il passato il presente e il futuro.

C'è anche il "tempo cristiano": la rivelazione giudaico-cristiana proclama che il tempo ha un inizio ed una fine.
Alla fine dell'anno 2013  papa Francesco propose questa riflessione: "La visione biblica e cristiana del tempo e della storia non è ciclica ma lineare, è un cammino che va verso un compimento. Un anno che è passato non ci porta a una realtà che finisce ma che si compie, è un ulteriore passo verso la meta che sta davanti a noi, una meta di speranza, felicità, perché incontreremo Dio, ragione di speranza e fonte di letizia".

Il tempo cristiano  non è storico ma escatologico, è rivolto verso un fine ultimo. Il passato e il presente hanno un senso che può essere scoperto solo in relazione all'incarnazione  del Figlio di Dio e al Giudizio finale.



#765
Tematiche Spirituali / Re:Natività
26 Dicembre 2020, 16:04:59 PM
Il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002, nel  suo libro "Il Vangelo secondo Giovanni" introduce il lettore alla comprensione del significato della parola "logos" (tradotto in latino con "Verbum" ed in italiano con "Verbo")  nel prologo  giovanneo.

Martini, teologo e biblista, nel volumetto   esamina  la rilevanza che ebbe per l'apostolo il logos  considerato il Figlio co-eterno e con-sostanziale con il Padre.

Nella lingua greca la parola "logos" può avere vari significati, perciò l'autore del libro si domanda perché l'evangelista scelse quel lemma anziché altri più precisi.

Per esempio, se voleva indicare l'azione creativa di Dio, perché non  scelse il vocabolo"rema", che forse era il termine più adatto ?

Se voleva indicare la «sapienza», perché non preferì "sophia" ?

Secondo gli esegeti la derivazione del logos giovanneo è di tipo sapienziale o veterotestamentario.

Per il defunto cardinale Martini il logos citato dall'evangelista ha cinque significati.   

1. ragione d'essere della realtà; 2. parola creatrice: Dio creò tutto con la parola; 3. sapienza che presiede alla creazione, quindi sapienza ordinatrice; 4. parola illuminante e vivificante; 5. parola rivelatrice: il Figlio di Dio viene fra noi in Gesù (s'incarna), ed è Gesù che rivela il Padre.

1. Logos, ragione ultima delle cose:
l'esistenza di ogni individuo ha una ragione, un perché, un significato. E questo significato ultimo è in Dio.

2. Logos, parola creatrice:
la ragione ultima di ogni cosa è la parola creatrice di Dio, come creatrice  è la parola di Cristo. "In principio Dio creò" (Gn1:1).

3. Logos, sapienza ordinatrice:
al pensiero ebraico più che il logos era consono il  concetto della "sapienza": l'ebraismo non ebbe  filosofi nella sua storia anteriore al cristianesimo, ma frequenti furono i "sapienti". Questa "Sapienza" nei libri didascalici del periodo ellenistico viene considerata in Dio, nella sua sapienza ordinatrice.   

4. Logos = phos (luce) e zoè (vita) :
logos, nel senso di phos (luce): "Fiat lux" nel primo capitolo della Genesi evidenzia la capacità di Dio di creare mediante il Verbo; Come Logos, Gesù Cristo è Dio in autorivelazione (Luce) e redenzione (Vita).

5. Questo Logos è Gesù Cristo fra noi che ci parla del Padre: le parole di Gesù, che leggiamo nel Nuovo Testamento costituiscono il significato luminoso ed edificante dell'esperienza umana, come noi la percepiamo.