Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Apeiron

#751
Canone Pali: mi ha fatto ragionare molto su quanto ci facciamo intortellare dalla visione convenzionale, dal fatto che spontaneamente per "capire il mondo" (cosa necessaria per la sopravvivenza) dividiamo il mondo in "cose", in sedie, in tavoli... senza renderci conto che questo "mondo" esiste solo nella nostra mente. Il Nirvana è anche liberarci da prendere le convenzioni come assolute (in questo senso ritengo che il buddismo non ponga una Realtà Assoluta... si sta parlando a livello epistemologico e non ontologico), pur non essendo una ribellione contro le convenzioni.

Buddismo Mahayana: mi interessa specialmente per il fatto che è molto meno stringente sui dogmi del buddismo Theravada/Canone Pali, che forse è più vicino a quello originario. RIconosce per esempio l'esistenza di più "upaya", modi diversi per la liberazione. Inoltre la Prajna-Paramita e Nagarjuna (che alcuni tra gli stessi teravadins) nel loro attacco ancora più potente contro l'attaccamento alle convenzioni (di cui parlavo prima) dannoo un forte argomento per dire che il Nirvana è il "completamente altro" rispetto al Samsara. Inoltre essendo fuori dalla nostra portata il Nirvana diventa in realtà un qualcosa che possiamo trovare senza cercarlo, possiamo afferrarlo se non lo afferriamo: ossia non dobbiamo "uscire" dal samsara, ossia non dobbiamo ignorare gli esseri e i fenomeni per liberarci. In verità quello che cambia è solo il nostro modo di vedere le cose. Ammiro poi la filosofia del Bodhisattva, una sorta di "buddismo missionario", quasi assente nella filosofia theravada (Dhammapada: "non associarti con i folli...vai da solo come un elefante nella foresta"), che dice questo: "se Nirvana significa capire che l'individualità è illusoria che senso ha battersi per la propria liberazione e non quella degli altri?". Vedo in genere molta più enfasi alla moralità (sila). Tutto questo lo vedo molto ben sintetizzato nella Lankavara sutra, nella Cittamatra (Yogacara) e nella dottrina della Natura di Buddha, eguagliata con il Fondamento (Dzogchen) o della mente luminosa, della "mente senza confini". Nella filosofia Yogacara si capisce che i fenomeni sono davvero "solo mente" perchè è la nostra mente a classificarli, dividerli in "cose" ecc. Il Nirvana è un cambiamento di noi stessi, della nostra mente. La natura di Budda è prima delle distinzioni, la Mente Luminosa è una Non-Mente, a livello ultimo "samsara" e "nirvana" non sono separati, anzi è sintomo dell'essere nel samsara vederli separati. Questo tipo di buddismo d'altronde è "sbarcato" con facilità nella Cina che a differenza dell'India non "nega il mondo" ma lo "afferma". D'altronde se la Natura di Budda è la "natura originale", libera dalle imperfezioni e dalle distinzioni... è molto simile allo stato di "naturalezza" del taoismo, rappresentata dalla "semplicità senza nome" del "pu", il blocco di legno non scolpito. D'altronde in Cina il buddismo trovò una filosofia taoista che cercava di liberare l'uomo dalle distinzioni, dalle rappresentazioni e di ritornare alla "vacuità" dell'"indefinito" Tao. Ma del taoismo parlerò domani...
#752
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
29 Luglio 2017, 15:59:15 PM
@Sari, credo di essere entrato nella "mia" corrente visto che "dottrinariamente" mi sento lontano da ciascuna dottrina. Percepisco talvolta affinità varie ma non ne ho trovata nessuna nella quale mi riconosco veramente. Di certo apprezzo il genio di Budda e capisco che non è facile essere davvero soddisfatti "a spazzare le foglie", d'altronde quel genio di Siddharta ci ha messo anni (sempre che non sia tutto un mito...). Una delle cose per esempio che non sono d'accordo è che ci sia solo una via per uscire dal "dukkha" (le "sofferenze necessarie" d'altronde non credo si possano dire davvero "dukkha") se è davvero possibile. Leggo opere di saggi di varie tradizioni e nei loro insegnamenti più alti vedo più che altro somiglianze, quasi che raggiungano la stessa cima da parti diverse e quindi la descrizione del processo sia diverso. Ovviamente tutto questo può essere "apofenia" (ossia vedere somiglianze o regolairità dove non esistono) che guarda a caso avvengono specialmente nei momenti di "gioia". Piuttosto concordo con il "Siddhartha" di Hesse, che la saggezza non è totalmente comunicabile. E concordo con i mahayana: ci sono forse diversi veicoli (upaya). Ovviamente se raggiungere quello stato è mai stato possibile coi propri sforzi (è interessante notare che alcune scuole buddiste, seppur minoritarie, sino-giapponesi invitino ad una sorta di "protestantesimo buddista": "salvezza con solo fede".). D'altronde non vediamo nessun Liezi che cavalca il vento, nessun Mogallana che riesce a rendersi invisibile... Forse è tutto un mito? Un mito che ci fa riconoscere la nostra "piccolezza"?

@Phil gli istinti primari devono essere soddisfatti anche nel buddismo, che è d'altronde la "Via di Mezzo". Quello che viene messo in luce è la problematica attaccamento-avversione che è la radice dell'insoddisfazione. Ossia bisogna soddisfare gli istinti ma non esserne attaccati. Nello Chaung-Tzu (taoista, non buddista e molto meno ascetico del buddismo) c'è scritto: "e se il nostro amore per la vita è una follia? e il nostro odio della morte è come lo smarrimento del fanciullo che non sa trovare la via del ritorno casa?" (ossia per come lo interpreto io: vedere la mia vita come "mia" potrebbe essere un eccesso, una visione sbagliata. Idem vedere la morte come una "minaccia" o un "limite" o una "condanna o un'ingiustizia" potrebbe essere un problema.). Il vero problema è come dice il Sari che abbiamo una visione distorta di noi stessi. In ogni caso quando ho parlato di "visione cosmica" e ho sollevato il polverone (che nel messsaggio iniziale del Sari molto probabilmente non c'era nemmeno implicitamente - ma come ho già detto mi è particolarmente difficile "trattenermi" specie in questi giorni) è perchè quando trattiamo di un argomento come questo bisogna affrontarlo a più livelli. Ma ciò che può distinguere un discorso di filosofia da un discorso di psicologia è proprio la presa di posizione sulla "visione cosmica" (cosa che comprende anche la posizione di baylham che questi miei discorsi siano semplici manie, dovute ad un anelito eccessivo :D ).

Potremo chiederci perchè l'uomo arriva ad avere un desiderio senza fine, una brama infinita? Perchè lui un essere finito desidera l'infinito (restando insoddisfatto)?

P.S. Sari il tuo esempio della visione mi ricorda un po' la mia creatività in questi giorni. Una sensazione molto bella ma pericolosa ;) comunque non sono così convinto di non possedere un "io" "reale". Ma anche un "io" reale può riuscire a emanciparsi della sua stessa prigione di attaccamento-avversione, manie di controllo ecc... se dicessi una cosa del genere in un monastero buddista, specie theravada, mi caccerebbero fuori a calci nel sedere con annesse minacce di finire nell'Avici. Motivo per cui vista la mia tendenza a mettere in discussione tutto non posso di certo silenziare questa mia tendenza tanto facilmente, ossia in qualche misura sono "costretto" a stare fuori da ogni cammino "scoperto" nell'antichità (che sia buddista, taoista...)... Ci sono persone che hanno la fissa di "camminare da soli", di scoprire per sé le cose. Questa "mania" di cercare l'originalità li mette nel guaio della nevrosi o anche della psicosi. Chi non rischia non rosica... (ovviamente il rischio di follia rischiando secondo me è bello alto, magari lo sono già ;)...)
#753
Buddismo Theravada/Canone Pali: oltre a praticare (male) un minimo di meditazione  ::)  devo dire di aver trovato un sacco di cose interessanti. Anzitutto la migliore descrizione del pericolo che si corre nel gioco dell'attaccamento-avversione a causa del fatto che le cose "del mondo" sono condizionate, ossia instabili, non sono attendibili. Quindi la vita etica deriva proprio dalla comprensione che ciò vale per me e per tutti, visto che siamo "assuefatti" dal gioco dell'attaccamento-avversione. Dukkha è proprio il "male di vivere" che è implicito nella vita ordinaria: esso è profondo e deriva proprio dalla caratteristica fondamentale del "divenire" (inteso come "mia" vita). Anicca e dukkha danno proprio l'idea che più uno cerca di afferrare ottiene l'effetto contrario: questo è lo scherzo dell'attaccamento. L'avversione è la conseguenza della condizionalità. Inoltre da una soluzione coerente: smetterla di desiderare. Visto che "nessuna cosa" che si può desiderare è incondizionata, allora l'incondizionato lo si "raggiunge" smettendo di desiderare, quindi smettendo di cercare. E ciò ci conduce al Nirvana. Su cosa sia questo Nirvana si è dibattuto molto. Io dico solo che da quanto ho capito è il "tutt'altro" del Samsara e che Buddha poteva davvero riferirsi ad esso con termini poetici (postivi) o negativi. Esso è oltre ogni concetto.

Inoltre mi ha influenzato sul fatto che la filosofia talvolta deve lavorare contro se stessa. A volte possiamo perderci l'anima su problemi che abbiamo inventato noi  8)
#754
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
28 Luglio 2017, 23:15:19 PM
Citazione di: altamarea il 28 Luglio 2017, 22:28:26 PMNel topic riguardante la "noia endogena" ho fra l'altro scritto che può essere causata anche dall'insoddisfazione. Questo sostantivo allude alle frustrazioni derivanti dai progetti o desideri irrealizzati, dalla spiacevole vita soggettiva, dal non sentirsi amati, dal non sentirsi realizzati professionalmente, ecc.. L'insoddisfazione temporanea colpisce tutti, è "normale". Può motivare alla reazione per tentare di raggiungere la soddisfazione. Gli errori commessi servono anche per imparare ad elaborare azioni o scelte più efficaci. Se l'insoddisfazione persiste può indurre la depressione oppure all'abuso di alcol o sostanze stupefacenti. Ci sono persone che non riescono ad essere contente, anche se hanno la vita ricca di avvenimenti e risultati. Può dipendere dal contrasto tra l'io ideale e la persona reale, che induce a "non accettarsi" per quel che si è. Dietro l'insoddisfazione ci potrebbe essere pure la cosiddetta "ferita dei non amati", che incide durante l'infanzia o l'adolescenza, periodi cruciali dal punto di vista psicologico, perché determinano una parte importante del destino del soggetto. A volte per vincere l'insoddisfazione è utile pensare al proprio passato per ricordare la strada percorsa per giungere dove si è nella vita, senza dimenticare le cose realizzate, senza paragonarsi agli altri, senza invidiare chi ha successo, anche se l'invidia, nella giusta misura, spinge all'emulazione, serve per avere ambizione.

Probabilmente concordo con te sul discorso dell'amore. Probabilmente se fossimo veramente in grado di amare l'insoddisfazione non ci sarebbe. Purtroppo non abbiamo questa capacità  ;)

@Sariputra... già il problema è che poi ci si attacca. Così come quando finirò questa mia fase di "euforia" (che in realtà mezza giornata al giorno, poi "torno normale"... se parliamo dell'esperienze "euforiche" del non-possesso, quelle ahimé durano secondi, massimo ma molto raramente minuti) la rimpiangerò e ne vorrò un'altra. Purtroppo lo so sono fatto così. Vedi il problema è che "spazzare le foglie", "lavare i piatti", "stare semplicemente seduti", "mangiare con la famiglia per mangiare con la famiglia" sono davvero attività BELLE. L'incondizionato - se c'è - non lo si trova viaggiandolo. Non è il mio andare in Tibet che me lo fa trovare, non è il mio viaggio nella mia immaginazione. Non è la pratica ascetica e non è nemmeno la saggezza. Niente di tutto ciò. Non serve che mi impegno tanto per raggiungerlo, non è qualcosa che "ottengo" o "merito". Cercarlo è un'attività folle: è peggio di cercare l'aria. Eppure niente medito, studio, scrivo qui proprio perchè non lo "sento". E qui mi viene il dubbio. Forse l'uomo di oggi non può raggiungere l'incondizionato. Non siamo contenti dell'attività di "spazzare le foglie", pur sapendo che la "Natura di Budda" non è da un'altra parte. Quindi sì è proprio smettendo forse quest'attività frenetica che assaporiamo cosa significa davvero "spazzare le foglie". Ma ormai ho miei dubbi... che Budda Amitabha e bodhisattva Avalokiteśvaraci aiutino  ;D

Comunque Sari non sono così certo che sia la concezione dell'Io il vero problema quanto proprio il discorso dell'attaccamento-avversione. Secondo me dire che Nirvana non è "il vero Io" è questione di semantica nel buddismo. D'altronde in fin dei conti anche il "vero io" è una parola. Se chiamo lo stato del Nirvana "il vero io" non mi sembra tanto peggio di dire che "Sariputra è un Arahant" o che "Siddarta Gautama è il Budda". Secondo me tutto questo è il perfetto esempio di quanto l'attaccamento a dottrine ha causato problemi anche nell'illuminata India. Anche per la scuola Theravada d'altronde il Risveglio è prima di tutto un "cambiamento radicale della Mente" (ossia la "vera mente"). Sinceramente certe scuole dell'induismo che mettono al primo posto Atman e scritti come lo Zhuangzi mi paiono molto simili al buddismo, canone Pali o mahayana che sia. Davvero un buddista non può beneficiare dalle teorie indù sull'Atman e un indù non può beneficiare sulla teoria dell'anatta?

Per esempio il Nirguna Brahman non mi pare diverso dal Nirvana (ma c'è da dire che questa concezione di Brahman forse è stata proprio concepita grazie al buddismo). Idem per l'abbandonarsi alla corrente del Tao.

P.S. Un problema del buddismo potrebbe essere: e se ci fossero delle insoddisfazioni necessarie?
#755
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
28 Luglio 2017, 23:00:59 PM
baylham/Phil (in particolare ma non solo), come ho detto è possibile che tu sia più saggio di me: può darsi che voi abbiate ragione e che la "visione cosmica" (non sapevo che nome darle, è uscita 'sta cosa  ;D ) sia un delirio. Per essere sincero nemmeno io concordo con Schopenhauer, Cioran o Buddha. Semplicemente credo che le loro filosofie siano un ottimo sguardo al mondo che dovrebbe aiutarci a "smuoverci". Per esempio quando vedo la "bhavacakra" (la rappresentazione tipicamente tibetana [in realtà è implicita in ogni tradizione] del samsara) non posso che: (1) genuflettermi, ossia capire quanto i miei "sforzi" siano "piccoli" nella "ruota dell'esistenza" (2) "sentirmi vicino" agli altri esseri, vedendo che siamo "compagni anche nella sofferenza". La "visione cosmica" che ottengo da questa meditazione è che: io, la mia famiglia, chi scrive in questo forum, tutta l'umanità e anche tutti gli animali (no non credo [dovrei dire "non so" ma sono più propenso al non credere] ai devas, asuras, nirayas, preta ecc) siamo per così dire esposti alla sofferenza. Ognuno con le sue azioni può dare un contributo (non a caso preferisco la dottrina del Bodhisattva anche se il buddismo originario probabilmente contemplava più che altro la liberazione individuale) a livello cosmico. Sapere che le mie azioni hanno valenza "mondiale" mi crea certamente un peso ma mi fa stare più attento, mi fa capire per esempio che ad esempio che non tutto quello che sembra buono è buono. La mia filosofia però si ferma qui: vede il mondo con NIENTE di incondizionato, ossia vede la vita come "tragedia" che non è una demonizzazione ma anzi mi rende ancora più "vicino" agli esseri, per quanto uno che è un po' fuori di testa possa esserlo  ;D  Tu dici che la tua attuale visione ti sembra matura ecc.. Niente nessun problema (forse l'ho fatto passare così) :) ci sono un SACCO di persone che la pensano come te e che sono molto più virtuose di me, quindi per quanto mi riguarda puoi anche avere una filosofia in disaccordo con la mia ma non è per me davvero importante.

TUTTAVIA... non posso che tornare a contemplare la Bhavachacra, la ruota dell'essere e dire: c'è qualcosa di vero. E ciò mi rende ancora più consapevole che ogni mia azione può avere conseguenze impreviste e imprevedibili. Questa prospettiva cosmica mi da il senso del "mono no aware", lo "shock estetico". Vedo la vita di ogni uomo come una tragedia (e l'uomo virtuoso è un eroe in tutto ciò, quindi nuovamente mi pare di dare un giudizio non negativo alla vita) e ciò non può che muovermi dall'interno. Vedo ad esempio il tifo violento, il vandalismo, quelli che vanno ai 200 in autostrada per "sentirsi fighi", gente che si mena per prendersi l'ultimo smartphone e da un lato mi viene schifo e dall'altro compassione (NON pietà!). Vorrei mostrar loro la futilità delle loro azioni, sbattergli in faccia anche a loro la realtà dell'impermanenza e creare in loro lo "shock estetico" di modo che certe cose non le facciano più. E invece niente. Anche questo è inutile.

Così vedo il mondo che "manca di sostanza" e mi chiedo: si può trovare qualcosa che dia riposo a tutto questo, qualcosa che dia pace? Budda dice "Nirvana". Ma oggi questi ahrant dove sono? questi uomini dalla "pace incondizionata" dove sono? L'esistenza dell'incondizionato (qualunque cosa sia) ora più che mai sembra un delirio di qualche antico. Forse lo è...

Ma... guardiamo bene. Come già diceva Cannata certe insoddisfazioni invece sono da ricercarsi perchè sembra che puntino ad un "valore" più alto della semplice contentezza. D'altronde è proprio l'aspirazione cha ha portato la scienza, l'arte ecc, gente che in qualche modo ha visto che la "vita ordinaria" non basta. E qui c'è il paradosso: alcuni sorprendentemente facendo così sono finiti per essere asceti o quasi e ciò suggerisce che FORSE qualcosa c'è. Altri sono impazziti. Quindi il fatto che un'analisi "razionale" (o "delirante" ahah) mi suggerisce che la vita è tragedia, ho anche l'impressione che tutto ciò mi suggerisca a qualcosa. Oppure.
#756
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
28 Luglio 2017, 12:23:03 PM
Accetto i consigli di baylham e Cannata (però secondo me nuovamente il materialismo umanistico-scientifico moderno non vuole aprire gli occhi sulla dimensione "cosmica"... proprio per evitare le crisi esistenziali. Un ateo come Nietzsche metteva in guardia anche di questo...). Però a livello "filosofico" non posso che concordare con quanto dice Sariputra. Tanha d'altronde è proprio molto profonda, spesso non ce ne accorgiamo e diciamo di non esserne presi, ma più indago me stesso più mi accorgo che è pervasiva. D'altronde qua sul forum parliamo di cose che provocano, che possono essere scomode, che possono sconvolgere la vita ecc. Altrimenti diventa anche questo una commediata.

In ogni caso in questi giorni sono preso da due tipi di euforia (sì e scrivo di essere "triste"). Una euforia (mi viene per brevissimi momenti - massimo minuti - da un qualche mesi) è se vogliamo filosofica e deriva dalla vacuità: a volte mi sento come se avessi realizzato di non possedere niente, di non avere nulla di "mio". Questo sembra un altro assoluto e in verità da un senso di libertà incredibile: non avendo il controllo su niente sono al settimo cielo perchè non sono schiavo delle cose o degli esseri senzienti e allo stesso tempo capisco che "non avere niente" significa non imporsi su niente e lasciare liberi gli altri (sì un po' di fede dell'Incondizionato ce l'ho: d'altronde se uno non può raggiungerla con i propri sforzi, forse basta domare tanha, la sete, e si "percepisce" l'Incondizionato). L'altra euforia (mi è partita pochi giorni fa) in verità è uno stato quasi d'esaltazione, "ipomaniaco" (curiosamente ciò dovrebbe portarmi all'insonnia ma dormo come un neonato): pensieri a raffica che vanno a mille, auto-esaltazione (che cerco di ignorare e di trattenere con la meditazione), vedo connessioni tra scritti di saggezza (es tra Chaung-Tzu, Buddha, Socrate ecc) che forse non esistono, cammino avanti e indietro per la cosa con gioia, scrivo pagine e pagine di riflessioni personali (riesco a scrivere 3 pagine al PC all'ora a volte) di argomento filosofico, mi sembra di avere "intuizioni" che altri non hanno, mi è tornata la motivazione nello studio, lo stesso mangiare adesso è diventato un piacere che non vedo come "scontato" ma quasi come un "dono" ecc ecc - mi sento a momenti o libero e vuoto come l'aria oppure creativo e "potente". Ma allo stesso tempo ho pensieri intrusivi irrazionali che i "sbattono a terra": penso a cosa potrà succedermi dopo la morte, scrupolosità, mi sento minacciato, ho paura di impazzire ecc. Ovviamente tutto questo è irrazionale (ogni giorno mi auto-analizzo razionalmente per evitare di cadere negli estremi di "depressione" o "mania" o "panico"): la gioia che ho, di entrambi i tipi, è irrazionale perchè non sono un Realizzato, so benissimo che basta che domani mi venga un mal di testa violento e torno nel dolore e nell'avversione. So benissimo che se uno mi offende ci rimango male e resto pervaso dall'odio. Quindi sì la "crisi esistenziale" di cui parlo NON mi rende un depresso cronico (in questi giorni nella maggior parte del tempo sono probabilmente la creatura meno depressa del mondo  ;D ) ma è una diagnosi secondo me razionale di quello che avviene nel mondo, che ci piaccia o no e che secondo me deve essere affrontata nel modo giusto, anche per evitare l'auto-esaltazione di cui parlo. Ma non essendo realizzato in profundis so di essere insoddisfatto perchè queste mie "gioie" ed euforie dipendono da condizioni. Quando queste condizioni cessano, cessa anche la mia gioia. Idem per quella di altre persone... Tutto ciò ha, come giustamente Schoppy afferma, qualcosa di tragico e comico...

Quindi secondo me il buddismo ha ragione. Cercare solo gioie condizionate (ossia avere gioie che dipendono da altro) secondo me è mettere la vita e il nostro benessere alla mercé del Caso. Concordo poi col Sari quando dice che sono errate entrambe le equazioni (e chi può dirlo magari un Realizzato può essere anche un "ateo materialista"  8) , d'altronde la filosofia (o la religione) personale su questo punto di vista a volte dice poco).

P.S. Nemmeno Leopardi (!) era triste sempre: l'Infinito mi sembra una poesia che nasce dall'Estasi e non le era quando era innamorato di Silvia o Fanny. Ma questi momenti di gioia non li hanno impedito di sviluppare una filosofia "pessimista". Idem vale per lo stesso Schopenhauer. Per Angelo: nemmeno Schoppy diceva che "tutto è male". Anche per lui con l'arte, la compassione e con la "noluntas" (che ricorda l'assenza di tanha) si può essere "gioiosi" o addirittura "liberi". Nemmeno io dico che "tutto è male". Anzi ho come l'intuizione che l'Incondizionato ci sia e sia tipo "lo stato naturale" ma non posso provarlo ma posso solo constatare quanto noi siamo lontani da questo "stato".
#757
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
27 Luglio 2017, 22:07:08 PM
Citazione di: Sariputra il 27 Luglio 2017, 10:52:06 AMCit. da Apeiron: Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia. Un regno di devas senza volto a cui è stato appiccicato un numero che non conoscono, mentre il soma scorre a fiumi. Tecnologia per asservire il mondo all'uomo e l'uomo che finisce asservito alla tecnologia stessa...tutto perché...non sappiamo fermarci! L'insoddisfazione ci pungola continuamente, ci risveglia nel cuore della notte, ci riempie d'ansia. Sogniamo una vita diversa, un mondo migliore ma, alla fine, non sappiamo come dovrebbe essere questa vita e questo mondo diversi e allora... ci inebetiamo di oggetti e gadget inutili, tutti disciplinati in lunghe file davanti a porte automatiche di ipermercati. Perché no? Se la vita è tutta qui...tante vale cercare di godercela più che possiamo ma...perché non funziona? Cosa c' è che non va in me? Ci chiediamo...gli altri ci sembrano soddisfatti del loro ultimo gadget, succhiano gelati con volti sorridenti, ci osservano, valutano i nostri vestiti...che siano insoddisfatti dei propri? Non ci sentiamo soddisfatti veramente dei nostri vestiti...Perché diavolo non funziona? E sì che stiamo facendo tutto quello che vediamo fare agli altri per essere felici! Che dubbio atroce...che anche gli altri fingano di essere felici? Stanno recitando come me? A ben guardare...quei sorrisi...sembrano più dei ghigni...Dio! Son finti anche loro!...Che vuoto spaventoso! Dio , aiutaci...ma non puoi, sei morto!...Ma...questi esseri insoddisfatti come noi...possono aiutarci? E come? E' impossibile...son più scemi di noi! Dateci ancora del soma, preghiamo, ci aiuta a dimenticare che Dio è morto. Vogliamo inebriarci fino alla morte!...Ma...Dio! Non funziona più nemmeno questo! Com'è possibile?Siamo insoddisfatti pure del soma...sta perdendo sapore...Nooo!! Fermati! Fermati! Il mondo ci implora, ma noi non vogliamo ascoltarlo. Dove devo andare oggi per essere soddisfatto? Cosa devo fare? Cosa comprare? Non posso fermarmi a pregare, non posso...Dio è morto!...

Già... intendevo proprio questo :) in futuro forse la soluzione che si troverà sarà proprio la creazione della coscienza collettiva e quindi l'abbandono della propria individualità https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/coscienza-collettiva-se-si-riuscisse-a-crearla-con-la-tecnologia/  

Citazione di: baylham il 27 Luglio 2017, 15:54:50 PMSiamo in una sezione dedicata alle esperienze personali. Sui sentimenti, sulle emozioni è prevalente l'esperienza individuale, quindi posso fare riferimento alla mia esperienza per contestare le generalizzazioni qui espresse. L'uomo perennemente insoddisfatto non corrisponde alla mia esperienza. Mi soddisfa l'amore, l'amicizia, la reciprocità, fare bene il mio lavoro e le cose. Sono affezionato alla piccola raccolta di libri e di cd musicali, alla vecchia bicicletta ed autovettura, non faccio resse agli iper-supermercati, nemmeno mi sfiora l'idea di entrarci i giorni festivi per boicottaggio. Mi soddisfa l'ateismo, che dall'adolescenza ad oggi è diventato sempre più consapevole e maturo, non sento affatto il bisogno di dio, tanto meno della sua morte, del nirvana e di altre cose impossibili, e per questo non soffro di crisi esistenziale. Ateismo che affermo perché mi ha aiutato nella liberazione dall'educazione e dalla morale contrarie alla vita e alla libertà delle principali religioni. E' vero che la soddisfazione, il benessere, a maggior ragione la felicità e la gioia, sono normalmente passeggeri, impermanenti, ma questo vale allora anche per i sentimenti contrari. E' vero che non posso controllare o conoscere il sistema di cui faccio parte, ma posso controllare o conoscere qualcosa.

"Ateismo" è una parola alquanto ambigua perchè in un certo senso (ossia se si intende la negazione dell'equazione Realtà Suprema= Dio Personale) buddismo, quasi tutto l'induismo, il daoismo, lo shintoismo, la religione azteca, il platonismo (se lo si considera un "misticismo filosofico")... sono tutte "atee". Quindi non rimane che distinguere tra i vari ateismi. Ora quasi tutti i "misticismi" religiosi e/o filosofici propongono l'esistenza dell'Incondizionato, a parte forse certe scuole buddiste che propongono l'equazione "Nirvana=Nulla". Di certo ovviamente ci sono scuole come l'epicureanesimo, l'atomismo di Leucippo-Democrito e il moderno materialismo che negano l'esistenza di qualcosa di Incondizionato. Ma davvero se vogliamo vedere una prospettiva più grande della nostra vita possiamo veramente accontentarci?

Vedi: osserva il mondo, appunto senza nessuna "Realtà Suprema", senza nessun Nirvana (non inteso come Nulla), senza nessun Tao... Leoni che sbranano gazzelle per necessità, cuccioli di gazzella che perdono la loro madre perchè la madre leonessa doveva sfamare i suoi cuccioli. Questo nel regno animale. Nel regno umano: continuiamo a edificare palazzi, città, andiamo avanti con la tecnologia, cerchiamo di controllare il mondo. Continuiamo di generazione in generazione a costruire, scoprire, inventare... Eppure basta uno sbuffo del Sole, un piccolo sasso cosmico che ci colpisce, una malattia nuova formata da esserini che non vediamo neanche, uno sbuffo di un supervulcano per compromettere la nostra sopravvivenza. Ma cosa dico? basta una crisi del nostro sistema finanziario, andiamo in crisi economica, non riusciamo più a sfamare i nostri piccoli e così il ladro diventa il padre (o la madre) di famiglia che è disperato (ammettendo con l'umanità sia abbastanza compassionevole da non suicidarsi in una guerra mondiale). Il materialismo (o meglio "l'ateismo scientifico occidentale") è nichilismo se si trascende lo sguardo dalla prospettiva personale o sociale e ci si apre alla prospettiva cosmica. Non ci vuole molto per vedere quanto la nostra esistenza come umanità, anzi non solo come totalità degli animali e delle persone che popolano questo pianeta, è fragile e destinata un giorno a finire in un modo che si spera essere il meno doloroso possibile. Tutto: scienze, arti, religioni, filosofie, amori, amicizie... ma anche conflitti, guerre, litigi, depressioni, malattie, reati... Tutto svanirà. Tutto un giorno svanirà, tornarà nell'Oblio. Così mi immagino gli ultimi uomini che vedranno la Fine: cosa vedranno? Non penseranno nemmeno che tutto era una sorta di film di una qualche SuperMente, no! Non rimarrà neanche il ricordo. Capiremo che non solo la vita di ogni singolo individuo ma la vita di tutti non era che "Tutto manca di sostanza, e la vita è soltanto una piroetta nel vuoto" (Emil Cioran). Quei poeti giapponesi che hanno scritto "mono no aware" credo che siano tra le persone con cui ho più sintonia: con le cose impermanenti ho un misto di nostalgia, di compassione, di essere incantato da quella bellezza, da quella Vita, da quelle storie. Mono no aware, la comprensione dell'impermanenza e la malinconia per tutto questo continuo scorrere.



https://it.wikipedia.org/wiki/Mono_no_aware


E poi visto che non abbiamo il controllo e visto che la nostra felicità dipende da cose che non possiamo in ultima analisi controllare: cosa diremo alle nostre future generazioni? Guardate: benvenuti su questo mondo privo di sostanzialità, soggetto alla morte e al conflitto, al Conflitto che un filosofo (secondo me delirante) ha definito "padre di tutte le cose" (e quando si studia un po' di Darwinismo non si può che dargli ragione). Ecco, benvenuti in questo campo di battaglia, noi ci proteggiamo così con la nostra tecnologia, con le nostre illusioni, con il tentativo di colmare la nostra insoddisfazione... E poi cosa diranno in futuro? Lo stesso! Ecco il problema dell'ateismo scientifico moderno! L'Uomo ha anche una prospettiva Eterna e con essa si misura ma oggi cerchiamo in tutti i modi di negarlo... Questo secondo me!

Altri che rispetto invece non vedono tutto questo come un problema... C'est la vie

Dimenticavo: "La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia. (§ 58)" (Schopenhauer) - (credo che anche Sariputra sia d''accordo con questa particolare citazione del controverso filosofo di Danzica)

P.S. Forse baylham volevi dire che il mio post non era una riflessione riguardante un'esperienza strettamente personale (è una supposizione, se non è vero ignora). In un certo senso è corretto, ma personalmente devo dire che anche la visione "filosofica" del mondo è parte molto integrante della mia esperienza personale :)
#758
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
26 Luglio 2017, 16:09:07 PM
Per come la vedo io la generale insosddisfazione che si vede nel mondo è dovuta al fatto che si continuano a cercare piaceri "condizionati" (ossia dipendente da certe condizioni) e su di essi si basa la propria "pace interiore". Siccome non vediamo nulla "in questo mondo" di "in-condizionato" continuiamo ad accumulare ricchezze,  fare confronti con gli altri... ossia vogliamo in qualche modo cercare di rendere il "condizionato" "in-condizionato". Tutto questo mette in atto il meccanismo dell'"identificazione-autorità-attaccamento-avversione": cerchiamo di mantenere la nostra "pace interiore" con tutti i nostri sforzi, diventiamo anche violenti per essa. Ma in realtà tutto ciò dipendendente in ultima analisi dal "caso", visto che tutte le cose condizionate sono appunto dipendenti, ossia "inaffidabili". L'umanità dopo la "morte di Dio" ("Dio"="qualsiasi cosa che da significato/valore all'esistenza" o comunque "qualcosa di incondizionato come il Nirvana")  mi sembra che sia affannata a fare due cose: (1) governare il mondo in modo da tenerlo secondo i nostri gusti (2) amplificare le nostre aspirazioni in modo da trovare modi migliori da governare il mondo. Il problema è che da questo punto di vista si maschera una cosa: siamo insoddisfatti "in profundis" quindi dobbiamo sforzarci di "avere autorità" sulle cose. Così mi immagino lo scenario dovuto per esempio all'eruzione di un super-vulcano o una mega-tempesta solare che distrugge la tecnologia: perdiamo tutto, diventiamo disperati e guarda a caso facciamo "risorgere Dio"(e simili). Poi passano gli anni, "Dio muore" e torniamo a voler trattenere tutto.

Quindi oggi non mi sorprende che i religiosi, perfino monaci buddisti, si dedichino ai "piaceri condizionati": d'altronde a chi interessa oggi del Nirvana, di Dio, della Forma del Bene, della Verità ecc quando lo stomaco è sempre pieno, la solitudine la inganniamo con la Rete, la scienza non trova NULLA di sovrannaturale o di particolarmente "eccezionale"...?  D'altronde se ci sono solo "piaceri condizionati" perchè dovrei mettermi a perderli per il NULLA?

Citazione di: Angelo Cannata il 26 Luglio 2017, 12:02:18 PMSi potrebbe osservare che non tutte le insoddisfazioni si lasciano apprezzare dalla nostra umanità allo stesso modo: percepiamo differenza tra l'insoddisfazione per una caramella che non è di nostro gusto e l'insoddisfazione per le ingiustizie del mondo. Da questo punto di vista ci sono insoddisfazioni nobili, che addirittura ci possono risultare meritevoli di essere coltivate. In questo senso la discussione diventa molto simile a quella già in corso sulla noia.
I

In quella discussione sembrava che io fossi contrario alla noia. In verità ritengo che la noia a volte è nobile, però non è da prendersi come un obbiettivo. Idem stavolta, quando vedi i "mali del mondo" ti arriva la "crisi esistenziale" https://www.riflessioni.it/logos/percorsi-ed-esperienze/crisi-esistenziale/ (a distanza di un anno scriverei le stesse cose). Ossia vedi quanto è delirante (e ingiusta) tutta la pretesa di controllare un mondo incontrollabile e quanto questa pretesa è ormai radicata nel nostro profondo. Si diventa religiosi/filosofi/artisti d'altronde solamente DOPO essersi resi conto che il modo normale di vivere è un vicolo cieco. Si cade così nella profonda insoddisfazione, in cui ti senti "sconnesso". L'uomo moderno (ossia da 300 anni...) in crisi esistenziale non crede più a nessun "Dio", ergo la sua vita non supera questa fase. Ti arriva il "samvega" (termine buddista che indica il tremore di quanto ci si rende conto del "delirio" della pretesa della feelicità incondizionata nelle cose condizionate) ma senza "pasada" (confidenza che si può superare questa fase, perchè al Nirvana non ci crede più nessuno). Quindi io spero che questa "crisi esistenziale" (l'insoddisfazione dal capire che non si è mai davvero soddisfatti) abbia "valore". Ma "spero"... non me la sento di dire che è "davvero così".

P.S. (Per il Sari soprattutto ma non solo) Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia.
#759
Citazione di: Sariputra il 24 Luglio 2017, 15:45:35 PMSono d'accordo con quello che scrivi e soprattutto sul fatto che il viaggio ha significato se stabiliamo uno scopo al nostro viaggiare ( che non sia ovviamente solo quello di non sentirsi "inadeguati" rispetto a colleghi e amici, ossia al conformismo). Per es. , dopo il lutto che ha colpito la nostra famiglia, ho sentito l'esigenza di viaggiare verso le montagne, ma non un posto nuovo da visitare , per fare del turismo e scattare qualche foto, ma montagne che conoscevo bene per quello che potevano darmi in quel momento e in quello stato d'animo. Il mio scopo era di "ricaricarmi" dopo un periodo particolarmente difficile e doloroso. Ovviamente per far ciò dovevo isolarmi dal mondo e dalle persone. Quindi niente internet, niente cellulare, sms, foto, ecc. Il risultato non è stato del tutto soddisfacente in quanto questo tipo di viaggio, per funzionare realmente, ha bisogno di un tempo più dilatato di quello che potevo permettermi economicamente. Il vero viaggiare ha bisogno del fattore "tempo" per produrre qualche risonanza , qualche ispirazione spirituale o beneficio fisico in noi. Trovo assurdo il viaggio "mordi e fuggi" tipico dei nostri giorni. "Londra nel weekend", "Una giornata a Parigi", e roba simile che riempie le agenzie di viaggio e la pubblicità online, che è un pò lo specchio del nostro tempo frenetico, in cui si procede a "singhiozzo", lascia veramente poco o nulla in noi...giusto delle foto da inviare agli amici e conoscenti per dire:" Ecco, anch'io sono come gli altri, anch'io sono adeguato al mondo e ai tempi"... Io amo le montagne , ma capisco perfettamente che, per poterle vivere appieno, ho bisogno di passare su di esse delle stagioni, vedere il mutare dell'estate nei colori dell'autunno e poi l'arrivo della neve. In questo posso sentire anche il mio mutare, il mio approfondire il senso di appartenenza a quei luoghi. Andare tre giorni in un luogo per me non ha alcun significato. Ed infatti evito... :)

Sì esatto Sari: il problema è che il viaggio oggi viene fatto per il motivo opposto, ossia come "continuazione" della "vita di tutti i giorni". Tant'è che per esempio se posti su Facebook le tue foto le vedono gli amici, ossia o gente che già ti conosce oppure gente che è quasi sconosciuta e che quindi non è davvero interessata a ciò che fai. Se il viaggio ti serve per ricaricare, per riflettere ecc (o per imparare davvero cose nuove e conoscere davvero nuove culture... ossia "lasciarsi trasportare dalla corrente del viaggio"  ;D  "wu-wei"  8) ) mi sembra del tutto insensato volerlo far "sapere a tutti" in quel modo. Semmai ne parli con l'amico, gli dici l'esperienza che hai avuto, gli racconti cosa hai fatto (o non fatto), cosa hai visto, che effetti ha avuto sul tuo benessere ecc. Il viaggio "mordi e fuggi" lo trovo estremamente stressante e controproducente e me lo spiego solamente col fatto che la logica del consumismo ormai ha consumato anche quel piccolissimo periodo di vacanze che un po' ci dovrebbe far ricaricare dalla stressante (ma anche talvolta deprimente) vita di tutti i giorni.

Citazione di: acquario69 il 24 Luglio 2017, 17:15:34 PM
Citazione di: Apeiron il 24 Luglio 2017, 12:43:11 PMSì il Tao Te Ching è una miniera di saggezza anche se su certe cose non sono per niente d'accordo (come si fa a dire di abbandonare lo studio se per capire la wu-wei ecc serve studiare? ;D poi mi sembra troppo utopico.).
Non ce niente di utopico, semmai l'utopia risiede proprio in quello che hai male inteso. Non centra un bel niente lo "studio" cosi come lo interpreti tu e come generalmente viene concepito di stile nozionistico tipico della nostra "istruzione" Non si tratta infatti di uno "sforzo" o di un "agire" di tipo mentale, per arrivare a capire qualcosa...non ce' una "meta" da raggiungere (o visto che siamo anche in tema "un viaggio da fare", perché non ce ne bisogno) Per comprendere (com-prendere/prendere con se,essere Uno senza dualità,) bisogna proprio evitare l'interferenza della mente e dell'ego,ed e' quello che bisogna abbandonare, esattamente come viene indicato dal wu-wei e la dottrina Taoista in generale

Allora devo dire che (1) quella frase che hai citato l'ho effettivamente scritta da cani (2) con la parola "studio" non intendevo nozionismo, ma qui è la mia interpretazione della parola "studio" scritta nel tao-te ching (3) non ho specificato cosa è "troppo utopico". Provo a riscrivere: "come si fa a dire di abbandonare la ricerca della conoscenza se prima devo comunque capire almeno a livello intuitivo i benefici che avrò seguendo una certa pratica?". Perchè è vero che l'attività di ricerca della conoscenza ti allontana dallo "stato naturale" dal wu-wei (d'altronde "io" cerco di capire le cose, "io" studio il Tao-Te-Ching... ossia faccio uno sforzo personale). Ma è anche vero che è necessaria per la "liberazione", la "wu-wei" ecc. Quindi sì la ricerca della conoscenza è pericolosa perchè rischia di gonfiare le persone (far credere di sapere ciò che non sanno), rischia di creare ossessioni, rischia di creare dubbi ossessivi, rischia di creare ansietà e INFATTI questo rischio è ben evidenziato anche dal buddismo, da gente come Socrate... Tuttavia inizialmente una ricerca della verità è necessaria. Ossia un po' (o meglio un sacco) di viaggio formativo è necessario prima di "liberarsi".  

INIZIO OFF TOPIC
Sul "troppo utopico" volevo dire che NON è vero secondo me che se il sovrano "non agisce" il popolo a sua volta è contento. Il Tao-Te-Ching funziona secondo me bene a livello personale, ma non funziona come "scritto politico" come forse era stato anche ideato visto che ogni due righe c'è il riferimento all'impero. Ovviamente se i sovrani nella storia davvero si fossero per esempio presi sulle spalle le sozzure del regno e i mali del mondo (capitolo 78 - tra l'altro questo capitolo ricorda la "chenosi" cristiana), non avessero avuto desideri per se stessi (capitolo 7), avesse per cuore i sudditi e li trattasse come fanciulli (capitolo 49), si prendessero cura dell'impero senza imporre l'autorità (ossia "imitando il Tao", es capitolo 2) il mondo sarebbe migliore. Ma ciò sarebbe vero se anche i sudditi fossero stati abbastanza liberi dall'ego per non far impazzire il sovrano che cerca di "regnar bene". Vista la storia direi che in questo senso è troppo utopico.    
FINE OFF TOPIC

Citazione di: Jean il 24 Luglio 2017, 17:22:54 PM :) - Dissento sulla collocazione del topic, la sezione viaggi del forum lo poteva ben accogliere. L'appropriata collocazione delle discussioni se non rende sempre e comunque migliore la comprensione almeno ne agevola i fruitori. (a mio modesto parere).  J4Y

Concordo
#760
Percorsi ed Esperienze / Re:Noia
25 Luglio 2017, 19:35:19 PM
Concordo abbastanza con quello che hai scritto, Angelo.

Quello che noto nel giovane "medio" per esempio è che quando c'è una idea interessante lui pensa "beh interessante! WOW!". Ma non approfondisce, si ferma alla superficie della cosa e poi cerca altro. Oppure "questo libro è bellissimo, molto interessante ecc" ma poi nulla, tutto si ferma lì. In sostanza l'interesse sembra che "piova dall'alto" e non venga ricercato di modo che quando l'interesse "non piove più dall'alto" cessa di esistere.   

Il giovane più vitale invece approfondisce, ricerca e finisce o per annoiarsi oppure per "sembrar matto" perchè "cerca cose strane". Il problema della noia è che in una società del genere è una condizione distruttiva, finisce per consumare anche le persone più vitali. Motivo per cui prima che ciò accada è meglio controllare il proprio "desiderio" :) In ogni caso la mia impressione è che la colonizzazione di cui parli sarà sempre peggio. Basta che pensiamo al fatto che più la tecnologia aumenta più siamo dipendenti da essa e quindi più è difficile rinunciare alla mode, alla massificazione ecc
#761
Sì il Tao Te Ching è una miniera di saggezza anche se su certe cose non sono per niente d'accordo (come si fa a dire di abbandonare lo studio se per capire la wu-wei ecc serve studiare?  ;D poi mi sembra troppo utopico.). In ogni caso torno In Topic ma in modo un po' particolare, ossia indagando la causa psicologica che ci fa "viaggiare".

C'è secondo me da considerare la componente mentale in tutto questo. La dissociazione in psicologia la si può vedere come un "viaggio" dovuto a (1) una situazione che crea forte ansia o depressione, (2) quando la vita "non basta più" la dissociazione crea la fantasia ecc. Chiaramente il tipo (2) può essere dovuto a una situazione brutta come (1) ma non è necessario: uno può essere "dissociato" e felice allo stesso tempo, come d'altronde ritengo che siano gli scrittori. Ora non credo che ci sia vera differenza tra un "viaggio fisico" e uno "mentale": d'altronde se vado in vacanza perchè non ne posso più di stare a casa certamente non c'è molta differenza con l'essere dissociato.

La prospettiva del Tao Te Ching è in verità interessante perchè contrasta anche il tipo "2": infatti questo tipo di "dissociazione-viaggio" è causato dal desiderio quando il saggio "desidera di non desiderare" (capitolo 64), sa che "l'ecessivo desiderio è il più grande crimine" (cap 46), "senza desideri possiamo vedere il Mistero" (cap 1) ecc. Ancora peggio per il buddismo e l'induismo. Quando da noi l'eroe è quello che fa tanti viaggi, tante avventure ecc per il Tao Te Ching (e simili) "vive chi ha coraggio di non osare". Quello che sembra suggerire la sapienza "rinunciante" è che il viaggio inteso come "cercare esperienze nuove" (anche solo vagare con la fantasia...) non è MAI utile, anzi bisogna imparare a perdere il desiderio di "fare esperienze nuove".

Questo contrasta la nostra tradizione nella quale il viaggio di tipo "2" è necessario per la creatività e l'originalità.Secondo me la prospettiva "rinunciante" è TROPPO estrema, ma noi siamo immersi nell'estremo OPPOSTO. A mio giudizio quindi dovremo solo viaggiare per imparare "qualcosa di importante", o per "stare meglio", magari meditando cosa non va nella nostra vita. Quindi secondo me prima di metterci in viaggio dobbiamo stabilire il nostro scopo (quindi stabilire anche se vale la pena mettersi in viaggio) e impegnarci a raggiungerlo.
#762
Percorsi ed Esperienze / Re:Noia
23 Luglio 2017, 22:16:15 PM
Adesso sono terribilmente annoiato. Questa noia deriva in questo momento dal non poter parlare dei miei interessi con nessuno... la noia e l'isolamento d'altronde sono spesso collegati. Quindi secondo me la noia è quando si desidera fare una certa azione ma non si può farla. Se vogliamo è uno stato opposto alla pigrizia: qui si soffre perchè si deve fare qualcosa ma non se ne ha voglia.

Se vogliamo è uno stato di avversione alla realtà un po' come la dissociazione. La noia, così come la dissociazione, è uno stato che anela alla libertà.

La cosa interessante è che colpisce persone vitali, creative (purtroppo a volte anche violente) facendole sembrare "pigre". Ciò causa la comune opinione che gli annoiati sono persone svogliate. La verità è proprio l'opposto: hanno troppi desideri che non riescono a esaudire.
#763
Citazione di: sgiombo il 23 Luglio 2017, 20:47:16 PM
Citazione di: Apeiron il 23 Luglio 2017, 15:39:12 PMVolevo solo fare una critica sia al principio secondo il quale "se la molteplicità è illusoria tutto è uno" sia all'idea secondo cui "ogni istante di tempo è reale". Ossia contrasto l'idea che il tempo possa essere realmente diviso in "istanti", come un film è diviso in fotogrammi. Quest'idea secondo me ci viene perchè vediamo il mondo come "composto di cose" che "si generano e si distruggono". Ma se vediamo il mondo non più come composto di "cose" allora tutti questi problemi si "dissolvono". Nulla si genera, nulla si distrugge, nulla evolve. Se non ci sono cose non ha più senso parlare di "cambiamento", perchè niente muta. In ogni caso se la realtà degli istanti di tempo è illusoria, se il tempo non è diviso in "fotogrammi" allora l'idea stessa di "una macchina del tempo" è inonsistente. P.S. Trovo interessante questa idea, ma non la appoggio completamente nemmeno io...
CitazioneMa anche se consideriamo nel mondo non le cose bensì gli eventi nel loro mutare (se quanto "ci dice" la memoria è vero), il tempo comunque ne é un aspetto (è un aspetto di questo mutamento).  Se si ammette (senza poterlo dimostrare) che la memoria è veritiera (salvo errori in linea di principio riconoscibili e superabili), allora non è affatto vero che "Nulla si genera, nulla si distrugge, nulla evolve", bensì è vero il contrario. E se non lo si ammette comunque nulla dimostra che "Nulla si genera, nulla si distrugge, nulla evolve", ma l' ipotesi "fissista" e l' ipotesi "mutevolista" circa la realtà sono altrettanto pensabili (non contraddittoriamente, sensatamente) accadere realmente e parimenti non accadere realmente: cioè sono altrettanto plausibilmente ipotizzabili e indimostrabili essere vere (e pure essere false).   Se il tempo non è costituito dal succedersi di istanti (ciascuno dei quali in linea di principio considerabile da parte del pensiero come "un fotogramma", isolatamente, distintamente, astrattamente dai precedenti e dai successivi, allora il tempo stesso non esiste (non "scorre"), ma si dà unicamente un eterno, immutabile presente.

Più o meno concordo con te! Il "flusso del tempo" stesso d'altronde è percepito come un cambiamento da un momento all'altro, quindi è relativo alle cose. D'altronde: se "niente si crea, niente di distrugge" allora anche il flusso del tempo è illusorio perchè ovviamente il susseguirsi dei mutamenti non è altro che un continuo creare-esperire-distruggere. "Nessun mutamento=nessun flusso del tempo" ma non è nemmeno l'assenza del tempo com'è comunemente intesa, ossia di una "cosa" "bloccata". Lo stato in questione è indescrivibile perchè è aldilà di concetti e linguaggio (la mente concettuale necessita di "cose").
#764
Citazione di: pepe98 il 22 Luglio 2017, 15:01:55 PMSe non vuoi limitare l'esistenza perchè dire "tutto è uno"? Non è meglio liberarsi dalle varie etichette che assegnamo alla realtà? Da questo puoi capire come la dottrina del "non-sé" buddista coincide per certi versi con la massima libertà.
Perché è la molteplicità che limita l'esistenza: essa risulterebbe definibile concretamente come insieme di un certo numero di enti, con differenze DEFINITE. Ma perché gli enti si differenziano(si definiscono) per queste caratteristiche e non per altre??? Sarebbe totalmente assurdo che l'esistenza nella sua totalità risulti definibile in un certo modo e non in un altro. Per questo è necessario parlare di unità, o, come suggeriva Anassimandro(pur non conoscendo le caratteristiche dell'essere parmenideo), di infinito. Sono tutti concetti utili per capire l'esistenza, tuttavia non adatti ad esprimere adeguatamente la sua totalità. Oltre ad uno ed infinito gli si puó associare(ma non identificare, come già detto per gli altri concetti) il concetto di nulla: questo monismo, è in fondo un nichilismo, poiché è la negazione di un assoluto ordine dei fenomeni: dire che l'essenza concreta dei fenomeni è questo uno, infinito, nulla (lo chiamo spesso super-razionale), significa dire che i fenomeni sono un tutt'uno, cioè percepiti contemporaneamente ed eternamente dall'unico io(che coincide con il concreto super-razionale, che sono letteralmente io(tu)). Io mi identifico quindi con l'intera esistenza, che è percepire. [/quote]

Non ti identifichi con tutta l'esistenza, semmai "dissolvi l'io" e trascendi le "distinzioni": rimane solo l'esistenza. In ogni caso non puoi nemmeno dire che questo "io" sarebbe razionale E coincidente col tutto, visto che la razionalità implica la capacità di creare distinzioni e questo "io cosmico" non potrebbe creare una distinzione: se esso è Tutto allora come fa a distinguersi (e quindi percepire sé stesso...). Il problema è che moltissimi filosofi confondono la dissoluzione dell'io con l'identificazione col Tutto. Piuttosto l'idea è di sentirsi "parte" del Tutto, uniti al "Tutto", uniti alla "realtà suprema", assorbiti nel Tutto, una manifestazione temporanea del Tutto, uno col "Tutto" fino a "dissolversi nel Tutto" come la goccia di inchiostro si diffonde nell'acqua. Dire che "io sono tutto" mi pare quasi un delirio di grandezza: anziché dare l'idea di mettere da parte il desiderio di possesso e di onnipotenza finisce per cavalcarlo. Quindi tutti quelli che dicono "io sono il Tutto" e allo stesso tempo dicono che l'illuminato è "senza desideri, in pace, libero, equanime, umile ecc" secondo me non si rendono conto di quanto il loro messaggio si possa fraintendere.
#765
Volevo solo fare una critica sia al principio secondo il quale "se la molteplicità è illusoria tutto è uno" sia all'idea secondo cui "ogni istante di tempo è reale". Ossia contrasto l'idea che il tempo possa essere realmente diviso in "istanti", come un film è diviso in fotogrammi. Quest'idea secondo me ci viene perchè vediamo il mondo come "composto di cose" che "si generano e si distruggono". Ma se vediamo il mondo non più come composto di "cose" allora tutti questi problemi si "dissolvono". Nulla si genera, nulla si distrugge, nulla evolve. Se non ci sono cose non ha più senso parlare di "cambiamento", perchè niente muta.

In ogni caso se la realtà degli istanti di tempo è illusoria, se il tempo non è diviso in "fotogrammi" allora l'idea stessa di "una macchina del tempo" è inonsistente.

P.S. Trovo interessante questa idea, ma non la appoggio completamente nemmeno io...