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Messaggi - Ipazia

#7636
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Il neo-politico
12 Gennaio 2019, 11:20:15 AM
Citazione di: Jacopus il 12 Gennaio 2019, 05:12:46 AM
Pensierino della notte insonne. Le elezioni politiche del 2018 saranno ricordate e studiate nei manuali del futuro. Dal 2018 si è imposto un nuovo modello di rappresentante politico. Le sue caratteristiche principali sono: una esplicita e talvolta vantata incompetenza, una ricerca meticolosa per apparire identico al suo elettore medio, comprendente in ciò una scenografia della politica in termini emotivi e relazionali.
Dopo che i "competenti" hanno fatto un deserto dei diritti sociali e l'hanno chiamato "fine della Storia", è chiaro che si siano scelti gli incompetenti non rei di questo delitto contro l'umanità elettrice. La competenza a dominare si acquista fin troppo in fretta, ma nel frattempo si respira un po' e ci si occupa degli esclusi.

Citazione di: Jacopus il 12 Gennaio 2019, 05:12:46 AM
Come siamo arrivati a questo quadro disastroso? Una rilevante parte di responsabilità è a carico della precedente élite, una dirigenza che si è allontanata sempre di più dai governati, al fine di favorire un sempre più denso sistema di reciproci favoritismi, che ha tarpato le ali a chi meritava una promozione sociale ma non ha potuto goderne perché non faceva parte di quel sistema clientelare-nepotistico.
Per poter sopravvivere un sistema del genere favorisce una dinamica attualmente evidente: l'impoverimento e la degradazione del sapere. In questo modo è molto più semplice e meno contestabile il passaggio delle insegne del potere ai clientes. Ma una ulteriore condizione non è modificabile e questa circostanza ha determinato quanto accaduto, cioè il successo di forze politiche populistiche ed incompetenti, ovvero il semplice fatto che il diritto di voto è universale.
Una casta chiusa e cristallizzata nelle sue relazioni, per mantenersi al potere avrebbe dovuto limitare il diritto al voto, ma si tratta di una opzione impossibile.
La maggioranza quindi, travisata da un rancore comprensibile e da una incapacità a decifrare i passaggi socio-economici in corso, determinati dalla degradazione delle istituzioni formative (leggi scuola), ha usato il voto come un'arma, punendo i precedenti politici ma direi che il desiderio era di punire l'intera classe dirigente. E insieme ad essa punire un intero sistema del sapere, quello dell'agire razionale (weber), del sapere scientifico, della cultura accademica, vanamente cosmopolita, che in fondo non fa altro che difendere i suoi accoliti e che quindi di cosmopolita non ha granché.
In altri termini è stato punito, sessantottescamente, un "sapere di classe". Che a onor del vero l'unica cosa che sa è curare i suoi interessi, sempre più parassitari, di classe. Mentre il potere politico vero si esercita nei board di Bilderberg.

Citazione di: Jacopus il 12 Gennaio 2019, 05:12:46 AM
In sintesi, un attacco alla democrazia dall'alto, a causa di una élite al potere che si era cristallizzata e in ciò aveva corroso la sua legittimazione e dal basso, a causa di un basso livello  di cultura e coscienza socio-politica, che fa invocare come rimedio la mediocrità elevata a criterio del politico. Il politico quasi non più eletto ma estratto a sorte O eventualmente cooptato non perché autorevole o meritevole ma perché obbediente ai nuovi leaders.
Accadde anche in Francia nell'89 di due secoli prima. Finite le brioches arrivarono i sanculotti. Poi si scremarono e andò come sappiamo. Ma nessuno rimpianse le brioches.

Citazione di: Jacopus il 12 Gennaio 2019, 05:12:46 AM
Accanto a questi motivi politico-culturali interni non va dimenticato un evento che ha modificato profondamente i paesi occidentali, ovvero la fine del socialismo reale. Finché è stata una minaccia tangibile, il sistema dei paesi occidentali ha dovuto fare di necessità virtù e quindi cercare di promuovere in un contesto capitalistico dei correttivi efficaci ai disequilibri che questo contesto determina, sia sul lato economico che sul lato sociale. I paesi socialisti erano una sorta di "sprone" per la west side a comportarsi in modo più equo. Terminata quella minaccia i paesi con un'etica più fragile hanno iniziato a "ballare", ma a conferma di questa concausa vi è la constatazione che il fenomeno di appiattimento politico+protesta verso le precedenti élite è un fenomeno globale: Trump, Bolsonaro, i gilet gialli sono le interpretazioni locali di quello che in Italia si chiama Salvini-Di Maio.
E' il divenire bellezza. La grande levatrice Storia. Nel cui polverone non si capisce più dove sta la destra e la sinistra ora che il cartellino te lo fanno timbrare via internet. Todo cambia, escluso lo sfruttamento umano. E da lì riparte sempre la spinta rivoluzionaria cambiando pure lei, nello spirito economico dei tempi, colore. La socialdemocrazia è morta ancora più ignominosamente del socialismo reale, sepolta sotto i calcinacci del suo muro di inconfessabili collusioni coi negrieri di sempre. Basta ripercorrere la storia dell'Ulivo di Prodi per rendersene conto.
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#7637
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
12 Gennaio 2019, 10:43:27 AM
Citazione di: davintro il 12 Gennaio 2019, 00:44:02 AM
... Se la motivazione è il pensiero di una assoluta inesistenza di ciò che va oltre la realtà naturale, il suo oggetto di indagine, allora vuol dire che in realtà la sua è una metafisica inconsapevole: usa la categoria, metafisica e intelligibile di "totalità" che attribuisce alla realtà sensibile oggetto delle sue ricerche, oltre il quale non ci sarebbe nulla, se invece intende "astruse" come qualcosa di troppo complicato o contorto per potersene occupare con successo, allora non si tratta di "materialismo", ma di un riconoscimento dei limiti delle sue capacità conoscitive (limiti riferibili sia a se stesso come singolo o all'umanità in generale...), che si preferisce impiegare su obiettivi ritenuti maggiormente alla portata

Che la scienza sia un metadiscorso sulla natura essa ne è totalmente consapevole. Ovviamente si confronta con altri metadiscorsi, altre metafisiche, per vedere chi c'azzecca di più. Altrove sgiombo ha postato una differenza epistemologica di importanza fondamentale tra indimostrabilità e falsità. Tale atteggiamento gnoseologico è stato di importanza capitale per l'evoluzione della nostra specie. Nel momento in cui Newton scopre le leggi della gravitazione universale, ammette onestamente di non fingere ipotesi ("Hypotheses non fingo") riguardo alla natura della forza gravitazionale. E' questa l'onestà intellettuale che manca ad altre forme di saperi che invece le ipotesi le fingono a raffica. Ci penseranno i fisici venuti dopo di lui a chiarire meglio la questione, delimitando la verità di quelle leggi all'ambito empirico loro proprio. Questo esempio illustra anche la fecondità del metodo empirico tal quale: scoprire la verità fenomenica senza conoscerne (tutte) le cause (induzione). Diventa scienza quando si completa la conoscenza rendendola riproducibile e calcolabile (deduzione). Quindi si possono fare profezie fondate su tale fenomeno *. Sarà anche umano troppo umano, ma non pare vi sia nulla di meglio per comprendere e vivere al meglio il mondo che siamo.

* Profezie sulla fine del mondo ve ne sono molte. Non so quanti cristiani sarebbero disposti a sposare più quella dell'evangelista Giovanni che quella degli astronomi. Anche la fede ha i suoi gradi di affidabilità.
#7638
Citazione di: sgiombo il 12 Gennaio 2019, 08:22:20 AM
Asserzione di indimostrabilità (sinonimo di sospensione del giudizio)

e

Asserzione di falsità (giudizio negativo).

Questa distinzione mi pare fondamentale per capire il metodo scientifico che è induttivo-deduttivo, cosa su cui Reale, non so quanto in buona fede, equivoca assai. Penoso ridurre l'etica al sentimento e l'estetica al gusto. Sul sapere religioso esercito a denti stretti l'epochè. Non perchè la scienza non sia una fede, ma perchè anche le fedi, come gli infiniti matematici, hanno una loro gerarchia razionale e senza quella gerarchia saremmo ancora all'età della pietra.
#7639
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
12 Gennaio 2019, 09:12:29 AM
Citazione di: davintro il 12 Gennaio 2019, 00:44:02 AM
per Ipazia

per essenza intendo l'idea di qualcosa che risponde alla domanda sul suo senso, sul "cosa è", sul "quid", che resta tale indipendentemente dalle circostanze empiriche in cui si fa esistente, Il piano dell'essenza è inattingibile per ogni ricerca empirica, che delimiterebbe i suoi risultati all'interno della particolarità della situazione in cui la ricerca è stata effettuata, può essere raggiunto solo quando al corso naturale della nostra esperienza della cosa si attua un setaccio critico che spogli il vissuto dagli elementi dubitabili, accidentali, per far emergere la struttura della cosa che la caratterizza in ogni possibile contesto in cui si dà, e questo coglimento della struttura universale è ciò che poi consente le definizioni delle cose, che per l'appunto colgono le cose nel complesso di ogni loro possibile determinazione storica: se non avessimo in un certo modo un intuizione dell'essenza del rosso, non potremmo nemmeno concepirne la definizione, la parola segnica "rosso", che per l'appunto vale per tutti i "rossi" possibili. Nel caso qua in questione, la coscienza, direi che l'atteggiamento empirico, inadeguato a coglierne l'essenza, sarebbe quello di chi ritiene di poterla trattare e concepirne le varie implicazioni e caratteristiche partendo dall'osservazione delle determinate forme di vita in cui riteniamo sia presente, ad esempio l'essere umano, caratteristiche effettivamente presenti nella singola forma di vita che osserviamo, ma che non è detto debba necessariamente accompagnare la coscienza, in ogni possibile circostanza in cui essa si dà, mentre l'atteggiamento davvero adeguato a coglierne l'essenza sarebbe quello rigorosamente analitico, nel quale l'intuizione della coscienza viene il possibile isolata dal complesso di elementi all'interno del quale si rende presente, per poterla pensare nel suo livello di indipendenza rispetto a tutto ciò che è altro da se stessa, allo stesso modo per il quale quando si desidera, ascoltando un'orchestra, focalizzare l'attenzione sul suono di un singolo strumento, lo "isoliamo" mentalmente dal resto dei suoni, mettendo tra parentesi (epoche fenomenologica) i suoni di tutti gli altri strumenti, far finta che non esistano: quanto più riusciamo a farlo tanto più avremmo colto l'essenza del singolo suono che ci interessa, che poi resterebbe lo stesso in ogni altro tipo di contesto in cui si manifesta e in cui poi dunque potremmo sempre riconoscerlo.

Non ho mai voluto qua parlare di "superiorità" o "inferiorità", essendo categorie valoriali, per cercare di attenermi a un piano puramente descrittivo e slegato da giudizi morali.

D'accordo sull'essenza. Corrisponde all'idea originaria degli universali di Platone ed è un concetto assai utile per sistematizzare la realtà. L'essenza di una cosa è quel concetto che quando io lo dico tutti capiscono di cosa si tratta. Se dico cane, si capisce cane, tanto nella sostanza empirica che nel concetto semantico che l'ha generalizzata. Ma "coscienza" è un tantino più difficile ridurla ad un universale condiviso. Probabilmente anche "empirico" non è un universale condiviso, visto che per alcuni non vi è possibilità di conoscenza che ne possa prescindere, mentre altri rimandano a forme di sapere indipendenti dall'esperienza empirica. Si potrebbe lasciare un bambino in balia della foresta e vedere, se sopravvive, che coscienza ha sviluppato. Ma a parte la scarsa eticità dell'esperimento, vi è il problema che esso sarebbe del tutto empirico. Insomma, non vedo una via d'uscita logica tra chi ritiene la coscienza un elaboratissimo, perfino trascendentale, prodotto dell'esperienza immanente di organismi biologici - analizzabile nelle sue più recondite sfumature e specificità con unico limite l'intelligenza umana - e chi vi vede il segno di una trascendenza sovrannaturale.
#7640
Citazione di: sgiombo il 11 Gennaio 2019, 16:38:55 PM
Non ho mai negato quanto scrivi qui, con cui concordo (malgrado non mi piaccia l' espressione "costante antropologica" che varia in funzione del sacrificio contenuto nel "tempo antropologico"; che preferisco chiamare "tempo soggettivo" o "mentalmente, e dunque soggettivamente percepito"). SE vai a rileggerti con attenzione quanto da me scritto a cui qui pretenderesti di obiettare, troverai che non ho mai negato la realtà del tempo soggettivo mentale stesso ma ne ho solo evidenziato le differenza dal tempo fisico - materiale intersoggettivo, confonderlo col quale é un grossolano errore e porta a credenze false. Non riesco proprio a capire in che senso "non ci saremmo proprio"!

Perchè non si tratta di correggere un errore da maestrina ma proprio di differente prospettiva ideologica. Ridurre il tempo antropologico a tempo soggettivo significa ricacciare l'umano nel divide et impera del tempo cronometrato del marcatempi padronale. La "costante temporale antropologica" corregge questa impostanzione del tempo parametrato solo sullo sfruttamento umano. E venne applicata molto empiricamente dai bolscevichi nelle forme che ho detto e pure in quelle che tu hai riportato:

Citazione
Non ho documentazione sottomano e non ho tempo e voglia di mettermi a scartabellare, ma a me risulta invece che (salvo forse nella breve parentesi del "comunismo di guerra", rapidamente superata) i Bolscevichi cercassero di applicare quanto meglio possibile il principio socialista "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro i suoi bisogni", attribuendo al lavoro stesso tanto maggiore valore quanto più fosse complesso (di fatto quasi sempre questo é il caso di lavori richiedenti piuttosto intelligenza, ragionamenti, pensiero, conoscenze tecniche che "forza bruta" o capacità di faticare fisicamente), in quanto ceteris paribus richiedente in ultima analisi più tempo la realizzazione - ripristino della forza-lavoro necessaria per erogarlo.

Ho corretto la tua citazione di Marx perchè il travisamento ne nascondeva il significato: i bisogni sono uguali, all'incirca, per tutti. Le capacità e il lavoro invece sono diversi. Ma sono diversi anche da come li intende la (non)etica capitalistica che nel calcolo del valore quantifica le capacità e il lavoro in maniera che non può essere la stessa di una società socialista. Altrimenti non vedo che differenza ci sarebbe tra i due modelli sociali. In effetti i lavoratori "professionali" sovietici si lamentavano di questa loro omologazione retributiva ai lavori ritenuti più umili, ma più faticosi e pericolosi. Dimostrando con ciò che una società comunista richiede davvero livelli assai avanzati di sviluppo tecnoscientifico lavorativo per essere digeribile per tutti, riducendo la componente sacrificale ed aumentando quella partecipativa intellettuale.

Citazione
Gli stessi stakanovisti erano apprezzati e premiati moralmente e materialmente non tanto in proporzione alla la fatica fisica che facevano quanto all' ingegnosità delle innovazioni tecniche in grado di aumentare la produttività del lavoro che realizzavano. Anche se ovviamente i Bolscevichi cercavano anche sempre di tener conto pure della fatica fisica, come in generale dei "sacrifici", della "durezza" del lavoro (non necessariamente di tipo "materiale", ma anche per esempio il fatto di svolgerlo in località remote e dal clima inclemente, la necessità di comprendere turni notturni e festivi, ecc. indipendentemente dal carattere prevalentemente manuale o mentale del lavoro stesso).

Tutto giustissimo. Infatti alla fine, oltre allo stato, dovrebbe scomparire pure la distinzione tra lavoro manuale e intellettuale. Engels dice che dovremmo essere tutti un po' carrettieri e un po' architetti. L'umanizzazione del lavoro manuale implica anche la valorizzazione intellettuale del lavoratore che diventa progettista di ciò che produce e, d'altro canto, anche il lavoro intellettuale tradizionale ha i suoi carichi di routinaria fatica. Basti pensare allo stress di medici e insegnanti. Quindi direi che la correzione del tempo antropologico da applicarsi al sacrificio fondante del lavoro richiede grande abilità scientifica. Ma ne vale la pena nel mondo liberato dell'homo faber, anche se è più complicato che inventare titoli tossici e fare previsioni borsistiche.

Ritornerei ai contenuti del libro che limita la questione tempo alla fisica laddove, come spiegava chiaramente Apeiron, non esistono rette euclidee e tempi cronometrici, ma linee curve e tempi relativistici che scompaiono del tutto in certi fenomeni quantistici. In particolare in vicinanza dello 0 K, laddove la tecnoscienza ci permette di vedere immagini di bellezza assoluta come questa, con i suoi atomi, legami e nubi elettroniche in bella evidenza. C'è molto trucco, ma non inganno. Oltre al sognante Kekulè, penso che anche il Platone di Apeiron sarebbe soddisfatto di vedere finalmente le sue forme geometriche ideali. Ma basta allontanarsi di poco dalla morte termica perchè scompaiano. E la realtà torni, col suo divenire, ad apparirci tanto diversa.
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#7641
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Facoltà e diritti
11 Gennaio 2019, 17:26:47 PM
Citazione di: Jacopus il 10 Gennaio 2019, 18:01:01 PM
Non lo collegherei al '68, questo classico capro espiatorio passpartout. L'espansione dei diritti è un fenomeno più antico. Il 68 è stato il corrispettivo del Cambriano per la vita: una esplosione di nuovi diritti, molti dei quali hanno rinnovato l'italia in modo sensazionale per un paese tendenzialmente conservatore fino al masochismo. Basti pensare al diritto al divorzio, l'abolizione del delitto d'onore, lo statuto dei lavoratori, il sistema sanitario nazionale, le regioni, l'ordinamento penitenziario, fino a quei diritti più controversi, aborto e abolizione dei manicomi.
L'espansione dei diritti nasce dalla consapevolezza che in fondo siamo tutti uguali, almeno rispetto ad una base minima condivisa, che tendera' ad alzarsi o abbassarsi a seconda della situazione politica ed economica. Molto più del 68 si deve ringraziare il 76, il 1776, e la successiva costituzione americana che sancisce il diritto alla felicità.
Un altra sospetta è la scienza e il suo sicario, la tecnologia. Come per i diritti, indagata anche per aver illuso l'umanità nella possibilità di spiegare e prevenire tutta una serie di fenomeni, dalle inondazioni, ai terremoti, dalle rapine agli ictus, fino a quel vaso di fiori, che cadendo su una testa ha impedito al detentore di quella stessa di rivendicare tutti i diritti di cui avrebbe creduto di aver diritto.
Tanti diritti in sostanza possono indicare:
A) una società ipocrita, dove ai proclami non consegue la loro realizzazione;
B) una società realistica, che tenta di adeguare ciò che definisce diritto con ciò che si può fare realmente.
C) Una società parassitizzata, da chi attraverso supposti diritti vive alle spalle di chi ancora non concepisce il diritto come un ente assistenziale.
D) Una società delirante, che crede di creare la realtà attraverso l'emanazione di leggi e circolari.
E) Una combinazione dei precedenti punti.

Concordo quasi su tutto. In particolare con l'elenco finale che esalta la storicità del concetto di diritto e delle sue mistificazioni. Mi lascia perplessa l'ironia, non so quanto, sulla scienza e la sua "sicaria". Semmai la panacea che segue è dovuta a chi parassita ideologicamente scienza e tecnica, al tecnoscientismo.
#7642
Tematiche Filosofiche / Re:Darwinismo delle idee?
11 Gennaio 2019, 16:23:41 PM
Vi è analogia, similitudine, tra la sopravvivenza del più idoneo, organismo o pensiero. Ma si applica a mondi distinti con modalità assai diverse sulla causalità deterministica, per cui non cederei alla tentazione strumentale del sociodarwinismo.

Citazione di: green demetr il 10 Gennaio 2019, 10:43:03 AM
Per il normale fruitore di filosofia che non si occupi del pensiero ebraico-mesopotamico (astrologico), dovresti pensare a cosa intendevano dire quando i GRECI (non i ROMANI E ROMA disastro del MONDO) dicevano "LA NATURA AMA NASCONDERSI"

Oibò, poveri ROMANI ! Eppure, tutte le strade portano a ROMA. E da lì hanno dipartito per quasi mezzo millennio il pensiero greco urbi et orbi salvaguardandone il sapere nel tempio laico di Alessandria finchè gli eredi del pensiero ebraico-mesopotamico non l'hanno annichilito col supremo argomento teologico che un Libro bastava ed avanzava e gli altri libri erano o doppioni o falsi. Perfino l'ipercritico filosofo caro ad entrambi riconosceva nell'impero romano il paradigma storico più vicino alla sua volontà di potenza. Al suo dionisiaco e apollineo.
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#7643
Citazione di: sgiombo il 11 Gennaio 2019, 08:55:09 AM
Non credo proprio che costituisca una caduta nei lacci e lacciuoli dell' ideologia dominante il rilevare che la sensazione soggettiva dell' "ora" degli impazienti in sala d'attesa sia reale solo e unicamente in quanto valutazione soggettiva errata e falsa del tempo da loro trascorso in tale ubicazione fisica-materiale da meno di dieci minuti veri, reali, rilevati dagli orologi, compresi eventualmente quelli obsoleti a pendolo; ovvero che si tratta di "un' ora" meramente apparente, reale solo come apparenza e in nessun altro senso, e non effettivamente, non come aspetto veramente attribuibile alla realtà intersoggettiva dell' universo materiale alla quale comunque si riferisce (almeno nel caso -di fatto generalizzato- nel quale intendono non che nel loro vissuto soggettivo sono lì da un tempo non misurabile quantitativamente ma comunque avvertito come lungo, ma invece che é passata intersoggettivamente un' ora nel sistema di riferimento inerziale costituito dalla sala d' attesa nell' ambito del mondo materiale reale; e infatti spesso e volentieri se la prendono indebitamente con i proletari, magari alla dipendenza dello Stato borghese ma in altri casi pure di privati capitalisti, della cui opera necessitano, che attendono).

Non ci siamo proprio. Il tempo antropologico ha ben poco da spartire col tempo fisico temperato equalmente da qualsiasi tipo di orologio, inclusi gli atomici. Ragionare in termini di tempo antropologico significa contemperare la differenza di valore di tempi cronologicamente uguali. Significa che ogni tempo cronologico va corretto da una costante antropologica che varia in funzione del sacrificio in esso contenuto. Tralasciando il tempo della sala d'attesa, che è comunque tempo di vita perso, quantomeno da ridurre, occupiamoci di un tempo di vita "sacrificale" non azzerabile: il lavoro. I bolscevichi, che ci capivano qualcosa di tempo antropologico, pagavano di più il tempo-lavoro manuale di quello intellettuale perchè contiene un livello di sacrificio maggiore, benchè riconoscessero il grande valore sociale di entrambi. Ma se il secondo poteva essere considerato una Grazia divina umana fornita dalla natura (e riconosciuta dallo stato socialista attraverso il diritto allo studio e alla professione), etimologicamente gratis come tutte le grazie, il lavoro manuale non poteva essere equiparato ad alcun tipo di grazia ma derivare solo dalla necessità sociale del suo svolgersi. La sintesi dialettica tra i due lavori sta nell'umanizzazione del sacrificio attraverso la sua intellettualizzazione tecnica. Quindi il "progresso", non come chimera teologica rivolta all'aldilà, ma liberazione umana dalla schiavitù del lavoro e congruo riconoscimento sociale dei residui irrisolti o irrisolvibili di tale processo di liberazione.
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#7644
Che la filosofia abbia bisogno di trasfusioni ideali e sanguigne forti è fuor di dubbio, altrimenti il suo ruolo ancillare tra i vasi di ferro religione e scienza durerà in eterno. Mi permetto pertanto, in vece del nuovo ospite che le rimanda (cui va il mio benvenuto), di rispondere ad alcune questioni del valido e scettico viator, che saluto cordialmente

Citazione di: viator il 09 Gennaio 2019, 23:15:32 PM
Se lo fa utilizzando la sintesi allo scopo di riuscire a raggiungere una visione panoramica, totalizzante che ci mostri un senso complessivo, è destinata a fallire (la sintesi prosegue all'infinito senza alcun costrutto poichè affrontera sempre più numerose molteplicità senza mai raggiungere la totalità).

Perchè fallire ? Basta limitarsi al Tutto possibile conforme allo Spirito dei Tempi. Alle soluzione che il nascere del problema ha già nel suo grembo, di cui consegna alla filosofia, oltre che alla storia, il nobilissimo compito della levatrice. Demiurgico più che ancillare. Non escludendo del tutto il secondo, non indegno per una filosofia della prassi. L'unica che possa avere voce propria nel Mondo. O nei mondi, visto che ce ne sono almeno due: il fisico e l'antropologico. Per qualcuno ce n'è un altro ancora, ma direi che in quel mondo la filosofia ha già dato e non ne è uscita bene.

Citazione
Se invece utilizzarà l'analisi (cercando di riconoscere una radice comune, universale di ciò che analizza), lo scopo sarà quello di risalire all'origine (al monismo), anche qui però senza potervi riuscire. (l'analisi termina davanti alla insuperabile duplicità oggetto/soggetto).

Oggetto/soggetto  ;D Se vogliamo rimestare la minestra fredda della metafisica, per quanto la si riscaldi concordo sia una partita persa in partenza. Ma se la intendiamo come relazione dialettica tra mondo fisico e mondo antropologico si spalancano davanti enormi praterie che solo il sapere scientifico-filosofico può colonizzare. Non un sapere dissociato tra scienza e filosofia (discorso da sviluppare nei continuti in seguito). Purtroppo, per non limitarsi al ruolo ancillare di filosofia della scienza, bisogna saper filosofare sulla scienza. E per farlo in maniera non parodistica o comica bisogna capirci di scienza. Come d'altro canto bisogna capirci di filosofia per diventare uno scienziato-filosofo senza scadere nella cosmicomica.

Tralascio Dio e Anima perchè, come dice viator, c'è già un terzo mondo che se ne occupa. Sull'anima immanente ci si può fare comunque tanta matura e feconda psicofilosofia. Fuori dalla caverna.
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#7645
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
11 Gennaio 2019, 08:22:12 AM
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2019, 23:33:31 PM
ammettere un salto qualitativo dato dalla presenza della coscienza tra le forme di vita in cui essa è presente e quelle in cui è assente, fintanto che si intende la coscienza nella sua essenzialità, coscienza in generale, senza riferirla alle specifiche forme in cui si realizza in una determinata specie vivente come l'uomo, cioè come coscienza umana, non comporta alcun pregiudiziale antropocentrismo. Questo grazie alla distinzione, a cui avevo fatto cenno nel mio messaggio di prima, tra piano empirico in cui si cerca di collocare una specie animale nelle varie categorie osservando il loro comportamento, e piano essenzialistico in cui si cerca di individuare le implicazioni logicamente necessarie per ogni singola categoria. Grazie a questa distinzione nulla impedisce aprioristicamente di poter modificare la classificazione di ogni singola specie o individuo animale, nel caso vengano scoperti nuovi elementi. Tutto sta nel non pretendere di sovrapporre in modo necessario il salto qualitativo tra concetti originari e logicamente "primitivi" o "semplici" come "vita cosciente" e" vista sensitiva", e il salto, eventuale, tra categorie indicanti realtà composte  come "essere umano" o "essere animale", senza escludere che una di quelle "semplici" possa essere compresa tra gli elementi con cui definiamo una realtà "composta" nella quale inizialmente non si riteneva potesse essere presente. Il problema della distinzione qualitativa tra vita cosciente e vita sensitiva intesse nella loro essenzialità è insomma altro da quello della distinzione eventuale, empirica tra uomo e altri animali. Questo del resto sarebbe lo stesso errore in cui ricade un certo materialismo, che confondendo l'accezione universale e esaustiva dell'idea di "coscienza" con quella empiricamente determinata come "coscienza umana" (una determinazione nella quale la coscienza è legata a vincoli di dipendenza con il corpo e la sensibilità) pretende di dedurre l'impossibilità di una vita cosciente puramente spirituale in una dimensione sovrumana e sovramondana, prendendo un aspetto accidentale del concetto di coscienza (la situazione storica in cui si dà come coscienza umana) e trattandolo come fosse un dato essenziale.

1) Donde viene l'essenza, il piano essenziale ?

2) Nessuno nega la superiorità apparente della coscienza umana e tantomeno i suoi afflati sovramondani, ma che ne sappiamo di tutto ciò che non appare alla nostra ignoranza ? Chi ce ne può liberare, comprese le eventuali sorprese, se non il piano empirico della conoscenza ?
#7646
Citazione di: sgiombo il 10 Gennaio 2019, 18:33:38 PM
La realtà fisica certamente no.

appunto  :D

Citazione
Ma quando ricercatori di vaglia parlano (evito un altro termine recentemente da me rivolto a un altro amico del forum in un altra discussione per non essere troppo provocatorio) di "interpretazione a Molti Mondi (MWI dall'inglese Many-worlds interpretation)" della MQ o di possibili "viaggi nel tempo" mi pare che il loro misticismo (il misticismo proprio delle loro teorie fisiche) raggiunga livelli che neanche le religioni più sperticatamente irazionalistiche...

La scienza, tra le tante cose che è, è pure una nuova religione universale di grande successo.

Citazione
Ma non avevi sostenuto che nella fisica odierna il tempo non scompare ma invece si relativizza?

Si relativizza a livello applicativo, galileiano, ma esistono livelli nei quali, dice Rovelli, si può prescindere totalmente da f(t).

Citazione
NOn capisco bene come il "tempo antropologico" (suppongo la soggettiva percezione dello scorrere del tempo, per la quale un amplesso "é stato bellissimo, peccato che sia già finito" mentre in una sala d' attesa tutti gli utenti impazienti -solitamente il 95% del totale, improvvidamente non munitisi di libri o giornali- "é da un' ora che aspettano" già dopo dieci minuti scarsi che ci sono arrivati) possa decidere come é (anziché come sembra) la realtà (a meno che si tratti di quel peculiare caso di realtà -anzi realtà meramente costituito dalla- apparenza soggettiva limitata al "tempo antropologico" della realtà intersoggettiva del tempo cronologico). Ma forse anche stavolta parli in senso metaforico (basta precisarlo, per lo meno a beneficio di un "iper-razionalista" -lo so, é un deliberato ossimoro- come me, che tende spiccatamente a prendere tutto in senso letterale "fino a precisazione contraria")

Perchè dovrebbe essere meno "vera" la relatività del tempo antropologico rispetto alla relatività del moto di un pendolo. Forse è arrivato il tempo di prendere coscienza del tempo umano liberandolo da tutti i lacci e lacciuoli dell'ideologia dominante e delle sue "verità oggettive" scientisticamente camuffate. Girando attorno alle quali ci perdiamo del tutto il senso della gravitazione universale umana, dei suoi centri di gravità reali, altri da quelli della realtà come la ci si vuole far apparire laminando il tutto nel marcatempi della produzione capitalistica.
#7647
La realtà antropologica è ancora più ingannevole di quella fisica, che non conosce il mistico e il mistificato. Nell'umano il tempo gioca un ruolo fondamentale tanto nell'essere che nel narrare. Nell'essere perchè lo racchiude in uno spaziotempo limitato, nel narrare perchè la trascendenza umana è assai fantasiosa. Ma proprio nel narrare si dilata il tempo umano facendosi storia. Così, mentre nella fisica il tempo scompare, e l'ideologia ci mistifica sopra decretando la fine della storia e l'annichilimento del tempo di lavoro umano, il tempo antropologico si prende la sua rivincita in ogni attimo della nostra vita decidendo lui come appare è la realtà. Così diversa nel tempo umano di un amplesso, di una sala d'attesa, di una catena di montaggio, checchè ne dica il tempo cronologico.
#7648
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 12:20:07 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2019, 11:04:29 AM
Il punto della questione è che una particella, una galassia e un vivente sul pianeta terra esperiscono tempo e spazio in maniera completamente diversa. Basta un mutamento di ordine gravitazionale per modificare il tempo degli orologi, probabilmente anche biologici, e cambiare lo spazio esperito nel movimento anche di un umano.
Salvo il "completamente", concordo (in maniera di fatto per lo meno quasi sempre a noi percettibile solo attraverso sofisticatissimi strumenti: conseguentemente pratiche assai scarse, ma amo la teoria).

E' il destino antropologico. Mica la natura ti regala la facoltà di averne coscienza. Lei ha fatto la sua parte, ora tocca a noi. E siamo ancora così barbari, troppo barbari.

Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 12:20:07 PM
Ma mi sembra che quanto qui affermi, lungi dal negare la realtà del tempo, casomai la confermi (qui mi rivolgo più ad Apeiron, che trovo un po' ambiguo in proposito, che non a te che se non sbaglio non neghi la realtà del tempo ma ne affermi la relatività: Il precipitato filosofico della fisica moderna è l'inesistenza di una dimensione assoluta del tempo"

Certo non lo nego nella sua relatività, ma anzi lo valorizzo: se esiste un campo del vivente, il divenire temporale è il suo quanto fondamentale. In esso si svolge la saga evoluzionista che alla fine ha prodotto una sua (imperfetta, ma perfettibile) autocoscienza. Hegel alla grande, direi. Senza togliere il dovuto ad Eraclito. E a Democrito, che anche se non aveva studiato Planck, aveva intuito la natura granulare, discreta, del reale. Che si accompagna coerentemente con la finitudine dell'infinito reale. Non so se questa cosa farà felice il nostro Apeiron, ma penso che anche quello di Anassimandro, dovendo riscuotere i debiti, alla fine si sarebbe stancato di un debito infinito. I nostri debiti col sapere vanno dal (in)finitamente piccolo al (in)finitamente grande. E non abbiamo nient'altro che la scienza per poterlo saldare. Intesa, al netto di ogni specialismo, come teoria del Tutto. Con la quale siamo tornati alla pietra filosofale. Materica, ma capace di riempire di senso (trascendentale) il nostro esserci nel nostro tempo.
#7649
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 10:44:14 AM
Incomprensione totale da parte mia: perchè mai se uno ritiene che lo spazio-tempo è 'totalmente reale' allora, chiaramente, non ci può essere un vero 'cambiamento' (ovvero se si ritiene reale tutto lo spazio-tempo...)?
La totalità comprende e non nega il prima-inqualcheluogo e il dopo-inqualcheluogo, esattamente come il sempre-intuttiiluoghi.

Il punto della questione è che una particella, una galassia e un vivente sul pianeta terra esperiscono tempo e spazio in maniera completamente diversa. Basta un mutamento di ordine gravitazionale per modificare il tempo degli orologi, probabilmente anche biologici, e cambiare lo spazio esperito nel movimento anche di un umano. La scienza corrisponde all'esperienza mistica di vedere la realtà al di là di come ci appare e nel far ciò fornisce gli strumenti ontologici per sconfiggere qualsiasi misticismo illusionale. A te che ci capisci qualcosa di scienza consiglio vivamente di leggere questo libro perchè permette di fare il punto della ricerca scientifica di punta senza la necessità di possedere il sapere matematico richiesto a chi la fa. Lo scienziato filosofo è chi sa tradurre il sapere specialistico in sapere universale. Per questo è lui il signore del futuro. Se non vuoi chiamarlo mistico, chiamalo come vuoi. Ma se non vuoi confrontarti con la trascendenza umana, sarà la trascendenza inumana a dilagare. Perchè la natura, e la quantistica lo ha riaffermato, aborre il vuoto.
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#7650
Anche in Leopardi, seppur per lo più in negativo, si scopre come, a differenza di quanto sostenuto da lady Macbeth Thatcher, non esistono gli individui, esiste solo la società. E gli specifici individui, il loro pensiero, ne sono il risultato quasi speculare.

P.S. Leopardi era un nobile e poteva contemplare l'infinito in perfetta e armonica solitudine dal cortile di un palazzo principesco. Anche in seguito la sua vita raminga fu comunque garantita da una piccola rendita nobiliare. Per cui riscriverei, declinandola irriverentemente (di cui mi scuso col poeta) sul sociale, quella bellissima e psicologicamente acuta frase finale così:

La solitudine è come una lente d'ingrandimento sociale: se sei solo e sei ricco stai benissimo, se sei solo e sei povero stai malissimo.
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