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Messaggi - Apeiron

#766
Non volevo dire che tutti quelli che postano le foto sui social dei loro viaggi sono "brutte persone". A volte è capitato anche a me (anche se nella maggio parte dei casi l'idea non era mia). Però secondo me tutto questo meccanismo ci allontana dal vivere il viaggio stesso e anche dall'umiltà (nel senso che anche senza saperlo finiamo per "gonfiarci" ritenendo che tutto quello che facciamo è "importante". Il meccanismo è a livello inconscio, l'ho osservato anche in me stesso, quindi la mia intenzione non era di condannare ma mostrare il problema). Inoltre il viaggio può essere una dipendenza, un risultato dal non essere capaci di vivere nella propria casa (anche questo non viene ammesso).
#767
Forse il "tempo scorre" ma il divenire è illusorio perchè non ci sono "enti"? Ossia non c'è davvero un "tutt'uno eterno". Ma allo stesso tempo non è nemmeno vero che "tutte le cose scorrono via" perchè non ci sono "cose", ma solo "sembianze di cose". O per dire diversamente: il mondo fatto di "cose" è solo una convenzione. In realtà non ci sono cose.
#768
Citazione di: pepe98 il 20 Luglio 2017, 11:18:29 AMIl concreto non è un concetto astratto, è solo intuibile attraverso la comunicazione, ma non definibile. Tuttavia l'idea dell'uno credo sia la più "utile"per descriverlo. Ma più che un uno inteso come "non molteplice"(che non negherebbe necessariamente l'esistenza del molteplice) è, come ho detto, il più evidente "non nulla", o essere (il nulla si auto-nega, essendo non essere). E dal momento che credo che l'esistenza non possa avere altra definizione che questa, poiché altrimenti sarebbe definita in un modo tra molti possibili, e ció mi sembra assurdo, poiché ritengo l'esistenza pura necessità, bisogna intuire la sua interezza, pur ricorrendo a concetti astratti(che quindi implicano l'esistenza di un concetto contraddittorio, poiché sono definiti come A=/=(non A)). Se dici che l'uno implica i molti è perché stai parlando di concetti (A==>(non A) nell'insieme dei concetti), non dell'essenza concreta. Andare oltre significa ammettere che l'essere non è definibile. TUTTAVIA questa non definibilità dell'essere non nega che possa essere intuito, e come intuirlo se non parlando di assoluta necessità e parlando quindi di unità e non configurabilità. Io credo che chiunque non sia un robot possa capire: se parliamo di pure astrazioni non possiamo conoscere l'essenza, che va al di là dell'astratto! Trovo che l'esistenza descritta da me descriva molto bene l'assoluta asistematicità dell'esistenza, quindi l'assoluta necessità. Trovo assurdo qualsiasi tentativo di limitare l'esistenza. Come può il nulla limitare l'esistenza???

Se non vuoi limitare l'esistenza perchè dire "tutto è uno"? Non è meglio liberarsi dalle varie etichette che assegnamo alla realtà? Da questo puoi capire come la dottrina del "non-sé" buddista coincide per certi versi con la massima libertà.
#769
Il viaggio deve essere formativo per la persona, devi partire con la volontà di donare te stesso(anche alla gente del luogo dove vai) e ricevere il dono che la gente autoctona è pronta a darti (e questo dono non deve essere solo a livello "consapevole", anzi più che altro non te ne accorgi nemmeno di donare e di ricevere il dono: ti accorgi però di essere più "aperto", "libero" ecc).

Purtroppo oggi sembra quasi con la pubblicazione continua di foto sui social sembra quasi che il viaggio serva a pompare l'ego anzichè toglierne le pretese e i pregiudizi. Quasi che il viaggiatore dica: "guardatemi amici quante esperienze faccio  8)  quanto sono "cool", figo, che cose interessanti faccio, quanto è movimentata la mia vita ecc". Ma anche di questa tendenza non è facile accorgersi...
#770
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
22 Luglio 2017, 12:41:21 PM
Sariputra, non sai quanto io desidero "essere uno con l'umanità", ma non in senso astratto ma "approfondire" le relazioni con ogni individuo. Quanto vorrei "sentire" una "rete" con gli altri individui, quanto vorrei avere una disposizione buona con tutti ed essere una risorsa per gli altri (quanto vorrei essere usato).

Purtroppo la mia inadeguatezza si riflette in quanto mi sento "disconnesso", "vuoto" (in senso "occidentale", non in senso "orientale"), quanta difficoltà sento a "riuscire a donare la mia vita", quanto faccio il contrario per sentire quella rete ed avere quella buona disposizione. Quanto cioè sono "scisso" con me stesso e "dissociato" dal mondo. Non mi rimane che ammirare la mente ideale e vedere le mie difficoltà...  :( Quanto vorrei trovare altri che apprezzano ciò che ritengo essere il mio "dono" :( quanto spero che tutto ciò non sia un delirio di un malato di mente...

(questo post è stato una riflessione sulla mia condizione che mi sembra avere affinità con la tua. Ammiro veramente la tua profondità e la tua sensibilità!)
#771
@Sariputra, grazie mille del tuo contributo. Comunque più approfondisco le varie filosofie più vedo connessioni sia alla "base" (ossia "superficialmente") sia nel profondo (ossia il "cuore" delle stesse). La diffferenza grossa è proprio nel mezzo. Per esempio sto riscoprendo Kant e Schopenhauer (non leggendolo più come "dispregiatore" dell'esistenza) e sto vedendo fortissime affinità con le varie scuole buddiste, taoiste... Oppure Hegel se si limita allo studio della mente mi pare molto vicino al pensiero orientale. Inoltre anche io da bambino ero già un po' strano: una volta colpito dal pensiero dell'impermanenza ho rifiutato di farmi amici al mare perchè poi avrei fatto soffrire sia me che loro per il distacco.

@Lou, con Platone ho avuto un'esperienza simile quando ho sentito il "mito della caverna". Sono stato "fulminato". Grazie anche a te.

Wittgenstein: senza di lui non mi sarei MAI posto il problema di capire se la domanda è legittima. Se vogliamo è un passo ulteriore rispetto a Socrate nel "sapere di non sapere" perchè non solo poni il problema dell'aver risposta ma cominci a dubitare se sia "possibile" porsi certe domande. Grazie a lui tendo a non prendere alla lettera molta metafisica ma vederla più o meno come l'arte anziché come la scienza. Ossia un tentativo di usare il linguaggio ordinario per esprimere lo straordinario: ogni tentativo di questo tipo è una sorta di fallimento ma proprio perchè è un fallimento da più libertà individuale a studiare queste cose. Come dimenticare poi quanto è vero che gran parte della filosofia si basa sul fraintendimento della logica del linguaggio, sull'uso di parole fuori contesto ecc. Wittgenstein inoltre è anche un interessante pensatore cristiano (non molto ortodosso): concorda con la teologia moderna che non è importante la storicità degli avvenimenti della Bibbia ma dobbiamo prenderla come una narrazione e capire il "messaggio della storia". La fede religiosa si vede negli atti (o nell'aspirazione degli stessi). Idem per l'etica e l'estetica: il senso del "buono" e del "bello" sono anch'essi disposizioni mentali.

Popper: semplicemente che nella scienza bisogna produrre asserzioni falsificabili. Ossia il punto di partenza e il punto di arrivo della scienza è la natura, non qualcosa di trascendente ad essa. Scienza e "metafisica" sono su due piani diversi, si può essere scienziati e filosofi.

Kuhn: la scienza non si sviluppa in modo "razionale", bensì come tutte le attività umane è anch'essa soggetta al caos, alla "fortuna", ha gli stessi problemi delle altre attività a raccogliere idee originali (non per irrazionalità o chiusura mentale, ma per uno scetticismo razionale). Le rivoluzioni scientifiche più che cambiare la nostra conoscenza della realtà cambiano i paradigmi con cui noi la capiamo.

Weil: pur non essendo né battezzata né canonizzata la ritengo una cristiana autentica. La sua posizioni all'esterno delle istituizioni religiose mi fa capire che anche il cristianesimo può affrancarsi di una mentalità chiusa e inoltre proprio questo affrancamento può aiutare a sviluppare la "kenosis" e può fare in modo che con gli atti concreti "si doni la propria vita". Nonostante la sua a resistenza ad entrare nella Chiesa fu ammirata da Paolo VI e probabilmente la sua esperienza di vita (e di altri simili a lei) ha contribuito al Concilio Vaticano II con la tesi del "primato della coscienza" rispetto all'accettazione della dottrina (ossia sviluppare l'agape rispetto ad una sterile e superstiziosa credenza). Interessante poi il suo pluralismo religioso e l'accettazione delle altre religioni come genuini cammini. Inoltre bello il suo pensiero sull'estetica: la bellezza della natura sembra suggerire "qualcosa di più alto". Il suo è una sorta di "platonismo estetico". Mi è piaciuto poi il suo apprezzamento dell'ateismo come liberazione da false immagini di Dio.

Pirsig: ritengo assai interessante la sua "metafisica della Qualità" (d'altronde è il giudizio di valore che muove le nostre vite). La Qualità (e il Valore) perciò è prima delle nostre azioni... e chi "realizza la Qualità" è sempre equanime, "contento" ecc perchè è soddisfatto, vacuo di desideri e di sofferenze. Ammirevole il suo tentativo di unificare le filosofie occidentali e orientali. Inoltre mi ha fatto capire che anche le attività manuali (esempio la manutenzione della bicicletta) possono essere fonte di ispirazione. Inoltre mi ha fatto riflettere su quanto sia difficile essere coerenti nella vita con i propri principi e quanto sia giusto essere fortemente auto-critici.
#772
Kant: ammetto di non averlo mai capito. Comunque mi è piaciuto il suo "realismo empirico" unito all'"idealismo trascendentale", ossia che i fenomeni siano reali ma allo stesso tempo noi li percepiamo secondo le regole della nostra mente (forti paralleli con le filosofie orientali). Molto interessanti poi le sue riflessioni su Dio, l'anima, l'imperativo ecc, ossia che la nostra mente sembra necessariamente essere portata a "postulare" idee di "cose incondizionate" che contrastano il "mondo condizionato".

Idealismo tedesco (specie Hegel): considero insensata la loro pretesa di trovare la dialettica nella storia. Viceversa ritengo illuminante la loro analisi della dialettica come "proprietà" della nostra mente. Anche qui ci sono forti parallelismi con la filosofia orientale, specie taoismo.

Schopenhauer: filosofo molto odiato e per questo finisce nel dimenticatoio. Vuoi per l'incoerenza, vuoi per il caratteraccio è il perfetto esempio di come una vita può influenzare la ricezione della filosofia. Accetta la distinzione fenomeno-noumeno di Kant tuttavia introduce l'elemento della Volontà (bellamente messo in secondo piano da Kant) e da per la prima volta nella storia della filosofia occidentale moderna un quadretto del mondo molto scevro da condizionamenti: un mondo di conflitto, di una volontà individuale che vorrebbe "avere tutto per sé" e in perenne conflitto col resto del mondo. La volontà inoltre è inestinguibile, vorrebbe sempre di più non ha freni. Capisce che la morale va contro questa tendenza: essere altruisti è difficile proprio perchè abbiamo una tendenza innata a non esserlo. Da qui il conflitto. Inoltre vede nelle religioni un tentativo di "trascendere il mondo" e cerca di offrirne uno lui, indipendente dai vari "miti": la negazione della volontà. A mio giudizio non è in realtà "pessimista" o lo è ma non in misura tanto maggiore delle varie religioni perchè d'altronde anche lui lascia aperta la speranza della liberazione, vista come "resa", "lasciar andare" ecc. Peccato che in un mondo in cui è prevalso il positivismo la sua filosofia è stata ignorata. Bellissima poi la sua filosofia estetica e i suoi ragionamenti sul bello e il sublime.

Marx: rifiuta Hegel ma anche lui è un pensatore utopico, convinto che sia possibile "guidare la storia del mondo". La sua praxis e il fallimento dei tentativi di "cambiare il mondo" fanno capire che forse la non-azione, il cambiare se stessi è la via.

Nietzsche: 1) più o meno accetta la visione del mondo di Schopenhauer 2) come Eraclito tenta di legittimarla. Quello che avviene è una filosofia individualista che da un lato smaschera un sacco di ipocrisie ma dall'altro risulta alquanto infantile visto che in ultima analisi una filosofia come la sua crea solo conflitti (che fortunatamente non sono così glorificati come nel caso di Eraclito). Come Schopenhauer anche lui è un filosofo degli artisti e denuncia quanto la creatività sia sempre soppressa dall'ipocrisia. Inoltre secondo me da la più veritiera descrizione della solitudine (necessaria ma non sempre voluta e tantomeno apprezzata dagli altri) del filosofo. Inoltremi è piaciuta l'idea dell'Eterno Ritorno come al tempo stesso la visione più deprimente (vita=prigione eterna) e più esaltante (ogni attimo in realtà è eterno e pieno di valore).
#773
Citazione di: Freedom il 19 Luglio 2017, 21:36:11 PMBè nulla da eccepire sulla "politica" che avalli.. Non mi sembra di aver mai affermato che la sofferenza o altri stati d'animo vadano evitati tout court. L'importante é che l' obiettivo finale sia la gioia.

Beh dipende da cosa intendi per "gioia". Se intendi la gioia eterna "post-mortem" allora questo è un obbiettivo che ha senso solo se credi che sia possibile raggiungere un tale stato. Idem se credi al Nirvana con le dovute differenze.  Puoi anche però intendere la gioia come "assenza di rimorsi" e in tal caso ciò significa fare la vita che ti senti chiamato di vivere e spesso questo comporta sofferenza. Nel caso di una ricerca filosofica puoi anche pensare che la meta sia la stessa ricerca, idem per la ricerca di perseguire il Bene per fare il Bene (anche senza considerare il proprio stato dopo la morte). Ma in tutti questi casi certamente ci saranno forti periodi di sofferenza, di isolamento ecc, momenti in cui dell'obbiettivo "gioia" non ti ricordi più nulla. Eppure questi momenti sono quasi inevitabili per chi cerca un obbiettivo di "valore". Quindi secondo me chi cerca un obbiettivo di valore deve essere pronto ad affrontare momenti molto brutti. Su ciò che avvenga alla morte,in una discussione filosofica, si può solo speculare ma non sapere. 

In sostanza nella ricerca di qualcosa che ha valore (il cui eventuale ottenimento darebbe "pace", "gioia" ecc) bisogna chiedersi se si è disposti a passare momenti di acuta sofferenza. In ogni caso non si deve però personalizzare troppo la cosa così come nella storia ci sono stati uomini che sono morti prima di raggiungere il proprio obbiettivo ma anche se non hanno raggiunto la gioia dell'aver ottenuto l'obbiettivo la loro vita assume un grande valore proprio in virtù di questo loro "sacrificio". D'altro canto l'obbiettivo non deve essere la sofferenza in sé del cammino, perchè come ho detto sarebbe masochismo. Quindi sì l'obbiettivo deve avere di valore ed essere "positivo" ma si deve anche capire il cammino è imperevio e pieno di rischi  8)
#774
Se ritieni che esiste solo l'Uno senza molteplicità alcuna allora ti interesserà la filosofia di Spinoza o dell'Advaita Vedanta. 
Ritengo però che questo tipo di filosofia non lasci - se portata a termine - nemmeno l'esistenza dell'"uno" perchè anche la comprensione del concetto di "uno" richiede la comprensione del concetto di "molti", di "nulla" ecc. Idem per "soggetto" e "oggetto", "esistenza" e "non-esistenza", "io" e "non-io". Piuttosto si può andare oltre anche il concetto di "uno senza secondo" e fare come (credo che facciano) i buddisti con la dottrina dell'anatta. Ossia il completo superamento dei dualismi del tipo "soggetto-oggetto", "questo-quello" ecc. Ovviamente tutto questo finisce per andare oltre il limite della filosofia e quindi non rimane che raggiungere uno stato di "nobile silenzio".
#775
Freedom non credo proprio che l'idea sia soffrire per soffrire (ossia essere quasi psicopatici contro di sé - masochismo o "dolorismo" - o contro il prossimo - sadismo), bensì essere disposti a trovare la gioia anche nella sofferenza (ciò è una forma di compassione, di essere disposti a soffrire anche per l'altro...). La sofferenza, anche estrema e disperante, spesso è inscindibile da un percorso che punta ad un obbiettivo di alto valore.
#776
Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 14:45:21 PM
Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AMPrendere seriamente significa non prendere tutto come scontato ma essere pronti a cambiare la propria vita (ossia le proprie azioni, le proprie idee, le proprie parole...). Il "popolino" prende la vita come scontata: nasce in una tradizione e non la accetta criticamente ma perchè "è così che si fa", accetta alcune idee rispetto ad altre senza alcun impegno ecc... Purtroppo è un concetto molto vago, non so davvero spiegarti bene la cosa. Tutto questo poi finisce per farti capire che bisogna rivolgersi alle cose davvero importanti, ma ahimé su cosa siano queste cose di "massimo" valore tutto diventa ambiguo. Spero di essere stato chiaro.
Prima tu hai scritto: "Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme [...]. " E allora tu stesso hai fornito le chiavi per risolvere il tuo enigma. Per te "prendere seriamente" significa avere uno spirito critico verso il mondo. Non dare nulla per scontato e accettare le cose perché poste al vaglio da te, non perché proposte da altri. Questo atteggiamento è centrale per fare filosofia. Ma secondo me non dovrebbe essere visto male, anzi... per dire io non lo chiamerei "prendere seriamente le cose", ma "ragionare criticamente". Dal punto di vista psicologico l'utilizzo di alcune descrizione anziché altre "crea" mondi completamente diversi.
Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AMSulla seconda domanda ecco, rischiamo di andare fuori tema, comunque non ti lascio senza risposta.
Grazie per esserti aperto su una questione così delicata. Se vuoi puoi aprire un topic apposito e potremmo continuare lì questa nostra chiacchierata.

@epicurus, grazie del tuo interesse! comunque sì "prendere seriamente la vita" secondo me è collegato a "ragionare criticamente". Ma questo vale in TUTTI gli ambiti, non solo diciamo la logica o comunque la filosofia accademica. Il problema è che questo tipo di cammino che ti "eleva" rispetto alla "piattezza" di chi "vive dormendo" (a volte citare Eraclito è davvero divertente) ma allo stesso tempo rischia di gonfiarti, di farti diventare un "giudice" di tutto e di tutti, un misantropo, un dispregiatore dell'altro, uno che a parole parla contro l'egoismo e nei fatti è egoista, oppure un megalomane o un narcisista, uno che pensa di possedere la verità... Ovviamente per contrastare questa tendenza bisogna faticare molto e si finisce spesso per raggiungere la "mortificazione" di sé. Entrambi gli estremi sono da evitare. Ma tutto questo è frustrante e faticoso se avverti che nessuno ha una simile "tensione" e questa sensazione di isolamento crea ancora più tensione. L'unica cosa che mi "fa andare avanti" nella mia ricerca è la convinzione che l'obbiettivo che mi pongo (ossia avere una comprensione migliore del "Bene" e del "Vero") è un obbiettivo di valore. Se non avessi questa convinzione non continuerei questo cammino.

-Inzio: Off Topic -
D'altro canto è tremendamente difficile mettere in pratica i propri principi se vanno contro le proprie abitudini, le proprie debolezze ecc e se l'applicazione di alcuni principi rischia di andare contro altri nell'immeditato. Quindi per questo motivo ritengo che disturbi d'ansia come il DOC o il disturbo da ansia generalizzata siano pressoché inevitabili per uno che vuole mettere in pratica i suoi principi in cui crede. Ma non solo: oltre a questi anche la depressione (accompagnati da pensieri molto negativi) ma anche stati di eccitazione e di euforia (a volte possono anche venire pensieri di auto-esaltazione, del tipo "ho avuto una comprensione delle cose", "sono speciale", "ho ottenuto l'illuminazione") sono da tenere in considerazione. Quello che in genere non si capisce (ahimé anche coloro che studiano i disturbi mentali) è che gli individui con questi disturbi nevrotici spesso non sono semplicemente "malati" ma semplicemente soffrono perchè effettivamente "qualcosa non va". La mancata comprensione di questo in genere causa ancora frustrazione, ostracismo ecc.  Ovviamente c'è anche il discorso inverso: chi ha una natura nevrotica spesso tende a mettere in discussione tutto e quindi a "fare il filosofo", spesso infangandosi ancor di più nella nevrosi ma allo stesso tempo formando una mentalità critica. Quindi tornando al mio caso sinceramente non so se "pratico la filosofia" perchè sono nevrotico o sono nevrotico perchè "pratico filosofia".    

Sulla tua proposta possiamo aprire davvero un argomento dedicato a questo nella sezione "Percorsi ed esperienze". Ti ringrazio della proposta, dammi qualche giorno per decidere.

-Fine: Off Topic -
#777
Prendere seriamente significa non prendere tutto come scontato ma essere pronti a cambiare la propria vita (ossia le proprie azioni, le proprie idee, le proprie parole...). Il "popolino" prende la vita come scontata: nasce in una tradizione e non la accetta criticamente ma perchè "è così che si fa", accetta alcune idee rispetto ad altre senza alcun impegno ecc... Purtroppo è un concetto molto vago, non so davvero spiegarti bene la cosa. Tutto questo poi finisce per farti capire che bisogna rivolgersi alle cose davvero importanti, ma ahimé su cosa siano queste cose di "massimo" valore tutto diventa ambiguo. Spero di essere stato chiaro.

Sulla seconda domanda ecco, rischiamo di andare fuori tema, comunque non ti lascio senza risposta. La situazione diciamo che è molto complessa ed ha vari livelli. Uno è esistenziale ossia vedere tutte le cose come condizionate e quindi instabili e non riesco a applicare questa mia "visione delle cose" nella vita. Poi c'è la mia caratteristica di essere alquanto "ipercritico" che mi da problemi: per esempio al mio quinto anno di fisica ora non sono pià convinto di fare il dottorato di ricerca per come è la vita del ricercatore (NON per motivi economici), mi sembra una rinuncia alla libertà troppo grossa per i risultati che potrei dare io vista la mia limitatezza. Nelle relazioni sociali prendo tutto seriamente, ho difficoltà a mantere le amicizie ecc anche perchè vorrei fare tutto nel modo giusto, non far arrabbiare nessuno (specie chi mi è più caro) ecc. E a volte questa mia tendenza contrasta la mia tendenza filosofica, per esempio sono molto reticente a dire la mia "controversa" opinione sulle cose. E ovviamente l'ossessione crea isolamento, l'isolamento crea ansia, l'ansia crea un comportamento "impopolare", l'impopolarità crea isolamento, l'isolamento crea ossessioni ed ansia e il ciclo si ripete. Accorgersi di problemi che nessuno ritiene tali ed essere stra-convinto che invece siano importanti è un altro modo per isolarsi. Il perfezionismo (che non condanno in toto, credo che un po' serva per non cadere nel "qualunquismo") (patologico?) poi ti fa sentire in dubbio su tutto: non sai mai qual è la cosa "giusta", non sai mai se parlare o star zitto.  Finisci poi per dubitare perfino dei tuoi sensi (e se senza accorgemene non ho visto quella cosa?). Ritengo che una dose di "disturbo ossessivo-compulsivo" (DOC) in pratica sia un effetto indisiderato molto comune di chi "prende sul serio" le cose. Di certo ad uno che non gli importa nulla del benessere altrui non si fa problemi morali nelle sue azioni. Uno che ritiene che non ci siano cose "davvero importanti" alla fine "vive la giornata" ecc la filosofia e il DOC a mio giudizio sono molto correlati (il DOC se vogliamo è il gemello cattivo della filosofia).

P.S. Non sono "diagnosticato" ufficialmente però di certo è ovvio che sono "diverso", "nevrotico" ecc
#778
@davidintro ti ringrazio del contributo e della spiegazione, molto dettagliata e chiara. Nemmeno io sono un esperto e anzi credo a volte di "non capire" l'autore ma di capire quello che voglio capire io dall'autore. Concordo con te che sicuramente in Italia ci sono pensatori di grande valore ma sottovalutati. Ad esempio un Leopardi è conosciuto come "poeta" ma in realtà era anche filosofo, peraltro una via di mezzo tra Schopenhauer e Nietzsche. Ma c'è da dire che siamo un paese molto decentrato da ormai troppo tempo quindi è normale questa esclusione.

Galileo: la costruzione del metodo scientifico, la divisione del sapere scientifico dall'etica e dalla religione, l'importanza della matematica nello studio della natura (idea in realtà non davvero nuova). La differenziazione tra qualità primarie e secondarie, ossia precedendo Cartesio, vede nella percezione un problema profondo. Contro l'antropomorfismo aristotelico recupera sia Platone che Pitagora: l'universo è regolare ma non si muove secondo "fini".

Spinoza: qui arriviamo al PICCO della ricerca della razionalità del mondo. Per Spinoza TUTTO è razionale (anche lo spinozismo è a mio giudizio un Panlogismo). L'universo non solo è regolare ma anche è un "modo infinito" necessario della Sostanza. La Natura Naturans (la Sostanza, "Dio") è come un Teorema da qui necessariamente arrivano i "modi" (la Natura Naturans) che sono come un corollario. Tutto perciò avviene secondo matematica necessità proprio come nello spazio euclideo la somma dei tre angoli di un triangolo è uguale ad uno piatto. Il "misticismo" spinoziano, l'Amor Intellectualis Dei, è la glorificazione della razionalità e del pensiero logico-matematico. Un po' come il Tractatus di Wittgenstein il sistema di Spinoza è un monumento perfetto ed eterno ma invivibile. Una volta la pensavo come lui, credevo che ogni mia azione fosse necessaria per il determinismo assoluto. Questa visione finì per risultare intollerabile.

Berkeley: pensatore molto sottovalutato. Eppure cosa percepiamo oltre alle percezioni? Perchè ritenere che ci siano substantie dietro le nostre percezioni. L'idealismo di Berkeley vede le sensazioni come sensazioni. D'altronde nell'esperienza niente ci fa dedurre che ci siano davvero substantie. 

Hume: ancora più radicale di Berkeley ma invece di appoggiare l'idealismo abbraccia una forma di scetticismo. Non possiamo davvero conoscere se c'è un nesso causale, non possiamo davvero conoscere se c'è un "io". Inoltre dalla sola empiria non possiamo dare giudizi di valore: l'etica non può essere fondata dalla scienza o da qualsiasi studio empirico. Un pensatore potente, un distruttore di idoli quasi senza precedenti (forse Pirrone era come lui...).
#779
Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 10:30:21 AM@Paul Il popolino (diciamo per definizione? :D) pensa in modo superficiale della filosofia, ma anche delle varie forme di scienze e arti. Ma penso che qui siamo tutti concordi nel rifiutare questa concezione. @Apeiron Capisco la tua interpretazione di "fare filosofia". Naturalmente, se esplicitata come da te fatto, è un'interpretazione legittima. L'unica cosa che mi viene da dire, ma di cui non ho ancora un'idea precisa, è che forse la dicotomia serietà/cazzeggiamento non è proprio adeguata. Il mio senso estetico mi suggerisce di vivere seguendo qualcosa di (almeno all'apparenza) contraddittorio: uno stato di ingenuità e contemporaneamente di profondità. Questo si riflette nel mio comportamento nella vita di tutti giorni: nel modo di vivere pratico la mia vita (compreso le relazioni con il prossimo) cerco la massima semplicità, mentre (in un certo senso) con il pensiero astratto bramo la massima complessità.

Avverto anche io comunque la stessa ambiguità. Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme e finisco per essere investito da un'ansia tremenda (ma qui forse è più una questione psicologica).

In un certo senso è la "coincidentia oppositorum"  ;D
#780
@sgiombo, certo cerco quelle cose che non capisco. L'ambiguità la vedevo perchè è qualcosa di troppo astratto e molto probabilmente irraggiungibile :) purtroppo non va sempre bene farsi obbiettivi astratti!