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Messaggi - 0xdeadbeef

#766
A Sgiombo
Bah, qui bisognerebbe dire qualcosa a proposito della "tecnica", che Severino afferma essere (e
io concordo) il tentativo di rimediare all'angoscia suscitata dal "divenire" delle cose.
Dunque, ieri era il Dio della religione a, per così dire, assolvere a questo compito "tecnico";
oggi è la scienza e soprattutto la tecnologia: nella sostanza nulla è cambiato.
In verità già qualche anno fa mi avevano colpito certe tue osservazioni sulla sempre crescente
responsabilità dei medici, ai quali viene imputata sempre una qualche "colpa" se le cose non
vanno per il verso che si vorrebbe.
Ed in effetti quando qualcuno muore ci viene sempre da chiedere: "di cosa è morto?", come se
vi fosse una causa ancor più determinante di quella di essere nati...
Ah sì ma beveva, fumava, andava forte in macchina; come ad esorcizzare la paura e a trovare un
qualche appiglio per dire che a noi no, a noi siccome non beviamo, fumiamo o andiamo forte non
può succederci.
A me, te lo dico francamente, piaceva molto di più l'altro Dio, quello di cui Nietzsche ha
decretato la morte. Almeno era un Dio "umano", un Dio che potevi seguire o non seguire; un
Dio "caldo", che dava emozioni.
Questo invece non mi piace per niente. E' un Dio stupido, e stupidi sono i suoi fedeli (che
neppure sanno di esserlo, ovviamente).
saluti
#767
A parer mio bisognerebbe chiederci come, da dove e perchè è nata questa "moda" di considerare le cose
solo ed esclusivamente se esse rientrano nella categoria delle "scienze"...
Fateci caso, persino la politica è diventata una scienza, figuriamoci la psicologia o la psichiatria...
Questo stesso forum, ad esempio, offre "illuminanti" esempi di come certuni ragionano: o la cosa è
scienza o non è nulla.
In questo senso senz'altro stiamo regredendo, perchè dimostriamo sempre più di aver un forte
bisogno "psichico" di certezze (ovvero un forte bisogno di un rigido determinismo causa-effetto).
Ove queste certezze non ci sono (perchè non ci possono essere), letteralmente ce le inventiamo,
appunto facendo diventare scienze materie ed argomenti assolutamente estranei alla "scientificità"
(come appunto la politica).
Prima eravamo (forse...) più liberi perchè almeno sapevamo esattamente qual'era il ruolo ed il
posto del Dio della religione...
Sapevamo addirittura escuderlo da certi ragionamenti; mentre adesso, questa scienza divinizzata,
è diventata così pervasiva che, sì, limita fortemente la nostra stessa libertà.
E' del resto ovvio che di tutto ciò siamo assolutamente inconsapevoli...
saluti
#768
Posso comprendere la (del resto) facile ironia; ma nella democrazia, ove autentica, il voto di un
premio Nobel deve valere quanto quello di un lavapiatti (o non si può parlare proprio di democrazia).
Come dicevo precedentemente a proposito della connessione (almeno così sembra) della democrazia e
della tragedia, alla "decisione diffusa e condivisa" si arriva forse allorquando nella società vi
è una consapevolezza "tragica"; una insicurezza diffusa che porta ad un "debolismo decisionale" in
cui il parere dell'umile è tenuto nel medesimo conto di quello del sapiente (proprio in quanto si
rende problematico l'individuare un sapere affidabile).
Dicevo: "che bisogno c'è di consultare il popolo quando già si sa qual'è la decisione da prendere?"
(come oggi avviene nella "tecnocrazia").
In realtà, già da molto tempo si sta preparando il terreno alla "autocrazia" (il potere che si "auto-
nomina", e che è l'opposto speculare della democrazia). E, spiace dirlo, lo si sta preparando anche
con queste "innocue" (del resto brillanti) ed ironiche scenette (una volta erano chiamati
"sketches").
Il problema semmai sorge nel momento in cui ci si rende conto che il potere che si "auto-nomina" non
è quello dei "sapienti" (oggi "competenti"...), ma quello di chi ha soldi e/o armi. Come del resto
toccò scoprire amaramente anche a Platone nei suoi viaggi in Sicilia.
saluti
#769
Per me l'ideale è cominciare con una storia della filosofia. Quindi comincia dalla filosofia greca (Presocratici); ve ne sono vari volumi curati più o meno bene (e più o meno bene esposti...); non avrai difficoltà a trovarli in rete.
Per me è da evitare come la peste di cominciare con un opera di un filosofo (soprattutto se "moderno"...)
saluti
PS
Un ottimo inizio è "Storia della filosofia vol.1", di Nicola Abbagnano.
#770
A Davintro
Ma sì, in linea di massima sono d'accordo; solo che, mi chiedo: è possibile una filosofia "oltre"
Kant?
E su questa domanda la mia risposta è: no, non è possibile; la sola cosa possibile è una, per
così dire, "nota a margine", una specificazione di quanto già intuito da Kant.
Chiaramente c'è una evidentissima "frattura epistemologica" fra la Ragion Pura e quella Pratica,
ove quest'ultima agisce "come se" la prima avesse fornito a questo agire una solida base teoretica.
E se consideriamo quella che Kant chiamava l'"unità originaria dell'appercezione" (cioè l'"io penso"),
non possiamo a mio parere che ricavarne la constatazione che quello che chiami "ritorno a Cartesio"
della Fenomenologia era già presente in Kant.
Mi pare infatti che anche attraverso l'"io penso" kantiano si possa in un certo qual modo ricomporre
la frattura fra fenomeno e noumeno (senza che ciò comporti la "produzione idealista" dell'oggetto
da parte del soggetto).
Quanto tutto questo possa servire ad evitare l'insidia del relativismo non saprei (direi poco...).
saluti
#771
Beh, diciamo che spazio e tempo sono per Kant realtà certissime, come certissimi sono gli enunciati
della scienza. Senonchè la fisica atomica demolisce anche queste certezze; ma questo, come fa giustamente
notare Carnap (mi par di ricordare fosse lui), lungi dal demolire l'intera filosofia di Kant piuttosto
la rafforza. Perchè rafforzato ne esce il concetto-cardine, che è quello della "cosa in sè".
Quindi sì, da un certo punto di vista la filosofia di Kant conduce allo scetticismo (perchè la "cosa
in sè" non può essere conosciuta); uno scetticismo però "attenuato" sia dalla consapevolezza di una
"reale" esistenza della "cosa in sè", sia da un successivo e necessario "posizionarsi" di fronte
alla "cosa in sè" (diciamo in scandalosa sintesi che la "cosa in sè" diviene conoscibile a-posteriori,
come risultato dell'agire sotteso alla Ragion Pratica).
Per me questa di Kant è l'unica posizione filosofica "possibile"; per quanto riguarda Husserl e la
Fenomenologia, confesso di non averli mai capiti (forse per colpa mia, intendiamoci).
Ridurre il "fenomeno" ad "essenza", come viene fatto all'interno di questa corrente filosofica, mi
sembra equivalente che ridurre tutta la realtà all'"io", come viene fatto dall'Idealismo.
saluti
#772
Pensavo a Cristiano Ronaldo ma no, è portoghese...
Bah, il secondo ;D  quanto a celebrità ed autorevolezza sarà forse Papa Bergoglio?
#773
Curioso che tu sia d'accordo sia con me che con Cacciari (che diciamo cose opposte)...
Dunque, mi par di capire, tu sostieni che: "fatta l'Europa bisogna fare gli Europei"; senonchè, a me
sembra, l'Europa non è affatto "fatta".
E' fatta semmai una unione monetaria, neanche una unione economica; men che meno una unione politica.
Ed è proprio questo il problema, il "vulnus" che spinge quelli che la pensano come me (ex di sinistra,
non certamente votati al nazionalismo etc.) ad abbracciare l'idea "sovranista".
Si pensa che l'Europa sia necessaria; sia ovvero un pensiero razionalmente fondato? La si faccia, subito.
O almeno si faccia una parvenza di unione economica, ma non si continui con questo stillicidio, con
queste iniezioni di un veleno che ci sta uccidendo lentamente.
Ma non la si farà, è evidentissimo (solo chi ha le fette di salame agli occhi può ancora crederci).
Non la si farà proprio perchè, riprendendo in maniera specularmente opposta Cacciari, nella prospettiva
liberale "ogni uomo è un'isola", e dunque è e sarà sommamente improbabile che queste "isole" (uomini o
nazioni che siano) trovino un alcunchè di comune al di fuori del mercato e delle sue "regole".
Perchè ciò che Cacciari non vede o finge di non vedere è che proprio il liberalismo che lui e quelli
come lui, popolari o socialisti che siano (tale distinzione è ormai irrilevante), propugnano come
"pensiero unico" (forse senza nemmeno accorgersene...) impedisce di trovare quel "sostrato comune"
che è terreno indispensabile su cui pensare di costruire una "comunità".
Non è stato, non è e non sarà il "sovranismo" ad uccidere l'idea di Europa, perchè essa non è mai nata
nè è mai stata concepita IN QUANTO il liberalismo, sterile, non poteva concepirla.
saluti
#774
http://www.neldeliriononeromaisola.it/2018/08/236853/

Lo dico brutalmente: a me sembra la solita aria fritta e rifritta.
Tante, ma neanche poi tante, parole senza davvero dire qualcosa di significativo. Un bla-bla pieno zeppo di
luoghi comuni sottoscritti da personalità che non in pochi hanno, tristemente, definito "intellettuali" (poi
ci si meraviglia del distacco con il "popolo" - ma questo comincia già con queste definizioni).
Si salva in minima parte solo la risposta di Cuperlo, il quale perlomeno cerca di dire qualcosa di meno
generico.
Cacciari parla di "pensiero unico intriso di rancore e risentimento". Bah, rancore e risentimento forse sì;
ma pensiero unico no, davvero.
Pensiero unico, semmai, quello dei partiti liberali ancor oggi egemoni (chiaramente Popolari e Socialisti
tali sono), ma di questo Cacciari finge o fa finta di non accorgersi...
"Ossessione per il problema dei migranti" non direi. Semmai ossessione per un problema nel quale l'Italia
non può essere lasciata sola.
Quanto a Visegrad perchè non si sanzionano quei paesi? O magari perchè non li si espelle dall'UE?
Mica sarà perchè il "popolare" (inteso come PPE) Orban e i suoi amichetti tornano comodi in materia di
delocalizzazioni o roba simile? Mah, farò peccato a pensar così male?
Quanto al "più vasto schieramento di destra dalla fine della Seconda guerra mondiale" ho moltissimi
dubbi (sul fatto che questo schieramento sia catalogabile come destra).
Fino a prova contraria, miei cari "intellettuali", a farci lavorare con contratti a termine da fame e a farci andare
in pensione solo dopo aver conseguito il certificato di decesso ci ha pensato l'altro schieramento,
quello dei liberali: il vostro.
saluti
#775
A mio modo di vedere l'Eucarestia rappresenta la comunione di Dio e dell'uomo.
In essa trovo sia rappresentata l'essenza più profonda del Cristianesimo: Dio che si fa uomo e l'uomo che
si fa Dio (in quanto figlio di Dio).
E' questo che fa dire a Kant, nella celebre domanda/aforisma: "Uomo cosa sei? Troppo poco per essere Dio,
troppo per essere un caso".
L'Eucarestia è una metafora meravigliosa...
saluti
#776
Citazione di: baylham il 21 Agosto 2018, 17:30:01 PM
Ho un diverso sentore, non riesco a trovare un colpevole del crollo del ponte Morandi.
Mi sembra che gli uomini, semplici o colti che siano, non riescano ad accettare che i ponti possano crollare e fare vittime per errore, senza che ci siano uno o più colpevoli da punire. Un responsabile potente che sa in anticipo le cose c'è certamente, questo è il senso preciso "di non ammettere alcun limite". Assisto ad un grande messa in scena di conoscenza e di potenza per mascherare l'ignoranza e l'impotenza di fondo, una grande mistificazione collettiva.
Di conseguenza la discussione di contorno sull'economia, sull'ideologia, sugli istituti economici, mi sembra fuorviante, irrilevante.


Perdonatemi ma non sono per nulla d'accordo (ovviamente neanche con Viator).
Dunque cosa si fa? Niente perchè tanto i ponti crollano, i politici rubano, il malaffare, noi italiani,
l'abbiamo sempre avuto nel sangue etc.?
Ripeto quanto vado dicendo fin dall'inizio di questo post: il problema è che quella che veniva creduta come
la panacea di ogni male, cioè il passaggio dei servizi da una gestione statalizzata ad una privata, si
è rivelata un grosso errore, anzi di più: una catastrofe.
Non che con questo io voglia dire che basta ri-statalizzare tutto per risolvere il problema.
A Paul11 che chiedeva: "se quel ponte fosse stato sotto l'ANAS sarebbe ancora in piedi?" ho risposto di
non saperlo, perchè è a tutti ben noto come lo stato gestisse la cosa pubblica in maniera (molto) "allegra".
Però, è altrettanto noto come fino a una ventina d'anni fa le tariffe fossero più basse e la qualità dei
servizi tutto sommato migliore.
Certo qualcuno potrebbe obiettare che ciò avveniva con una gestione sempre molto "allegra" delle spese
correnti primarie, ma a costoro si potrebbe contro-obiettare che l'andamento del debito pubblico negli
anni ha visto le più grosse impennate proprio da quando è cominciato questo andazzo della "mercatizzazione".
Ora, sicuramente la cosa è analiticamente complessa e dalle molteplici sfaccettature, per cui non è davvero
il caso di prendere partito per una tesi come se si trattasse di una partita di calcio; ma non è, ritengo,
nemmeno plausibile liquidare tutta la questione con un: "ma tanto i ponti crollano comunque li si gestisca".
Nel caso in questione quindi si individuino le responsabilità e le eventuali manchevolezze, poi si agisca
senza riguardo per nulla e per nessuno, "mercato" e "razionalità economica" compresi.
Per quel che riguarda i controlli, io non conosco come le cose stiano esattamente, cioè non so se vi sia
un ente di controllo di cui un funzionario: "avrebbe avuto corposi contratti con Autostrade SpA", come
sostiene Anthonyi. Rilevo soltanto come questi controlli siano sempre più a discrezione della parte
privata, che come dicevo oggi decide addirittura sull'andamento del bilancio degli stati (con le Agenzie
di Rating).
saluti
#777
Citazione di: InVerno il 19 Agosto 2018, 15:21:12 PM
 il problema dell'economia moderna sono tutte multinazionali che il mercato non lo vedono nemmeno di striscio. O perchè sono "too big to fail" e quindi vengono rimpinguate di soldi pubblici ad ogni tonfo, o perchè sfruttano dei monopoli, o perchè sfruttano asimmetrie sociali\economiche colonizzando dove è assente una concorrenza adeguata. Autostrade è un monopolio, a che mercato partecipa? Una concessione segretata, per cui non conosciamo il perchè l'inflazione sia salita del 25% (dal 93) e i ticket del 270%. Monopoli segretati, questi si che sono veri avventurieri del mercato! Per i poveracci c'è il mercato, la concorrenza, la domanda offerta, le tasse e tutte queste meccaniche. Il "sentore" lo si ha quando sono proprio quelli che stanno fuori dal mercato, a essere i più grandi estimatori di come esso si svolge, bocconiani compresi.



Dicevo che personalmente propendo a parlare di "mercatismo" piuttosto che di "capitalismo" perchè nella
visione classica liberale, ormai superata, la sovranità statuale aveva ancora un suo peso; aveva cioè
ancora un ruolo di "arbitro", e poneva essa le regole affinchè si potesse parlare di un mercato "libero"
nelle uguali condizioni di partenza, cioè "libero" da interessi che ne potessero limitare gli sviluppi
potenzialmente contrari ai benefici che, teoricamente, avrebbe apportato la concorrenza fra imprese.
Questa era del resto la posizione di tutta quella "nuova sinistra" che da Blair a Schroder, e poi fino
a Renzi, aveva creduto di proporsi quale alfiere di una riproposizione del pensiero liberale classico.
No, non ci avevano capito niente. Perchè nel momento in cui la sinistra ha abbracciato il liberalismo
classico questo era già tramontato da un pezzo sotto i colpi di maglio dello "spontaneismo" di Von Hayek.
Perchè un mercato "libero" non è un mercato che tutela l'uguaglianza delle condizioni di partenza e che
contrasta la formazione dei "trusts", ma è un mercato che, proprio in quanto libero dai "lacci e
lacciuoli" statuali (come nella celebre definizione di R.Reagan), prende per buono tutto ciò che
si forma spontaneamente come effetto della razionalità economica (e il "trust" è uno di questi effetti,
dal momento che la legge econonica detta "di scala" decreta inconfutabilmente che il costo marginale di
un prodotto è minore laddove la dimensione dell'azienda che lo produce è maggiore).
Del resto queste dinamiche erano state in un certo qual modo intuite da J.Schumpeter già negli anni 40
del 900, quando nell'opera "Capitalismo, Socialismo e Democrazia" indagava sulla trasformazione dell'azienda
"fordista" in SpA.
Quindi assolutamente no, le multinazionali il mercato lo vedono eccome, e lo approvano incondizionatamente.
Certo non il mercato del liberalismo ottocentesco o quello delle "nuove sinistre", ma il mercato come
odiernamente inteso, che è quello di Von Hayek, del Marginalismo e delle teorie dell'equilibrio perfetto,
che trovano nei testi di scuole come la Bocconi la loro massima cassa di risonanza (mi è capitato di
leggere qualche loro libro di testo e posso garantire che Von Hayek e M.Friedman vi fanno capolino da ogni
parte...).
Ma chiedeva Paul11: "se quel ponte fosse stato sotto l'ANAS sarebbe ancora in piedi?".
Non lo so, a questo, chiamiamolo, "livello" ciò che personalmente più mi interessa non è tanto la cura quanto
formulare una diagnosi degna di questo nome. E a tal proposito mi pare proprio che la "cura privatistica"
contro le inefficenze dello stato, che sono state innegabili, abbia miseramente fallito (e non certo per
il solo caso del ponte di Genova).
saluti
#778
Vorrei collegare un attimo il crollo del ponte di Genova con ciò che si diceva a proposito del sovranismo.
Mi pare chiaro che questo abbandono all'ideologia mercatistica abbia prodotto non solo la privatizzazione
dei servizi "in sè" (in loro...), ma anche quella sui controlli circa la qualità di questi servizi.
Insomma, se addirittura il bilancio degli stati è sotto il controllo di organizzazioni di tipo privato (le
agenzie di rating, che hanno padroni con un nome e cognome), figuriamoci il resto...
A mio parere è fuori luogo dire: "abbiamo sbagliato lì, in quel preciso punto" (in questo caso a non
mantenere una autorità pubblica sui controlli), perchè è la natura stessa del mercatismo (termine che io
preferisco al desueto e fuorviante "capitalismo") a non ammettere nessun limite, nessuna "frontiera",
quindi a non ammettere nessuna autorità ad esso, per così dire, superiore.
Perchè il problema, in radice, risiede appunto non tanto nell'aver privatizzato ampi e importanti settori
dell'economia,ma nell'esserci totalmente abbandonati ad una ideologia (credendola scienza).
E mi pare proprio che ancora oggi, pur se il, chiamiamolo, "sentore" comincia ad affiorare, si sia ancora
ben lontani da una, non dico piena consapevolezza, ma nemmeno ad una parvenza di essa.
Del resto, personalmente, mi accontento del "sentore", visto che solo fino a poco tempo fa ritenevo
impossibile persino quello...
Noto però una cosa molto singolare (ma poi lo sarà davvero?): mentre la gente comune, i "semplici" (come
vengono spesso orrendamente chiamati in filosofia quelli che non dispongono di strumenti culturali
adeguati), hanno appunto "sentore", gli eruditi, o almeno i presunti tali, non sembrano averne affatto.
O forse stanno solo difendendo interessi particolari, alla stregua insomma di un Guicciardini (che però
almeno aveva il buon gusto e l'onestà di ammetterlo)...
Mi chiedo, probabilmente in modo ingenuo, come sia possibile che ancora oggi godano di credito "economisti"
come, ad esempio, quelli che scrivono sul "Corriere della Sera", o che godano ancora di un certo credito
scuole come la Bocconi...
Mah, non sono "complottista" e ritengo il complottismo una lettura eccessivamente semplificata della realtà,
ma c'è davvero da chiedersi quanto e in che misura certi ambienti di potere decidano consapevolmente di
difendere il proprio potere (consapevoli che di quello si tratta)...
Perchè non si spiega, proprio non si spiega, come mai persone, oso sperare, non totalmente idiote non
abbiano almeno un "sentore"...
saluti
#779
Tematiche Filosofiche / Re:L'etica del nemico
17 Agosto 2018, 15:52:20 PM
Io credo che ad un livello molto profondo, cioè al livello della teoresi filosofica, appaia la necessità della
dicotomia amico-nemico PERCHE' si è persa, obliata, la dicotomia io-altro (dall'io).
Fin dagli inizi dell'800, l'Idealismo (che io reputo malattia mortale che ancora, eccome, ammorba in particolare
l'occidente - ma ormai l'intero mondo) ha creduto di ridurre l'altro all'io, e ciò che ne è derivato non poteva
essere che la trasformazione dell'"altro" in "nemico" (vista l'irriducibilità dell'"altro" all'io).
Tutto questo è "plasticamente" visibile nel detto fascistoide "o con noi o contro di noi", che ha trovato
speculare immagine, occorre dirlo, nel pensiero di sinistra, non a caso figlio anch'esso dell'Idealismo.
Cosa significa: "è necessaria la discriminazione"? Cosa significa: "terminato il conflitto che separa occorre
rscoprire ciò che ci unisce"?
Non sono forse, esse, immagini di quella stessa "sintesi idealistica" che, lungi dal curare, è stata causa
di ciò che chiamiamo "conflitto"?
Perchè il "conflitto", che è possibilità, è diventato necessità...
saluti
#780
Tematiche Spirituali / Re:Che cos'è la Fede^
05 Agosto 2018, 13:26:32 PM
Se Dio non è "altro" dall'uomo (se cioè Dio E' l'uomo), allora, semplicemente, Dio non è...
Ora, intendiamoci, io credo (ed è esattamente questo ciò in cui io "credo") quel che presumo credi tu (Dio non c'è;
è tutta una invenzione dell'uomo), ma questo non sposta di una virgola il problema.
Perchè il problema risiede essenzialmente nell'impossibilità di vivere senza Dio.
Senza un conforto, una consolazione, senza cioè una speranza IN QUANTO la nostra (la mia) debolezza non ci (mi)
consente di vivere "virilmente"? Può darsi, anzi senz'altro sarà così; già lo diceva Max Weber: "coloro che non
sono capaci di sopportare virilmente questa indeterminatezza si rifugino fra le braccia compassionevoli della
religione".
Questo è ciò che ho pensato anch'io per molti e molti anni, quando mi credevo "virile" ed accusavo gli altri
di creduloneria e debolezza.
"La fede è sapere che Dio c'è senza averne le prove", dice Freedom.
Già, e se questa è la Fede, allora io posso dire di non averla, perchè ciò che "credo" è appunto che tutta la
religione e tutte le religioni siano null'altro che un "parto" umano.
Resta però, immobile come il più grande dei macigni, quel "problema" di cui dicevo: è impossibile vivere senza
Dio.
saluti