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Messaggi - Ipazia

#7651
La differenza tra misticare e masticare è la mistificazione del dettato naturale che obbliga anche chi mistica a masticare. Superata tale mistificazione rimane a chi mistica l'unica via di redenzione, l'unica giustificazione, nel valore che il misticare aggiunge alla masticazione. Impegno mica da poco in un universo masticante dominato dal karma - specifico e specista - di un essere nello spazio in divenire nel tempo, la cui quantistica masticante non risparmia neppure i valori e rimane lontana anni-luce * dall'apeiron-Tutto, tanto agognato, che forse solo una casta eletta di scienziati-filosofi può fargli baluginare nel profondo vuoto del suo intelletto. Detto in parole povere: leggete questo libro, è la mistica del futuro. Vi aiutera a trattare con maggiore filosofica saggezza il vostro karma nell'essere e tempo antropologici godendone, dal di fuori, nella leggerezza di una gravità azzerata, la relatività.

* Anni-luce è uno spazio espresso in tempo o un tempo espresso in spazio ? Oppure spaziotempo semplicemente ?
#7652
Citazione di: Sariputra il 07 Gennaio 2019, 12:06:20 PM

Ipazia:
Guarda che l'attitudine "masticheggiante" della nostra specie è assai più distruttiva di quella "misticheggiante" ( riguardante da sempre probabilmente meno dello 0.0000000001% delle cavallette umane...)  :(

A che prò tanta modestia ? L'eterno ritorno della religione non è forse il manifestarsi di una costante antropologica assai diffusa. Così diffusa che riesce ad investire anche aree apparentemente lontanissime come l'economia, la tecnologia, la fiction e la scienza. Su queste cose il razionalista LW ci ha visto più di tutti gli altri. Siamo ruminanti più di cibo celeste che terreno. Quest'ultimo ci limitiamo a divorarlo senza pensarci troppo su.
#7653
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
08 Gennaio 2019, 19:33:45 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Gennaio 2019, 19:33:03 PM
Nonostante io sia per una concezione della coscienza enormemente più vasta di quella che ordinariamente viene ritenuta, come ho già scritto, sono però perplesso quando si 'proiettano' desideri, sensazioni, giudizi ed emozioni umane sul comportamento animale. Così quando un cane resta per qualche tempo in attesa del padrone deceduto si proietta su di lui l'idea che sia consapevole, stia soffrendo e sia triste come lo siamo noi in siffatta condizione. Ma il cane potrebbe star lì semplicemente perchè abituato da sempre a gironzolare attorno al padrone...quindi senza alcuna partecipazione 'emotiva' al fatto...Non possiamo saperlo...

Basta farsi un giretto in rete per trovare qualcuno che queste cose le studia e ne sa più di altri:

Gli animali domestici possono soffrire per un lutto. Ecco cosa c'è da sapere

Anche da un punto di vista meno specialistico chiunque abbia avuto esperienze minimamente empatiche con animali domestici ha sperimentato questo cose di persona. Ricorderò sempre la condivisione del dolore di una pastora tedesca con una mia amica rimasta prematuremente vedova. L'atteggiamento della vedova canina e la sua vicinanza emotiva alla vedova umana, il modo in cui le posava il  muso sulla coscia, il guaito, l'occhio triste, le orecchie basse, il rifiuto del cibo, erano palpabili a chiunque avesse un minimo di coscienza animale.
#7654
Citazione di: Apeiron il 07 Gennaio 2019, 00:04:11 AM
Riguardo a Rovelli e il tempo... Ora che ci ripenso, lui crede che il fatto che le equazioni fondamentali siano esprimibili senza la variabile temporale significa che è possibile pensare che il tempo come dimensione non esista.

Lui fa l'esempio per cui invece di parlare di orari come se fossero coordinate temporali, possiamo usare gli eventi stessi come riferimenti. Ovvero, che non esiste una coordinata temporale in cui ordinare gli eventi. In questo modo, non c'è una 'dimesione tempo' indipendente dagli eventi (e quindi dal divenire). Ovvero invece di dire che gli eventi succedono nel tempo, si dice che essi avvengono.

Quindi Rovelli sembra propendere per la 'C', se ho ragione. E sarei d'accordo con lui se ritiene il tempo non è una realtà indipendente dagli eventi e dal cambiamento.

Tuttavia, non sono sicuro che l'implicazione della 'sparizione' della variabile 't' (temporale) dalle equazioni fondamentali porti solo a quanto detto prima (come pare dire Rovelli) e non ad una totale impossibilità del divenire.
E infatti questo è il mio dubbio.

Il precipitato filosofico della fisica moderna è l'inesistenza di una dimensione assoluta del tempo. Questo è il messaggio che veicola lo scienziato-filosofo Carlo Rovelli. La quantistica sta demolendo anche il corrispettivo concetto di spazio assoluto inteso come un vuoto che si riempie di eventi e permane tale anche in assenza di alcun evento. La quantistica si sta orientando verso una concezione atomistico-democritea anche dello spazio. Il paradosso della simultaneità, mediata da onde elettromagnetiche, di parti dell'universo che noi percepiamo presenti mentre non lo sono più, o sono assai mutate da come oggi ci si rivelano, da miliardi di anni, evidenzia la difficoltà di manipolare teoricamente la realtà utilizzando la grandezza assoluta tempo. Bypassando le complessità del calcolo matematico, il concetto di campo pare il più fecondo nella rappresentazione attuale del reale. In tale modellistica il divenire diventa il tempo quantizzato nel campo esistenziale dei viventi. Insomma, una questione tutta antropologica, fatta salva la nostra conoscenza ignoranza del campo esistenziale di altri viventi. Non soddisfacente per le necessità epistemiche della fisica.

Le quali, rispondendo a Pierini, e sostenuto prima di lui autorevolmente da Wittgenstein, anche una volta del tutto risolte non risponderebbero minimamente all'afflato mistico della nostra specie.
#7655
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
07 Gennaio 2019, 09:58:54 AM
Citazione di: davintro il 07 Gennaio 2019, 00:04:36 AM
intendendo come coscienza quel complesso di vissuti nei quali un Io si dirige verso dei contenuti oggettivi, riconosciuti come tali, allora non si potrebbe considerare ogni forma di vita come necessariamente dotata di coscienza, dato che la coscienza starebbe proprio a costituire uno scarto, una presa di distanza rispetto allo spontaneo scorrere della vita.

Un predatore dirige il proprio Io verso i contenuti oggettivi della preda e si può legittimamente supporre faccia dei ragionamenti a tal rigurado perchè l'operazione vada a buon fine. Lo stesso fa la preda nei confronti del predatore per sfuggire alla cattura. La differenza del grado di autocoscienza e di strategie coscienti per garantirsi una sopravvivenza soddisfacente (di prede e predatori) pare andare di pari passo con l'arricchimento neuronico del SNC.

Citazione di: davintro
Di per sé la vita, nella pura accezione biologica del concetto, può intendersi come un flusso energetico del tutto spontaneo, irriflesso, mentre la presenza della coscienza consente di un margine di distacco, tramite cui l'Io può porre la propria stessa vita come "tema", oggetto di valutazione, concetto tra i tanti, e una cosa, nella misura in cui diviene oggetto, diviene anche passivo ricevente di significati da parte del soggetto riflettente e oggettivante. Nella coscienza la vita non è più un flusso impersonale di energie che sovrasta l'Io, ma tema da valutare, e dunque suscettibile messo in discussione nel suo valore, raffrontato a dei modelli ideali in relazione a cui riconoscerne il grado di adeguatezza, in ogni momento la coscienza ci consente di valutare quanto la vita che conduciamo rifletta le nostre aspettativi, il nostro ideale personale di "vita degna di essere vissuta". Ed ecco che ad esempio una cosa come il suicidio è  concepibile solo in soggetti dotati di coscienza, tramite la coscienza l'Io si ribella a lasciarsi trascinare in un mero istinto di autoconservazione, e in alcuni casi, può decidere di interromperlo, questa possibilità presuppone lo scarto, il margine di distanza che la coscienza segna tra l'Io valutante e riflettente e la vita biologica come oggetto da tematizzare, da cui l'Io, a questo punto non solo biologico ma spirituale, si rende autonomo nei suoi criteri di valutazione. Il suicidio è in fondo la più radicale, tragica, ma anche evidente manifestazione della spiritualità.

Si riportano casi di animali domestici che si sono lasciati morire di fame presso la tomba dei loro defunti referenti umani. Forse erano arrivati a concepire il concetto di "vita degna di essere vissuta". Ovvero ad una vera e propria coscienza etica fondata su valori. Cosa che l'antropocentrismo considera prerogativa esclusivamente umana.

Citazione di: davintro
Sicuramente è vero che non possiamo avere certezze dall'esterno della vita interiore di un animale o di una pianta, questo è un problema generale che riguarda l'epistemologia di ogni forma di sapere empirico, la mancanza di adeguate garanzie di corrispondenza fra percezione soggettiva e realtà oggettiva, ma tenuto fermo il richiamo a questo margine di incertezza, mi pare di poter dire che al di fuori dell'essere umano non sembrano notarsi manifestazioni di una esistenza nella quale le finalità trascendano quelli della sopravvivenza biologica, sia quella individuale o di specie, ovvero manifestazione di "coscienza" nel senso stretto del termine. Non solo l'uomo è l'unico essere a suicidarsi, ma anche l'unico che pare impegnarsi nella creazione di cose del tutto "inutili" o gratuite dal punto di vista biologico, la formazione di teorie scientifiche/filosofiche che appaiono del tutto  slegate della soddisfazione di bisogni materiali necessari alla vita, la creazione artistica, espressioni di una bellezza del tutto inutili dal punto di vista biologico, ma esprimente in modo simbolico valori universali, al di là del nostro vivere "qui e ora". Possiamo restare affascinati dall'ingegno di un formicaio o di un alveare, ma non credo potremmo trovarci alcun aspetto che non sia riconducibili ai bisogni di preservazione della vita, mentre un quadro, una scultura, una basilica sono dal punto di vista biologico solo uno spreco, ma dal punto di vista spirituale, di una coscienza slegata dalla funzionalità vitale, esprimono i valori personali dei loro creatori

Poi, se un giorno ci capiterà di scoprire una scimmia,  un cane, un gatto, che si suicidano, che cominciano a elaborare idee filosofiche, a creare per puro e disinteressato amore del bello... potremmo sempre  farli rientrare nella categoria di "animale razionale" che oggi riserviamo solo all'uomo...

Sulla coscienza estetica animale si trova molto materiale in rete. Segnalo questo breve articolo che cita il mio esempio prediletto: l'uccello giardiniere.

Le citazioni di Sariputra evidenziano la perplessità dei ricercatori rispetto al salto quantistico netto che la coscienza umana dovrebbe avere rispetto al resto del mondo vivente. Esiste indubbiamente un salto, mediato dal linguaggio, che evolvendoci verso forme sempre più astratte di ragionamento epistemico ed esistenziale ha approfondito il divario, ma non è sufficiente per esprimere una totale differenziazione qualitativa sul bios originario. Ponendosi dal punto di vista del quale la superiorità astrattiva umana si sgonfia come un pallone di fronte alla lacerante superiorità di pressochè tutto il mondo vivente, rimasto allo stadio naturale, nel garantirsi la sopravvivenza una volta ci venissero a mancare gli orpelli tecno-retorici su cui si fonderebbe la nostra presunta alt(e)ra superiorità.

Citazione di: davintro
Le definizioni, le classificazioni in fondo sono sempre convenzioni linguistiche di comodo, che possono sempre essere modificate, allargate, ristrette... sulla base di come l'esperienza effettiva ci pone come maggiormente opportuno. Il lavoro filosofico sulla questione penso possa limitarsi solo a valutare la coerenza logica interna dei singoli "idealtipi", delle singole categorie o schemi terminologici, utilizzando il pensiero analitico e deduttivo per stabilire le implicazioni necessarie di una certa definizione o categoria, lasciando poi al ricercatore empirico il compito di stare sul campo a osservare in quale categoria sia più opportuno collocare il singolo cane, gatto, scimmia in base ai loro comportamenti

Accettando pure, con filosofico distacco, i risultati, se non propriamente allineati coi pregiudizi antropocentrici così antichi da essere probabilmente radicati perfino in qualche gene del nostro DNA.

@sgiombo

Hai perfino in firma l'eziologia della (auto)coscienza. Essere è percepire la differenza tra io (auto) e altro (oggetto di co(no)scienza). Tale determinazione è negazione dell'io laddove inizia l'altro. Quindi è l'autocoscienza il nucleo della presa di coscienza della realtà, a partire da quell'altro saziante, dolce e amorevole che è, per ogni mammifero, la tetta materna . Il "self" inglese attribuito sia all'io che alla coscienza non potrebbe essere più esplicito di tale comune origine. E' a partire dalla "negatio", dal "percepito", dall'"altro" riconosciuto nella sua piena alterità che si costituisce nell'età evolutiva del vivente quella coscienza universale e sociale nella quale non intravedo null'altro che un dilatarsi dell'autocoscienza iniziale. Quindi qualcosa di totalmente immanente, seppur con attitudini trascendentali particolarmente sviluppate nella nostra specie, che non mitizzerei più del necessario perchè è vero che hanno affinato le nostre facoltà razionali ed  estetiche/etiche (che per L.Wittgenstein sono della stessa "natura"), ma ci hanno regalato pure le guerre di religione/ideologiche e lo schiavismo antico e moderno.
#7656
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
06 Gennaio 2019, 15:05:02 PM
Che ne sappiamo noi di cosa pensano e progettano i viventi di specie diverse dalla nostra ? L'etologia e psicologia animale sono ancora agli albori. Quando un predatore caccia sta progettando il suo futuro. Quando un cane riconosce un umano é cosciente del suo passato. Dimostra di possedere una storia esistenziale.

Trovo abbastanza scolastica e convenzionale, forse funzionale, ma non scientifica sul piano ontologico, la distinzione tra autocoscienza e coscienza, la cui dissociazione é rintracciabile solo in situazioni di grave alterazione chimica o psicopatologia dello stato cosciente. Persino nella condizione particolare del sogno la distinzione tra io e non-io si riconferma.
#7657
Gli animali evolutivamente più prossimi all'animale umano sono animali sociali che vivono in branco. La condizione di mammiferi con cure parentali prolungate rafforza la necessità della vita in branco per proteggere la prole e garantire la sopravvivenza della specie. Tutto spiegabile in maniera evoluzionistica  e genetica naturali.
#7658
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
05 Gennaio 2019, 21:04:45 PM
Autocoscienza animale. Test dello specchio:

Gli zoologi confermano la sua esistenza
#7659
Citazione di: everlost il 03 Gennaio 2019, 22:48:04 PM
Avevo un'amica costretta a vivere in un polmone d'acciaio per via della poliomielite, non poteva alzarsi, uscire dalla stanza, respirare autonomamente...eppure aveva la forza di truccarsi, leggeva, scriveva lettere bellissime.
Altre che potevano e dovevano reputarsi più fortunate di lei avevano voglia di suicidarsi per un brufolo o per un brutto voto preso a scuola.
Questo dimostra che la felicità è uno stato d'animo soggettivo, legato a interpretazioni personali degli accadimenti.
Ciò non toglie che queste percezioni, anche se a un osservatore esterno sembrano sproporzionate e assurde, siano molto dolorose e insopportabili per chi le prova, quindi non è giusto giudicare.
E forse nemmeno si può generalizzare.
Leopardi soffriva moltissimo delle proprie mancanze fisiche, altri più menomati di lui ne fanno motivo di sfida esibendo il proprio handicap con orgoglio.
Non so come facciano, comunque li ammiro molto.

L'uomo é un animale che si abitua a tutto e da tutto sa trarre le sue gratificazioni. Io ho una certa età e provo grande soddisfazione nel misurare le mie prestazioni sportive con sportivi dilettanti più giovani di me (specie se sono maschi  ;D) Tutto ció ha un costo in termini di allenamento fisico e mentale. Penso sia lo stesso atteggiamento psicologico che spinge un disabile a non arrendersi alla sua disabilità. Quando questa strategia esistenziale funziona é felicità pura.
#7660
Citazione di: viator il 02 Gennaio 2019, 22:27:40 PM
Salve Ipazia. "«Lo sforzo di capire l'universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa, conferendole un po' della dignità di una tragedia.»"

Sono d'accordo con te, con Weinberg e quindi presumibilmente anche con Hawking.
Ma noi quattro siamo tutto sommato dei privilegiati. Mica vorrai eleggerci a parametro di base della felicità esistenziale.

C'è un sacco di gente che è costretta vivere senza disporre di tempo e risorse per speculare su ciò che non gli urge affatto, tipo l'universo. Saluti.

Come già osservato da everlost la felicità ha caratteristiche squisitamente soggettive che una mente intelligente e un animo empatico possono certamente stimolare. Direi pure: assai più dei loro contrari.
#7661
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
05 Gennaio 2019, 15:13:41 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 08:34:08 AM
Di Ipazia (intervento #4) dissento dall' affermazione che "l' autocoscienza (ma nemmeno la coscienza) sia in qualche modo utile o necessaria per sopravvivere: gli altri uomini e gli animali, in linea teorica, di principio, potrebbero benissimo esserne privi e comportarsi esattamente così come si comportano, cioè in maniera più o meno adattiva all' ambiente  (in realtà é il comportamento probabilmente cosciente o compatibile con la coesistenza ad esso di coscienza e non la coscienza ad essere utile alla sopravvivenza).

Inoltre ho posseduto e amato diversi gatti (e Attila, malgrado la sua veneranda età di quasi 20 anni, per fortuna ce l' ho ancora), ma non credo che, oltre che di coscienza, siano stati (e sia) dotati di autocoscienza (ma casomai di autoconsapevolezza).
Cioè, contrariamente a me, non credo che Attila pensi a se stesso e al suo futuro non immediato, che si ponga problemi sulla sua maggiore o minore felicità e su cosa dovrebbe fare per vivere meglio, ma invece che "viva (e senta coscientemente, anche molto intensamente) alla giornata)".

Ritengo poco fondata scientificamente la distinzione tra "autoconsapevolezza" e "autocoscienza": un inutile postulato antropocentrico. Quanto alla tua prima obiezione: sapere che quella zampa sono io (autocoscienza) é indispensabile per evitarmi di metterla sul fuoco.
#7662
La storia dell'arte rispecchia l'evolversi del linguaggio artistico. Arti mature come le arti plastiche, musica, letteratura, hanno già superato il massimo della loro parabola storica in cui si manifestavano come linguaggio universale di comunità ampie. A noi non resta che godere quegli irripetibili esempi di genialità umana. Anche il cinema è diventato un'arte matura. Quando un linguaggio artistico ha completato il suo ciclo trapassa dall'invenzione all'intrattenimento ripetitivo. Oggi l'invenzione si colloca forse nel mondo digitale. O nell'immediata esperienza esistenziale in cui ognuno é artista di sé stesso in rapporto dialettico con un'arte sociale che va dal design all'urbanistica. Non escludo che le arti mature possano avere delle rinascite,  ma tra il confronto col grandioso passato e l'impietoso trascorrere del tempo artistico la vedo ipotesi assai improbabile.

La relazione tra creatività/decadenza artistica e sociale é probabile. Ma non attribuirei a tale fattore il declino di linguaggi artistici rivolti al passato. Semmai il sintomo patologico è nella sterilità dell'invenzione artistica rivolta al futuro, capace di riempire di senso il presente.
#7663
Citazione di: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 21:55:14 PM
Al determinismo naturalesu cui si fonda e che non può negare o contravvenire l'etica aggiunge il "valore", oggetto immateriale difficilmente reperibile in natura (non umana).

Infatti la trascendenza umana non è né dietro né sotto ma sopra il mondo, cui aggiunge i suoi valori, né deterministi, né arbitrari: tertium datur  :)
#7664
Al determinismo naturale su cui si fonda l'etica aggiunge il "valore", oggetto immateriale difficilmente reperibile in natura
#7665
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
04 Gennaio 2019, 16:18:25 PM
Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2019, 15:36:51 PM

Tieni infine presente, e questo lo dico anche a beneficio di tutti gli utenti che hanno la bontà di leggermi, che c'è, nelle mie parole, un maramaldesco intento provocatorio che si evince con chiarezza, per esempio, nel post su cos'è l'amore e anche altrove. Dove ho sfidato qualsiasi partecipante al Forum a contraddire la tesi che l'amore è una reazione chimica. L'ho fatto con special riguardo agli amici atei o agnostici per vedere se riuscivo a "forzare" il ragionamento logico e "spingerli" a considerare che, forse, c'è qualcosa di invisibile che sottende la vita umana e dunque la sua più alta espressone che è, appunto, l'amore.

Nel mio caso la risposta, ancorché non certa, me la sono data: per me c'è lo spirito che sottende alla manifestazione della reazione chimica. Ma per chi non crede allo spirito cosa c'è?

C'è lo spirito umano, trascendente di suo a tal punto da inventare i mondi sui quali guardare e i numi in cui sperare.
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